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CAPITOLO PRIMO
Le crescenti relazioni tra la Cina e l’Africa sub-sahariana: legami
macroeconomici, commercio, investimenti e aiuti
1. Cambia la geografia degli scambi
La domanda crescente di materie prime e prodotti agricoli da parte dei Paesi in via di
sviluppo, con particolare riguardo all'Asia, ha condotto non solo a sensibili aumenti
di prezzo ma anche ad un impressionante incremento dei flussi commerciali sud-sud.
Oltre la metà del commercio delle materie prime dei Paesi in via di sviluppo è ormai
diretto verso altri Paesi dello stesso gruppo. Contestualmente gli stock di varie
materie prime, tra cui i cereali, sono al livello più basso da vari anni a questa parte. In
questo contesto, preoccupano soprattutto le conseguenze che questi trend
determinano sulle prospettive di sviluppo dei paesi meno ricchi. È un impatto che ha
due facce opposte. Rappresenta un'interessante opportunità per quei paesi che
possiedono giacimenti di materie prime o producono commodities agricole, ma
aggrava la situazione dei paesi a basso reddito che sono importatori netti di prodotti
energetici ovvero di derrate alimentari.
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Uno dei più importanti sviluppi economici negli ultimi anni è stato il rapido emergere
della Cina come potenza economica mondiale, con una crescita economica di oltre l'8
per cento l‟anno per l'ultimo decennio, che ha spinto il paese alla sua attuale
posizione di economia mondiale dalla crescita più rapida.
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L‟ascesa economica della Cina negli ultimi due decenni, ha generato effetti di
espansione nell‟economia mondiale. La sua ricerca di risorse naturali per soddisfare
le esigenze di industrializzazione ha portato l‟attenzione cinese verso l'Africa sub-
sahariana. Gli scambi commerciali tra Cina e Africa Sub-Sahariana, sono stati pari a
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UNCTAD 2008 pp- 3-4
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Zafar 2007 pp. 1-28
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più di $ 50 miliardi di euro nel 2006
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. La domanda da parte della Cina ha contribuito
a un oscillante rialzo dei prezzi delle materie prime, in particolare il prezzo del
petrolio e dei metalli provenienti dall‟ Africa, e ha dato un impulso al PIL in termini
reali per l'Africa sub-sahariana. Allo stesso tempo, tuttavia, la penetrazione cinese nei
mercati africani ha causato degli effetti contraddittori per i cittadini del continente. La
forte domanda cinese di materie prime, infatti, contribuisce da una parte ad un
aumento del prezzo delle importazioni per molti paesi importatori di petrolio mentre
dall‟altra parte sostiene il reddito reale dei consumatori africani che beneficiano delle
sue esportazioni di prodotti tessili a basso costo.
La Cina rappresenta per l'Africa sia un'opportunità di ridurre la sua emarginazione
nell‟ economia mondiale, sia una sfida per la sua efficacia nello sfruttare l'afflusso di
risorse per ridurre la povertà e promuovere lo sviluppo economico, per una buona
gestione macroeconomica a causa delle implicazioni della potenziale Dutch disease
che deriva dal boom di merci.
Motivate dalla necessità di rifornire un crescente settore industriale e desiderose di
trovare destinazioni per le loro merci a buon mercato, le imprese cinesi hanno avviato
una ricerca a livello mondiale per l'accesso alle materie prime e ai mercati in Asia
centrale, America Latina, Asia orientale e Africa sub-sahariana. Attraverso un
approccio graduale alle riforme, una gestione oculata del tasso di cambio, e una
varietà di politiche interventiste, i politici cinesi hanno contribuito a ridurre il ruolo
del settore statale e a gettare le basi per un settore privato più dinamico e orientato
alle esportazioni. Il boom economico cinese ha avuto ripercussioni nell‟economia
mondiale e influenzato il commercio globale e la finanza.
