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1. IDENTITA’ PERSONALE E SOCIALE E FORMAZIONE DEL Sé
1.1 Identità personale e sociale in quanto Dimensione Interpsichica e non solo
Intrapsichica (nell’hic et nunc)
Partendo dall’ottica epistemologica dell’orientamento interazionista, ma anche
cognitivista e costruttivista consideriamo l’Identità come un costrutto che si
definisce in relazione agli altri; l’individuo, infatti, apprende ed interpreta
attivamente un ruolo costituito da valori, norme e regole specifiche che le figure
primarie, e il contesto sociale gli hanno trasmesso e che continueranno a
trasmettergli durante il ciclo di vita. Salvini la definisce in quanto sistema
articolato di rappresentazioni unificate di sé, negoziate da un ruolo determinato
dalla struttura, dai significati, e dalle regole del contesto in cui l’individuo è
situato (Salvini, 2004, pag. 158-159).
Infatti, secondo questo autore l’Identità, non è di totale proprietà dell’individuo, le
sue azioni, intenzioni e pensieri, non sono causati da disposizioni intrapsichiche,
da tratti psicologici già definiti e stabili, ma sono mediati da contesti normativi -
simbolici, vale a dire, filtrati e regolati da sistemi di norme e simboli condivisi
dalla comunità in cui la persona si trova (Salvini, 2004, cap. 5). Tuttavia, a questo
proposito, Salvini mette in luce che l’individuo non si adegua passivamente
all’identità stabilita dall’hic et nunc, e cioè dal preciso periodo spazio-temporale
in cui la persona si viene a trovare, ma interpreta questa identità in modo attivo, al
fine di confermarla, per mantenere una coerenza tra immagine di sé e ruolo
assegnato.
In letteratura (Snyder 1984) l’identità si distingue in: Identità personale, basata
sulla percezione di caratteristiche individuali che rimangono stabili nonostante il
mutare degli eventi, e riconoscibile agli altri attraverso il raggiungimento di scopi
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propri dell’individuo. Essa è sostenuta da due processi: l’autoconsapevolezza e
capacità riflessiva di automonitoraggio (Salvini, 2004, pag. 164).
L’autoconsapevolezza è un flusso di esperienze soggettive che ogni uomo o donna
sperimenta, cioè la riorganizzazione di accadimenti e/o situazioni secondo il
proprio schema interpretativo, mentre l’automonitoraggio è la percezione
oggettiva che ognuno ha di sé e delle proprie azioni, riguarda la capacità di
autoregolarsi.
Questi due processi, il cui grado e capacità variano tra gli individui implicano tre
dimensioni specifiche dell’Identità personale:
Il concetto di Sé , riguarda le teorie che si ha su se stessi, è un aspetto
intrapersonale.
Rappresentazioni di sé, concerne le teorie che si ha di sé in relazione agli altri
e a situazioni specifiche; fa riferimento ad aspetti interpersonali e situazionali.
Identità tipizzata, è l’identità condivisa da un gruppo, o da una classe di
individui; è un insieme di tratti attribuiti a se stessi, coerenti tra loro e con il
contesto socio-normativo che li legittima (Salvini, 2004, cap.5).
Complementare all’Identità personale ma distinta da quest’ultima è l’Identità
sociale. La quale emerge da processi di classificazione sociale, che consiste nella
classificazione dell’ambiente secondo raggruppamenti di oggetti, persone, ed
eventi attraverso similitudini e differenze per poter meglio comprendere e
rappresentare il mondo con il quale l’individuo si relaziona (Zamperini, Testoni,
2002, pag.147). “Essa è definita come quella parte dell’immagine che una persona
ha di sé derivante dalla consapevolezza di appartenere ad un gruppo sociale, unita
alle emozioni […] e alla valutazione date da tale appartenenza” (Voci, 2003,
pag.39).
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Quando un individuo sente di far parte di un determinato gruppo sociale si attua il
processo cognitivo dell’Identificazione, egli si percepisce e valuta se stesso in
base all’appartenenza a quel dato gruppo, di cui ha un proprio giudizio; quanto più
positiva è il giudizio attribuito al gruppo, tanto più sarà considerato positivo il Sé.
L’identificazione con il gruppo è l’aspetto saliente dell’identità sociale, seguito
dal processo del confronto sociale, il quale porta ad attuare valutazioni più
positive per il gruppo di cui si fa parte piuttosto che per un gruppo esterno (Voci,
2003, pag.39-40).
