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INTRODUZIONE
La banca rappresenta oggi un fondamentale protagonista dello scenario sociale, in qualità
dell‟investitura di gestore della liquidità e del credito, in ambito sia privato che aziendale.
L‟intermediazione del settore creditizio è un‟attività diffusa e sviluppata, inserita
profondamente all‟interno dell‟economia di un paese e nei meccanismi del suo tessuto
produttivo, legando ad essa la competitività e l‟efficienza del sistema.
L‟evoluzione del settore e lo scenario di rischiosità sempre più elevato in cui le banche
operano, e in cui gli effetti delle recenti crisi sistemiche tendono a persistere, conducono ad
una stringente necessità di adeguare la propria struttura e la propria azione, rafforzando la
dotazione patrimoniale e ricercando il raggiungimento di volumi tali da consentire di
sopperire a queste difficoltà, preservando le conseguenze che andrebbero a ricadere nel
mercato.
La fase di profonde trasformazioni che da anni pervade i sistemi bancari, trae origine da
questa verità, e impatta radicalmente sulla struttura del settore nei diversi ambiti e segmenti di
clientela in cui essi operano. In particolare, l‟evoluzione dei canali e delle strategie si colloca
al punto di intersezione fra i cambiamenti legati al rapporto cliente-banca e alle modifiche
logistiche ed organizzative connesse alle novità in essere.
Le banche italiane si sono trovate a dover affrontare un bivio. Continuare a seguire la
precedente strategia dimensionale, riferendosi a nicchie di clientela sia da un punto di vista
geografico che specializzando la qualità dei servizi offerti, oppure puntare all‟integrazione di
più intermediari universali, in soggetti complessi e strutturati, dalle dimensioni sufficienti per
mantenere una competitività di livello nazionale se non ancora maggiore.
Le variabili da considerare all‟interno di tali decisioni sono diverse e dalla non facile
comprensione, comportando sia una seria analisi prospettica degli scenari futuri che una,
spesso radicale, ridefinizione delle attività svolte.
Il risultato che ne consegue è la formazione di Gruppi bancari, ovvero un sistema di
intermediazione formato da pochi soggetti complessi, dalle enormi dimensioni e volumi, che
si spartiscono lo scenario stanziandosi geograficamente in tutto il territorio nazionale ed oltre,
ed offrendosi non come semplice banca, ma come partner globale di attivita private o
business, non focalizzato alla fornitura dei canonici servizi di credito/pagamento, ma
sviluppato in modo tale da rispondere a qualunque esigenza del cliente in materia di denaro,
5
in modo tempestivo, efficiente e flessibile, modellando i propri prodotti in base alle intenzioni
dell‟acquirente.
Fondamentale è l‟analisi dei ruoli di tutti i soggetti coinvolti in questi cambiamenti che sono,
oltre alle banche, la BCE, la Banca d‟Italia, l‟Unione europea, le autorità antitrust e tutti gli
stakeholder dei singoli gruppi bancari.
Data la complessità esposta, appare inevitabile, quanto necessario, predisporre adeguati
strumenti informativi capaci di delineare la gestione del gruppo ed il suo operato, con
sufficiente completezza ed esaustività.
Il primario mezzo legislativo atto ad assolvere tale scopo è il bilancio consolidato e la
normativa che lo accoglie, accompagnata dalle indicazioni fornite in merito alla sua redazione
sia dalla legge che dai principi contabili internazionali emanati dallo IASB, che implementano
la materia con particolare specificità, e dalle circolari interpretative della Banca d‟Italia, che
hanno funzione preminente nell‟applicazione del consolidato al ramo bancario.
L‟analisi che viene svolta è inerente alla formazione, struttura, funzionamento e
rendicontazione dei gruppi bancari, prendendo in considerazione problematiche e
conseguenze sia per i soggetti in questione che per tutti gli stakeholder.
Obiettivo del presente lavoro è quello di descrivere tale panorama, con un focus specifico
sulla situazione italiana, in cui la realtà bancaria deve conformarsi all‟adozione di particolari
modalità e flessibilità strutturali, e dove l‟accorpamento e l‟aumento dimensionale vanno
coniugate ad una struttura di stampo più classico che in altre situazioni, e dove delicati
saranno i rapporti con le controparti aziendali costituite da un tessuto di PMI le cui esigenze
potrebbero collidere con quelle dei grandi gruppi.
