3
1. IL FENOMENO MIGRATORIO
Il treno degli emigranti
1
Non è grossa, non è pesante
la valigia dell'emigrante...
C'è un po' di terra del mio villaggio
per non restare solo in viaggio...
un vestito, un pane, un frutto,
e questo è tutto.
Ma il cuore no, non l'ho portato:
nella valigia non c'è entrato.
Troppa pena aveva a partire,
oltre il mare non vuol venire.
Lui resta, fedele come un cane,
nella terra che non mi dà pane:
un piccolo campo, proprio lassù...
ma il treno corre: non si vede più.
La migrazione è un fenomeno antico quanto l‟umanità, infatti, Massey, nel
1998, ha definito l‟umanità come «una specie migratoria». Il professor Antonio
Golini, docente di Demografia alla Sapienza di Roma, ha affermato che: «le
migrazioni hanno assicurato all‟umanità una delle caratteristiche che la rendono
unica, o quasi, fra le specie viventi, e cioè di essersi diffusa su tutta la terra e di
sopravvivere da così lungo tempo. Se gli esseri umani non si fossero spostati e
mescolati fra di loro, probabilmente si sarebbero evoluti in specie diverse».
Per comprendere meglio tale fenomeno, ed in generale qualsiasi fenomeno, è
necessario iniziare dalla conoscenza delle definizioni e della terminologia specifica,
fornire delle indicazioni storiche e analizzarne le cause e le tipologie.
1
G.Rodari, “I cinque libri”, Torino, Einaudi, 1995, p. 124
4
1.1 Definizioni
L‟emigrante è: «chi parte dal proprio luogo di origine e va in un altro paese
per cercare lavoro o sfuggire a guerre e persecuzioni».
2
Secondo le Nazioni Unite il
migrante è: «una persona che si è spostata in un paese diverso da quello di residenza
abituale e che vive in quel paese da più di un anno». Da entrambe le definizioni
emerge che le condizioni necessarie per definire un migrante sono: lo spostamento,
l‟arrivo in un paese diverso da quello in cui è nato o vissuto e la permanenza, fissata
convenzionalmente nel periodo di un anno. Manca, a queste definizioni, una pluralità
di fattori come quelli economici, sociali, psicologici, affettivi e culturali che
concorrono alla formazione dell‟identità del soggetto migrante, ed in secondo luogo
non tengono conto del fatto che i migranti viaggiano in vari modi e per motivi
diversi.
3
Approfondendo ulteriormente, le migrazioni, vanno osservate come dei
processi che “comportano una serie di adattamenti e modificazioni”
4
, investendo le
aree di partenza, di passaggio e di arrivo. Per questo motivo si deve distinguere tra
“emigrazione”, intesa come partenza dal paese di origine, e “immigrazione” ovvero
l‟arrivo nel paese ricevente. I soggetti che compiono queste azioni sono,
rispettivamente, detti “emigrante” e “immigrato”
5
. Altri termini si sono aggiunti nel
linguaggio comune, ad esempio “extracomunitario”, vocabolo utilizzato
impropriamente, in quanto il suo significato corrente si discosta da quello
“giuridicamente corretto”, poiché il termine Unione è subentrato a quello di
Comunità ed inoltre l‟allargamento tra il 2004 ed il 2007 dell‟UE ha trasformato i
cittadini dei paesi interessati in “comunitari”
6
.
Le espressioni verbali fino ad ora utilizzate, come specifica Zanfrini, «non
esistono “in natura”, ma sono il frutto di processi di costruzione sociale che riflettono
scelte di tipo politico-giuridico».
