1
CAPITOLO I: “LA RIFORMA DEL DIRITTO PENALE
SOCIETARIO: D.LGS. N. 61/2002”.
1. CENNI INTRODUTTIVI.
Con l’adozione del decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, il
legislatore è intervenuto nel settore del diritto penale dell’impresa al
fine di dare attuazione all’art. 11 della legge delega 3 ottobre del 2001,
n. 366, recante disposizioni per la riforma degli illeciti penali ed
amministrativi riguardanti le società commerciali, trasformando in tal
modo il Titolo XI del Libro V del codice civile, ora intitolato
“Disposizioni penali in materia di società e consorzi”
1
.
La fisionomia tradizionale del diritto penale societario, delineata
attraverso l’impianto del codice civile, è il frutto di svariati interventi
legislativi che si sono susseguiti per gradi nell’ultimo secolo, sotto la
pressione di concrete ed impellenti esigenze via via manifestatesi.
Infatti nel Codice del Consumo del 1882, la sfera di repressione
penale degli illeciti societari è assai limitata; del resto, se si eccettua
l’art. 246, con il quale si colpivano, attraverso le pene stabilite per la
truffa, determinate simulazioni e falsità dirette ad ottenere
sottoscrizioni o versamenti nel primo periodo di vita dell’ente, tutte le
altre fattispecie criminose inerenti i comportamenti antidoverosi degli
1
MUSCO, I nuovi reati societari, Giuffrè, 2008, cit. 2; ANTOLISEI, Manuale di diritto penale.
Leggi complementari, II, Giuffrè, 2007, cit. 5s; GIUNTA, Lineamenti di diritto penale
dell’economia, Giappichelli, 2004, cit. 282s; D’AVIRRO-MAZZOTTA, I reati di “infedeltà”
nelle società commerciali, Milano, 2004, cit. 27; ALDROVANDI, Art. 2634 c.c., in AA.VV., I
reati societari, a cura di Lanzi e Cadoppi, Cedam, 2002, cit. 139.
2
amministratori, liquidatori, direttori e sindaci, in realtà finivano con
l’essere punite attraverso mere pene pecuniarie.
Stante, dunque, l’insufficienza delle sanzioni predette rispetto
all’obiettivo di tutela dell’economia nazionale, il legislatore fu
costretto ad intervenire in materia con la legge 4 giugno 1931, n.
660, che convertiva il r.d. 30 ottobre 1930, n. 1459, la quale si era resa
necessaria anche a causa della crescita e dello sviluppo delle società
nel frattempo registrati; ulteriori modifiche furono quindi inserite nella
legge 16 febbraio 1942, n. 107 trasfusa nel Titolo XI del Libro V del
c.c., fino a pervenire alla cd. “miniriforma”
2
in materia societaria
introdotta dalla legge 7 giugno 1974, n. 216 anche se le nuove
disposizioni normative furono subito depenalizzate dalla legge 24
dicembre 1975, n. 706, in quanto contravvenzioni punite con la sola
pena dell’ammenda, per poi essere nuovamente penalizzate con la
legge 24 novembre 1981, n. 689 e subire ulteriori modifiche per
effetto della legge 4 giugno 1985, n. 281 sull’ordinamento della
CONSOB. Pertanto, accanto ad un nucleo originario di disposizioni
penali sorto negli anni ’30 e potenziato negli anni ’40, con le nuove
ipotesi inserite nel codice civile ed in una serie cospicua di leggi
speciali, sono state introdotte nell’ordinamento norme volte ad
imporre, anche se in modo frammentario ed inorganico, attraverso la
minaccia di sanzioni criminali ed amministrative, adempimenti
plurimi nei confronti degli organismi di controllo e di governo
dell’economia e della finanza, al fine di meglio tutelare il patrimonio
ed il capitale sociale, sentiti come interessi “endosocietari” a difesa
delle minoranze assembleari, dei creditori sociali nonché della società
2
MEZZETTI, Diritto penale dell’impresa, Zanichelli, 2008, cit. 6; FLICK, Gli obiettivi della
Commissione per la riforma del diritto societario, in Riv. soc., 2000, cit. 14s; FOFFANI, Le
infedeltà, in AA.VV., Il nuovo diritto penale delle società, a cura di Alessandri, Milano, 2002, cit.
535s; SANTORIELLO, Reati societari, in Il Fisco, 2002, cit. 89s; MILITELLO, I reati societari,
in Dir. Pen. Proc., 2002, cit. 699.