Porteremo inoltre, a sostegno del percorso evolutivo descritto, alcuni degli esempi italiani di
gruppo bancario di maggiore importanza, oltre a trattare nello specifico il sistema informativo
di Bilancio del gruppo UBI BANCA.
In sintesi, gli obiettivi principali ed anche gli argomenti fondamentali trattati in questa tesi
riguardano:
- una descrizione dei gruppi aziendali, delle necessità che sviluppano e del sistema
informativo di bilancio su base consolidata cui sono sottoposti (capitolo 1);
- l‟evoluzione del settore del credito, lo sviluppo dell‟intermediazione e la realtà della banca
nella sua moderna operatività, caratterizzata dall‟uso delle nuove tecnologie, nuovi canali
di distribuzione dei propri servizi e nuovi strumenti in materia finanziaria, soffermandoci
sulle determinanti che conducono alla concentrazione dei soggetti bancari (capitolo 2);
6
- la descrizione dell‟attuale sistema bancario italiano e comunitario, le necessità che lo
caratterizzano, le previsioni di sviluppo e i soggetti che ne sono designati al controllo
(capitolo 3);
- la formazione e strutturazione dei gruppi bancari, il loro modus operandi e le implicazioni
per la concorrenza e per i servizi offerti (capitolo 4);
- gli obblighi in merito alla contabilizzazione e alla stesura del bilancio nel ramo bancario,
soffermandosi sulla redazione del consolidato a cura della capogruppo e sui doveri
informativi che ad essa spettano (capitolo 5);
- case study: il Gruppo UBI. La presentazione di un caso aziendale è servita per riassumere
la maggior parte degli aspetti trattati nei punti precedenti, tentando di dare un quadro
pratico dei come la struttura del gruppo bancario possa essere osservata nei vari aspetti di
cui discusso (capitolo 6).
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Capitolo Primo
GRUPPO AZIENDALE E BILANCIO CONSOLIDATO
1. L’impresa e il gruppo aziendale
Un‟impresa è un sistema economico aperto che entra in relazione con altre entità aziendali
dando vita a legami dall‟intensità e dalla stabilità estremamente diverse.
Nel momento in cui tali legami si configurano come stabili e duraturi la fattispecie in esame
può assumere i lineamenti di un “gruppo aziendale”.
La dottrina definisce il gruppo come “un complesso economico costituito da più aziende,
aventi in prevalenza la forma della società per azioni, le quali, pur mantenendo la loro
autonomia giuridica vengono controllate da un medesimo soggetto economico che, avendo la
facoltà di prendere le decisioni più opportune per il buon andamento del gruppo, coordina
l‟attività di ognuna secondo un indirizzo unitario”
1
.
L‟oggetto di tale analisi è quindi una realtà complessa dove l‟esistenza di una pluralità di
imprese è assoggettata al controllo, diretto o indiretto, di un unico soggetto economico che da
“attore centrale” estrinseca un‟unità di indirizzo.
Sono tre i requisiti preposti all‟esistenza di un gruppo aziendale:
- pluralità di aziende;
- veste giuridica societaria;
- legame finanziario rappresentato dalla partecipazione al capitale.
La società che esercita il controllo sulle altre, prende il nome di società capogruppo o holding,
e a riguardo possiamo distinguere i concetti di holding mista, se svolge una propria attività
imprenditoriale oltre al controllo del gruppo, o holding pura, nel caso in cui si occupi soltanto
della gestione degli stock azionari.
1
TERZANI, Il sistema dei bilanci, pag. 291.
8
Va detto, però, che un‟accezione più ampia del concetto di gruppo considera sufficiente la
presenza di un soggetto economico in grado di imporre le proprie scelte alle aziende del
gruppo anche in assenza di una partecipazione nelle imprese che lo formano.
Una partecipazione della capogruppo al capitale delle altre imprese non sarebbe necessaria
per configurare il gruppo. Il ruolo di controllo della capogruppo si potrebbe fondare su
situazioni di fatto, accordi tra le parti, ma non necessariamente sul possesso di quote di
partecipazione al capitale.
