7
1.2 Panafricanismo nel XX Secolo
Nato a Trinidad il 15 Febbraio 1869, Henry Sylvester Williams riuscì nella difficoltosa impresa di
traghettare il Panafricanismo nel XX secolo, senza che le fondamenta e il nucleo dell’idea venissero
intaccati, riuscendo anzi a conferirle nuova linfa.
Le prime battaglie di Williams sono rintracciabili già in età adolescenziale, quando giovane
insegnante si trovò a rivestire varie cattedre nelle scuole dell’isola atlantica, un’opportunità che
permise di maturare nuova coscienza nelle capacità della propria gente, invitando i colleghi a
produrre sforzi sempre maggiori affinché il proprio paese potesse crescere culturalmente, uno
spiraglio di libertà all’interno dell’Impero Britannico. L’empatia di Williams per la causa africana
non tardò a sbocciare in un paese legato in maniera inscindibile con il Continente nero, un’isola che
ospitava diretti discendenti della tratta atlantica, che a Trinidad importò manodopera da impiegare
nelle vaste piantagioni di canna da zucchero e cacao, assistendo contemporaneamente a una censura
culturale che sopprimeva le tradizioni africane, in particolare i balli di gruppo al ritmo di tamburi,
considerati dall’amministrazione coloniale come luogo di incontro di sovversivi e fucina di ribelli
lavoratori.
Gli studi e l’assidua ricerca di miglior fortuna lo portarono prima a New York e poi ad Halifax,
entrambe esperienze dall’esito negativo che sospinsero Williams fino al centro del potere coloniale
che lo aveva visto crescere: la Gran Bretagna. Nel 1895 egli riuscì ad iscriversi presso il King’s
College di Londra e durante il suo soggiorno entrò in contatto con studenti africani provenienti dalle
colonie britanniche della Sierra Leone, Nigeria, Rhodesia e Costa d’Oro, acquisendo
consapevolezza delle precarie condizioni delle popolazioni, informazioni che andarono a sommarsi
al proprio vissuto, in particolare il clima di razzismo constatato nelle esperienze nordamericane.
Furono queste le vicende che nel 1897 portarono Henry Sylvester Williams a formare la Pan-
African Association, che alla sua nascita poteva vantare intenti già importanti:
“secure Africans and their descendants throughout the world their true civil and political rights, to
ameliorate the condition of our oppressed brethren in the continents of Africa, America, and other
parts of the world, by promoting efforts to secure effective legislation, to encourage our people in
educational, industrial, and commercial enterprises, to foster friendly relations between the
Caucasian and African races, to organize a bureau, a depository, for collections of authorized
writings and statistics relating to our people everywhere, and to raise a fund to be used solely for
forwarding these purposes”
5
Gli ideali di Williams differivano in tal caso da quelli di Edward Blyden, poiché il primo non
considerava il ritorno verso il continente da parte della diaspora negra quale obbiettivo principale
del suo agire, bensì focalizzando i suoi sforzi sulla tutela dei diritti civili e politici di quelle stesse
genti nei nuovi paesi ospitanti; l’azione di Williams poteva essere quindi inquadrata in un’ottica
sedimentaria che si contrapponeva a quella in movimento auspicata da Blyden, per questo motivo
imputabile non di debolezza ma di oculato realismo, una caratteristica che si rivelò vincente alla
riunione della prima Conferenza Panafricana nel 1900, voluta dallo stesso Williams.
La Conferenza si tenne a Londra dal 23 al 25 luglio e radunò leaders e attivisti in rappresentanza
della diaspora negra, in particolar modo provenienti da varie parti della Gran Bretagna, dalle Indie
Occidentali e dal Nord America, senza dimenticare coloro giunti dalla stessa Africa e supporters
europei. I dibattiti produssero una notevole mole di riflessioni, riguardanti in primis le condizioni
sociali, economiche e politiche dei negri della diaspora, rapportate prevalentemente alla cornice
5
James R. Hooker, Henry Sylvester Williams: imperial Pan-africanist, Rex Collings, London, 1975, p.23
8
britannica e nordamericana; grande rilevanza fu data alle nazioni indipendenti governate da genti di
colore, in particolar modo i casi di Etiopia, Haiti e Liberia, focalizzando l’attenzione sulle cause che
avevano portato alla formazione e al mantenimento di quei governi e sugli sforzi ancora da
conseguire per migliorarne l’azione; si dibatté a proposito dell’importanza dell’Africa nella storia
del mondo e dell’influenza del Cristianesimo sul continente. Un ruolo di vitale importanza fu
rivestito da due comitati speciali, il primo dei quali si occupò della stesura di un memoriale rivolto
alle “nazioni del mondo”, in particolar modo quelle europee e agli Stati Uniti, ai quali si invocò un
processo di riforme rivolto verso le colonie africane e una maggiore tutela dei diritti, in Africa come
nel resto del globo; il secondo comitato pianificò invece la formazione di un’associazione
panafricana sul modello di Williams, avvalendosi inoltre di sedi distaccate in varie parti del mondo.
