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INTRODUZIONE
Questa dissertazione tratta del viaggio ed, in particolare, del viaggio a pie-
di, cercando di mettere in luce i benefici “educativi” che questa esperienza
può portare al soggetto che la vive.
La passione per questo argomento è frutto della mia esperienza fatta sul
“cammino di Santiago” che mi ha permesso di intravedere interessanti
spunti in termini educativi, soprattutto a livello di crescita individuale; lo
scopo è dunque quello di illustrare i benefici che ne sono derivati e potreb-
bero spiegare che cosa sia successo durante questa straordinaria avventura.
Il punto di partenza è una risposta data in un’intervista pubblicata dal quo-
tidiano “Avvenire” in data mercoledì 10 dicembre 2008, dalla professores-
sa Chiara Leone, camminatrice e docente di filosofia, alla domanda “Se le
chiedessi un argomento per invogliare a mettersi su una strada da pellegri-
ni?”.
Questa la sua risposta: “Per un semplice motivo: dei tanti pellegrini che ho
conosciuto, non ne ho trovato nemmeno uno che sia rimasto come prima,
tutti ne sono usciti arricchiti”.
In un primo capitolo, attraverso un’analisi dell’evoluzione del viaggio, sot-
tolineo la sua prima importante peculiarità, ovvero come esso sia sempre
stato inteso come metafora dell’intera condizione umana; il viaggiatore ha
dunque la possibilità, durante il suo percorso, di avere continui rimandi con
la propria vita e questo permette a questo tipo di esperienza di non essere
fine a se stessa, ma provocare molte volte, nel soggetto, un cambiamento
stabile e duraturo, che continua anche dopo l’arrivo.
I capitoli successivi sono invece dedicati agli elementi caratteristici del
viaggio: la partenza, che è la perdita di un’unione raggiunta con un am-
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biente e nasce da un desiderio di rinnovamento e dal coraggio di “ritornare
scolaro nella grande scuola dell’esistenza”, entrando in un altro tempo e in
un altro luogo in cui il viaggiatore raggiunge una nuova capacità di com-
prensione e di coesione con il mondo in cui vive.
Il periodo del transito è un periodo di movimento, caratterizzato spesso dal
disagio e dalle difficoltà; proprio attraverso la prova, il cammino scalfisce
la durezza dell’animo umano e lo rende piø semplice e sereno nei confronti
dell’avventura della vita; il transito genera e soddisfa un bisogno di muta-
mento ma può anche generare successivamente altri desideri, come quello
di vivere dei momenti di vita piø intensi che permettano di sentirsi vivo, di
acuire l’intelligenza e risvegliare i sensi.
Alla fine del viaggio c’è l’arrivo: è la volontà di fondare una nuova unione
tra il soggetto e il contesto abbandonato al momento della partenza, rappre-
senta l’occasione per approcciare le realtà di ogni giorno con uno spirito
nuovo, utilizzando gli insegnamenti appresi durante questa esperienza.
Il quarto capitolo si concentra sulla modalità piø antica e nobile di viaggia-
re: il viaggio a piedi, in quanto portatrice di caratteristiche distintive che si
vanno ad aggiungere a quelle già citate e tipiche dello spostarsi da un luogo
all’altro.
L’avventura del viaggio a piedi è considerata sempre piø un’esperienza e-
ducativa di grande valore. Camminare significa “aprirsi al mondo”, ci si in-
contra lungo il cammino portando con sØ esperienze diverse, sviluppando
una concezione nuova del mondo, delle persone e del loro essere.
Il viaggio a piedi, lento, meditato e contemplante è un modo di camminare
con il quale ci si può finalmente concedere quello che la vita contempora-
nea non ci permette di “sentire”. ¨ un’attività praticabile da tutti, in qua-
lunque stagione, a qualunque età, che non richiede costose attrezzature, che
non inquina e non fa rumore. ¨ un’azione lenta, che permette di osservare
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anche le piccole cose; silenziosa, ritmica, faticosa, ma non estenuante, che
consente di apprezzare le distanze guadagnate un passo alla volta. Non si
deve fare ricorso a mezzi meccanici, si parte e ci si ferma quando lo si de-
sidera, si procede al proprio ritmo. Si può camminare da soli o in compa-
gnia, in silenzio, chiacchierando, fischiettando o, se si ha fiato, anche can-
tando. Chi cammina è una persona singolare, che accetta di uscire dal pro-
prio guscio quotidiano, per avventurarsi nella nudità del mondo, camminare
induce ad interrogarsi su di sØ, sul rapporto con gli altri e la natura.
