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CAPITOLO 1
La struttura dei mercati finanziari
1.1 L'approccio Mutualistico e approccio Continentale
Negli ultimi dieci anni la struttura del mercato mobiliare ha subito profondi
cambiamenti. Tra gli elementi principali di innovazione vanno richiamati l’avvio dell’
Unione monetaria europea, l’ampliamento delle potenzialità operative
dell’Information and Communication Technology (ICT), l’evoluzione del contesto
normativo a livello internazionale.
Con riferimento al primo punto possiamo affermare che l’introduzione della
moneta unica costituisce un elemento che ha accelerato i processi di integrazione dei
mercati nazionali, ciò anche dovuto all’eliminazione del rischio di cambio nell’area
Ume. Le tecnologie, poi, rendono disponibili sistemi di negoziazione telematici che
consentono agli operatori di effettuare direttamente scambi su mercati anche diversi
da quelli nazionali di riferimento a condizioni altamente competitive rispetto a
transazioni svolte su mercati domestici. Il quadro normativo, infine, fornisce la
legittimazione istituzionale ai cambiamenti precedentemente accennati. La direttiva
europea sui servizi di investimento (Ce 22/93) ha avuto infatti l’intensificazione dei
processi di integrazione fra mercati finanziari.
Le innovazioni che hanno interessato le Borse Valori europee hanno prima di
tutto modificato il concetto stesso di borsa. Infatti gli interventi normativi, le novità
tecnologiche e l’utilizzo di un’unica moneta hanno contribuito ad abbattere le
barriere d’ingresso tra i vari mercati e a ridurre la segmentazione del mercato
mobiliare europeo. Si è passati da un concetto di borsa alla quale si riconosceva
natura privata ad un orientamento al profitto.
I modelli organizzativi precedenti trovavano un fondamento logico in due
diversi approcci all’attività di borsa: da un lato un approccio mutualistico, dall’altro
un approccio continentale.
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La logica mutualistica era propria dei mercati anglosassoni, quella continentale
dei mercati dell’Europa continentale
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.
Nell’approccio mutualistico fondamentale è l’aspetto relazionale degli scambi.
La borsa è vista come una cooperativa di intermediari. La natura privatistica è
confermata dalla restrizione all’accesso, riservato agli intermediari soci della borsa. I
requisiti sono definiti sulla base di criteri di professionalità, affidabilità e solvibilità del
nuovo intermediario, allo scopo di tutelare il mercato. Come forma di aggregazione
tra privati è escluso un intervanto pubblico diretto, le regole vengono scelte dagli
intermediari stessi che operano quindi in regime di autoregolamentazione. Lo stato si
relazione solo per fini di vigilanza.
Da questa prospettiva l’attività di borsa è vista come strumentale all’attività di
scambio messa in essere dagli intermediari. Il concetto di borsa vista in questa
accezione esclude l’orientamento al profitto.
L’approccio continentale, invece, attribuisce alla borsa una funzione pubblica e
in quanto tale si riteneva opportuno dovesse essere svolta da soggetti di natura
pubblica. Questo concetto scaturisce dal fatto che lo scambio di valori mobiliari
coinvolga direttamente il pubblico risparmio. Il riconoscimento del risparmio come
bene da tutelare è un motivo sufficiente a giustificare la presenza diretta dello Stato
nella gestione dei mercati mobiliari. La borsa viene quindi gestita in base a logiche e
con le finalità tipiche della pubblica amministrazione. La gestione del marcato è
mirata ad assicurare un adeguato livello di trasparenza al fine di tutelare gli
investitori. La natura pubblica della gestione la si riscontra anche nel monopolio
dell’attività di trading, riconosciuto alla borsa grazie all’obbligo di concentrazione
degli scambi.
Possiamo quindi notare che in entrambi gli approcci si riconosce una funzione
pubblica al mercato però con accezioni differenti: nell’approccio mutualistico trova
inquadramento come modalità di aggregazione tra privati; nell’approccio
continentale si dà luogo ad un’area di presidio statale nell’economia.