Da un punto di vista giuridico ha infatti prevalenza il controllo di fatto con qualsiasi mezzo
esso sia conseguito piuttosto che la presenza di un controllo di diritto che scaturisce dalla
detenzione partecipativa, sulle singole combinazioni produttive da parte di un‟azienda leader.
Sussistono perciò una pluralità di correnti interpretative sulla definizione dell‟argomento e, a
complicare ancora di più il quadro, vi è la presenza di normative nazionali differenti tra loro
ed una coesistenza di principi contabili nazionali ed internazionali.
Tali fonti legislative e regolamentari, pur non fornendo esplicitamente una nozione univoca di
“gruppo”, fissano invece i termini per la redazione del bilancio consolidato, strumento
contabile tipico, con il risultato che talvolta degli aggregati pur non riconducibili ad una
definizione di gruppo in senso stretto, rientrano tra gli elementi del consolidato.
Elemento fondamentale nel definire il gruppo, è la presenza di un soggetto economico unico
ed identico per tutte, in quanto egli influenza in maniera decisiva la politica di gestione delle
diverse partecipate attraverso l‟espressione di un‟unica volontà economica ispirata, per
l‟appunto, ad una visione “complessiva” di gruppo che va oltre gli interessi di una specifica
combinazione produttiva.
È tuttavia estremamente difficile individuare concretamente tale entità, verificandosi una
situazione complicata dalla coesistenza di distinti soggetti economici facenti capo
rispettivamente alla società madre e a quelle sottoposte a controllo, nonché, volendo ragionare
in termini scientifici, a causa delle diverse definizioni di “soggetto economico” che possono
essere prese in considerazione.
Nella dottrina economico-aziendale italiana esistono sostanzialmente due diverse definizioni
di soggetto economico:
- in base alla definizione tradizionale, il soggetto economico è rappresentato da coloro per
conto dei quali (nell‟interesse dei quali) viene svolta l‟attività aziendale;
9
- secondo una visione più moderna (quella maggiormente accreditata) invece, esso è
costituito dai soggetti in cui si accentra il potere volitivo e che, di conseguenza, dominano
i massimi organi di governo aziendale;
Approfondendo ulteriormente l‟analisi, possiamo giungere addirittura all‟individuazione di un
soggetto economico nella società madre (soggetto immediato), ed uno nel soggetto economico
della società madre (soggetto mediato), in quanto quest‟ultimo decisore di ultima istanza.
L‟elemento dell‟autonomia giuridica è fondamentale e determinante motivazione per le scelte
di acquisizione, in quanto consente al gruppo di ottenere la necessaria adattabilità e flessibilità
organizzativa, la specializzazione e/o integrazione nelle differenti attività economiche e
l‟ottenimento del controllo societario con l‟impiego di mezzi finanziari limitati.
Vanno inoltre sottolineate altre motivazioni di carattere più concreto che supportano le scelte
di accorpamento, consentendo una penetrazione più pervasiva dei mercati, sia di sbocco che
di acquisto, con una maggiore e più efficace integrazione nei processi produttivi:
- ricerca di una maggiore influenza nell‟ambiente in cui si opera;
- migliore accesso al sistema creditizio;
- maggiori opportunità riguardo alla visibilità dei propri prodotti o servizi;
- facilitazione nell‟investimento in ricerca e sviluppo;
- sfruttamento di sinergie con le imprese a monte e a valle del processo produttivo;
- maggiore possibilità di reperire personale con elevata professionalità;
- frazionamento e limitazione dei rischi;
- controllo del capitale di comando con investimenti relativamente ridotti;
- ricerca della migliore dimensione produttiva;
- ricerca di strutture e modelli organizzativi efficaci ed efficienti;
- agevolazioni o contributi da enti pubblici, compresi vantaggi sotto il profilo fiscale.
La creazione di gruppi aziendali avviene principalmente da accordi tra aziende, che al fine di
stabilizzare e formalizzare i rapporti in essere decidono di aggregarsi sotto il comando di
un‟unica identità. Spesso si realizzano gruppi anche nel processo inverso, ovvero dalla
scorporazione di attività svolte da entità uniche di vaste dimensioni, che decidono di usufruire
dei vantaggi dell‟autonomia.