3
nel suo complesso. In realtà, gli stessi interventi legislativi ut supra
delineati, non hanno fatto altro che rendere la proliferazione dei reati
eccessiva, “vertiginosa” e con “connotati alluvionali”
3
, cosicché
sovente la dottrina è intervenuta sottolineando le carenze insite in una
tecnica legislativa attenta a sanzionare, in modo quasi esclusivo, una
serie di precetti civilistici con scarso rispetto dei principi di stretta
legalità, tipicità, determinatezza e offensività, che, al contrario,
dovrebbero sempre e costantemente orientare l’operato legislativo
nella redazione delle norme incriminatici. Da qui l’impulso alla
riscrittura del diritto penale societario, resasi necessaria in virtù
dell’esigenza di approntare una disciplina in grado di sviluppare un
modello di tutela in linea con il processo di trasformazione e
modernizzazione dell’economia, nonché con quello di armonizzazione
comunitario. L’impianto della riforma trova il suo archetipo nei lavori
della cd.”Commissione Mirone”
4
svoltisi durante l’ultima parte della
XIII legislatura e che hanno condotto ad uno schema di legge delega
trasfuso in un disegno di legge governativo riproposto nella XIV
legislatura da uno dei partiti della precedente maggioranza; la legge
delega n. 366 del 2001 nata, appunto, dal progetto in questione, ne
mantiene inalterata la struttura mentre ne muta l’aspirazione di fondo
in virtù delle aggiunte e delle sottrazioni arrecate rispetto allo schema
originario. Per quanto concerne le aggiunte, esse, hanno riguardato le
3
ALESSANDRI, La riforma dei reati societari:alcune considerazioni provvisorie, in Riv. it. dir.
proc. pen., 2002, cit. 487; GIUNTA, La riforma dei reati societari ai blocchi di partenza. Prima
lettura del d.lgs. 61/2002, in Studium Iuris, 2002, cit. 695s; CARMONA, Premesse ad un corso di
diritto penale dell’economia. Mercato, regole e controllo penale nella post-modernità, Padova,
2002, cit. 184s;MEZZETTI, L’infedeltà patrimoniale nella nuova dimensione del diritto penale
societario, in Riv. It. Dir. Proc. Pen., 2004, cit. 209; MACCARI, Art. 2634 c.c., in AA.VV., I
nuovi illeciti penali ed amministrativi riguardanti le società commerciali, a cura di Giunta,
Padova, 2002, cit. 150.
4
PULITANO’, La riforma del diritto penale societario, in Riv. it. dir. proc. pen., 2002, cit. 934;
MILITELLO, Infedeltà patrimoniale e corruzione nel futuro diritto penale societario, in Riv. trim.
dir. pen. econ., 2000, cit. 905s; FOFFANI, Infedeltà patrimoniale e conflitto di interessi nella
gestione d’impresa, Giuffrè, 1997, cit. 326s; ZANOTTI, Prime impressioni sulla bozza di riforma
del diritto penale societario, in Documenti giustizia, 2002, cit. 3.
4
fattispecie di reato contemplate, che hanno mutato aspetto e sostanza
per l’inserimento dell’elemento del concreto danno patrimoniale al
posto del mero pericolo astratto richiesto precedentemente; ciò ha
finito per determinare un innalzamento nella gravità dei fatti punibili
ed una selezione relativamente all’applicazione delle fattispecie in
questione. Si pensi al reato delle false comunicazioni sociali dove si
richiede, ai fini dell’integrazione della fattispecie, oltre a quanto era
già stato selezionato dal progetto Mirone, anche che le comunicazioni
siano previste se false ovvero imposte se omesse, e che al contempo
le stesse vadano ad alterare in modo sensibile la situazione economica
e finanziaria, provocando, così, uno specifico danno patrimoniale
5
. Le
sottrazioni hanno invece avuto ad oggetto le violazioni meramente
formali o procedurali che sono state espunte dal vecchio diritto penale
societario
6
e sostituite da nuove fattispecie che consistono per lo più
in violazioni sostanziali di beni giuridici concreti, quali il patrimonio
di una società ovvero il suo capitale sociale, o comunque
caratterizzate da una forte distorsione nel funzionamento della società
(art. 2636c.c.), del mercato (art. 2637c.c.) ovvero del sistema dei
controlli (art. 2638c.c.)
7
. Dunque, come si evince dai lavori
preparatori, l’impulso primario alla riforma nasce dall’esigenza, da
tutti condivisa, di razionalizzare il sistema penale societario secondo
la filosofia dell’odierno intervento normativo in materia societaria che
privilegia un chiaro processo di “snellimento” e “materializzazione”
5
ALESSANDRI, La riforma dei reati societari: alcune considerazioni provvisorie, in Riv. it. dir.
proc. pen., 2002, cit. 1009; NAPOLEONI, I reati societari. Infedeltà ed abusi di potere, II,
Giuffrè, 1991, cit. 1215; ANTOLISEI, op. cit., cit. 487s; MUSCO, op. cit., cit. 3s.