In base al pensiero di Erickson l’identità sociale offre all’individuo le coordinate
per collocarsi nella società, poiché gli permette di incanalare le sue azioni, i suoi
obiettivi dentro categorie di azioni e obiettivi riconoscibili da altri, di modo da
ritrovarsi fedelmente all’interno di uno stesso ruolo. Per raggiungere questo fine
l’individuo organizza in maniera diversificata le interazioni con gli altri (Erickson,
1974).
Per Luckmann e Berger questo sistema dinamico e interattivo che è l’Identità è
formato da processi sociali, ed è determinato dall’interdipendenza tra soggetto
emergente e struttura sociale (Luckmann e Berger, 1966, pag.235).
Tuttavia questi due autori sostengono che le teorie sull’identità sono sempre
inserite in una più generale interpretazione della realtà; sono “incorporate”
nell’universo simbolico e nelle sue legittimazioni teoretiche e variano con il
carattere di quest’ultimo […] poiché la dialettica tra teoria e realtà si ripercuote
sul soggetto in una maniera vistosamente diretta e intensa. (Luckmann e Berger,
1966, pag.239).
Si mette in luce inoltre che le teorie psicologiche possono allora servire a
legittimare il procedimento di conservazione e di ricostruzione dell’identità
istaurato nella società, fornendo l’anello di congiunzione tra identità e mondo,
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poiché questi ultimi sono sia socialmente definiti che soggettivamente fatti propri
(Luckmann e Berger, 1966, pag.239).
Se ne deduce che la percezione, la comprensione e la considerazione dell’identità
e del mondo sono prospettiche, quindi limitate e mai oggettivamente e
universalmente definite.
Ognuno quindi ha il proprio punto di vista delle cose che è situato e prospettico,
quindi limitato e soggettivo e di conseguenza deve essere compreso in quanto tale
e non secondo parametri oggettivamente stabiliti.
1.2 Il costrutto dell’identità è legato alla formazione e alla percezione del Sé
Nonostante le considerazioni sopracitate, per potermi soffermare sul concetto di
Identità personale e sociale ho la necessità di specificare, e fare riferimento ai
capisaldi della psicologia sociale, uno dei quali è rappresentato dal promulgatore
del Pragmatismo: William James, il quale considerava questo costrutto come una
sorta di conversazione tra Io consapevole, soggetto attivo dell’esperienza e Me
conosciuto, l’insieme di attributi e gli oggetti di conoscenza su cui l’Io riflette
(Zamperini, Testoni, 2004).
Per questo autore l’Io di una persona “è la somma di tutto ciò che egli può
chiamare suo, non solo il suo corpo, le sue facoltà psichiche, ma anche i suoi abiti,
la sua casa, i suoi amici” (William James, 1901, pag 220) che emergono appunto
da un’esperienza attiva e consapevole del mondo nella quotidianità; mentre il
nucleo del Me per W. James è “sempre l’esistenza fisica sentita come attualmente
presente”, questa descrizione riguarda le percezioni e le sensazioni oggettive che
si hanno su di sé, le quali sono passate ma vengono riconosciute come attualmente
presenti, poiché familiari e riscontrabili nel Me conosciuto e attuale.
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E’ possibile quindi ritrovare una certa continuità e costanza delle proprie
caratteristiche personali e delle proprie azioni (William James, 1901, pag.273).
Mead successivamente rielabora il pensiero di James, secondo un’ottica
comportamentista, sostenendo la tesi che il Me è “l’insieme organizzato di
atteggiamenti degli altri che un individuo assume” (Mead, 1966, pag.189), vale a
dire, gli atteggiamenti delle altre persone, che vengono metabolizzati ed elaborati
in quanto propri, e che vanno ad influire sulla nostra stessa condotta. La risposta
dell’individuo a questi atteggiamenti è l’Io; il quale è appunto un ente rispondente
a una situazione sociale in cui l’individuo si viene a trovare nella propria
esperienza di vita, questa risposta può essere più o meno incerta, in quanto
elemento nuovo della propria vita e non derivante dalla memoria biografica,
quindi per questi motivi è imprevedibile (Mead, 1966, pag.191).
Per Mead l’Io ha capacità autoriflessive sul proprio agire (Mead, 1966, pag.188).
Potremmo definire il Me come un Io potenziale, poiché contiene in sé le
possibilità di mettere in atto determinati atteggiamenti, ma non si presenta
attivamente nell’esperienza allo stesso modo dell’Io.
