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Introduzione
Se si vuole studiare Marx, non se ne può ricostruire
astrattamente il sistema. Bisogna rintracciare l’evoluzione,
con le sue rotture e le sue biforcazioni.
(Etienne Balibar, La Filosofia di Marx)
Quando si intraprende uno studio che ha per oggetto il pensiero e gli scritti di
un autore sul quale esistono intere biblioteche, la principale difficoltà è trovare
qualcosa di “nuovo” da dire, da aggiungere ad una letteratura amplissima, trovare
qualcosa che non sia già stato scritto. Eppure, nonostante gli innumerevoli volumi
di autori piø o meno validi, marxisti e non, l’opera di Marx ci pone sempre di
fronte a nuovi interrogativi, a nuovi nodi da analizzare.
La stessa enormità e disomogeneità della letteratura marxiana e marxista
rispecchia l’importanza, la centralità di Karl Marx, il cui pensiero, i cui scritti, nel
bene e nel male, sono stati e sono riferimento e base del fare politica per milioni
di persone, per centinaia di movimenti e formazioni politiche. Sembra addirittura
banale constatare che le sue teorie, nell’arco di un secolo e mezzo, abbiano messo
in discussione un modo di pensare e di agire che ha radici profonde, che non ha
conosciuto discontinuità rispetto al passato; che abbiano messo in discussione la
falsa certezza di essere parte di un sistema sociale che viene presentato, da
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sempre, come unico e necessario; che abbiano dato il là per lo sviluppo di
approcci nuovi e diversi in tutte le scienze sociali, dalla sociologia alla psicologia,
dall’antropologia a, naturalmente, l’economia.
Come dice Lenin nel Che fare? «[…] per le sue origini, l’ideologia borghese è
ben piø antica di quella socialista, essa è meglio elaborata in tutti i suoi aspetti e
possiede una quantità incomparabilmente maggiore di mezzi di diffusione». E a
chi tuonò, al suo tempo, contro l’intolleranza dell’infantilismo del movimento
socialista risponde «sì, il nostro movimento è ancora nell’infanzia, e per
raggiungere presto la virilità deve corazzarsi d’intolleranza contro coloro i quali,
sottomettendosi alla spontaneità, ne ritardano lo sviluppo. Nulla di piø ridicolo e
di piø nocivo che darsi l’aria di vecchi che già abbiamo vissuto tutti i momenti
decisivi della lotta!».
Questo breve passaggio è la sintesi di una teoria, quella marxiana, che da sola
non pretende di cambiare le cose, ma necessità di una pratica che intervenga in
tutte le contraddizioni del mondo borghese, che si doti di una progettualità per
questo fine.
Nello svolgimento della tesi, siamo partiti dagli scritti giovanili di Marx,
prendendo in considerazione, in particolare, un biennio fondamentale, quello del
1843-44. PerchØ fondamentale? PerchØ la lettura dei testi che si susseguono a
ritmo incessante in questi mesi, testi teorici, politici, di propaganda, la
frammentarietà stessa del materiale pervenutoci, ci racconta di un pensiero in
movimento, restio a lasciare qualcosa di definitivo, che mantiene aperte, volta per
volta, numerose contraddizioni.
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La Critica alla filosofia hegeliana del diritto pubblico, che apre questo
periodo, è l’unico testo “completo”, nonchØ il primo momento in cui Marx pone,
prima di tutto nell’ambito del movimento filosofico di cui faceva parte, quello dei
Giovani hegeliani, la questione del rovesciamento e della critica radicale della
filosofia speculativa hegeliana. Mosso dalle letture di Feuerbach, che negli stessi
anni indicava nella critica della religione e dell’idealismo, nel rovesciamento
materialistico dei presupposti filosofici hegeliani, la strada per il ristabilimento di
un ordine fondato sulla realtà sensibile, in cui l’uomo reale sia soggetto agente e
non sia agito dal Pensiero, Marx inizia un percorso che lo porterà alla
formulazione della sua critica e della sua filosofia, arrivando a superare e
lasciandosi alle spalle lo stesso maestro.
La strada percorsa in questi due anni parte dalla critica dello Stato politico,
come momento dell’alienazione dell’individuo, della scissione dell’uomo nel
materiale bourgeois, l’individuo privato della società civile, dove regna l’egoismo
e il bellum omnia contra omnes e nello “spiritualistico” citoyen, membro dello
Stato politico, il regno dell’uguaglianza formale, in cui tutti gli uomini
parteciperebbero dell’interesse generale, per sfociare nell’analisi materialistica dei
rapporti sociali, a partire dall’economia politica, ponendo al centro l’alienazione
dell’uomo nella società capitalista e in particolare l’alienazione del lavoro
salariato.
Un percorso intenso, quindi, che risulterà la base di partenza, recuperando
alcune intuizioni, in parte lasciandosi alle spalle convinzioni provvisorie, così
come gli stessi vecchi maestri, per i suoi lavori successivi e che lo porterà, negli
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anni successivi, a elaborare la sua concezione materialistica della storia e la sua
teoria economica.