Sulla base di queste considerazioni affermo che il viaggio, ed in particolar
modo il viaggio a piedi possa rappresentare un ottimo strumento educativo,
in quanto permette a chi decide di iniziare questa esperienza di entrare in
un tempo e in uno spazio differenti da quelli quotidiani; un soggetto ha
quindi la possibilità e la libertà di rivedere la propria vita, recuperando le
potenzialità dei vincoli e delle dipendenze che lo legano al mondo, svilup-
pando, spesso, in ciascuno la consapevolezza dell’importanza di essere at-
tore, e non spettatore, di quella parte di vita che ciascuno ha diritto di vive-
re.
Alla luce dei benefici descritti in questi primi capitoli, nell’ultimo mi sof-
fermerò su due concetti, quelli dell’empowerment e dell’intelligenza emo-
tiva, propriamente educativi, dimostrando come il viaggio possa rappresen-
tare un buon strumento per migliorarli.
In quest’ultima parte cercherò, inoltre, di sottolineare come un intervento
che utilizzi il viaggio a piedi abbia anche tanti punti di contatto con le espe-
rienze dell’animazione; pur non utilizzando strumenti teatrali, si vedrà co-
me il ruolo centrale e attivo del soggetto a cui è rivolta l’attività, si rafforzi
attraverso di essa avendo l’opportunità di scoprire ciò che è rispetto agli
oggetti e alle persone che gli stanno intorno; il viaggio si propone, dunque,
come un’ esperienza liberatoria, all’interno del quale il soggetto esce dalla
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quotidianità, un’esperienza in grado di modificare profondamente le attitu-
dini relazionali e le potenzialità della persona che potranno poi essere tra-
smesse in altri contesti quando da esse acquisite.
La conclusione sarà dedicata ad una proposta concreta di intervento educa-
tivo che ha nel cammino lo strumento privilegiato e che si prefigge di rag-
giungere obiettivi che sono tipici degli interventi di animazione e che quin-
di in quest’ultima categoria possa essere collocato a pieno titolo.
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CAPITOLO 1 LA STORIA DEL VIAGGIO
1.1 L’importanza del viaggio come metafora potente
Il viaggio, lo spostarsi da un luogo all’altro è sempre stato un elemento
chiave nella storia degli uomini, talmente centrale nella storia individuale e
collettiva che, studiandolo, noi possiamo analizzare l’anima dei popoli, le
sue continuità, le sue evoluzioni e i suoi mutamenti.
L’importanza del viaggio come attività creatrice della condizione umana è
sostenuta anche da Eric Leed che scrive: la mobilità ha in sØ una forza ec-
cezionale per quanto riguarda la capacità di mutare le caratteristiche di una
società o di un individuo ed è sempre stata ritenuta un’attività potenzial-
mente sovversiva ed incontrollabile
1
.
La filosofia si è sempre servita di concetti quali via, strada, navigazione,
viaggio per spiegare realtà metafisiche e per descrivere qual è il cammino
che ognuno deve percorrere per diventare pienamente uomo, trovare se
stesso e sollevarsi al di sopra della semplice materialità della vita.
PerchØ il viaggio ha sempre assunto un ruolo di primo piano?
PerchØ risulta non soltanto un’esperienza intrinsecamente connessa alla sto-
ria personale di ogni individuo, ma può anche diventare termine di parago-
ne per qualsiasi tipo di transizione generando simboli universalmente vali-
di.
Ecco dunque che il viaggio assume su di sØ una forte connotazione simbo-
lica, perchØ lo spostarsi da un luogo all’altro, è terreno di metafore
2
di pro-
1
E. J.Leed, La mente del viaggiatore, dall’Odissea al turismo globale, Bologna, Il Mulino editore, 1991,
pag.13
9
venienza globale, un giardino di simboli con cui si esprimono transizioni e
trasformazioni di ogni genere: basti pensare che nel linguaggio comune u-
siamo per esprimere il significato della morte il termine “trapasso” e la
struttura della vita è definita come un “cammino” o pellegrinaggio.