L‟integrazione all‟interno del gruppo viene valutata in modi differenti dalla diverse
componenti della dottrina, realizzando una distinzione tra chi sostiene che l‟integrazione delle
attività produttive implica l‟eliminazione della capacità decisionale delle singole aziende e chi
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invece sostiene che si realizzi soltanto una limitazione della volontà della singola azienda che
non perde la sua capacità decisionale.
Sulla base di ciò si estrinsecano differenti approcci nei modelli concettuali del “gruppo
aziendale” che comportano quindi differenti applicazioni e criteri in sede di redazione del
bilancio consolidato
2
.
La dottrina usa distinguere:
- proprietary theory (teoria della proprietà);
- teoria della capogruppo (parent company theory);
- teoria dell‟entità (entità theory).
La proprietary theory individua il gruppo come una emanazione della capogruppo che
investendo in altre imprese allarga il proprio campo di attività con un controllo riconosciuto a
livello giuridico e dato dalla maggioranza delle partecipazioni nella controllata.
Nella parent company theory si volge maggiormente lo sguardo al gruppo riconoscendone la
coesione ed unitarietà di gestione.
Vi è poi l‟entity theory che, in netta contrapposizione alla teoria della capogruppo, pone a
centro del sistema l‟entità gruppo considerata perciò non solo in senso giuridico ma con
l‟instaurazione di legami anche non partecipativi, valicando il confine del formale controllo di
diritto.
L‟impulso alla nascita dei gruppi in senso moderno è riconducibile all‟esperienza statunitense,
ed è dovuto a due principali emanazioni
3
:
- lo Sherman Act, nel 1890 con il quale si vietavano trust e “conspiracy” volti a limitare la
libera concorrenza;
- una legge del New Jersey, emanata nel 1888 ed emendata nel 1893 che consentiva
espressamente alle società aventi sede legale nello stato di acquisire partecipazioni di
capitale in altre società.
Tali normative, dapprima negli USA e poi nel mondo, spianarono la strada ad acquisizioni
strategiche che furono primi esperimenti di concentrazioni aziendali.
Prima di esse vi era un generale divieto dei governi alla detenzione di partecipazioni al
capitale di altre aziende e, di contro, una accettazione diffusa di “trust” o “conspiracy”.
Il gruppo aziendale è una delle strutture più diffuse in Italia e a livello internazionale. La
diffusione è generalizzata, riguarda infatti non solo le grandi imprese ma anche le medio
2
Si veda a riguardo MONTRONE, Il bilancio di gruppo tra normativa nazionale e principi contabili
internazionali, pag. 22.
3
DI CARLO E., I gruppi aziendali tra economia e diritto, pag. 24.
11
piccole, aziende private e pubbliche, nazionali ed internazionali, in tutti i settori
dell‟economia.
I più grandi colossi industriali internazionali, operanti in svariati settori, sono spesso
organizzati in gruppi. Si pensi, ad esempio, a Ford, General Motors, Ibm, Volkswagen,
Nestlè, Unilever, Procter&Gamble, Fiat, solo per citarne alcuni.
Tra gli elementi che compongono il sistema aziendale strutturato a gruppo si formano
relazioni di interdipendenza e complementarietà, in cui è più complesso separare in modo
trasparente le relazioni interne rispetto a quelle esterne.
Molteplici sono anche le modalità di classificazione in materia:
- Gruppi di produzione, gruppo di consumo, gruppo composto;
- Gruppi di piccole, medie, grandi dimensioni;
- Gruppi pubblici e privati;
- Gruppi nazionali e internazionali;
- Gruppi a struttura semplice e complessa;
- Gruppi per settore di attività economica;
- Gruppi economici, finanziari e misti;
- Gruppi padronali e manageriali;
- Gruppi quotati e non quotati.
La natura della proprietà del gruppo distingue i gruppi privati da quelli pubblici. I primi sono
sotto il controllo di aziende private che pongono in essere le loro finalità tipiche ovvero il
perseguimento del profitto, la prosecuzione dell‟attività ed il suo sviluppo.
