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PREMESSA
La nautica è per tradizione uno dei fiori all'occhiello del made in Italy.
E’ un settore che da anni conosce una costante espansione, un fattore qualificante
per il turismo, le località, la cantieristica, i servizi di supporto. Gli esperti
assicurano che la sfida del turismo si gioca sulle reti di prodotti e sui sistemi
integrati dei servizi. Il dibattito tra i principali soggetti impegnati sulla dotazione
nautico - turistica del Paese fa incessantemente leva sulla necessità di disporre di
un “Network” di marine e di scali turistici per garantire al diportista non tanto il
possesso di un posto-barca bensì la possibilità di usufruire di servizi, approdi e
posti-barca a rete, rendendo così fruibile turisticamente tutte le coste italiane.
Il settore della nautica da diporto, fino a pochi anni fa era un affare per pochi
privilegiati, invece ora si è aperto a spazi di consumo e di clientela sempre più
ampi. La sfida in tempi di crisi, però, è quella di far ripartire il piccolo diporto, il
più colpito dal crollo della domanda. Il fatturato complessivo del comparto
(mettendo insieme cantieristica, accessori, motori, riparazioni, manutenzioni,
rimessaggio) nel 2007 era pari a 6,2miliardi di euro, di cui quasi 5miliardi
(l'80,3%) derivante da produzione nostrana. In seno a quest'ultima solo il 52,4% è
rimasto nel mercato italiano, il resto è andato oltreconfine. Il contributo nazionale
del settore al PIL risultava invece nel 2007 pari a 5,2miliardi di euro. In ogni caso,
le barche per nababbi non passano mai di moda: in Italia, nel 2007, il mercato del
lusso galleggiante era cresciuto del 23% rispetto all'anno prima e a livello
planetario esso rappresenta oltre la metà della produzione.
In Italia c'è una domanda invasa di turismo nautico, con in più una forte richiesta
dall'estero. La nautica è sen’altro legata al funzionamento dei porti turistici, il
luogo principale dove possono essere esercitate tali attività. La nautica e i porti
turistici creano essenzialmente turismo.
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Si parla tanto della necessità di innovazione per l'economia italiana. Nel turismo,
innovazione significa anche offrire la vacanza nautica, intercettando un bacino
d'utenza internazionale che va da chi si diverte col gommone a chi può permettersi
il lusso di un maxi- yacht.
Negli ultimi trent’anni, con l’aumentato del benessere nel mondo industrializzato,
si è assistito ad uno sviluppo della nautica turistica e da diporto e della
conseguente domanda di posti barca in un numero sempre maggiore di porti
turistici modernamente attrezzati. Per accrescere questa forte richiesta bisogna
fare un salto di qualità nelle infrastrutture e nell'accoglienza, garantendo servizi
efficienti nell'assoluta tutela dell'ambiente.
Le motivazioni che mi hanno spinto a trattare un argomento così complesso sono
state essenzialmente, la passione per il mare e di tutto ciò ad esso collegato,
l’intuizione nel percepire una nuova economia di sviluppo che si prospetta intorno
ai moderni porti turistici, e l’interesse, che mi è nata avendo avuto la possibilità di
seguire in prima persona la nascita di un “nuovo” porto turistico, e di conseguenza
la curiosità di come è strutturato, organizzato, le problematiche di gestione e in
che modo produce effetti sulla domanda turistica, in poche parole in che modo un
“Porto turistico” crea turismo e come lo stesso turismo può cambiare in presenza
di strutture portuali, moderne ed efficienti.
Pertanto in questa sede si è voluto capire come viene gestito attualmente un porto
turistico e valutare il contributo, sia in fase d’analisi sia in fase normativa, che un
orientamento al marketing può garantire, analizzandone le singole realtà portuali
del Gargano e se in definitiva queste realtà contribuiscono alla definizione di una
rete portuale, ovvero se i porti sono collegati tra loro nell’ottica dei concetti
strategici di efficienza ed efficacia.