6
Si vedano gli articoli: 2624 c.c., relativo agli illeciti rapporti patrimoniali, 2630 c.c., relativo
all’irregolare remunerazione degli amministratori e 2631 c.c., relativo all’ipotesi di conflitto di
interessi.
7
PULITANO’, La riforma del diritto penale societario: tra dictum del legislatore e ragioni di
diritto, in Riv. it. dir. proc. pen., 2002, cit. 939s; FOFFANI, Rilievi critici in tema di riforma del
diritto penale societario, in Diritto penale e processo, 2001, cit. 572; VENAFRO, Art. 2634 c.c.,
in Legisl. Pen., 2003, cit. 516s; MILITELLO, L’infedeltà patrimoniale, in AA.VV., I nuovi reati
societari, a cura di Giarda e Seminara, Cedam, 2002, cit. 486.
5
degli oggetti di tutela
8
; l’obiettivo viene perseguito, da un lato,
ridimensionando il numero dei reati previsti nel precedente sistema
per ragioni di insoddisfazione della legislazione “in the books”, per
cui molti dei reati avevano avuto nessuna o scarsa applicazione
9
,
anche attraverso l’unificazione di fattispecie caratterizzate da una
sostanziale omogeneità tra le condotte ed un identico contenuto
offensivo
10
, e dall’altro, provvedendo a colmare vuoti e nuovi bisogni
di tutela posti da mutamenti impetuosi e colossali dei soggetti
economici
11
. In tal modo si cerca di agganciare la tutela del
patrimonio e del capitale sociale alla protezione della ricchezza dei
risparmiatori e del corretto svolgimento dell’attività sui mercati
finanziari, coinvolgendo scenari, per così dire,”extrasocietari”, in cui
le disposizioni penali sono indirizzate anche verso valori strumentali
quali il corretto svolgimento delle contrattazioni dei valori mobiliari e
delle attività borsistiche, in modo da allargare la tutela penale anche a
beni intermedi quali la trasparenza e l’informazione societaria,
evitando così che la mala gestio dei responsabili all’interno
dell’organizzazione societaria possa avere ripercussioni, oltre che sui
soci e sui terzi creditori della società, anche sui soggetti che operano
sul mercato dei titoli azionari ed obbligazionari
12
. Del resto, come
8
MEZZETTI, L’Infedeltà patrimoniale nella nuova dimensione del diritto penale societario, in
Riv. it. dir. proc. pen., 2004, cit. 213; ALESSANDRI, I reati societari: prospettive di
rafforzamento e riformulazione della tutela penale, in Riv. It. dir. proc. pen., 1992, cit. 1013s.
9
FOFFANI, Rilievi critici in tema di riforma del diritto penale societario, in Diritto penale e
processo, 2001, cit. 570; STELLA, Criminalità d'impresa: nuovi modelli di intervento, in Riv. it.
dir. proc. pen., 1999, cit. 1250s; ALESSANDRI, I reati societari: prospettive di rafforzamento e
riformulazione della tutela penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1992, cit. 1020.
10
Si pensi all’accorpamento nella sola figura di aggiotaggio di cui all’art. 2637 c.c., di diverse
figure simili che erano frammentate nella loro struttura di intervento oltre ad essere previste in
complessi normativi diversi. Tuttavia la scelta legislativa è stata oggi parzialmente vanificata dalla
reintroduzione della figura di manipolazione del mercato contenuta nell’art.158 del d.lgs. 58/98
quale ipotesi che si colora di identiche qualificazioni operative rispetto al testo dell’art. 2637 c.c.
11
MEZZETTI, in AAVV, Diritto penale dell’impresa, Zanichelli, 2008, cit. 100; MUSCO, I nuovi
reati societari, Giuffrè, 2008, cit. 2; STELLA, Criminalità d'impresa: nuovi modelli di intervento,
in Riv. it. dir. proc. pen., 1999, cit. 1254s.
12
MEZZETTI, Diritto penale dell’impresa, Zanichelli, 2008, cit. 96; GIUNTA, Lineamenti di
diritto penale dell’economia, Giappichelli, 2004, cit. 1215.
6
sosteneva Marinucci
13
: “Il diritto penale dell’impresa è un diritto “a
due velocità”, di cui la parte “statica” è costituita dai reati societari cui
si è aggiunta una parte nuova, la cd. “seconda velocità” che riguarda,
appunto, il settore del mercato finanziario
14
”; si pensi al decreto
legislativo del 24 febbraio 1998 n.58 cd” Decreto Draghi”, istitutivo
del T.U.F. (Testo Unico delle disposizioni in materia di
intermediazione finanziaria), così come modificato dalla legge del 18
aprile 2005 n. 62 sul “market abuse”, con cui il legislatore è
intervenuto delineando una nuova etica degli affari alla luce dei
recenti crack finanziari nazionali ed internazionali
15
.