Le finalità alla base di un gruppo di natura pubblica possono largamente differire sulla base
dei fini istituzionali dell‟ente pubblico, ovvero la ragion d‟essere a cui ci si ispira. La gestione
e l‟organizzazione di tali gruppi si basano su tale fine sociale che è prioritariamente
implementato nell‟attività d‟impresa in tutto il gruppo. Tali complessi possono sopravvivere
durevolmente anche in condizioni di squilibrio economico (entro necessari limiti) nel
momento in cui riescono a porre in atto gli scopi di utilità pubblica per i quali sono costituiti.
Di certo l‟economicità resta in ogni caso essenziale nella gestione, in quanto ben si concilia
con gli obiettivi di carattere sociale posti. L‟economicità dell‟attività pubblica in ogni settore
è condizione irrinunciabile anche se non sufficiente.
La distribuzione geografica delle unità aziendali determina poi la tendenza internazionale del
gruppo, che è definito nazionale se tali unità hanno sede nel medesimo paese della
capogruppo, ed internazionale se esse operano in nazioni differenti.
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Nei gruppi internazionali le operazioni estere assumono un carattere fondamentale e
assumono particolare rilievo portando spesso al gruppo i caratteri dell‟impresa
multinazionale, sempre più frequente nel panorama di un mercato caratterizzato da
dimensioni maggiori e relativi vantaggi per chi sa sfruttare le condizioni dei diversi mercati
nazionali.
Il gruppo finanziario è un‟azienda che si compone di unità connesse da relazioni di
complementarietà non di specie tecnica o produttiva in senso stretto. Le unità del gruppo
svolgono attività eterogenee. Si tratta di gruppi diversificati che operano in settori
disomogenei (ad esempio settore bancario, industriale, assicurativo) in cui la capogruppo
garantisce la direzione unitaria di tutte le attività del gruppo e svolge l‟essenziale attività di
coordinamento, soprattutto in relazione alla gestione finanziaria di gruppo.
Il gruppo economico è un‟azienda che si compone di unità connesse da relazioni di
complementarietà economica e tecnica, ossia le unità svolgono attività complementari,
integrate ed omogenee. Si tratta di gruppi che operano nell‟ambito di un unico settore
economico, integrati in senso verticale (a monte o a valle) o in senso orizzontale.
Il gruppo misto è un‟azienda che presenta contestualmente i caratteri del gruppo economico e
del gruppo finanziario. Le unità del gruppo in parte svolgono attività complementari ed
interdipendenti (come nei gruppi economici) e in parte, al contrario, sono diversificate in
settori economici differenti rispetto agli altri (come nei gruppi finanziari).
Possiamo poi distinguere i gruppi padronali (prevalenti nella realtà italiana), ovvero a
proprietà chiusa, da quelli manageriali intesi come gruppi a proprietà aperta, public company
e gruppi consociativi.
Le società quotate e, in particolare, i gruppi con unità quotate, hanno maggiori responsabilità
rispetto agli altri gruppi e imprese: devono rendere conto del loro operato anche agli
investitori che hanno acquisito le azioni o le obbligazioni quotate nei mercati ufficiali.
La tutela di questi investitori dovrebbe essere assicurata dalla Consob e altre autorità
pubbliche (Banca d‟Italia, Isvap, Antitrust) con molteplici strumenti, tra cui le informazioni di
bilancio.
E‟ comunque opinione diffusa in dottrina che le informazioni economiche e finanziarie di
bilancio in tutte le imprese e gruppi presentino ampi spazi di miglioramento. In altri termini,
la qualità dei bilanci risulta, in gran parte, inadeguata per assicurare la tutela degli interessi
esterni alle imprese e ai gruppi.
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Per migliorare la situazione, la Comunità Europea ha adottato provvedimenti che propongono
la convergenza internazionale dei bilanci verso i principi contabili dell‟International
Accounting Standard Board (IASB).
Specificamente dal 2005 tutte le società quotate sono obbligate a redigere i bilanci consolidati
secondo i principi contabili internazionali dello IASB.
La produzione di valore di gruppo va continuamente controllata con il riscontro
dell‟equilibrio economico e finanziario di gruppo e deve essere compatibile con adeguate
remunerazioni per tutti i soggetti che hanno partecipato alla sua formazione.