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Nella trattazione si è ritenuto opportuno partire dall’analisi teorica della gestione
di un porto turistico a livello nazionale, per finire allo studio territoriale dei porti
turistici esistenti del Gargano: Vieste, Peschici, Rodi, Foce Varano, includendo i
servizi offerti, raccogliendo esperienze e strutturando sistemi imprenditoriali,
prendendo poi in considerazione quelli ritenuti più utili e coerenti con gli obiettivi
della tesi.
Il lavoro è suddiviso in due parti, la prima di carattere prevalentemente “teorico”,
permette di individuare i concetti e le nozioni per condurre l’analisi in una
prospettiva geo-economica, partendo dalla nostra Regione fino ad arrivare allo
studio locale dei porti Garganici, evidenziando il modo in cui la domanda
risponde al fenomeno turistico diportuale.
Nella trattazione si è ritenuto opportuno partire dall’analisi teorica della gestione
di un porto turistico a livello nazionale, per finire allo studio territoriale dei porti
turistici esistenti del Gargano: Vieste, Peschici, Rodi, Foce Varano, includendo i
servizi offerti, raccogliendo esperienze e strutturando sistemi imprenditoriali,
prendendo poi in considerazione quelli ritenuti più utili e coerenti con gli obiettivi
della tesi.
Nella seconda parte viene trattato il caso “pratico”, in cui i concetti e le
metodologie definite vengono applicate con l’intento di dimostrare le potenzialità
turistiche dei porti Garganici oggetto del nostro studio, ovvero il potenziamento e
lo sviluppo del porto di Rodi e dei nuovi porti turistici in via di completamento; di
Manfredonia, di Vieste e la presenza di valide risorse alla base di diverse tipologie
turistiche, sulle quali puntare per la pianificazione di un processo di
valorizzazione, che stimoli l’avvio di uno sviluppo turistico endogeno.
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CAPITOLO I
Il Sistema portuale italiano
e analisi regionale
Figura 1.1 - Numeri posti barca e il tasso di riempimento dei principali
porti turistici in Italia durante la settimana di ferragosto
Fonte: Elaborazione Sole 24 ore al 2001
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1.1 Definizione e caratteristiche del “porto”
Il porto è una struttura naturale o non naturale posta sul litorale
marittimo o sulla riva di un lago o di un corso d'acqua, atta a consentire l'approdo,
l'ormeggio e la protezione dalle avverse condizioni del mare ai mezzi marittimi.
Ha pure la funzione di consentire e facilitare il carico e lo scarico di merci e
l'imbarco e lo sbarco di persone.
Il porto è, da sempre, fonte di scambi commerciali e comunicazione ed
ha storicamente favorito lo sviluppo delle civiltà: nell'antichità, come al giorno
d'oggi; I porti infatti, hanno rivestito un ruolo fondamentale negli scambi
commerciali tra le popolazioni. Tracce notevoli di commerci marittimi si trovano
infatti negli insediamenti costieri preistorici di isole del Mediterraneo tra cui
Pantelleria, Malta, Isole Eolie.
L'utilizzo dei porti ha avuto un notevole sviluppo al tempo delle
crociate e, in Italia, con la nascita delle Repubbliche marinare. L'incremento e lo
sviluppo maggiori si hanno tuttavia nel XV secolo con l'inizio della
colonizzazione e in seguito con la rivoluzione industriale degli ultimi secoli.
Ci sono vari tipi di porti:
Porti commerciali ed industriali.
Porti turistici.
Porti fluviali.
Porti Militari.
Un porto commerciale è di regola costituito da molte strutture:
I moli esterni, in genere protetti da blocchi di cemento o da grandi pietre
frangiflutti sul lato verso il mare, per proteggere l'interno dalle onde, la
protezione può essere fornita in alternativa da una diga foranea.
I moli interni e le banchine per attraccare le navi e consentire di salire e
scendere o caricare e scaricare.