13
MARINUCCI, Gestione d’impresa e pubblica amministrazione: nuovi e vecchi profili
penalistici, in Riv. it. dir. proc. penale, 1988, cit. 424s; NUVOLONE, Il diritto penale delle
società commerciali, Giuffrè, 1971, cit. 935.
14
MANNA, Dalla riforma dei reati societari alla progettata riforma dei reati fallimentari, in Riv.
trim .dir. pen .econ., 2003, cit. 2; ALESSANDRI, La legge delega 366 del 2001: un congedo dal
diritto penale societario, in Le società, 2001, cit. 1545s.
15
SEMINARA, Nuovi illeciti penali ed amministrativi nella legge sulla tutela del risparmio, in
Dir. Pen. Proc., 2006, cit. 549s.
7
2. LINEE GENERALI DELLA RIFORMA.
2.1.LE RATIONES DI POLITICA CRIMINALE.
Come emerge dalla Relazione governativa al decreto di riforma, le
motivazioni che hanno condotto alla revisione del complesso punitivo
risultano molteplici e differenti, tutte tese, in ogni modo, al
raggiungimento dell’obiettivo di razionalizzazione del sistema penale
societario, resosi oramai inadeguato rispetto alle nuove emergenti
istanze di tutela delle società commerciali (specialmente per ciò che
attiene all’attività delle quotate), del mercato e dei risparmiatori; tale
inadeguatezza viene messa in luce dal confronto con il sistema
punitivo adottato dagli altri paesi in ambito comunitario, oltre che
dalla scarsa applicazione di alcune fattispecie nella prassi
giurisprudenziale
16
. I principi cardine
17
, alla luce dei quali il
legislatore si è orientato nell’opera di modernizzazione del diritto
penale dell’impresa, sono serviti per allineare la disciplina, in modo
congruente, rispetto al dettato costituzionale, specialmente sul piano
della legalità penale. Tali precetti riguardano, in primo luogo, la
determinatezza e la tassatività dell’illecito tesi a garantire la
16
MEZZETTI, Diritto dell’impresa, Zanichelli, 2008, cit. 98; ANTOLISEI, Manuale di diritto
penale. Leggi complementari, II, Giuffrè, 2007, cit. 487s; PIERGALLINI, La riforma dei reati
societari, Giuffrè, 2004, cit. 95s; MANNA, Dalla riforma dei reati societari alla progetta riforma
dei reati fallimentari, in Riv. Trim. dir. Pen. Econ., 2003; FOFFANI, Rilievi critici in tema di
riforma del diritto penale societario, in Dir. Pen. Proc., 2001, cit. 119.
17
ALESSANDRI, La riforma dei reati societari:alcune considerazioni provvisorie, in Riv. it. Dir.
proc. pen., 2002, cit.1001; PULITANO’, La riforma del diritto penale societario: tra dictum del
legislatore e ragioni di diritto, in Riv. it. dir. proc. pen., 2002, cit. 936; MILITELLO, Infedeltà
patrimoniale e corruzione nel futuro del diritto societario, in Riv. Trim. dir. Pen. Econ., 2000, cit.
907; SCHIAVANO, Riflessioni sull’infedeltà patrimoniale societaria, in Riv. Trim. dir. Pen.
Econ., 2004, cit. 815s.
8
conoscibilità del precetto, quindi la sussidiarietà dell’intervento penale
per un utilizzo dello stesso, quale strumento di tutela, nelle sole ipotesi
di “extrema ratio”
18
, ma soprattutto la frammentarietà-offensività per
garantire un’accorta valutazione dei beni giuridici penalmente
rilevanti e al contempo una selezione delle sole condotte realmente
lesive di tali beni
19
. Di conseguenza, per migliorare la tutela dei beni
giuridici cui le disposizioni si riferiscono, deve essere adottata ogni
diversa soluzione normativa così da sostituire la disposizione penale
con sanzioni di carattere amministrativo, qualora le stesse risultino
meglio rispondenti alle finalità di intervento e meno incidenti nella
sfera giuridica dei destinatari, in modo da restringere l’area del
penalmente rilevante; del resto il canone dell’offensività
20
, letto in
funzione di una politica criminale general-preventiva positiva
21
,
propria di uno Stato liberal-costituzionale, implica la necessità di un
diritto punitivo che selezioni l’ambito di applicazione per non
occupare spazi eccessivi o non funzionali rispetto alle reali esigenze di
tutela dalle quali muove, esigendo così che l’intervento penale sia
18
Sui principi di sussidiarietà, proporzionalità, determinatezza e sulla legislazione penale
dell'emergenza: DONINI, Alla ricerca di un disegno. Scritti sulle riforme penali in Italia, Padova,
2003; DONINI, Sussidiarietà penale e sussidiarietà comunitaria, in Riv. it. dir. proc. pen., 2003,
cit. 141s; DONINI, Ragioni e limiti della fondazione del diritto penale sulla carta costituzionale,
in Foro it., 2001, cit. 29s; MOCCIA, La perenne emergenza. Tendenze autoritarie nel sistema
penale, Napoli, 2000; PALAZZO, Il principio di determinatezza nel diritto penale, Padova, 1979;
TRONCONE, La legislazione penale dell'emergenza in Italia, Napoli, 2001; VASSALLI, Principi
generali del diritto nell'esperienza penalistica, in Scritti giuridici, I, Milano, 1997.