I soggetti che attendono periodiche remunerazioni sono, ad esempio, i lavoratori dipendenti
ed autonomi, le imprese fornitrici e clienti, gli istituti pubblici, i conferenti capitale di prestito
e di rischio.
Innegabili sono i vantaggi di tipo finanziario che spingono verso la formazione di gruppi
aziendali, ovvero primariamente la possibilità del controllo di complessi di vaste dimensioni
grazie ai legami esistenti tra le varie società, ed inoltre la maggior facilità nel ricorso alla
raccolta di capitali, dando possibilità di attingere al mercato del credito tramite più soggetti
giuridicamente autonomi e portando ad una differenziazione ed ampliamento delle fonti di
finanziamento.
Non sono comunque trascurabili i vantaggi in termini strutturali ed organizzativi:
- opportunità di integrazione verticale ed orizzontale;
- possibilità di diffondere all‟interno del gruppo i benefici legati all‟esistenza di licenze,
brevetti, know-how, agevolazioni statali, ed in genere creare economie di apprendimento;
- sviluppo di un mercato del lavoro interno che può maggiormente associare caratteristiche
ed aspirazioni del lavoratore con le esigenze aziendali;
- politiche fiscali di gruppo mirate all‟alleggerimento del carico complessivo tramite
opportuni accordi inerenti ai “prezzi interni”;
In merito a quest‟ultimo punto è divenuta nel tempo importante la possibilità concessa
dall‟ordinamento di ricorrere ad una tassazione consolidata in capo al gruppo, fenomeno che
richiede una minima riflessione.
L'opzione per la tassazione di gruppo comporta la determinazione di un reddito complessivo
globale, corrispondente alla somma algebrica dei redditi complessivi netti, da considerare,
relativamente alle società controllate, per il loro intero importo indipendentemente dalla quota
di partecipazione riferibile al soggetto controllante.
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Possono aderire al consolidato nazionale soltanto soggetti tra i quali intercorra un rapporto di
controllo e tale opzione ha durata per tre esercizi sociali, con vincolo di irrevocabilità.
La partecipazione al regime di tassazione consolidata può implicare vantaggi e/o svantaggi
fiscali che si evidenziano confrontando l'imposizione in presenza dell'opzione, rispetto a
quella che si sarebbe realizzata senza l'adesione alla tassazione di gruppo.
I vantaggi o gli svantaggi conseguenti con l'opzione possono essere di natura economica,
quando si realizza un sostanziale risparmio o aggravio di imposta, ovvero di natura finanziaria
nel caso in cui vi sia solo un differimento o un'anticipazione nell'imposizione.
L'adesione al consolidato nazionale permette la compensazione intersoggettiva delle perdite
fiscali. Ciò avviene in diretta conseguenza del procedimento di determinazione del reddito
complessivo globale del consolidato, che si determina mediante la somma algebrica dei
redditi complessivi netti individuali, cioè attraverso la compensazione degli imponibili
(positivi o negativi) di tutti i soggetti partecipanti. La compensazione intersoggettiva avviene
immediatamente, data la coincidenza dei periodi d'imposta di tutti i partecipanti alla “fiscal
unit”, prevista quale condizione necessaria per l'accesso al regime di tassazione di gruppo.
La determinazione di un reddito complessivo globale può consentire una compensazione di
perdite in maniera anticipata nell'ipotesi in cui il soggetto che le ha generate avrebbe, in
assenza dell'opzione, conseguito redditi capienti prima della scadenza delle perdite, oppure un
utilizzo altrimenti precluso nel caso in cui l'impresa sia perennemente in perdita o comunque
non in grado di compensare tali perdite nei limiti temporali disposti dalla legge.