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I fari, uno bianco visibile da lontano con una sequenza luminosa
caratteristica per identificare il porto dal mare aperto di notte, e due fanali, uno
rosso ed uno verde, rispettivamente a sinistra e a destra dell'ingresso nel porto.
Eventuali gru per caricare le merci sulle navi o per posare le navi
nell'acqua.
Eventuali magazzini o piazzali per lo stoccaggio delle merci o dei
container.
Eventuali terminal delle compagnie di navigazione.
Le strade e eventualmente le ferrovie per raggiungerlo.
Nei porti più grandi ci sono dei marinai specializzati chiamati piloti, che
manovrano le navi in ingresso e in uscita dal porto.
Vengono portati con un gommone, o con un piccolo motoscafo, sulle navi in
arrivo, e riportati in porto con lo stesso gommone o motoscafo, prelevandoli dalle
navi in partenza (www.wikipedia.org, 2010).
1.2 Adeguamento e dragaggio dei porti
Il dragaggio dei fondali è un intervento di rimozione di fanghi, sabbie e
altri materiali depositati nei fondali di un fiume o di una zona marina e avviene
tramite imbarcazioni che mediante compressori aspirano i materiali dal fondale,
filtrandoli delle acque e reimmettendoli al largo, un’operazione essenziale al fine
della costituzione di un porto.
In attuazione della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007) è stato emanato il decreto
ministeriale n.284 del 7.11.2008, che sblocca le operazioni di dragaggio nei
principali porti italiani. In particolare il nuovo provvedimento disciplina le
procedure per l’analisi del materiale dragato nonché le modalità per il successivo
deposito e la definitiva collocazione nelle strutture di contenimento. Il decreto in
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questione rappresenta un primo sostanziale passo avanti sui dragaggi anche se,
rispetto agli altri Paesi europei, l’Italia sconta ancora l’assimilazione del materiale
dragato ai rifiuti. Con l’avvento di navi sempre più grandi e con maggiore
capacità di carico sono necessarie queste operazioni di adeguamento delle
strutture esistenti, al fine di dare una particolare importanza all’operazione di
dragaggio.
Figura 2.1 – Dragaggio di un porto pugliese
Fonte: www.panoramio.com/photo/19225749, 2009
Considerando che, nel traffico mercantile, il 75% delle navi
portacontainer in costruzione è tarato per trasportare 25.000 tonnellate di merci,
bisogna prevedere fondali marini profondi almeno 14 metri per poter consentire
loro di attraccare nei porti. Il dragaggio assume quindi una rilevanza strategica per
il settore della logistica e degli spedizionieri, per non restare esclusi dalla quota
più consistente di tale mercato: quello delle super-portacontainer. Tale intervento
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può avere un rilevante impatto ambientale per la qualità delle acque, con ricadute
nel turismo, nella pesca, sulla flora e sulla fauna ittiche in genere. Se sui fondali
dragati confluisce una notevole quantità di rifiuti tossici o di scarichi fluviali non
a norma, il dragaggio di questi materiali potrebbe diffonderli e spostarli altrove,
oltre ad ostacolare il corretto funzionamento dei meccanismi di filtraggio
(www.reteimprese.it, 2010).
1.3 Il Porto visto come azienda e le difficoltà
Nella declinante economia italiana la nautica da diporto è uno dei pochi
settori vincenti e solo di recente ha avuto la giusta attenzione da parte degli
studiosi. Il più delle volte quando si parla di nautica da diporto viene molto spesso
associata e considerata un’insieme di cantieri per grandi imbarcazioni, la nicchia
economica più famosa è quella dove le imprese italiane sono riconosciute come
leader mondiali. Minore attenzione hanno invece ricevuto altri ambiti del settore
che pure sono legati da profonde relazioni con lo sviluppo dei cantieri, tra questi
spiccano “i porti turistici”,oggetto del nostro studio.