19
FIORE, Il principio di offensività, in Indice penale, 1994, cit. 277; MONGILLO, Prospettive
normative del principio di offensività, in Giustizia penale, 2003, cit. 432s; MANTOVANI, Il
principio di offensività del reato nella Costituzione, in Scritti in onore di Costantino Mortati,
Milano, 1997, cit. 447s; CAVALIERE, L’offensività nella Relazione e nel progetto preliminare
della Commissione Grosso per la riforma del codice penale, in La riforma continua. Il riformismo
dell’ “era progressista”. Tentativo di bilancio, a cura di Moccia, Napoli, 2002, cit. 235s.
20
BRICOLA, Teoria generale del reato, in Nss. Dig. It., vol. XIX, Torino, 1973, cit. 87s;
MANES, Il principio di offensività nel diritto penale. Canone di politica criminale, criterio
ermeneutico, parametro di ragionevolezza, Torino, 2005; CATERINI, Reato impossibile e
offensività. Un’ indagine critica, Napoli, 2004.
21
Sulle funzioni della pena si vedano: MOCCIA, Sui principi normativi di riferimento per un
diritto penale teleologicamente orientato, in Riv. it. dir. proc. pen., 1989, cit. 1006s; MAIELLO,
Osservazioni in tema di presupposti per l'applicazione delle sanzioni penali, in Riv. it. dir. proc.
pen., 1987, cit. 972s; MOCCIA, Diritto penale tra essere e valore. Funzione della pena e
sistematica teleologica, Napoli, 1992, cit. 131s.
9
agganciato a ragioni di tutela non soddisfabili altrimenti ed
assegnando allo stesso un ruolo di chiusura o extrema ratio, laddove
gli altri strumenti sanzionatori non bastino a soddisfare l’esigenza di
tutela del bene giuridico
22
.
Sul piano della tecnica di normazione, tali premesse hanno condotto
alla formulazione di precetti quanto più possibile in autonomia
rispetto alla matrice civilistica di riferimento mediante l’abbandono
della cd. tecnica del rinvio, privilegiando al contrario modelli di
tipizzazione adeguati ai canoni di redazione delle fattispecie. Con ciò
non si vuole disconoscere la centralità che la normazione civilistica ha
raggiunto proprio in relazione al diritto penale societario, ma è
d’obbligo sottolineare quanto questa sia stata foriera di problematiche
di convivenza, date le profonde differenze strutturali tra i due sistemi,
che hanno coinvolto gli operatori in ardue ricostruzioni esegetiche, in
un quadro di innesti normativi privo di sistematicità e di chiarezza,
derivandone così formule normative e figure di reato dall’incerta
fisionomia, prive della precisione che in ambito penale si richiede ai
fini di una corretta descrizione delle regole e delle modalità
comportamentali
23
; dunque si reclama un’autonomia a tutto tondo del
diritto penale societario rispetto ai precetti civilistici, pur nell’ambito
delle reciproche interferenze, in nome degli obiettivi di certezza ed
equilibrio del sistema sanzionatorio, cosicché lo stesso risulti scevro
da infiltrazioni giurisprudenziali in grado di disattendere le opzioni
politico-criminali prescelte dal legislatore, a garanzia delle società e
dei soggetti che possono risultare danneggiati a causa di una mala
gestio nell’organizzazione delle stesse.
22
PULITANO’, La riforma del diritto penale societario: problemi e tecniche di tutela, in Riv. it.
dir. proc. pen., 2002, cit. 937; PEDRAZZI, Società commerciali, in Dig. pen, XIII, cit. 348.
23
ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Leggi complementari, II, Giuffrè, 2007, cit. 27s;
D'AVIRRO-MAZZOTTA, I reati di infedeltà nelle società commerciali, Milano, 2004, cit. 145s.