Le accorate richieste operate dai due comitati e l’appeal della Conferenza non ebbero un rilevante
successo tra le potenze che detenevano le redini coloniali africane, ciò nonostante la sua importanza
si rivelò fondamentale per accrescere la solidarietà tra le genti della diaspora, maturando una
coscienza maggiore nelle proprie potenzialità e confidando in un più roseo futuro.
Tra i partecipanti vi fu anche Samuel Coleridge-Taylor, musicista di origini creole conosciuto come
il “Mahler Africano”, a testimonianza del fatto che gli ideali panafricani non erano diffusi
unicamente tra studiosi e politici, ma avevano fatto breccia anche nel mondo dell’arte e della
cultura; la presenza di un personaggio in particolare risultò fondamentale per le prospettive future
del Panafricanismo, guidando appunto la prima delle due commissioni speciali: William Edward
Burghardt Du Bois.
1.3 Congressi Panafricani
W.E. Du Bois, nato a Great Barrington nello stato del Massachussets il 23 Febbraio 1868, ereditò
gli ideali di Williams e portò avanti il suo progetto panafricano, realizzando ciò che la prematura
morte impedì all’avvocato di Trinidad: la riunione di ulteriori congressi panafricani.
La sensibilità di Du Bois verso questi temi può essere ricercata all’interno del suo patrimonio
genetico, discendente da una famiglia dalle molteplici origini, quali africane, haitiane, francesi e
olandesi, formando in lui un ardente spirito che si opponeva al razzismo e alle discriminazioni,
strenue difensore del principio di auto-determinazione e devoto alla tutela dei diritti umani.
Il contesto storico che assistette alla riunione del Primo Congresso Panafricano fu quello di una
società mondiale colpita al cuore dalla Prima Guerra Mondiale, un conflitto di proporzioni inedite
nella sua vastità, eccezionale nella sua violenza e straordinario nelle sue conseguenze.
6
Gli effetti
della Grande Guerra non riguardarono unicamente il teatro europeo dove si concentrarono
fisicamente gli scontri, ma ebbero ripercussioni per l’intero assetto globale, strascichi che nelle
colonie favorirono la crescente consapevolezza di volubilità delle potenze mondiali, capaci di
annientarsi vicendevolmente in una frenesia primordiale e selvaggia, caratteristiche che esse
imputavano in maniera tronfia ai popoli soggiogati, con disprezzo e infondata superiorità, ignare di
aver minato da sé le fondamenta del loro potere.
Il primo Congresso Panafricano ebbe così luogo a Parigi nel 1919, una scelta che mostrò
l’attenzione e la devozione per la causa da parte di Du Bois e dei suoi collaboratori, poiché nel
primo semestre di quell’anno la capitale francese, più precisamente Versailles, fece da sfondo alla
Conferenza di Pace che avrebbe dovuto sanare gli assetti politici europei sfregiati dalla Guerra;
un’occasione prestigiosa per porre all’attenzione dei potenti della Terra le rivendicazioni dei
panafricanisti, sempre più organizzate e impossibili da ignorare.