Nell'ordinamento giuridico-amministrativo italiano è quasi assente l'intento di
disciplinare il porto come azienda, come organizzazione che sia in grado di
produrre un servizio in forma imprenditoriale. Assume invece rilievo la nozione di
porto turistico, quel particolare tipo di infrastruttura pubblica costruita ad uso
prettamente diportistico, dotata di attrezzature di rimessaggio, riparazione e
rifornimento dei natanti di varia stazza di tipo turistico, amatoriale o sportivo ed è
il luogo dove avvengono attività e servizi disciplinati in assenza proprio di criteri
d'imprenditorialità ed economicità.
Il "porto" è visto come azienda volta all'acquisizione di traffici, ottimizzando due
elementi fondamentali: costo e qualità dei servizi, alla stessa misura di qualsiasi
altra realtà imprenditoriale. L'impresa Italia produce servizi portuali ad alto costo,
attraverso un numero eccessivo d'unità produttive, comunemente arretrate dal
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punto di vista tecnologico e con un esubero di manodopera, fenomeno che è in via
di rinnovamento, eppure nonostante i quasi 7.500 km di coste italiane affacciati in
posizione centrale del Mar Mediterraneo, ricco di attrattive storiche e
paesaggistiche, ideale per la navigazione da diporto che rappresentano una
condizione fisica ottimale-ideale, ma in seguito a questi ritardi enunciati in
precedenza si ha una struttura portuale di tipo prevalentemente assistenzialistico",
i ritardi tecnologici e la rigidità del sistema per quanto riguarda l'impiego della
forza lavoro, aggravano la crisi esistente nel settore portuale a livello
internazionale, rendendo la situazione italiana più grave.
Per portare l'Italia ai livelli europei è necessario apportare dei correttivi,
eliminando alcune carenze. Prima di tutto, dobbiamo far riferimento alle
mancanze nella programmazione nel settore portuale, molto importante è
l'iniziativa del Piano Nazionale Trasporti, che punta ad un indispensabile
coordinamento della mano pubblica con il settore privato, e all'interno della mano
pubblica, fra amministrazioni centrali e gli enti locali. Proprio l'assenza di questo
coordinamento favorisce la mancanza di una qualsiasi programmazione portuale
che è una delle cause dell'attuale deficienza del sistema, portando ad una rivalità
sempre più accesa fra porti storici e porti emergenti ed un aumento dei costi dei
servizi portuali. Un altra carenza molto importante è nel modello gestionale dei
porti ; la Confindustria ritiene importante che ci sia una precisa attribuzione dei
ruoli, identificando la figura di responsabile dei servizi portuali e dando ad esso la
qualifica di imprenditore. L'altra carenza è quella riguardante l'organizzazione del
lavoro portuale, il più delicato dei molti nodi da sciogliere (E. TOTARO, 1993, pp.
15-19).
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1.4 Le forme di “governance” portuale
I sistemi di governo variano sensibilmente da paese a paese e, talvolta
anche dall’interno di una stessa nazione.
L’analisi della vita di un porto non può prescindere dal contesto
istituzionale e gestionale del porto stesso. Esistono, infatti, fattori storici-
geografici, socio-economici e politici che influenzano la gestione degli affari
pubblici coinvolgendo anche lo sviluppo portuale. I diversi background che
caratterizzano ogni porto ne influenzano in maniera specifica le modalità di
gestione e le strutture organizzative. Esistono svariate forme di governance
portuale, tuttavia riconducibili ai seguenti modelli:
porti governati direttamente dallo Stato (state- governed-ports);
porti governati da autorità locali(municipal- governed ports)
porti indipendenti (self- governed ports);
porti impresa (corporate ports);
porti privati ( privately managed ports).