10
Sul versante della sussidiarietà, per ciò che concerne le opzioni
punitive di cui agli illeciti codificati, essi sono stati differenziati tra
fattispecie penali e fattispecie amministrative “a sanzione pecuniaria”;
il legislatore del 2002 ha quindi creato precetti che nella loro forma
“base” hanno natura giuridica di illecito amministrativo, con la natura
giuridica di ipotesi penali che caratterizza, per contro, l’ipotesi
aggravata, identica nelle modalità comportamentali ma con un
maggior disvalore per la causazione dell’evento di danno (si pensi, ad
esempio, all’art. 2625 c.c., rubricato “Impedito controllo degli
amministratori” ); addirittura alcune fattispecie hanno, tout court,
natura di illeciti amministrativi qualora si sostanzino in mere
violazioni formali (si vedano per tutti gli artt. 2630-2631c.c., rubricati
rispettivamente “Omessa esecuzione di denunce, comunicazioni o
depositi”ed “Omessa convocazione dell’assemblea da parte di
amministratori o sindaci”) così da concentrare, attraverso
un’operazione selettiva, l’incriminazione solo su quegli schemi di
comportamento che l’esperienza segnala come atti ad incidere
negativamente sugli interessi che si intendono tutelare, con
conseguente deflazione nel carico sanzionatorio; il che conferma
l’interazione, nel diritto penale, tra selettività ed effettività
24
.
Ad ogni modo, è sicuramente sul piano della frammentarietà-
offensività
25
che si evidenziano le maggiori ripercussioni nonché le
diverse innovazioni della riforma; è nel rispetto di tale principio,
infatti, che il legislatore ha abbandonato la costruzione della
fattispecie come “naturalmente” di pericolo astratto, tipica delle
precedenti formulazioni, preferendo fattispecie incentrate sul concreto
24
PEDRAZZI, Società commerciali, in Comportamenti economici e legislazione penale, 1978, cit.
33s; MILITELLO, Infedeltà patrimoniale nel futuro diritto societario, in Riv. trim. dir. pen. econ.
2000, cit. 923; ROSSI, I reati societari, Torino, 2005, cit. 323.
25
FIORE, Il principio di offensività, in Indice penale, 1994, cit. 2765s; MONGILLO, Prospettive
normative del principio di offensività, in Giustizia penale, 2003, cit. 1239s.
11
verificarsi di un danno patrimoniale
26
. La tutela dunque non è più
anticipata in relazione a quei comportamenti che figurano come
astrattamente pericolosi, “secondo l’id quod plerumque accidit”, bensì
è ferma su di uno specifico dato strutturale quale è l’offesa piena
arrecata al patrimonio sociale, che funge da gradazione nella gravità
del reato; gli illeciti cambiano veste e così da reati di mera condotta si
trasformano in reati di danno, attraverso la tipizzazione delle sole
condotte effettivamente dannose per i beni tutelati
27
. Il passaggio
dall’elemento del pericolo a quello del danno rappresenta
un’innovazione voluta dal legislatore del 2002 a causa dello
spostamento dell’asse del diritto penale economico sul piano dei beni
giuridici oggetto di tutela. In passato, infatti, la costruzione delle
fattispecie incriminatrici quali reati di pericolo, era funzionale ad
assicurare la piena tutela dei cd. beni giuridici istituzionali, cioè di
quei beni meta -individuali meritevoli di protezione giuridica da parte
dell’ordinamento, in quanto volti a garantire il corretto svolgimento
delle funzioni di controllo da parte delle autorità di vigilanza quali la
Consob e la Banca d’Italia e quindi ad assicurare la trasparenza
societaria; con la riforma, al contrario, si assiste ad una mutazione
genetica nel modello di tutela orientato, ora, alla protezione di beni
individuali e finali quali il patrimonio del singolo soggetto, socio,
creditore o consumatore che sia; per cui il danno patrimoniale, da
prospettiva non rilevante per il tipo legale, diviene l’evento del reato,
posticipando in tal modo la soglia di punibilità (come accade negli
26
PEDRAZZI, Inganno ed errore nei delitti contro il patrimonio, Giuffrè, 1954, cit. 54s; di
recente altresì: MANNA, La riforma dei reati societari: dal pericolo al danno, in Foro it., 2002,
cit. 111s; ALESSANDRI, La riforma dei reati societari: alcune considerazioni provvisorie, in Riv.
it. dir. proc. pen., 2002, cit. 1010s.
27
MEZZETTI, Infedeltà patrimoniale nella nuova dimensione del diritto penale societario, in Riv.
it. dir. proc. pen., 2004, cit. 214; STELLA, Criminalità d'impresa: nuovi modelli di intervento, in
Riv. it. dir. proc. pen., 1999, cit. 1230s; FIORE, Il principio di offensività, in Indice penale, 1994,
cit, 276; MONGILLO, Prospettive normative del principio di offensività, in Giustizia penale,
2003, cit. 129s.
12
artt. 2628, 2629, 2633, 2634, 2635 c.c.)
