INTRODUZIONE
con la soggettività, è apprendimento innanzi tutto da sé e di sè e richiede una grande
autonomia del partecipante.
Il discorso a questo punto consta di due parti per nulla distinte; la prima,
capp.2 e 3, definisce chi siano gli attori e quali i loro ruoli; la seconda, capp.4,5 e 6,
tratta più nello specifico il processo di apprendimento e le fasi che lo caratterizzano:
esperienza, riflessione e trasformazione. Il tutto, come si è detto, è da intendersi
nell’ottica di una formazione centrata sul soggetto.
Nel capitolo secondo, come suddetto, parlo dell’“allievo”, nella fattispecie del
formando adulto, descrivendone le peculiarità e le motivazioni che lo inducono ad
affrontare un percorso formativo e quali strategie di apprendimento egli possa
utilizzare. Gli adulti sono persone pragmatiche soprattutto quando si tratta di
formazione, cioè sono disponibili ad imparare solo ciò di cui sanno di aver bisogno
concretamente nella loro quotidianità lavorativa e non. Loro sono, pertanto, gli
attori principali del percorso formativo.
In quest’ottica il “maestro” (cap.3), abbandonando qualsiasi atteggiamento
direttivo e ancor più autoritario, si pone come partner accompagnatore del formando
verso la conquista di una maggior autonomia nell’apprendimento e verso la propria
trasformazione. Il suo obiettivo dovrebbe essere quello di stimolare il discente ad
“imparare ad imparare”. Per far ciò è necessario che egli accordi al formando la
maggior autonomia possibile, stimolandone la partecipazione attiva. È necessario,
perciò, negoziare e rinegoziare, continuamente, prima e durante il corso, qualsiasi
aspetto del processo di apprendimento, dalla pianificazione delle attività alla
valutazione dei risultati.
La seconda parte tratta del processo di apprendimento nelle sue fasi principali:
l’esperienza, la riflessione, la trasformazione.
Riconosciuta ormai la centralità del “fare”, non stupisce che l’esperienza
accumulata nel contesto della vita di tutti i giorni sia la caratteristica peculiare del
formando adulto. Egli ha esperienza, fa esperienza, è esperienza; significa che non
si può prescindere dal vissuto esperenziale dei partecipanti al percorso.
Sebbene l’esperienza sia fonte di qualsivoglia apprendimento, essa da sola
non basta; si rende necessario lo spazio per la riflessione, ovvero la possibilità di
attribuirle un significato. Attraverso la riflessione, infatti, l’individuo è in grado di
INTRODUZIONE
costruire una comprensione personale del significato che emerge dalle proprie
azioni. Nel capitolo ad essa dedicato, si distingueranno tre tipi di riflessione che si
differenziano tra loro per il focus d’attenzione. Si parlerà, così, della riflessione sul
contenuto, che è la modalità più utilizzata soprattutto nell’ottica del problem
solving; della riflessione sul processo, o riflessione in azione, e infine della
riflessione critica, ovvero l’indagine e l’eventuale messa in discussione degli assunti
di base che guidano la propria interpretazione della realtà offrendo l’occasione per
una significativa trasformazione.
Trasformazione, perché apprendimento significa soprattutto cambiamento.
Apprendimento e cambiamento sono due concetti, due stati dell’anima che non
possono essere disgiunti, perché qualsiasi apprendimento produce un qualche
cambiamento e ogni cambiamento significativo presuppone un nuovo
apprendimento. Nel contesto qui delineato il cambiamento non si riferisce alla mera
acquisizione di informazione, ovvero ad un semplice accrescimento del sapere,
quanto piuttosto alla possibilità di mutare il proprio modo di vedere se stessi e la
realtà. Un cambiamento di prospettiva, qualitativo piuttosto che quantitativo. In
questo ambito si prenderà in considerazione la teoria trasformazionale di Mezirow
che tratta i presupposti e i processi di un apprendimento che riguarda soprattutto la
consapevolezza di sé.
Questo, a grandi linee, è la mappa del presente lavoro che è basato
sull’apprendimento individuale. È necessario però, a questo punto, segnalare il fatto
che benché si tratti di formazione degli individui, e non di apprendimento
organizzativo, l’importanza del contesto socio-culturale è continuamente ribadita,
sia trattando dello sviluppo dell’età adulta sia parlando nello specifico del setting
formativo. L’attenzione al contesto ambientale e socio-culturale rappresenta una
conditio sine qua non per una formazione centrata sul soggetto e attenta al suo
vissuto.