Il sistema state-governed si basa su una logica di scarsa autonomia
dell’autorità portuale sia a livello decisionale che a livello finanziario per cui i
redditi derivanti dalle operazioni portuali non sono trattenuti e reinvestiti
all’interno del porto ma affluiscono direttamente dallo Stato. Un punto di forza
dei porti amministrati a livello centrale può essere rinvenuto nella capacità di
attuare una politica portuale coordinata, in grado di integrare al meglio lo
sviluppo portuale nel più ampio contesto della politica dei trasporti a livello
nazionale, tuttavia, una struttura di governance così omogenea può rivelarsi
incapace di riconoscere le specificità locali e di valorizzare,quindi, le potenzialità,
dei singoli porti e delle loro zone di influenza.
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Diversamente, in un sistema di gestione decentralizzata dei porti
(municipal-governed ports), come quello vigente ad esempio in Belgio, Olanda e
Germania, pur permanendo i problemi di natura burocratica e clientelare,
l’amministrazione locale è in grado di individuare le necessità peculiari del porto
e di adeguarsi più rapidamente ai mutamenti strutturali del settore. I limiti di tale
modello consistono in una distorta allocazione delle risorse che spesso non
produce benefici diretti per lo sviluppo portuale. Le nuove tendenze di
liberalizzazione e privatizzazione hanno portato alla riorganizzazione della
struttura degli enti di governo portuale nell’ottica di una maggiore indipendenza,
flessibilità ed apertura manageriale. Sono sorte, in alcuni casi, autorità portuali
indipendenti, ossia imprese pubbliche dotate di maggiore potere decisionale,
portando alcuni porti ad assumere la forma di vere e proprie imprese (corporate
ports), dotate di personalità giuridica, finanziariamente autonome e con un proprio
Consiglio di Amministrazione.
Il modello più complesso di riforma portuale è rappresentato dal
processo di privatizzazione che, a tutti i suoi livelli (parziale e completo), prevede
un maggior coinvolgimento del settore privato nella proprietà e/o utilizzo delle
attrezzature portuali esistenti, una privatizzazione parziale è basata su una
partnership pubblico-privata, caratterizzata dalla presenza di una autorità portuale
di tipo land- lord, che mantiene la proprietà di spazi e infrastrutture, ma affida in
concessione ai privati l’utilizzo degli assets, mentre la privatizzazione completa
vede il privato come unico proprietario e gestore dell’area portuale (M.
LOMONARCA E P. PAPA, 2005, p. 858).
Questa ultima opzione tipica dei porti inglesi, risulta applicata perché,
nella maggior parte dei casi, si ritiene più opportuno affidare al settore pubblico le
funzioni di pianificazione, programmazione, controllo, sicurezza e tutela della
concorrenza, che rispondono a bisogni di interessi di natura collettiva.
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1.5 La nautica da diporto “una risorsa turistica di rilievo”
La regolamentazione della nautica diportistica è avvenuta per la prima
volta con la legge 11.02.1971; il quadro normativo ha subito nel tempo numerose
modifiche al fine di adattarsi all’evoluzione del comparto della nautica da diporto,
allo sviluppo delle attività turistico- ricreative e alle direttive comunitarie che nel
tempo si sono susseguite. La definizione attuale della navigazione da diporto è
fornita dall’articolo 1 comma 2 del D.Lgs n. 171/2005 secondo il quale la
navigazione da diporto è, appunto, l’attività effettuata in acque marittime o
interne a scopi sportivi o ricreativi e senza fini di lucro.
Procedendo a classificare i mezzi adoperati per la navigazione da diporto viene
effettuata sulla base dell’utilizzo del mezzo: per uso privato, utilizzata senza fini
di lucro per attività sportive o ricreative, e per uso commerciale, quando il fine è
quello di ottenere un vantaggio economico, quando è oggetto di locazione e
noleggio, oppure quanto il mezzo è utilizzato come unità d’appoggio per corsi
professionali della navigazione da diporto o come appoggio per l’addestramento
subacqueo da centri di immersione.