28
. Per comprendere a fondo la
portata dell’ inversione di rotta registrata, basta soffermarsi sulla
disciplina delle false comunicazioni sociali contenuta nell’art. 2621
c.c.: prima dell’intervento del legislatore si incriminava un falso in sé,
indipendentemente da un effettivo pregiudizio per il patrimonio dei
soggetti; a seguito dell’intervento riformatorio si richiede, al contrario,
un concreto ed effettivo danno patrimoniale, come tale suscettibile di
valutazione economica. Da ciò si evince come il sottosistema
rimodellato dal decreto legislativo 61/2002 sia divenuto, per così dire,
meno societario e più vicino al diritto penale comune, in particolare ai
delitti contro il patrimonio, evidenziando la politica criminale di fondo
di “patrimonializzazione” e “privatizzazione” delle figure di
reato
29
. All’esaltazione del profilo “privato” e selezionato del reato
rispetto a determinati soggetti passivi, consegue innanzitutto l’impiego
della querela come strumento per la perseguibilità del reato; ciò
determina il trasferimento ai privati della titolarità del diritto ad agire
quali soggetti passivi del danno patrimoniale che possono per ciò
stesso decidere di rinunciare alla querela con un atto abdicativo
definitivo ovvero di esercitare remissione riguardo allo strumento in
questione prima della decisione definitiva
30
, agendo così nel senso di
estinguere il reato, a conferma delle connotazioni individualistiche del
moderno diritto penale societario
31
. L’ulteriore conseguenza che
28
MANNA, Dalla riforma dei reati societari alla progettata riforma dei reati fallimentari, in Riv.
trim. dir. pen. econ., 2003, cit. 688s; LANZI-CADOPPI, I reati societari, Padova, 2007, cit. 132s.
29
PULITANO’, La riforma del diritto penale societario, in Riv. it. dir. proc. pen., 2002, cit. 940;
GIUNTA, La riforma dei reati societari ai blocchi di partenza, in Studium juris, 2002, cit. 698.
30
Una volta che sia data prova dell’intervenuta accettazione da parte del querelato, l’estinzione del
reato viene dichiarata dal gup con sentenza di non luogo a procedere in ogni stato e grado del
processo ex art. 425 c.p.p., enunciando la causa di estinzione nel dispositivo; nel caso in cui la
remissione sia intervenuta in una fase anteriore all’esercizio dell’azione penale, il pubblico
ministero avrà l’obbligo, ex art. 411 c.p.p., di chiedere l’archiviazione della notizia criminis, nelle
forme stabilite dalla legge. Per un’attenta disamina si veda MANCUSO, in AA.VV., I nuovi reati
societari, a cura di Giarda e Seminara, Cedam, 2002, cit. 684.
31
Art. 5 d.lgs. 61/2002 (Disposizioni transitorie): “Per i reati perseguibili a querela ai sensi del
presente decreto legislativo, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine
13
discende da tale premessa risiede nella previsione di una causa
estintiva del reato, nel caso in cui vi sia il risarcimento del danno
provocato e quindi un ripristino ex post factum dell’offesa arrecata
che, facendo venir meno la responsabilità dell’autore del reato ed
escludendone la punibilità, elide per la vittima ogni bisogno di pena
per il fatto commesso. La previsione di meccanismi premiali risulta
dunque coerente con il registrato passaggio dal pericolo al danno,
perché da un lato, le condotte di reintegrazione dell’offesa si pongono
sullo stesso piano degli interessi che le norme incriminatrici intendono
tutelare agendo nel senso di neutralizzare definitivamente il
pregiudizio e di colmare esattamente la lesione, e dall’altro sono
tendenzialmente infungibili, nel senso che non possono essere tenute
da soggetti diversi dal reo, eliminando così ogni possibile intervento
dell’autorità giudiziaria
32
. In tale ottica assumono notevole importanza
le soglie temporali entro cui trovano applicazione le misure in esame,
delineate in modo tale che la condotta antagonista sia tenuta prima di
un certo termine, ai fini di un ripristino tempestivo dello status quo
ante che risulti utile per la vittima e che non dia adito al reiterarsi di
condotte similari; del resto le condotte post factum sono chiamate a
svolgere una funzione di tutela e di salvaguardia del bene, già protetto
in via primaria dalla norma penale, in ossequio ai principi di
offensività e sussidiarietà
33
.
per la proposizione della querela decorre dalla data predetta”. Tale disposizione reca una norma
transitoria in ordine al dies a quo di decorrenza del termine per la proposizione della querela, che
presuppone la continuità normativa tra le fattispecie penali in esame rispetto ai reati societari
commessi prima dell’entrata in vigore del decreto, non avendo in caso contrario la disposizione
alcuna ragione di esistere.
32
MUSCO, I nuovi reati societari, Giuffrè, 2008, cit. 16; MUSCO, Le premialità nel diritto
penale, in Indice penale, 1986, cit. 606; PULITANO’, Tecniche premiali fra diritto e processo
penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1986, cit. 1032; PALAZZO, Sistema delle fonti e legalità penale,
Cassaz. pen., 2005, cit. 277s.