La compensazione intersoggettiva dei redditi può anche costituire uno svantaggio
nell'evenienza in cui le perdite prodotte da un soggetto non vengano utilizzate a livello di
consolidato (sempre in perdita), ma lo sarebbero state negli anni successivi a livello
individuale se lo stesso non avesse aderito all'opzione. Infine, le società o gli enti che
partecipano al consolidato nazionale potrebbero ricevere somme compensative in caso di
attribuzione all'imponibile consolidato di perdite non immediatamente utilizzabili. La
percezione di tali somme concretizza un vantaggio economico se le perdite attribuite non
fossero utilizzabili in futuro, altrimenti soltanto un beneficio finanziario. Ai sensi dell'articolo
122, comma 1, lettera a), del Tuir inoltre, i dividendi distribuiti dalle società partecipanti
all'opzione sono esclusi dal concorso alla formazione del reddito del consolidato, mediante
un'ulteriore variazione in diminuzione effettuata dalla consolidante nella dichiarazione di
gruppo. Si realizza, pertanto, una de-tassazione totale dei dividendi percepiti all'interno della
fiscal unit, in luogo dell'esclusione ordinaria per il 95% del loro ammontare. Il vantaggio
15
descritto è definitivo e riguarda anche i dividendi "provenienti da utili assoggettati a
tassazione in esercizi precedenti a quello di inizio dell'opzione".
Sui dividendi percepiti nel consolidato si genera, dunque, un beneficio economico
quantificabile nell'1,65 % (33% del 5%) per ogni distribuzione. Collegata alla neutralità della
circolazione dei dividendi all'interno del perimetro di consolidamento è l'irrilevanza degli
effetti delle disposizioni concernenti la norma contro la thin capitalization.
Infatti, l'indeducibilità degli interessi passivi disposta in capo alla società erogatrice, ai sensi
dell'articolo 98 del Tuir, e la connessa riqualificazione degli interessi attivi in dividendi in
capo al socio qualificato, non produce un differente onere impositivo a livello consolidato.
Il vantaggio è definitivo, e genera un beneficio economico in termini di risparmio d'imposta,
sulla parte imponibile (5%) degli interessi riqualificati in dividendi corrisposti tra soggetti che
invece non partecipano al consolidato.
Oltre a quanto ricordato sono diverse le variabili che rendono lo strumento della tassazione
consolidata di importanza tale da essere meritevole di estreme attenzioni al fine di valutare le
possibili conseguenze delle proprie scelte e i loro effetti societari sia economici che finanziari.
Possiamo generalmente riassumere i vantaggi dell‟accorpamento in gruppi all‟interno del
fenomeno della “flessibilità”.
2. I legami azionari
I legami azionari consentono al management una gestione dei pacchetti partecipativi tale da
rispondere prontamente alle esigenze di mercato con tempestività e prontezza, adeguando i
propri assets imprenditoriali con l‟acquisizione o dismissione di partecipazioni secondo una
strategia ben definita e preposta dagli obiettivi assegnati.
Ciò è reso possibile dai legami azionari che uniscono il gruppo, ovvero il legame
partecipativo.
In merito al concetto di partecipazione possiamo distinguere:
- partecipazioni dirette, nel momento in cui la holding possiede direttamente
un‟interessenza in una o più società;
- partecipazioni indirette, se una società partecipa al capitale di un‟altra attraverso una o più
società intermedie (definibile “sub-holding”);
- partecipazioni collaterali, date dalla coesistenza di una partecipazione diretta in una
società ed una partecipazione indiretta nel capitale della stessa azienda;
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- partecipazioni reciproche, che consistono nella reciproca proprietà di pacchetti azionari tra
due società, facendo si che ognuna sia azionista dell‟altra, andando a creare particolare
attenzione in merito alla possibilità di annacquamento del capitale sociale. Proprio con
tale prospettiva il nostro ordinamento all‟art. 2359 bis c.c. regola l‟acquisto di
partecipazioni tra controllata e controllante e all‟art. 2360 c.c. vieta la costituzione e
l‟aumento di capitale mediante la sottoscrizione reciproca di azioni.
L‟importanza veicolata nel possesso di partecipazioni azionarie può variare in base alla
effettiva quota di interessenza nella partecipata. Tale importanza può essere calcolata tramite
l‟utilizzo di due strumenti di calcolo:
- saggio di partecipazione, che consiste nella effettiva interessenza posseduta e fornisce
quindi una misura del reale valore dell‟investimento effettuato;
- saggio di controllo, ovvero l‟insieme dei voti che una società può esercitare
nell‟assemblea della controllata.