Il primo destinatario delle richieste portate dal Congresso fu il Presidente statunitense Woodrow
Wilson, sicuramente una delle figure più importanti dell’epoca e primo attore della Conferenza di
Pace del 1919 grazie all’esposizione dei suoi principi, un punto di vista forse non rivoluzionario ma
6
Il numero delle vittime non è ancora stato rivelato con certezza, analisi approfondite stimano circa 15.000.000
di morti (http://users.erols.com/mwhite28/warstat1.htm)
9
sicuramente originale per le vecchie dinamiche che caratterizzavano ancora l’Europa del periodo. I
principi di Wilson gettavano una nuova luce sullo scenario mondiale post-bellico e, denominati per
l’occasione “Quattordici Punti”, presentavano ai punti numero cinque e quattordici una mano tesa
alle popolazioni sottoposte al potere coloniale:
V. A free, open-minded, and absolutely impartial adjustment of all colonial claims, based upon a
strict observance of the principle that in determining all such questions of sovereignty the interests
of the populations concerned must have equal weight with the equitable claims of the government
whose title is to be determined.
XIV. A general association of nations must be formed under specific covenants for the purpose of
affording mutual guarantees of political independence and territorial integrity to great and small
states alike.
7
Il Presidente Wilson riteneva necessario un ampio dibattito in merito alle rivendicazioni coloniali,
che non fosse una copia della Conferenza di Berlino, ma presentasse al suo tavolo anche gli
interessi delle popolazioni coinvolte, dare loro voce in merito alla questione della sovranità, una
voce rappresentata alla nascente Società delle Nazioni che avrebbe promosso garanzie di
indipendenza e integrità territoriale a tutti gli stati, grandi e piccoli indistintamente.
Questi due punti ben si conciliavano con le richieste del Primo Congresso Panafricano, nonostante
fosse chiaro a tutti, Du Bois in primis, che ciò rappresentasse una parte infinitesimale della
pressione da compiere affinché le condizioni degli africani e dei loro discendenti potessero essere
considerate anche solo buone; per questo motivo furono posti al centro del dibattito i diritti civili e
politici, chiedendo in aggiunta un maggiore coinvolgimento nell’amministrazione coloniale delle
genti natie, un processo che in futuro avrebbe portato all’auto-determinazione: in futuro, poiché i
tempi non erano ancora maturi per un evento di tale portata. Tra gli sforzi richiesti dal Congresso ai
rappresentanti di Versailles, grande rilevanza venne conferita all’abolizione della schiavitù e della
pena capitale nelle colonie, pratica diffusa in particolar modo nel Congo belga per punire i
lavoratori considerati negligenti, impiegati in condizioni disumane nelle piantagioni di albero della
gomma.
L’attività dell’avvocato statunitense può essere valutata in un’ottica di cautela, molto vicina a quella
di Henry Sylvester Williams, erigendo un poco alla volta il progetto panafricano, senza forzare
eccessivamente la mano, conscio di interloquire con poteri talmente forti e radicati da non
permettere uno scontro diretto e, soprattutto, ad armi pari. Una posizione quella di Du Bois, che
paradossalmente non andò a scontrarsi con le potenze mondiali, bensì con un altro difensore del
progetto panafricano, il giamaicano Marcus Mosiah Garvey Jr. , meglio conosciuto come Marcus
Garvey.
I contrasti tra Du Bois e Garvey rappresentano l’emblema delle spinte differenti riscontrabili
all’interno del Panafricanismo, è impensabile infatti che in un movimento di tale portata fosse
presente una sola corrente di pensiero, una posizione condivisa all’unanimità che avrebbe permesso
il raggiungimento degli scopi prefissi. Marcus Garvey, nato a St. Ann’s Bay in Giamaica il 17
Agosto 1787 impersonava il lato più irruente e sanguigno dell’ideale panafricano, portando alle
estreme conseguenze i pensieri e le opere dei precedenti padri del movimento. Ancora una volta i
viaggi e il confronto con le persone furono determinanti per la formazione di un ideale come già
avvenuto per i suoi predecessori, e il pellegrinaggio di Garvey per le isole caraibiche e in America
Centrale impressero un segno indelebile nella sua coscienza, facendo proprio il nucleo originario
del pensiero di Edward Blyden, per cui il riscatto degli africani e delle genti della diaspora passasse
necessariamente dal loro ritorno al Continente nero. Rientrato in Giamaica dopo aver trascorso due
anni a Londra, Garvey fondò l’Universal Negro Improvement Association (UNIA):
7
http://wwi.lib.byu.edu/index.php/President_Wilson's_Fourteen_Points