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NICOLINI G, “La demutualizzazione dei mercati finanziari come spinta all’innovazione nel
governo pubblico delle Borse valori”, luglio 2005
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In Europa, in seguito all’emanazione del decreto Eurosim si è affermata la
natura imprenditoriale all’attività di gestione del mercato. La borsa viene quindi
assimilata ad un’impresa di servizi. Essa si rivolge ad una clientela di intermediari
offrendo servizio di selezione di strumenti di negoziazione, ricerca della controparte
e di informazione. Da ciò emerge un nuovo concetto di borsa di natura privatistica-
societaria, con orientamento al profitto e con la possibilità di dar vita ad operazioni di
integrazione. Siamo quindi di fronte ad una situazione in cui abbiamo una
separazione tra che si occupa della gestione del mercato e che effettivamente poi lo
utilizza. Da un punto di vista teorico è così, però nella realtà non sempre è netta ben
definibile questa separazione. La trasformazione delle società di gestione del
risparmio in società per azioni non ha infatti necessariamente implicato il
trasferimento del controllo a nuovi soggetti economici. In molti casi la natura
mutualistica del mercato è rimasta invariata nonostante vi siano state modifiche a
livello formale. Ciò comporta che una società di gestione della borsa controllata dagli
intermediari owners (proprietà) che si trovi ad operare come intermediari members,
è portata ad operare in una situazione di conflitto di interesse.
1.2 Assetti proprietari e conflitti d’interessi
Considerando quanto affermato in precedenza vediamo ora se nei mercati
europei esiste una separazione tra società di gestione del mercato e proprietà.
Prendiamo in considerazione i seguenti paesi: Austria, Belgio, Bulgaria;
Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia,
Lituania, Norvegia, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Slovenia, Spagna,
Svezia, UK, Ungheria.
Possiamo affermare che le principali borse valori europee hanno un
azionariato separato dalla membership. Vi è quindi un abbandono della natura di
customer- controlled soprattutto per quanto riguarda Euronext, OMX e Deutsche
Bröse
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.
2
NICOLINI G, “Le Borse Valori europee: assetti proprietari, conflitti di interesse e natura
dicustomer-controlled firm,” 2008
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Considerando la natura degli azionisti vediamo che nel controllo delle società
di gestione delle borse europee vi è una totale assenza di imprese industriali, vi è
quindi una netta autonomia del settore finanziario dell’economia europea rispetto
alla componente industriale. Oltre all’assenza di imprese industriali manca anche una
forte presenza di enti governativi, ciò ad affermare l’uscita dello stato dal controllo
della singola borsa e quindi l'abbandono del modello continentale.
Di particolare interessere sono le partecipazioni delle società mediorientali
(Dubai SE; Qatar Investment Authority) in diverse borse europee: LSE Group, NASDAQ
OMX Group. Ciò conferma la tendenza all’integrazione delle Exchange europee con
realtà extraeuropee.
Per rendere più chiaro l'attuale assetto delle borse europee è bene specificare
quali sono i fattori che legano molte delle borse europee. Vi è infatti la simultanea
presenza nell’azionariato di diverse borse di un gruppo ristretto di soggetti
economici. Infatti abbiamo che oltre alla borse Dubai Ltd, anche Kinetics Asset
Management Inc e Horizon Asset Management Inc hanno una importante posizione
all’interno delle borse europee. Infatti entrambe queste società sono presenti tra i
primi cinque azionisti di riferimento del LSE Group, NASDAQ OMX Group e del Nyse
Euronex Group. Questa osservazione è importante per comprendere non solo
l’attuale assetto delle borse ma anche un loro possibile sviluppo, ciò perché una fitta
rete di collegamenti quali questi presenti possono essere di ostacolo, o almeno di
condizionamento, in processi decisionali inerenti le scelte di integrazioni tra mercati,
a causa di possibili conflitti di interesse tra gli stessi azionisti.
A fronte di un gruppo di mercati per il quale il processo di demutualizzazione è
completato, ve ne sono altri per i quali il processo è ancora in corso, e altri ancora la
struttura è ancora quella dei mercati mutualistici.
I paesi che hanno ancora una struttura mutualistica vengono accomunati dalla
posizione geografica. Infatti la borsa è ancora strutturata come una customer –
controlled firm in Polonia, Repubblica Ceca, Slovenia, Romania, Ungheria, Bulgaria:
tutti paesi dell’Europa dell’Est.
È importante considerare non solo la natura della borsa ma anche il numero
degli intermediari finanziari presenti nelle diverse piazze. Dalla tabella che segue
vediamo che sul London stock Exchange operano più di 400 intermediari, e che sono
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cinque i mercati sui quali operano più di 100 intermediari: Borsa Italiana, NASDAQ
OMX Group e del Nyse Euronex Group, SWX, Deutsche Börse. Le altre borse hanno
invece un numero di operatori più limitato.