Questi strumenti operativi, ci consentono di capire quali grandi possibilità possono avere le
holding nell‟esercitare un notevole controllo anche con quote di capitale non maggioritarie,
raggiungendo tale obiettivo con un investimento di misura poco superiore alla metà di quanto
sarebbe stato necessario per un controllo partecipativo diretto.
Ciò è ulteriore conferma di come le aggregazioni di imprese consentono con esborsi contenuti
di capitale, elevate capacità di controllo, permettendo così di ridurre le risorse finanziarie
necessarie nel caso di un investimento partecipativo di pieno rischio.
3. Il bilancio consolidato
Ai “gruppi” individuati dal punto di vista giuridico si ricollegano una serie di adempimenti,
obblighi e vincoli attraverso cui si intende tutelare i terzi e i soci di minoranza delle
controllate:
- la redazione, per la capogruppo, del bilancio consolidato, salvi i previsti casi di esonero
(D.Lgs 127/91 di recepimento della VII Direttiva CEE);
- la corretta gestione societaria ed imprenditoriale da parte del soggetto controllante che è
esposto all‟azione di responsabilità da parte sia dei soci che dei creditori delle controllate
(art. 2497 bis C.C.);
- la pubblicità e comunicazione per le società che subiscono la direzione unitaria, del
proprio status (art. 2497-bis C.C.);
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- la redazione (da riportare in Nota integrativa) per le società controllate, di un prospetto
riepilogativo dei dati essenziali dell‟ultimo bilancio della società o dell‟ente che esercita
su di essa l‟attività di direzione e coordinamento (art. 2497-bis, quarto comma C.C.);
- l‟indicazione nella relazione sulla gestione da parte degli amministratori delle controllate,
dei rapporti intercorsi con chi esercita l‟attività di direzione e coordinamentoe con le altre
società che vi sono soggette e sui suoi risultati (art. 2497-bis, quinto comma C.C.).
A livello contabile, assume massimo rilievo all‟interno del gruppo aziendale, la stesura del
“bilancio consolidato d‟esercizio”, ovvero il bilancio ottenuto combinando insieme gli stati
patrimoniali ed i conti economici di più soggetti contabili facenti parte del gruppo, ovvero
economicamente collegate tra loro da rapporti partecipativi.
La particolarità di tali prospetti è di non essere tratta da un‟unica contabilità generale, ma
ottenuta attraverso l‟elaborazione e l‟integrazione di più bilanci, costituiti tramite differenti
contabilità generali.
Esso rappresenta il bilancio dell‟unità economica costituita dalla controllante e dalle
controllate, svolgendo nei confronti del gruppo, il medesimo ruolo del bilancio d‟esercizio per
la singola impresa.
Nel gruppo, poiché le diverse aziende sono indipendenti dal punto di vista giuridico, ognuna
di esse manifesta un proprio capitale e un proprio reddito che rilevano di fronte a terzi.
Tuttavia, il gruppo assume una sua propria identità, che si fonda su tutte le combinazioni
produttive facenti parte dell‟aggregazione che tra loro interagiscono sotto la guida comune
della capogruppo. Per tale motivo assume una particolare importanza l‟identificazione del
capitale e del reddito del gruppo.
Queste due variabili non possono però essere semplicisticamente determinate come somma
dei capitali e dei redditi delle singole unità, sussistendo delle operazioni interne al gruppo, che
vedono le diverse aziende, contemporaneamente, controllanti e controllate, venditrici ed
acquirenti, creditrici e debitrici l‟una nei confronti dell‟altra.
Il capitale ed il reddito del gruppo devono pertanto essere “depurati” dalle poste contabili
“reciproche” che scaturiscono da ciò in quanto non originate da rapporti esterni al gruppo.
4
Tuttavia, ogni azienda, in quanto formalmente indipendente, è tenuta alla presentazione di un
bilancio d‟esercizio, il quale verrà quindi redatto come se ogni unità fosse indipendente dalle
altre. Ne consegue che i redditi di ogni azienda risultano in qualche modo “falsati”
4
Sul processo di consolidamento si veda MONTRONE, Il bilancio di gruppo tra normativa nazionale e principi
contabili internazionali, pag. 65 e 91.