Un altro aspetto che fa da “basso continuo” a tutto il presente lavoro è
l’importanza e l’attenzione data agli aspetti emozionali concernenti
l’apprendimento. I formandi, infatti, sperimentano spesso emozioni spiacevoli quali
ansia e ambivalenza, questo perché qualsiasi cambiamento rappresenta per chi lo
vive in prima persona una sorta di salto verso l’ignoto, ancora di più se concerne
INTRODUZIONE
una crescita in termini di autonomia. È importante quindi che imparino a gestire,
ovvero tollerare e modulare il proprio disagio, per riuscire a ‘restare nella
situazione’ e non fuggirla.
Per concludere, si potrebbe riassumere che la capacità di apprendere è lo
sviluppo in prima istanza della consapevolezza riguardo alle proprie possibilità di
costruire attivamente la realtà. L’apprendimento, quindi, è soprattutto auto-
apprendimento, non solo nel senso di apprendimento autonomo, ma anche e
soprattutto in un’ottica di apprendimento di sé.
CAP I EDUCARE VS APPRENDERE
1. EDUCARE VS APPRENDERE
L'istruzione non sparge semi dentro di noi,
ma fa sì che i nostri semi germoglino
Kahlil Gibran, Massime spirituali
Nell’ambito della formazione degli adulti, si è assistito, negli ultimi anni, ad
un passaggio da un approccio paradigmatico di tipo più normativo
comportamentale, centrato, quindi, sull’insegnante, ad uno più esperenziale-
riflessivo focalizzato sull’allievo; uno spostamento da un’“imparare qualcosa” ad
un “imparare ad imparare”. (Sankowsky, 1998; Dehler, Welsh, 1997)
Il primo approccio è qui definito come “educare” e si pone come obiettivo la
trasmissione di nozioni; il secondo come “apprendere” e punta sullo sviluppo delle
potenzialità individuali.
Tali orientamenti si differenziano per gli assunti di base riguardo ad ogni
aspetto del processo formativo: quali siano i ruoli degli attori, di chi le
responsabilità, di chi il controllo e quale sia il fine del processo stesso.
Per educare, pertanto, s’intenda l’approccio basato sulla disciplina che vede il
discente passivo e l’insegnante responsabile in toto del processo di apprendimento.
Per apprendere, invece, si intenda l’approccio centrato sul discente che quindi
riveste un ruolo attivo nell’ambito del proprio apprendimento.
Per avere un colpo d’occhio su quali siano le caratteristiche dei due approcci
si veda la tab.1. Questi, più che rappresentare una dicotomia, si pongono idealmente
agli estremi di un continuum che va dalla totale eterodirezione all’assoluta
autonomia di apprendimento,.
CAP I EDUCARE VS APPRENDERE
EDUCARE APPRENDERE
Approccio di tipo
Normativo comportamentale
Centrato sulla disciplina
Esperenziale e riflessivo
Centrato sul soggetto
Ruoli
Nettamente divisi
Relazione gerarchica
Fluidi
Relazione collaborativa
L’allievo
È dipendente e passivo
Eterodiretto
È autonomo e attivo
Autodiretto
Il maestro
Insegna
Fornisce il sapere
Parla
Facilita
Fornisce gli strumenti
Ascolta
Processo lineare unidirezionale Processo ricorsivo bidirezionale
Apprendimento
come
Trasferimento di nozioni Costruzione di significato
Tabella: Educare vs Apprendere
1.1 Educare
Il protagonista di quest’approccio è ovviamente colui che educa, in altre
parole il “maestro”. Egli è visto come chi conduce l’allievo fuori da una landa di
ignoranza, verso la luce della conoscenza. Tale approccio è di tipo normativo-
comportamentale ed è centrato sulla disciplina. La materia, cioè ciò che si insegna,
ha un valore intrinseco (Sankowsky, 1998) che è svincolato dal vissuto di colui che
si sta formando. Tale approccio, centrato più sul controllo che sulla comprensione,
implica una netta e a volte esasperata separazione dei ruoli tra chi possiede la
conoscenza e chi ne è destinatario.
CAP I EDUCARE VS APPRENDERE
Esiste una relazione univoca e unidirezionale tra gli attori e una netta
divisione dei ruoli. L’interazione tra le due parti è limitata a due forme: istruzione e
assunzione di informazioni. Questa divisione tralascia del tutto l’esperienza
dell’individuo come fonte di apprendimento.
Fig. 1.1 La relazione tra il professore e l’allievo
L’attore: il ‘professore’
Egli è l’unico che ricopra un ruolo attivo all’interno del setting formativo; è
l’attore sul palcoscenico: spiega e tenta di trasmettere concetti e nozioni di fronte ad
una platea di spettatori silenziosi e più o meno attenti. Il suo compito è quello di
trasferire il proprio sapere ai discenti. Ha pieno potere e controllo
sull’apprendimento, infatti:
“[…] Here the choices of what to learn, how to learn, where to learn,
and from whom to learn are, by and large, imposed by the teacher [...]”
