1
CAPITOLO 1
PMI, CONFIDI, BANCHE, BASILEA
L’OECD descrive le piccole e medie imprese come “forze locali con capacità
mondiali”. Definizione quanto mai felice, dal momento che le PMI rappresentano oggi
più del 95 per cento delle imprese esistenti, forniscono il 60-70 per cento
dell’occupazione e generano una larga parte dei nuovi posti di lavoro nelle economie
dei paesi dell’OCSE.
Questi specifici punti di forza le rendono un fattore chiave di stabilità e competitività,
ma contrastano con gli svantaggi comparativi legati alla loro piccola dimensione.
In effetti, le PMI devono far fronte a tradizionali problemi – mancanza di finanziamenti,
difficoltà di sfruttamento della tecnologia, capacità manageriali limitate, scarsa
produttività, vincoli normativi – che si aggravano in un sistema globalizzato e in un
ambiente dominato dall’innovazione.
Se si guarda agli studi che analizzano in modo particolare le problematiche di carattere
finanziario, si osserva che essi concordano nel segnalare il razionamento nel mercato
del credito come la principale barriera che condiziona le possibilità di sopravvivenza e
di crescita di questo tipo di imprese.
Esiste uno stretto connubio banca-impresa che fa dell’intermediario citato il principale
partner finanziario delle PMI. Tuttavia, nel sistema finanziario italiano (e non solo)
questo rapporto è tutt’altro che nitido; affiora una vasta “zona grigia” di relazioni
conflittuali e di carenze che riducono il potere contrattuale delle imprese.
Le PMI rappresentano infatti la categoria di prenditori più rischiosa a causa delle scarse
risorse patrimoniali, della difficoltà nel reperire fondi attraverso l’autofinanziamento, di
ostacoli di natura organizzativa. Inoltre, il loro rapporto con le banche è caratterizzato
da una carenza di informazioni. Di conseguenza, la valutazione delle richieste di
affidamento risulta alquanto onerosa perché il finanziatore incontra difficoltà nel
reperire ed elaborare i dati di cui necessita per stimare il merito di credito del prenditore.
Per far fronte a questo problema, la banca può decidere di adottare un comportamento
prudenziale, limitando la propria esposizione e quindi la quantità di credito erogabile.
2
Ancor più probabilmente, può essere indotta ad innalzare il premio per il rischio posto a
carico del debitore, elevando il tasso di interesse e le commissioni, riducendo la durata
del finanziamento o esigendo maggiori garanzie.
Da quanto esposto si evince la ragione per cui, in quasi tutti i paesi, si sono sviluppati
sistemi specializzati di appoggio e sostegno alla categoria delle PMI.
Il nucleo centrale di tali sistemi è costituito dai Confidi, organismi senza fini di lucro
che esercitano un’attività di tipo mutualistico attraverso la prestazione di garanzie alle
imprese socie o consorziate.
Sostanzialmente, i Confidi intervengono a favore di imprese economicamente e
finanziariamente sane, ma penalizzate dall’eccessiva richiesta di garanzie da parte delle
banche. Lo scopo è facilitarne l’accesso al credito, con effetti positivi sulle potenzialità
d’investimento e di crescita, nonché sul riequilibrio della situazione finanziaria. Tramite
la garanzia fornita, infatti, l’ente si fa carico di una quota percentuale della perdita
subita dalla banca in caso di insolvenza dell’impresa. Di conseguenza, aumenta il livello
di rischio tollerabile dall’istituto di credito e si allentano i vincoli per l’ottenimento del
finanziamento.
L’attività di un sistema di garanzia ben concepito, efficiente e dotato di credibilità non
si limita comunque alla prestazione di garanzie, ma può contribuire a:
- ottenere migliori condizioni di finanziamento attraverso una riduzione
significativa del costo del credito e un incremento della durata;
- collaborare allo scambio di informazioni tra l’impresa e l’istituto finanziatore;
- aiutare l’impresa nella gestione del progetto di investimento e delle proprie
attività, arricchendone il bagaglio informativo con dati sui settori, sulla
concorrenza locale, sulle evoluzioni in materia di tecnologia e di marketing;
- mettere in rilievo gli aspetti immateriali e qualitativi dell’impresa (l’esperienza,
la formazione, la competenza imprenditoriale, il valore commerciale e tecnico
dei progetti, le migliori capacità gestionali) grazie all’analisi dei rischi
nell’affidamento creditizio;
- stimolare l’iniziativa e lo spirito di impresa con servizi di assistenza e
consulenza;
- accompagnare l’impresa nel suo percorso di crescita e consolidamento.
I Confidi si pongono dunque come interlocutori diretti delle PMI, contribuendo a ridurre
l’asimmetria informativa e i suoi effetti, selezione avversa e moral hazard, che sono
all’origine dei conflitti di interesse nel rapporto con le banche.