33
ALESSANDRI, La riforma dei reati societari: alcune considerazioni provvisorie, in Riv. it. dir.
proc. pen., 2002, cit. 1015; ALESSANDRI, I reati societari: prospettive di rafforzamento e
riformulazione della tutela penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 1992, cit. 1022; CHIUSANO, Gli
illeciti penali, in Riforma del diritto penale societario, Torino, 2001, cit. 1231s.
14
Quanto fino ad ora esposto, trova il suo naturale filo logico nelle
mutazioni maturate in ambito societario nel corso dell’ultimo secolo,
le quali hanno orientato l’intervento punitivo dell’ordinamento verso
oggettività giuridiche nuove o comunque innovative per il diverso
ruolo, peso ed importanza loro attribuite, in conseguenza anche del
mutato humus storico, economico e sociale. Con specifica attenzione
ai reati societari “allora” codificati, la dottrina è solita individuare,
quale interesse protetto, quello dell’economia pubblica, prendendo
spunto dalla relazione del ministro guardasigilli Alfredo Rocco alla
legge 4 giugno 1931 n. 660, la quale, come sappiamo, è il precedente
immediato delle norme penali di cui all’originaria formulazione del
Titolo XI del Libro V del Codice Civile; in tale relazione si afferma
che gli abusi compiuti nell’ambito delle società di commercio
provocano danni non solo ad interessi privati, ma anche alla ricchezza
collettiva del paese, dato che le società per azioni assorbono gran parte
del risparmio nazionale. Da tali considerazioni emerge, dunque, la
configurazione dei reati societari quali fattispecie incriminatici a
carattere plurioffensivo, in quanto volti a tutelare un fascio di
interessi che vanno da quelli patrimoniali della società, dei soci uti
singuli nonché dei terzi creditori della società, a quelli, globalmente
intesi, dell’economia del paese. Successivamente, lo sviluppo
crescente dei diversi tipi societari, connesso alla diffusione della
“società” quale modello di organizzazione dei consociati per la
realizzazione di obiettivi comuni, da una parte, ed il sempre maggiore
ricorso ai mercati finanziari in cui opera il pubblico dei risparmiatori
investendo gran parte della propria ricchezza, dall’altra, hanno
determinato un obbligato cambio di rotta nella selezione dei beni
giuridici da tutelare, non essendo più sufficiente, nel settore del diritto
penale dell’economia, una mera protezione individual-privatistica;
15
così accanto ad interessi di valenza singola, come può essere il
patrimonio di un singolo soggetto, ne emergono di nuovi, quali beni
funzionali, di valenza collettiva, connessi all’organizzazione
economica complessiva, con il definitivo abbandono del legame del
diritto penale con i soli beni individuali. L’intervento giuridico viene
quindi ad incentrarsi su interessi prodromici, strumentali ed intermedi,
(in primis la trasparenza societaria) identificando l’oggetto della tutela
nelle “istituzioni societarie”
34
, quali oggettività giuridiche funzionali
al corretto andamento operativo delle società e al regolare
funzionamento degli organi sociali di controllo, per evitare eventuali
effetti distorsivi sul risparmio nazionale, indi sull’andamento del
mercato economico. Tale situazione si mantiene immutata fino
all’adozione del decreto legislativo 61/2002, il quale ha significato il
ritorno ad una visione del diritto penale societario, per così dire,
arcaica, “una vera e propria progressione al contrario”
35
, con
qualificazioni fortemente patrimoniali e privatistiche. Gli interessi
“finali” cui guardano, ora, gli strumenti del diritto penale societario
hanno un connotato eminentemente patrimoniale, che richiama il
principio di libera iniziativa economica contenuto nell’art. 41 della
Costituzione; in virtù di tale previsione al legislatore è affidato il
compito di intervenire in modo tale da delineare un sistema di regole
di gioco precise e tassative, che funzionino come promozione e
garanzia di libertà per tutti i soggetti partecipanti al cd. “traffico
giuridico” sul mercato economico. La nuova rilevanza attribuita ai
beni giuridici patrimoniali, ha il significato di delimitare l’intervento
34
FOFFANI, Le infedeltà, in AA.VV, Il nuovo diritto penale delle società, Milano, 2002, cit.
538s.
35
MANNA, La riforma dei reati societari: dal pericolo al danno, in Foro It., 2002, cit. 113s;
INFANTE, Le falsità e gli ostacoli delle autorità pubbliche di vigilanza, Trento, 2002, cit. 36s;
FOFFANI, Infedeltà patrimoniale e conflitto di interessi nelle società commerciali, Giuffrè, 1997,
cit. 326s; ZANOTTI, Prime impressioni sulla bozza di riforma del diritto penale societario, in
Documenti Giustizia, 2002, cit. 3.