7
2
Dizionario della lingua italiana, Zanichelli Editore, 2010
3
P. Stalker, “L‟immigrazione”, Roma, Carocci, 2003, p. 15
4
M.Ambrosini, “Sociologia delle migrazioni”, Bologna, il Mulino, 2005, p. 17
5
Ibidem
6
L.Zanfrini, “Sociologia delle migrazioni”, Bari, Laterza, 2007, p. 15
7
Ivi, p .16
5
1.2 Evoluzione storica delle migrazioni internazionali
Nel 2009 il totale di migranti nel mondo ammontava ad oltre 214 mln, di cui
il 10 – 15 % sono irregolari ed il 49,6 % sono donne. Il vecchio continente detiene il
primato di migranti con circa 70,6 mln, seguita dal Nord America ed Asia.
8
Nell‟Unione Europea sono circa 31 mln i cittadini di nazionalità straniera che
risiedono in uno dei paesi membri; di questi, ben 19,5 mln provengono da paesi
terzi
9
.
Come si è arrivati a queste cifre?
Per rispondere a questa domanda è necessario operare una suddivisione
temporale:
1500 – 1800: Fase mercantilistica e della colonizzazione del Nuovo
Mondo, contraddistinta da una libera ed incoraggiata immigrazione ed
un‟ostacolata emigrazione, in quanto l‟aumento di popolazione era
visto come fonte di potere e ricchezza. In questo periodo si formarono
due grandi movimenti di popolazione: il primo costituito da europei
che si diressero verso le terre di conquista, spinti da motivi economici
e politici; il secondo fu quello degli schiavi che vennero sradicati
dall‟Africa per essere deportati nelle Americhe.
1830 – 1915: Fase liberale (Grande Emigrazione) caratterizzata da un
regime di libera circolazione sulla base del libero mercato e della
libertà individuale. E‟ il periodo della rivoluzione industriale, delle
emigrazioni di massa verso gli Stati Uniti e l‟Australia per inseguire il
“sogno americano”. Anche in questa fase l‟immigrazione è libera ed
incoraggiata in quanto il lavoro degli immigrati era considerato
indispensabile per la crescita dell‟economia.
1915 – 1945: Lo scoppio della prima guerra mondiale e la crisi
economica del 1929 determinarono l‟arresto dei flussi e la comparsa
di fenomeni di ostilità nei confronti degli immigrati, rei di peggiorare
le già precarie condizioni economiche, che diventarono oggetto di
episodi razzisti. L‟immigrazione, da questo momento in poi, sarà
8
OIM, http://www.iom.int/jahia/jsp/index.jsp, ultima consultazione maggio 2010
9
Euronote, www.euronote.it, ultima consultazione maggio 2010
6
soggetta a vincoli e nel contempo inizieranno ad essere riconosciuti i
diritti dei migranti lavoratori. L‟avvento dei regimi totalitari e lo
scoppio della seconda guerra mondiale portarono a una mobilità
umana indipendente dai motivi economici, ma rappresentata da
deportazioni, fuga degli oppositori politici ed emanazione di leggi
razziali.
1945 – 1973: fase di ricostruzione e dei “trent‟anni gloriosi”. Il
continente europeo si afferma come area di immigrazione. Durante la
“golden age” il continuo aumento di domanda di lavoro rispetto
all‟offerta determina la necessità di importare mano d‟opera che verrà
destinata a quei lavori «indicati in inglese come quelli “delle 3 D” –
dirty, dangerous and difficult – ossia sporchi, pericolosi e difficili, ed
in giapponese delle “3 K”: kitanai, kiden e kitsu».
10
1974 – oggi: nonostante il blocco ufficiale delle frontiere, che ha
avuto successo solo in Germania, il fenomeno immigrazione prosegue
tramite canali come: i ricongiungimenti famigliari, richieste d‟asilo ed
ingressi irregolari. All‟inizio degli anni ‟90 il polo di attrazione per gli
immigrati diventa l‟Europa meridionale, mentre il più grande bacino
di partenza è dato dall‟Europa dell‟ Est. Oggi le caratteristiche delle
migrazioni le possiamo definire globali, in quanto s‟è verificato un
aumento dei paesi coinvolti (sia paesi riceventi che di origine) che
sono alla ricerca, da un lato, di figure professionali specializzate e
dall‟altro lavoratrici facilmente adattabili da occupare in diversi
settori fra cui quello dell‟assistenza (ad esempio le badanti). Inoltre,
questo periodo vede il diversificarsi delle tipologie di immigrati, da
emigranti per lavoro, ai rifugiati, ai lavoratori qualificati (di queste
figure se ne parlerà in seguito).