La classificazione dei mezzi destinati alla navigazione da diporto va fatta
sulla base delle seguenti definizioni previste per legge:
- “unità da diporto”: sono tutte le costruzioni di qualunque tipo e con qualunque
mezzo di propulsione destinate alla navigazione da diporto;
- “navi da diporto”: sono le unità con scafo di lunghezza superiore a 24 metri;
- “imbarcazioni da diporto”: sono le unità con scafo di lunghezza da 10 a 24
metri;
- “natanti da diporto”: sono le unità a remi o motorizzate con scafo di lunghezza
pari o inferiore ai 10 metri.
Le strutture portuali per la nautica da diporto, invece, sono classificate –
sulla base del D.P.R. 2.12.1997 n. 509 “Regolamento recante la disciplina del
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procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di
strutture dedicate alla nautica da diporto” – in :
- “porto turistico”: il complesso di strutture inamovibili realizzate con opere a
terra e a mare allo scopo di servire unicamente e precipuamente la nautica da
diporto ed il diportista nautico, anche mediante l’apprestamento di servizi
complementari;
- “approdo turistico”: la porzione dei porti polifunzionali destinata a servire la
nautica da diporto e il diportista nautico anche mediante l’apprestamento di
servizi complementari;
- “punti d’ormeggio”: le aree demaniali marittime e gli specchi acquei dotati di
strutture che non comportano impianti di difficile rimozione, destinati
all’ormeggio, alaggio, varo e rimessaggio di piccole imbarcazioni e natanti da
diporto (www.italiadonna.it/barche_vela_nautica/porti.htm, 2010).
Se si pensi che in Italia il 41% dei posti barca si concentra all’interno di
porti turistici nei quali sono presenti tutte le strutture portuali dedicate alla nautica
da diporto e presso i quali si realizzano anche opere infrastrutturali ad essa
connessi, nonché gli impianti e i servizi complementari. Seguono gli approdi
turistici con il 34% ed i punti d’ormeggio, che comprendono le strutture di minore
portata e con le attrezzature minime indispensabili per ormeggio e alaggio di
piccole imbarcazioni, con il 25%.
I porti del turismo nautico, possono essere distinti in altre sottocategorie
due delle quali principali: i “marina” e gli altri porti da diporto o porticcioli
turistici. I marina sono strutture artificiali, in genere privati, inseriti in centri
turistici e destinati prevalentemente alle imbarcazioni da diporto e sono ottimi che
garantiscono sicurezza e servizi, come delle vere e proprie strutture ricettive
(http://www.ilsole24ore.com, 2010).
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I porticcioli turistici, invece, di norma pubblici e praticanti tariffe per
l’ormeggio meno onerose, sono piccole strutture dotate di tutte quelle attrezzature
e servizi richieste dai diportisti; essi sono parte di un più ampio complesso
portuale o in cui la funzione turistica non è esclusiva, pur se prevalente. La loro
strutture dipende molto dalla morfologia delle coste ove sono inseriti, pur non
mancando porticcioli pianificati e del tutto simili ai marina privati.
I posti barca per tipologia di approdo sono distribuiti, in Italia, in maniera
prevalente nei porti e porticcioli (40.3%) e nei marina privati (24.8%).
La nautica da diporto è già, dunque, una risorsa turistica di rilievo per il
Mezzogiorno, la figura seguente mostra la distribuzione percentuale dei posti
barca nelle diverse tipologie di approdo (www.svilupporegioni.it ,2010).
Tabella 1.1 - Posti barca, unità da diporto e km di costa: incidenza di Puglia e Mezzogiorno
sul totale Italia)
Fonte: Elaborazioni Mercury su dati Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, 2004
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In termini di posti barca per chilometri di costa, la Puglia si colloca all’interno del
Mezzogiorno con 9,7 posti barca per km di costa, ma nettamente inferiore a
Campania ed Abruzzo, e ben al di sotto di tutte le regioni del Centro Nord: infatti,
a fronte di 9,7 posti barca per km di coste pugliesi si contrappone una densità di
37,8 del Centro Nord.
Tabella 2.1 Principali indicatori nel settore della nautica un confronto tra regioni
Fonte: Elaborazioni Mercury su dati Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, 2004