Tab 1.1
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Distribuzione dei members nelle Borse dei mercati europei
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I dati sono a cura di NICOLINI G in “ Le borse valori europee:assetti proprietari, conflitti di
interessi e natura di customer controlled firm, 2008.
BORSA(EXCHENGE) PAESE
MEMBERS
ATHENS STOCK EXCHENGE GRECIA
74
BME SPAGNA
66
BORSA ITALIANA( LSE GROUP) ITALIA
100
BUCAREST STOCK EXCHANGE ROMANIA
75
BUDAPEST STOCK EXCHANGE UNGHERIA
24
BULGARIAN STOCK EXCHANGE BULGARIA
76
DEUTSHCE BORSE GERMANIA
255
LJUBLJIAN STOCK EXCHANGE SLOVENIA
23
LONDON STOCK EXCHANGE UK
447
NASDAQ OMX GROUP
DANIMARCA
FINLANDIA
SVEZIA
130
NYSE EURONEXT INC.
BELGIO
FRANCIA
OLANDA
PORTOGALLO
222
OSLO BORS NORVEGIA
69
PRAGUE STOCK EXCHANGE REPUBBLICA CECA
21
RIGA STOCK EXCHANGE LETTONIA
28
SWX- THE SWISS EXCHANGE SVIZZERA
125
TALLIN STOCK EXCHENGE( NASDAQ OMX
GROUP)
ESTONIA
29
VILNUS STOCK EXCHANGE LITUANIA
31
WARSAW STOCK EXCHANGE POLONIA
46
WIENER BORSE AUSTRIA
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Gli intermediari finanziari europei hanno poi la tendenza al multi-membership,
cioè sono presenti contemporaneamente su più mercati. Questo fenomeno è però
esteso solo alle borse di maggiori dimensioni, vediamo infatti che ciò accade sui
mercati dell’Europa occidentale mentre i mercati dell’Europa orientale non sono tra
loro collegati in base al criterio del multi-membership. Questo conferma ciò che è
stato precedentemente detto riguardo ad un diverso sviluppo delle borse europee, in
particolar modo per l’accomunanza geografica.
La contemporanea presenza di members su più mercati crea una inevitabile
situazione di conflitto di interesse a più livelli. Abbiamo infatti una situazione in cui
una borsa viene gestita dagli stessi soggetti che su essa operano, inevitabilmente
quindi verranno condizionate le decisione e le scelte dei singoli operatori. In
particolar modo ciò che influenza maggiormente una tale situazione di tensione è il
servizio di pricing
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che risentirà della prevalenza nel capitale azionario di una borsa di
azionisti-investitori, quindi owners, piuttosto che azionisti-intermediari, cioè owner-
members. Questi ultimi sono soggetti che contemporaneamente forniscono il
servizio, cioè gli intermediari, e fruiscono del servizio medesimo.
Nel caso di una borsa controllata da soggetti interessati esclusivamente
all’ottenimento di un profitto derivante dalla gestione dei mercati, il pricing dei
servizi terrà conto del profitto destinato a remunerare il capitale investito nella
società dagli azionisti stessi. Nel caso in cui il controllo della società di gestione è
detenuto dagli stessi soggetti intermediari che su di essa che operano (owner-
members) la natura di stakeholder multiruolo che li caratterizza li porterà a
ponderare interessi contrastanti. Si trovano infatti nella situazione in cui da un lato
un pricing dei servizi di borsa elevato consentirebbe loro di beneficiare di maggiori
ricavi, dall’altro però un servizio di pricing contenuto li vedrebbe avvantaggiarsi, in
quanto intermediari, di un risparmio di costo in termini di fee pagate alla società di
gestione.
All’interno delle singole borse esistono varie tipologie di fee. Una borsa può
infatti guadagnare sui ricavi da quotazione (listing fees), ricavi da negoziazione
(trading fees) e proventi derivanti dalla commercializzazione dei dati di borsa
(information income).