10
P.Stalker, op. cit., p. 28
7
1.3 Evoluzione storica delle migrazioni in Italia
L‟immigrazione, in Italia, è divenuta consistente tra gli anni Settanta ed
Ottanta del secolo scorso.
In precedenza si poteva riscontrare un quota variabile tra l‟ 1 ed il 2 per mille
di stranieri che potevano essere classificati in almeno tre figure: la prima costituita
dai rifugiati (russi, albanesi, ungheresi); la seconda composta da benestanti
(professionisti, industriali); la terza formata da braccianti, marinai e lavoratrici
domestiche.
I paesi di provenienza dei flussi migratori degli anni „70 erano: la Tunisia per
la vicinanza con la Sicilia, «dove i tunisini trovarono un inserimento privilegiato
nella pesca e come braccianti nell‟agricoltura»
11
; l‟Europa orientale ed i Balcani per
la riapertura delle frontiere jugoslave; l‟Eritrea, la Libia e la Persia per i legami di
tipo coloniale che questi paesi hanno avuto con l‟Italia; ed infine le isole di Capo
Verde e le Filippine con le quali si formarono sistemi migratori costituiti da giovani
donne da reclutare nel lavoro domestico.
Negli anni ‟80 la complessità dei flussi migratori si amplifica: aumentano le
migrazioni dall‟Africa, infatti, ai tunisini si aggiungono egiziani, algerini e
marocchini, impersonando, questi ultimi, lo stereotipo dell‟immigrato in Italia; inizia
un nuovo flusso proveniente dai paesi asiatici, in particolare Cina e Sri Lanka, che si
svilupperà negli anni ‟90 e sarà caratterizzato da migrazioni di interi nuclei
famigliari, anziché di singoli e si dedicheranno al lavoro autonomo ed
all‟imprenditoria. Gli anni ‟90 sono anche ricordati come gli anni che hanno visto
l‟aumento esponenziale dell‟immigrazione proveniente dal Europa orientale e dai
Balcani, rappresentata maggiormente dagli Albanesi, ma anche caratterizzata dalla
presenza di romeni, polacchi, russi ed ucraini.
L‟inizio del XXI secolo ha fatto registrare ulteriori cambiamenti nei flussi
migratori, i cittadini dell‟Africa lasciano spazio ai migranti provenienti dall‟Europa
dell‟est, soprattutto romeni, ad oggi il gruppo più consistente. L‟immigrazione torna
ad essere intraeuropea, come in precedenza, con una sostanziale differenza già
sottolineata nel capitolo precedente: i migranti fanno parte dell‟UE, il che significa
11
A. Colombo, G. Sciortino, “Gli immigrati in Italia”, Bologna, il Mulino, 2004, p. 25
8
«libera circolazione, diritto di voto amministrativo e pari accesso ai servizi del
welfare».
12
L‟Italia è stata anche interessata dalla cosiddetta “migrazione interna” dove,
dagli anni ‟50 in poi, come spiegano Colombo e Sciortino (2004), «la domanda di
manodopera interna, legata allo sviluppo economico, viene per un certo periodo
soddisfatta dalle migrazioni interne», che saranno caratterizzate da spostamenti
dalle campagne alle città e dal meridione verso il Nord.