3
È proprio con riferimento a queste ultime che, negli ultimi tempi, l’attenzione nei
confronti dei Confidi si è notevolmente accentuata. L’applicazione delle metodologie in
tema di adeguatezza patrimoniale, contenute nel Nuovo Accordo di Basilea, rischia di
palesare la situazione analizzata in precedenza – piccole e medie imprese scarsamente
patrimonializzate e con un’esposizione finanziaria verso gli istituti di credito molto
accentuata – cristallizzandola in un modello di rating che modificherà sostanzialmente
le dinamiche e le modalità del rapporto banca-impresa.
Analizziamo brevemente i contenuti dell’Accordo di Basilea.
Il Comitato di Basilea è formato dai governatori delle Banche Centrali dei paesi
appartenenti al G10. È stato istituito nel 1974 allo scopo di monitorare l’operato degli
istituti di credito ed imporre loro un livello minimo di capitalizzazione. Si era infatti
osservata la tendenza ad uno scarso controllo da parte dei datori di prestito e, in
mancanza di una disciplina, le banche rischiavano di raggiungere livelli di
indebitamento insani. Il Comitato non dispone di alcuna autorità formale di carattere
sopranazionale, ma ha ottenuto una fortissima autorità sostanziale, tanto che le sue
raccomandazioni sono oggi applicate in più di cento paesi.
Con il primo Accordo di Basilea (1988) è stato introdotto il coefficiente di solvibilità:
patrimonio di vigilanza
_______________________________ ≥8%.
attivo ponderato per il rischio di credito
Esso stabilisce l’ammontare minimo di capitale che le banche devono detenere (o
assorbire) a fronte delle esposizioni in essere, ciascuna ponderata per un coefficiente di
rischiosità.
Sulla base di quanto previsto da tale Accordo, tuttora vigente, i Confidi non rientrano
nella categoria dei soggetti ammissibili per la riduzione del rischio di credito attraverso
la concessione di garanzie personali; inoltre, le garanzie monetarie (tipiche
dell’intervento dei consorzi) non trovano riconoscimento come garanzie reali perché, in
ipotesi di insolvenza, la banca finanziatrice non ne ha piena disponibilità.
Nel 2001 è stata avanzata una proposta di revisione che, tuttavia, risultava alquanto
restrittiva riguardo alla possibilità di accesso al credito da parte delle PMI e, di
conseguenza, penalizzante nei confronti del ruolo svolto dai Confidi. In effetti, tutte le
imprese unrated erano inserite in una classe di ponderazione pari al 100% e veniva
4
introdotta una nuova definizione di default che presupponeva l’applicazione di una
ponderazione del 150% per i crediti non garantiti scaduti da oltre novanta giorni. Questo
faceva certamente temere una forte restrizione del credito a danno delle PMI.
Alcune autorità di vigilanza, tra cui la Banca d’Italia, hanno esercitato pressioni in sede
internazionale, ottenendo così una revisione del documento originario. Gli aspetti
significativi sono due: una più articolata definizione dei requisiti che le garanzie devono
soddisfare per essere riconosciute come strumenti di mitigazione del rischio;
l’introduzione di più sofisticati strumenti di misurazione, in relazione alla natura della
garanzia assunta e al grado di copertura da essa assicurato.
In particolare, il Nuovo Accordo definitivo, conosciuto come “Basilea 2”, si fonda su
tre pilastri. Il primo riguarda i requisiti patrimoniali imposti alle banche, il secondo il
controllo prudenziale e il terzo la disciplina di mercato.
Per quanto concerne il primo pilastro, viene rivisto il denominatore del coefficiente di
solvibilità, con la previsione di una nuova griglia di ponderazione che tiene conto sia del
rischio di credito che del rischio operativo. Il rischio di credito, in relazione al quale si
manifesta l’importanza di una garanzia, può essere valutato dalla banca con due metodi
alternativi: il metodo standard e il metodo basato sui rating interni (IRB, foundation
oppure advanced).
Secondo l’approccio standard i crediti sono ponderati sulla base del grado di affidabilità
del prenditore, stimato utilizzando rating esterni forniti da agenzie specializzate.
In questo senso, in favore delle imprese con fatturato inferiore a 50 milioni di euro è
stata prevista una ponderazione meno severa perché, a parità di rating, il rischio ad esse
collegato è inferiore rispetto a quello delle imprese di grandi dimensioni. Inoltre la
categoria delle PMI può, in alcuni casi, ricevere i benefici del settore retail
1
.
Il sistema dei rating interni presuppone invece che sia la stessa banca a valutare il
rischio associato ai soggetti cui fornisce credito. I parametri di riferimento sono:
- PD (probability of default), la probabilità che il debitore si riveli insolvente entro
un certo arco temporale;
- LGD (loss given default), la perdita subita in caso di inadempienza;
- EAD (exposure at default), l’esposizione economica al momento del default;
1
Le banche sono abilitate a trattare le esposizioni inferiori ad 1 milione di euro in modo analogo al
portafoglio retail, superando così il problema della mancanza di rating esterno per le imprese di minori
dimensioni.