(Ramsey, Couch,1994, p.145)
Il formatore quindi dispone delle risorse ed ha la piena responsabilità di tutto
il processo formativo, dalla pianificazione, all’implementazione, alla valutazione
dei risultati. (Ramsey, Couch, 1994; Dehler, Welsh, 1997)
Il partner: l’allievo
Chi apprende è visto come una sorta di contenitore vuoto che deve essere
colmato di nozioni e informazioni, soggetto passivo e dipendente da chi insegna,
incapace quindi di qualsiasi forma di autonomia e autodirezione; è considerato
soggetto mancante, in difetto. (Sankowsky, 1998). Il suo compito è unicamente
quello di appropriarsi delle conoscenze che l’educatore gli trasmette. Non ha alcun
controllo del proprio processo di apprendimento, nessun margine di decisione a
PROFESSORE ALLIEVO
CAP I EDUCARE VS APPRENDERE
riguardo, né sugli obiettivi, né sulla valutazione del raggiungimento degli obiettivi.
La sua unica libertà resta quindi quella di rifiutarsi di imparare quel che gli si sta
insegnando. (Dehler, Welsh, 1997; Ramsey, Couch,1994)
Imparare: ‘cosa’
Il tipo di apprendimento ricercato in questo approccio è di tipo prettamente
nozionistico, ovvero un apprendimento di contenuto. La conoscenza è obiettiva e
svincolata da qualsiasi vissuto personale, e pertanto può essere facilmente
trasmissibile. Imparare significa accumulare concetti e informazioni. Il fine del
processo è il “cosa” si è appreso, le conoscenze che sono state acquisite.
Data la netta divisione dei ruoli, è un processo di tipo lineare e unidirezionale,
poiché procede univocamente da colui che eroga il sapere a colui che lo riceve e
non prevede feedback se non al momento della valutazione, il cui controllo è però
nelle mani del formatore.
CAP I EDUCARE VS APPRENDERE
1.2 Apprendere
Il protagonista, in questo caso, è colui che “prende”, ovvero l’allievo che,
acquisito un ruolo attivo all’interno del processo, è capace di costruire il proprio
apprendimento usufruendo delle risorse messe a disposizione dal facilitatore. Tale
approccio è di tipo esperenziale riflessivo; concerne quindi non la teoria, ma la
prassi, quella prassi definita da Brookfield come processo ricorsivo di esperienza e
riflessione sull’esperienza (Brookfield, 1995). L’esperienza del formando
acquisisce quindi un ruolo di primaria importanza.
Si tenta di superare la logica unidirezionale che sottende la dicotomia
‘insegnare e imparare’. In quest’ottica, non esiste una netta e rigida distinzione tra i
ruoli, il facilitatore è anch’egli soggetto di apprendimento all’interno del contesto
formativo. Il centro di quest’approccio non è più la disciplina, ma il processo stesso
di apprendimento. Non è tanto importante il ‘cosa’ si impara, ma soprattutto il
‘come’ si può apprendere. (Sankowsky,1998)
L’attore: il partecipante
Il formando diventa, quindi, l’attore principale del processo; egli è un
costruttore di senso e di significato e per questo motivo è risorsa del proprio e altrui
apprendimento. Ha il controllo su ‘cosa’ e ‘come’ imparare (Dehler,Welsh,1994) .
L’apprendimento è prettamente soggettivo perché influenzato dalla propria
esperienza, determinato dal proprio modo di essere, legato alla propria riflessione.
(Brookfield,1995; Galbraith,1991; Mezirow,1997). Considerato capace di
autonomia e autodirezione, il discente è soggetto attivo del proprio apprendimento,
infatti condivide con il formatore la responsabilità e il controllo del processo in tutte
le sue fasi, dalla pianificazione all’implementazione alla valutazione. (Dehler,
Welsh, 1997; Ramsey, Couch,1994; Sankowsky,1998)
CAP I EDUCARE VS APPRENDERE
Il partner: il facilitatore
Se l’allievo è il protagonista, il facilitatore è il co-protagonista; egli cerca di
apprendere con il formando, l’orienta, lo sostiene e lo contiene, lo aiuta ad acquisire
consapevolezza. In quest’ottica, il formatore cessa di essere insegnante ex cathedra
e diventa facilitatore, compagno di viaggio più che guida da seguire. Mette a
disposizione la propria conoscenza e il suo compito è quello di supportare l’allievo
nel proprio apprendimento che cessa di essere specifico, ma coinvolge tutta la
persona. I ruoli hanno quindi confini più fluidi e la relazione che si instaura è di tipo
cooperativa e collaborativa, entrambi sono partners nella creazione di significato
(Dehler, Welsh, 1997)
Fig. 1.2 La relazione tra il formando e il formatore
Imparare: ‘come’imparare
Da ciò che si è detto sinora, si può facilmente intuire come l’allievo in questo
caso non acquisisce unicamente nozioni teoriche, ma si sviluppa, cresce, cambia.