1.3.1 Il modello mediterraneo di immigrazione in Italia
Prima di illustrare le caratteristiche del “modello mediterraneo di
immigrazione”, si ritiene opportuno dare uno sguardo a quelle che sono le peculiarità
dell‟immigrazione nell‟Europa meridionale. Quest‟area, nel corso degli ultimi 15-20
anni, è divenuta una destinazione importante per le migrazioni internazionali, non
solo per la diffusa idea che le coste del Mediterraneo siano facilmente accessibili e
per la caduta delle frontiere, ma soprattutto per le necessità dei sistemi economici e
sociali. Per poter inquadrare meglio l‟inserimento degli immigrati nelle società,
alcuni studiosi (Baldwin-Edwards e Arango 1999; King e Ribas-Mateos, 2002)
hanno descritto le caratteristiche dell‟immigrazione nel Sud Europa, che nel dettaglio
sono: evoluzione spontanea dei flussi di ingresso, grande diversità dei paesi di
origine, marcate asimmetrie di genere, alto grado di irregolarità, marginalità sociale
(mancanza di politiche di integrazione e radicati pregiudizi) ed infine, la contrazione
in occupazioni precarie.
Tutte queste caratteristiche concorrono alla formazione di quello che Pugliese
(2002) ha chiamato “modello mediterraneo di immigrazione”, di cui l‟Italia
rappresenta il caso più rilevante, con i seguenti aspetti:
Ingresso spontaneo
Diffusa irregolarità
Deboli misure di accoglienza
Tasso di crescita della popolazione negativo
Percentuale di disoccupazione più alta rispetto alla media europea
12
I. Ponzo, “Conoscere l‟immigrazione”, Roma, Carocci, 2009, p. 15
9
Forte richiesta di lavoratori immigrati
Ricorso ripetuto alle sanatorie
Flussi migratori sempre più femminili
Volontarismo degli interventi sociali
Divisione dell‟opinione pubblica sul ruolo degli immigrati, visti o
come un‟ opportunità di crescita del paese o come invasori pericolosi
(problema sociale)
In questo contesto è rilevante la situazione vissuta dal mercato del lavoro, che
ha spostato l‟asse occupazionale dal settore industriale, ad altri settori, con l‟impiego
di queste persone in prevalenza nell‟agricoltura, nell‟edilizia, nel lavoro domestico e
nei servizi alla persona (infermieri, badanti, giardinieri, bambinaie).
I lavori sopraelencati sono contraddistinti da un‟alta flessibilità in termini di
orario, da una scarsa tutela, da un basso costo di manodopera ed altamente umilianti
e vessatori.
In precedenza si è fatto riferimento alla definizione dei lavori classificati
come “3D”, ma alla luce di quanto descritto è utile citare il sociologo Maurizio
Ambrosini, quando nel suo testo “Sociologia delle migrazioni” identifica tali
mansioni come lavori «delle cinque P: pesanti, pericolosi, precari, poco pagati e
penalizzati socialmente». Questi incarichi vengono associati spesso alla figura
dell‟immigrato, e soprattutto clandestino, in larga misura perché gli autoctoni non
sono più disposti a rispondere a quella domanda di lavoro, in quanto le aspettative e
la qualità della vita vanno oltre quei limiti, cadendo vittime delle trappole della
povertà e dando origine al cosiddetto effetto perverso dove si accusano gli immigrati
di “rubare” lavoro, soldi ed abitazioni.
10
1.4 Tipologie di migrazioni e migranti
Si ritiene utile iniziare questo paragrafo con le parole di Abdelmalek Sayad,
sociologo di origini algerine, con cittadinanza francese, nato in Calabria: «Ogni
studio dei fenomeni migratori che dimentichi le condizioni di origine degli emigrati
si condanna ad offrire del fenomeno migratorio solo una visione al contempo
parziale ed etnocentrica».