Il viaggio è, quindi, sempre stato utilizzato come simbolo dell’intera condi-
zione umana, permettendo a chi vive questo tipo di esperienza di ripropor-
re, facendo leva proprio sulla potenza di questa metafora, gli insegnamenti
e le difficoltà incontrate nella vita di tutti i giorni.
Per esempio molte volte l’esperienza del viaggio fa maturare in noi la con-
sapevolezza dell’importanza di avere una meta da perseguire e faticare per
raggiungerla
3
, ci permette di vivere momenti di vita piø intensi o incontrare
realtà diverse ed imparare ad approcciarle in maniera proficua; tutti questi
sono elementi tipici di un viaggio, ma che possono diventare lezioni utili,
valide per tutti contesti della vita di un individuo una volta che il viaggio è
terminato.
Un’analisi storica mostra come la figura del viaggio con riferimento alla
condizione umana e alle sue trasformazioni è abbastanza ricorrente: si ri-
propone in una serie di varianti, con articolazioni e sfumature simboliche
tanto ricche e complesse che l’ utilizzazione di essa con riferimento
all’educazione non necessita di ulteriori trasformazioni
4
.
PerchØ è una metafora potente?
3
Trovo che questa affermazione spieghi bene come lo spostamento nello spazio sviluppi nel viaggiatore
l’importanza di avere una meta nella propria vita “ La direzionalità dello spazio consegue, e produce, ad
un’altra idea assai piø importante, quella di una direzionalità della storia e della vita: l’idea che debba esi-
stere una meta per il cammino degli individui e dei popoli.” P.Asolan e D. Gandini, La strada buona, ap-
punti dopo Santiago, Genova, Marietti Editore, 2008, pag. 124
4
M. T. Moscato, Il viaggio come metafora pedagogica, Brescia, la Scuola editore, 1994, pag.102
10
Il viaggio è evidentemente un agente e un modello di trasformazione,
un’esperienza di mutamento continuo familiare a tutti gli esseri umani dal
momento in cui acquisiscono la locomozione durante la prima infanzia
5
.
Frederik Barth
6
sostiene che l’essenza della metafora sta nell’utilizzazione
di ciò che è familiare per cogliere ciò che sfugge e non si riconosce.
1.2 La storia del viaggio
“Siamo viaggiatori dalla nascita. [...] I pochi popoli “primitivi” degli angoli
dimenticati della Terra comprendono meglio di noi questa semplice realtà
della nostra natura. Sono in perpetuo movimento”
7
.
L’impulso a viaggiare è irrefrenabile perchØ fa parte della natura umana, è
una passione che divora e arricchisce allo stesso tempo, siamo quindi viag-
giatori dalla nascita.
Si viaggia da sempre, come da sempre si scrive dei viaggi perchØ lo spo-
stamento nello spazio e nel tempo è indissolubilmente connesso al racconto
di questa esperienza, che Francesco Remotti
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definisce “rituale universale
5
E. J.Leed, La mente del viaggiatore, dall’Odissea al turismo globale, cit., pag.13
6
F. Barth (1928) è un antropologo sociale norvegese. ¨ professore presso il Dipartimento di Antropologia
dell'Università di Boston, professore ordinario presso l'Università di Oslo e l'Università di Bergen (dove
ha fondato il Dipartimento di Antropologia Sociale).
La citazione è presente nel libro I rituali e le conoscenze tra i baktaman della Nuova Guinea
7
B. Chadwick, Anatomia dell’irrequietezza, Milano, Adelphi Edizioni, 1996, pag.123
8
Già direttore del Dipartimento di Scienze Antropologiche, Archeologiche e Storico-Territoriali del-
l'Università di Torino e presidente del Centro Studi Africani (CSA), ha guidato la Missione Etnologica
Italiana in Africa Equatoriale dal 1979 al 2004. Si è occupato di questioni teoriche, in particolare dello
strutturalismo di LØvi-Strauss, e ha condotto ricerche sul campo in Congo, presso la popolazione
baNande.