In: C.Schena, “Il ruolo prospettico dei Confidi nel rapporto banca-impresa: mitigazione del rischio e
supporto informativo”, Quaderno n.25 del Dipartimento di Economia dell’Università degli Studi
dell’Insubria, 2004.
5
- M (maturity), la scadenza residua dell’operazione.
Nell’approccio di tipo avanzato la banca deve stimare tutti e quattro questi parametri
quantitativi, mentre per l’approccio base è sufficiente il calcolo della PD.
La presenza di una garanzia consente all’istituto di credito di scaricare capitale di
vigilanza. Quelle reali ridimensionano la LGD perché, attraverso l’escussione della
garanzia, la perdita associata all’eventuale insolvenza è minore. Per le garanzie
personali, il discorso va differenziato in base alla tipologia del soggetto garantito: nel
caso in cui si tratti di un cliente corporate, la PD si riduce perché, per la quota di credito
garantito, si considera valida quella del garante; se invece il cliente appartiene al
segmento retail e la banca adotta il metodo avanzato dei rating interni, le viene data la
possibilità di scegliere se migliorare la PD del debitore o ridurre la LGD.
L’Accordo di Basilea 2 è comunque molto severo riguardo alle garanzie ammissibili.
Le banche che optano per il metodo standard o quello IRB foundation possono accettare
garanzie personali solo se queste rispondono a determinati criteri oggettivi:
- natura esplicita e completa (copertura totale di un’esposizione specifica);
- irrevocabilità (assenza di clausole che consentano di annullare la copertura);
- a prima richiesta (escutibilità tempestiva);
- copertura incondizionata (non subordinata all’azione di recupero della banca);
- copertura diretta (possibilità per la banca di rivalersi direttamente sul garante).
Da un punto di vista soggettivo, le figure di garanti ammesse sono governi, enti
pubblici, banche, intermediari creditizi e SIM con ponderazione di rischio inferiore a
quella della controparte, oppure imprese con rating almeno pari ad “A-” o PD
equivalente.
Anche per le garanzie reali, le norme in tema di mitigazione del rischio richiedono la
conformità a specifici requisiti. Le attività rilasciate alle aziende di credito come
collateral possono avere natura finanziaria (depositi di denaro, valori mobiliari e oro) e,
solo per l’approccio IRB di base, assumere anche forma di immobili, crediti
commerciali o altre attività materiali. In ogni caso vengono comunque fissate condizioni
da rispettare, tra cui la tempestiva liquidazione, la certezza legale, l’adeguata
documentazione, la disponibilità di efficaci procedure di controllo.
L’adozione del meccanismo IRB avanzato non impone vincoli altrettanto rigidi. La
banca può determinare autonomamente quali garanzie e quali garanti ammettere purché,
rispettivamente, dimostri all’autorità di vigilanza la capacità effettiva delle garanzie di
6
attenuare il rischio di credito e sottoponga i garanti ad un giudizio di rating,
controllandone operato e solidità nel corso del tempo.
Tutti questi cambiamenti regolamentari, che dovranno essere recepiti dalla
Commissione Europea tramite la nuova direttiva sui requisiti patrimoniali (CAD 3),
entreranno in vigore a partire dall’inizio del 2007.
Forse è proprio il clima di incertezza che regna di fronte a questo importante evento che,
oggi più che mai, porta alle luci della ribalta il fitto background dei Confidi; ed è in un
tale, frammentato contesto che si focalizza il ruolo che i sistemi di garanzia hanno
sempre avuto nel legame tra banca e PMI, in particolare quelli maggiormente strutturati
e dunque più preparati ad affrontare la sfida.
L’Association Europèenne du Cautionnement Mutuel (AECM) raggruppa i Confidi di
ben 17 paesi dello Spazio Economico Europeo.
In un documento di studio che l’Associazione ha realizzato si legge: “la garanzia è
come una buona pizza italiana; ogni persona riconosce sul piatto la forma rotonda,
colorata e fumante, ma ognuno la mangia a suo modo: ai frutti di mare, al formaggio,
alle quattro stagioni”.
In effetti, nonostante i sistemi di garanzia condividano un obiettivo comune, la
metodologia di attuazione da essi adottata, così come la regolamentazione cui sono
soggetti, è molto diversa. L’ampia casistica esistente dipende dai diversi contesti
nazionali, dal grado di penetrazione e dalle caratteristiche degli agenti coinvolti.
Tra questi sono stati scelti due sistemi in particolare, quello spagnolo e quello italiano,
che verranno analizzati e messi a confronto.