L’Io, per Mead, muta sempre rispetto alla situazione che si presenta, per questo
occorre distinguere l’uno dall’altro, tuttavia, esso fa nascere il Me e risponde,
come abbiamo precedentemente detto, a quest’ultimo. La fusione tra Io e Me si
verifica in situazioni estremamente intense dal punto di vista emozionale, quando
gli obiettivi dell’individuo e della struttura sociale si sovrappongono, ad esempio
nelle esperienze di patriottismo, nelle comunità religiose, nell’appartenenza ad
una squadra calcistica, etc.
Dal connubio tra l’Io e Me, due entità che possono essere distinte, ma non scisse,
ha luogo il Sé che rappresenta un punto di articolazione tra individuo e società
(Contarello, Mazzara, 2002, pag.10-14).
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Per Mead il Sé non esiste alla nascita, è considerato non come “dato” ma come
emergente dal processo dell’esperienza umana e dell’attività sociale, si forma cioè
come risultato delle relazioni che l’individuo ha con questo processo nella sua
totalità e con gli altri individui all’interno di esso.
La parola Sé indica riflessività, in grado di mettere in luce ciò che può essere al
contempo oggetto e soggetto (Mead, 1966, pag.153-154).
In quanto oggetto esso è in primo luogo la riflessione degli atteggiamenti degli
altri nei suoi confronti. “Egli è un composto di tutti gli individui ai quali egli si
rivolge quando assume i ruoli di coloro che lo circondano” (Mead, 1966,
pag.356).
Se si pensa al bambino, nei primi periodi di vita, egli spesso fa riferimento al suo
Sé in terza persona, poiché ancora in formazione e non definito. Successivamente
si andrà a costruire in base alle risposte sociali date agli altri, considerate
unicamente attraverso i loro occhi, in quanto il bambino ricopre i loro ruoli. Il
bambino tuttavia non è consapevole del ruolo che va ad assumere, mentre lo è
della sua risposta che scaturisce dal ruolo che gli è stato attribuito.
Una nota importante è da riconoscere alla comunicazione di simboli significativi,
che permettono cioè di far entrare in azione il Sé, significativi perché producono
una reazione da parte di esso. Questa comunicazione è diretta non solo verso gli
altri, ma anche verso l’individuo stesso; quest’ultima avviene ad esempio quando
qualcuno parla e risponde a se stesso, allo stesso modo in cui l’altra persona
replica a lui.
La risposta che la persona dà a se stesso diviene parte della sua condotta, e questo
comportamento rappresenta una modalità attraverso cui gli individui diventano
oggetti a se stessi.
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Mead approfondì il concetto di Sé, e lo definì struttura sociale, in quanto
emergente dall’esperienza sociale, dichiarò che in un certo senso egli provvede a
procurarsi le proprie esperienze sociali, di conseguenza, secondo questo autore, è
possibile concepire un Sè completamente isolato ma impossibile concepire un
“Sé”che affiori al di fuori dell’esperienza sociale (Mead, 1966, pag.157).
Infatti, questa struttura è intesa come “cerniera tra la mente e la società […]essa in
questo senso attua aggiustamenti impercettibili, a seconda del ruolo impersonato
nella società, a seconda di chi ha di fronte, e a seconda della situazione”(Salvini,
2004, cap.10).
Il Sé, pertanto, in base al pensiero di Mead, non è determinato dalla società ma si
definisce attraverso la società e attraverso le interazioni sociali quotidiane e
situate, come dimensione interpsichica e non unicamente intrapsichica. E proprio
a lui che dobbiamo il concetto di “intersoggettività”, il quale fa riferimento ad una
specifica rete sociale costituita da linguaggi, costumi e credenze (il substrato
culturale) all’interno dei quali si sviluppano pensieri e azioni del soggetto
(Zamperini, Testoni, 2002, cap.1).
Ciò che questo autore definisce “intersoggettività” per Luckmann e Berger può
essere considerato come l’incontro tra i diversi “hic et nunc”dei distinti soggetti,
un interscambio dei diversi bagagli esperienziali relativi alle diverse collocazioni
spazio–temporali che distingue un individuo da un altro (Luckmann e Berger, pag
50).
Questo interscambio, che avviene in un dato momento e in un dato luogo, quindi
in uno specifico contesto storico, sociale e culturale, permette un consolidamento
e una riflessione sulla nostra Identità.
L’altro è quindi sia un arricchimento per la nostra persona, sia una sorta di
specchio che permette di vedere ciò che siamo e ciò che eravamo. Cooley (1902)