13
Di seguito verranno analizzate le categorie di migrazioni e di migranti, in
quanto si vuole seguire, in primo luogo, l‟apprccio iniziale, ossia quella di fornire
definizioni per poter inquadrare al meglio l‟oggetto dell‟analisi; in secondo luogo per
far luce sulle diversità di cui è composto l‟universo migratorio, senza però
dimenticare che il migrante, ossia una persona che passa da un luogo in cui aveva
«un‟identità sociale»
14
, legami affettivi e sicurezza, ad un territorio dove dovrà
cominciare daccapo, costruirsi una vita, una dignità e sentirsi parte della società e
non “invisibile” o “nessuno”.
Prima di passare in rassegna le tipologia di migrazioni è opportuno citare
Massey (2002), esperto di migrazioni: «al contrario della nascita e della morte, la
mobilità è un evento prevalentemente sociale. Definire un movimento richiede di
tracciare una riga e convenire che essa è attraversata. Dove tale linea venga tracciata
geograficamente e amministrativamente è solo una costruzione sociale e politica».
Da questo si evince che è la società ricevente che stabilisce come definire
colui che emigra , se rifugiato, clandestino, lavoratore o con famiglia al seguito,
quindi è una definizione «destinata ad essere prima o poi rimessa in discussione»
(Dobson 2001).
13
A. Sayad, “La doppia assenza”, Milano, Cortina Editore, 2002
14
E. Spinelli, “Immigrazione e servizio sociale”, Roma, Carocci, 2005, p. 27
11
Figura 1 Diagramma rappresentante le diverse tipologie di migrazioni
12
Per definizione la migrazione è una forma di mobilità territoriale, ed in base
alla disciplina che analizza il fenomeno migratorio, vengono considerati od omessi i
confini dello Stato in considerazione, ad esempio l‟economia non li prende in esame,
mentre la scienza politica li ritiene un concetto chiave.
15
Da questo pensiero si può estrapolare la prima dicotomica tipologia di
migrazioni: interna ed internazionale. La prima si riferisce alla mobilità interna,
ovvero all‟interno dei confini dello Stato di appartenenza, mentre la seconda, fa
riferimento alla mobilità internazionale, che prevede spostamenti geografici più
lunghi, più difficoltosi e più costosi.
Questa prima tipologia ha in comune solo il desiderio o la necessità di
spostarsi, in quanto sono rilevanti due differenti sostanziali. In primo luogo, di solito,
la migrazione interna è libera, non va incontro a limiti “politici”, mentre quelle
internazionali sono soggette a regolamentazioni. In secondo luogo le migrazioni
internazionali, come prima sottolineato, implicano una serie di sforzi psicologici e
fisici, che spesso non vengono né riconosciuti, né ripagati dalla società ricevente.
Un‟altra caratteristica fondamentale per poter inquadrare le migrazioni è
quella, già accennata, ossia la presenza di regole e di norme giuridiche che regolano
le migrazioni. E‟ possibile quindi definire, fatta questa premessa, le migrazioni come
regolari ed irregolari. Per spiegare meglio questa tipizzazione è più adeguato fare
riferimento a parole come “immigrato regolare” o “clandestino”, che per chiarezza
espositiva saranno trattati in seguito.
Un‟altra distinzione che è possibile operare è quella fra: migrazione
volontaria, migrazione forzata e migrazione coatta. Non è semplice spiegare a tutto
tondo la differenza, in quanto solo in passato si credeva che il migrante si spostasse
volontariamente, mentre il migrante forzato veniva identificato come un rifugiato
politico. Quest‟ultimo, ai giorni nostri, fugge dal proprio paese perché afflitto da
guerre o persecuzioni e quindi, è facile pensare che – probabilmente -, in assenza di
quelle condizioni traumatiche, non lascerebbe il paese di appartenenza. Quindi la
linea fra volontarietà ed obbligo è veramente sottile, perciò, per spiegare meglio, la
migrazione forzata, in senso stretto, si deve fare riferimento alla migrazione coatta.
15
L.Zanfrini, “Op cit”, p. 36