Il nostro intento, nelle pagine che seguono è analizzare le tappe di questo
percorso, sottolineando i punti critici e cercando di porre degli interrogativi, senza
alcuna presunzione di dire qualcosa in piø rispetto a ciò che è stato già detto.
Leggere Marx, da marxista, significa, prima di tutto, riscoprire e rispolverare
non solo un metodo di studio ma un metodo politico, di necessaria
interconnessione tra teoria e prassi. ¨ questo ciò che, alla fine del lavoro, verrà
fuori: l’esigenza incessante di rileggere Marx per districarsi nel presente, per
cogliere quegli elementi originali della sua analisi, cercando di recuperarli nella
loro genuinità e applicarli all’analisi del reale, provando a scardinare quella cappa
ideologica che vuole Marx rinchiuso tra gli scaffali delle biblioteche, come una
reliquia da analizzare per amore della filosofia o come paravento ideologico per
una pratica politica che di marxista, in molti casi, mantiene solo i simboli e il
nome.
Nella maggior parte dei casi, però, Marx è il “vecchio” filosofo, le cui teorie
sarebbero state smentite dalla storia. Ma se la storia, come egli stesso dice, è la
storia degli uomini, dei rapporti sociali tra gli uomini e se, oggi, le contraddizioni
che Marx sollevava a metà dell’800, a rivoluzione industriale in pieno
dispiegamento, sono ancora piø che attuali, allora non si può che considerare
questa affermazione una falsità e un incentivo a ricominciare da dove avevamo
lasciato.
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1. Critica della dialettica astratta
Solo quando l’uomo reale, individuale, riassume in sØ il cittadino astratto, e come
uomo individuale nella sua vita empirica, nel suo lavoro individuale, nei suoi rapporti
individuali è divenuto ente generico, soltanto quando l’uomo ha riconosciuto e organizzato le
sue «forces propres» come forze sociali, e perciò non separa piø da sØ la forza
sociale nella figura della forza politica, soltanto allora l’emancipazione umana è compiuta.
(Karl Marx, La questione ebraica)
1.1 Critica dello Stato politico ed emancipazione umana
Prima di affrontare la critica di Marx della struttura dialettica hegeliana – che
trova una formulazione compiuta e precisa nella terza sezione dei Manoscritti
economico-filosofici del ‘44 – è utile fare un passo indietro e considerare alcune
opere marxiane precedenti.
Se, infatti, nei Manoscritti Marx riutilizzerà la dialettica hegeliana per
spiegare l’alienazione, riprendendone la struttura ma cambiandone
materialisticamente i presupposti e mettendo a fuoco, in particolare, quello che
considera il principale limite di Hegel, ovvero la relazione tra soggetto e oggetto,
negli scritti precedenti l’attenzione è focalizzata sul dualismo, sulla scissione che
l’uomo vive nella società moderna e nel moderno Stato politico.
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Tutti gli scritti precedenti i Manoscritti devono molto della loro impostazione
all’indagine filosofica compiuta negli stessi anni da Feuerbach, che aveva
discusso i limiti della filosofia hegeliana in rapporto alla questione della religione.
Il nodo critico che Feuerbach indaga è l’impossibilità della giustificazione del
liberalismo, del quale la filosofia hegeliana è la teorizzazione piø compiuta,
mediante un compromesso tra ragione e fede, tra filosofia e religione:
l’incompatibilità tra queste due tendenze, a suo parere, apriva la strada alla critica
“positiva” della filosofia speculativa di Hegel che rappresentava il tentativo piø
alto di conciliazione.
La critica di Feuerbach si basa principalmente su due punti: l’inversione di
soggetto e predicato compiuta dalla filosofia speculativa, così come dal
cristianesimo e la concezione nuova dell’essere umano che scaturisce da tale
approccio. Una concezione materialistica, quindi, che, pur mantenendo un certo
meccanicismo e restando, in qualche modo, metafisica, poichØ considera l’uomo
nei suoi rapporti naturali e non nei rapporti sociali con gli altri uomini e con la
natura stessa, spianava la strada alla critica radicale dell’idealismo e quindi
poneva anche i pilastri per un’attività politica radicale.
Come riassume precisamente Balibar, Feuerbach, dopo aver mostrato,
nell’Essenza del cristianesimo
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che le creature, le essenze piø elevate che la
nostra fantasia partorisce sono l’estraneazione fantastica ed il rispecchiamento
della nostra natura umana, spiega «l’alienazione religiosa, cioè il fatto che gli
uomini reali, sensibili, si rappresentano la salvezza e la perfezione in un altro
1
Feuerbach L., L’essenza del Cristianesimo, Feltrinelli, Milano 1994.
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mondo soprasensibile (come una proiezione in esseri e situazioni immaginarie
della proprie “qualità essenziali” […])»
2
.