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NICOLINI G., “Il pricing dei servizi di borsa”, 2008
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Le borse valori Europee seguono per grandi linee la stessa politica di pricing,
cioè sono escluse soluzioni di canoni basate solo sull’intensità dell’utilizzo del sistema
(flat cost) o soluzioni basate esclusivamente sulla effettiva fruizione del mercato. La
caratteristica comune dei diversi sistemi di pricing è la presenza di costi fissi di
partecipazione, ai quali si sommano poi costi variabili in relazione all’effettivo utilizzo
del sistema. L’incidenza dei costi fissi, il calcolo dei costi variabili e le modalità con cui
entrambi i fattori vengono tra loro messi in relazione sono principali elementi che
differenziano i fee delle varie borse.
Una stessa borsa può poi offrire diversi bilanciamenti tra la componente fissa e
la componente variabile del canone periodico. Vi sono infatti modelli che con costi di
esecuzione della singola transazione elevati e nessun costo periodico, e soluzioni con
costi fissi elevati e costi variabili di rilevanza marginale. Il primo modello è utile per
intermediari con bassi livelli di controvalori scambiati, mentre i secondi sono
preferibili per intermediari con elevati volumi di attività.
Nei modelli di pricing ha un valore importante la componente transitoria che si
articola in un importo prefissato (transaction fee) dovuto per l’esecuzione della
singola transazione e un importo calcolato in base al controvalore scambiato (ad
valorem fee). La variabilità dei canoni periodici dipende quindi sia dai volumi
scambiati sia dalla numerosità delle transazioni. Alla componente transazionale viene
poi associata una componente partecipativa corrisposta dall’intermediario a fronte
del diritto di partecipazione al mercato. Alcuni mercati prevedono poi un costo di
ingresso come contributo una tantum da versare al momento della concessione
dell’autorizzazione ad operare sul mercato. Hanno questo tipo di contributo, di
importo anche notevole, il Budapest Stock Exchange, SWX, BME, Prague Stock
Exchange. Vi è poi una tipologia di costo previste solo sul LSE e nel mercato polacco
che riguarda l’inserimento, la cancellazione o modificazione di un ordine,
indipendentemente dal fatto che poi lo scambio abbia luogo oppure no.
Il London Stock Exchange ha una delle strutture di pricing più onerosa. La
separazione tra proprietà e utilizzatori del mercato è coerente con una struttura
orientata all’ottenimento del profitto. A tal proposito è importante notare come
nonostante Borsa italiana faccia parte dello stesso gruppo del LSE questa presenti
una struttura di pricing nettamente più contenuta. Ciò può derivare dal fatto che
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l’ingresso nel gruppo di Borsa italiana è recente e quindi è probabile che gli effetti di
gestione non abbiano ancora prodotto effetti negativi, oppure è possibile che
l’integrazione verticale sia riuscita a ridurre i costi di gestione del mercato e quindi a
contenere il prezzo dei servizi senza ridurre il margine operativo della gestione.
Ritornando alla divisione tra owner e owner-member all’interno delle borse
abbiamo che la natura mutualistica della borsa risulta ancora evidente. Hanno natura
di customer-controlled firm le borse di Oslo Bors, Prague Stock Exchange, Budapest
Stock Exchange, Wiener Borse. Oltre a mercati in cui la commistione di interessi tra
azionisti e intermediari è ancora forte, vi sono anche borse per le quali la presenza di
owner-members tra i primi 5 azionisti è nulla: Nyse-Euronext, Nasdaq OMX. Per il LSE
Group e per Deutsche Börse vale la stessa osservazione seppure sia presente una
piccola quota di owner-members.
1.3 Il processo di demutualizzazione dei mercati europei
“L’ultimo decennio del secolo verrà certamente ricordato come uno dei periodi
più ricchi di mutamenti per il mercato finanziario italiano. Le ragioni di tale
rivoluzione copernicana sono molteplici: tra le principali si annoverano la
globalizzazione dei mercati, l’introduzione di tecnologie informatiche sempre più
sofisticate nel campo della finanza la convergenza dei paesi europei verso l’unione
monetaria, culminata con l’introduzione dell’euro” (Di Noia).
Ripercorrendo l’iter del cambiamento del sistema borsistico italiano si possono
individuare alcune direttrici principali
5
:
o trasformazione degli intermediari partecipanti al mercato
o miglioramento dell’efficienza del mercato
o rafforzamento degli istituti di garanzia posti a presidio del buon
fine delle contrattazioni
o arricchimento dell’offerta degli strumenti negoziabili sul mercato
o avvio di un processo di trasferimento delle competenze dagli
organi di controllo del mercato (Consob) agli organi di mercato
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DI NOIA,” La privatizzazione della Borsa valori”