Alla base dell’apprendimento c’è l’esperienza vissuta del soggetto, esperienza che è
fonte di valore dell’apprendimento. L’apprendimento diventa quindi anche
soprattutto un’opportunità di conoscenza e sviluppo di sé. (Sankowsky,1998;
Deheler e Welsh,1994). Alla trasmissione di informazioni si sostituisce, così, la
costruzione di significato. Il fine dell’apprendimento, in un’ottica centrata sul
soggetto, risulta quindi essere il processo stesso. Non è tanto importante il cosa, ma
soprattutto il come si apprende. Si impara ad imparare, attraverso l’esperienza e la
riflessione su di essa; si impara ad avere un atteggiamento critico e a sviluppare la
capacità di vivere ogni contesto e ogni avvenimento come fonte di apprendimento.
(Brookfield,1995; Mezirow,1997)
FORMANDO FACILITATORE
CAP I EDUCARE VS APPRENDERE
All’interno di quest’approccio esiste la consapevolezza che “[...]the learner wich is
taking place may be quite different from what the two parties believe at the time to be
happening, and that many new possibilities are avilable[...]” (Boud e Miller, 1998, p.6)
CAP I EDUCARE VS APPRENDERE
PARTE I
ATTORI E RUOLI
CAP III IL MAESTRO
2. «L’ALLIEVO»
Le nostre anime percorrono degli spazi nella Vita
che il Tempo, invenzione dell’uomo, non può misurare.
Kahlil Gibran, Massime spirituail
2.1 L’adulto
Diversamente da ciò che si credeva in passato, l’età adulta non è un periodo di
relativa stabilità, ma è invece una fase della vita ricchissima di continui
cambiamenti e trasformazioni, forse ancor più che l’infanzia e l’adolescenza. Tali
cambiamenti non concernono soltanto l’aspetto fisico degli individui, ma
riguardano lo sviluppo complessivo della persona. L’adulto rappresenta un ampio
spettro di sviluppo intellettuale, cognitivo, psicosociale, morale e spirituale.
Nel trattare tale sviluppo Tennant e Pogson (1995) ritengono che si debba tenere
conto di due aspetti:
™ lo sviluppo delle funzioni cognitive e intellettive
™ lo sviluppo della personalità e dei ruoli sociali
Lo sviluppo delle funzioni cognitive e intellettive
Il rapporto tra l’età e lo sviluppo intellettivo è da sempre una questione
problematica, poiché il concetto di intelligenza è esso stesso problematico. Tennant
e Pogson (1995) notano come, in passato prevalsero due modelli:
CAP III IL MAESTRO
- il modello della stabilità (stability model), che assumeva che il pensiero cognitivo
rimanesse essenzialmente lo stesso anche dopo la maturità
- il modello del declino (decrement model) che ipotizzava un graduale calo con l’età
delle capacità di utilizzare e organizzare le informazioni, risultante da un presunto
deterioramento biologico.
Attualmente, invece, la teoria e la ricerca contemporanea, hanno respinto
entrambi i modelli, e sostituendoli con una nuova visione che postula una crescita
intellettiva e cognitiva costante durante l’età adulta. Questo, forse, è anche dovuto
al fatto che all’interno della tradizione dell’intelligence-testing si sia affermata una
consapevolezza sulla natura multidimensionale e multidirezionale dello sviluppo
intellettivo.
“[…]That is, perople are considered to possess a range of mental
abilities, wich grow and change in different ways. This conception
opens the way for identifying the new forms of intelligence that emerge
during adulthood and old age” (Tennant e Pogson, 1995, p.25)
Una nuova forma di conoscenza che si sviluppa durante l’età adulta è definita
conoscenza pratica, in antitesi a quella teorica e accademica. Essa sembra essere
alla base dello sviluppo dell’expertise.
Pensiero pratico
Il concetto di conoscenza pratica è stato introdotto per descrivere un tipo di
conoscenza che esula da quella accademica. Infatti: “[…] practical thought and
intelligence as: not academic or formal, but goal directed, problem oriented, and directed
outside the individual […]” (p.43)
Il pensiero pratico quindi è una modalità di conoscenza del mondo che è:
™ non dichiarativa, ma procedurale
™ orientata all’obiettivo
™ focalizzata sul problema
™ flessibile, capace cioè di affrontare lo stesso problema con differenti
strategie di risoluzione.