Spostandosi sul versante della critica alla filosofia speculativa il risultato
appare identico: «il cammino che finora ha percorso la filosofia speculativa
dall’astratto al concreto, dall’ideale al reale, è un cammino alla rovescia, perchØ è
una via per la quale non si giunge mai alla realtà vera ed oggettiva, ma sempre
alla realizzazione delle proprie astrazioni»
3
.
Feuerbach intende dunque ristabilire un ordine fondato sulla realtà sensibile,
in cui l’uomo reale sia soggetto agente e non sia agito dal Pensiero; in tal senso la
religione, ed in particolare il cristianesimo è considerato come alienazione
dell’essere umano e la critica di Hegel diventa un tentativo di porre fine alla
speculazione, fornendo alla filosofia nuove basi di indagine, a partire
dall’osservazione della natura e dell’uomo, considerati nella loro realtà concreta.
In questo modo, Feuerbach risponde anche alle letture distorte dei giovani
hegeliani, che vedevano nella sua Essenza del Cristianesimo non una critica
radicale e un rovesciamento di Hegel, ma la critica alla religione come
completamento del sistema hegeliano. Il suo obbiettivo era invece aprire la strada
alla critica e al superamento radicale dell’idealismo e dell’hegelismo «non si può
accettare la filosofia hegeliana, se non altro, per il posto subordinato e la funzione
secondaria che assegna alla natura, il che contraddice la parte sempre piø
2
Balibar E., La filosofia di Marx, manifestolibri, Roma, 1994, p. 24.
3
Cfr. Feuerbach L., Tesi provvisorie per una riforma della filosofia, in Feuerbach L., Principi
della filosofia dell’avvenire, Torino, Einaudi, 1946, p. 67.
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importante che essa ha nella vita e nelle scienze»
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e la filosofia speculativa finisce
per divenire espressione della stessa alienazione: «allo stesso modo che la teologia
scinde l’uomo e lo aliena da se stesso, per poi identificare questo essere così
alienato un’altra volta con se stesso, così Hegel divide e scompone in molte parti
l’essenza semplice e identica a se stessa della natura e dell’uomo, per poi mediare
forzosamente quello che aveva forzosamente separato»
5
.
Nella religione si attua quindi, a detta di Feuerbach, un vero e proprio
rovesciamento del rapporto tra soggetto e predicato, tra uomo e dio: l’uomo aliena
in un’entità estranea e al di fuori di sØ la propria essenza che gli diventa estranea.
Il punto di incontro con la critica della filosofia speculativa, sta nel fatto che
entrambe procedono nello stesso verso: come la religione ha alienato all’uomo le
sue qualità essenziali proiettandole in un soggetto terzo soprasensibile (dio), così
la filosofia speculativa, considerando il reale come manifestazione del Pensiero, lo
ha reso dipendente dal soggetto che è il Pensiero ipostatizzato (l’Idea).
«L’assoluto, o infinito, nella filosofia speculativa non è altro […] che la mancanza
di ogni determinazione, l’indeterminato ovvero l’astrazione da ogni
determinazione, posta come un essere distinto da questa astrazione ma nello stesso
tempo come questa identificato»
6
.
La filosofia di Hegel è quindi, per Feuerbach, una teologia razionalizzata e
ridotta a logica: «[…] la dottrina hegeliana secondo cui la natura o la realtà è
4
Cfr. Feuerbach L., Giudizio sul libro: L’essenza del cristianesimo. In Cornu A., Marx e Engels
dal liberalismo al comunismo, Feltrinelli, Milano, 16962, p. 388-389.
5
Feuerbach L., Tesi provvisorie per una riforma della filosofia, cit., p. 75.
6
Ibidem.
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posta dall’Idea non è altro che l’espressione in termini razionali della dottrina
teologica, secondo cui la natura è creata da Dio o l’essere materiale è creato da un
essere immateriale, cioè astratto»
7
. Il superamento dell’alienazione consiste,
quindi in un ritorno dell’uomo a se stesso.
Marx fa di questi assunti e di questo schema il punto di partenza della sua
filosofia: l’alienazione dell’uomo, come per Feuerbach, sia nella religione che
nella filosofia speculativa è il prodotto di un’inversione o scambio di soggetto e
predicato; ma lo sforzo in piø, il passo in avanti che compie fin da subito rispetto
a Feuerbach e che lo porterà inevitabilmente a superarlo, è nella ricerca di una
base storico-sociale di questa alienazione.
Una volta individuato il terreno materiale in cui ricercare l’estraneazione
umana - cioè nel movimento storico, nel passaggio dalla società feudale alla
moderna società borghese -, la Entfremdung (l’estraneazione) diventa un fatto
sociale: la scissione diventa scissione tra lo Stato politico e la società civile;
l’uomo aliena le proprie forze sociali nella forma politica. Pervenendo in questo
modo alla convinzione che l’alienazione umana sia determinata da fattori storico-
sociali, altri aspetti come la religione o la filosofia speculativa diventano
l’espressione ideologica e teoretica di questa scissione materiale.
Vediamo quindi qual è il percorso che Marx compie per giungere a queste
conclusioni.
7
Ibidem.