Quello che sta accadendo in Cina, al momento non è solo un modello per la Cina, ma
ha cominciato ad interessare tutto il panorama di sviluppo internazionale, l'economia,
la società e, per estensione, la politica.
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Zafar 2007 pp. 1-28
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2. La politica della Cina in Africa e il consenso di Pechino
Quella cinese è stata una delle più rapide crescite economiche del mondo negli ultimi
dieci anni ed ha recentemente superato l'Italia diventando la sesta economia più
grande del mondo dopo Stati Uniti, Giappone, Germania, Francia e Regno Unito e si
sta lentamente spostando verso il quarto posto. Secondo dati ufficiali provenienti dal
China‟s National Bureau of Statistics, il PIL della Cina ha raggiunto quasi 18,2
miliardi di yuan (2,25 trilioni di $), nel 2005, e costituisce una quota crescente della
produzione mondiale. L‟andamento delle esportazioni è diventato formidabile, con un
notevole aumento negli ultimi 5 anni. E la Cina ha raddoppiato l'offerta di lavoro a
livello mondiale aggiungendo più di 100 milioni di lavoratori al mercato globale.
I segni dell‟ espansione economica della Cina stanno diventando sempre più evidenti
in Africa sub-sahariana. Negli ultimi dieci anni, la Cina ha costruito una rete di
scambi, aiuti, e investimenti con circa 50 paesi africani, e vi è stata una corsa per
ottenere le concessioni per lo sfruttamento delle risorse naturali africane. Le Società
cinesi stanno estraendo petrolio in Angola e Sudan, stanno costruendo strade in
Etiopia, collaborano con il settore elettrico in Kenya, sono impegnate nella
costruzione di infrastrutture e nello sviluppo del turismo in Sierra Leone, e nella
manutenzione delle reti di telefonia mobile in Kenya e Nigeria. In tutta l'Africa sub-
sahariana, le imprese cinesi stanno costruendo infrastrutture, comprese dighe, porti e
strade, e contribuiscono a rinnovare uffici governativi e altri edifici.
La politica estera cinese è sempre più guidata dalla sua strategia di sviluppo nazionale
e dalla necessità di risorse
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. Tuttavia, l'interesse non si limita esclusivamente alle
risorse naturali, infatti le imprese cinesi, si sono cimentate nei settori manifatturiero e
dei servizi e sono entrate nella lavorazione di generi agricoli, di abbigliamento e
telecomunicazioni.
Nel frattempo, l'Africa è sempre più inondata da prodotti cinesi a basso costo a
vantaggio dei consumatori del continente.
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Zweig e Jianhai 2005
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Negli ultimi anni, la Cina ha intensificato i legami diplomatici con l'Africa. Sotto gli
auspici del Forum di cooperazione Cina-Africa del 2000, comprendente 46 di 53
paesi africani, gli scambi commerciali bilaterali e la cooperazione economica sono
entrati in un nuovo regime. Nel gennaio 2006, il governo cinese ha emesso la sua
politica ufficiale sull‟Africa, chiedendo l'istituzione di una nuova partnership
strategica segnata dall'intensificazione del dialogo sul piano politico con una più
stretta cooperazione economica
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.
A novembre 2006 si è tenuto a Pechino un vertice Cina-Africa di elevato livello, con
la partecipazione di più di 40 Capi di Stato africani, per cementare le relazioni
commerciali e gli investimenti tra l‟economia in più rapida crescita del mondo e il
continente più povero del mondo.
Il grado di sviluppo della Cina sta cambiando il paese ed è importante; ma ciò che è
di gran lunga più importante è che le nuove idee cinesi stanno avendo un gigantesco
effetto al di fuori del continente. La Cina sta marcando un percorso per le altre
nazioni in tutto il mondo che stanno cercando di capire, non semplicemente il modo
di sviluppare i loro paesi, ma anche come inserirsi nell‟ordine internazionale in un
modo che permette loro di essere veramente indipendenti, per proteggere le loro
scelte politiche in un mondo con un unico potente centro di gravità. Questa nuova
fisica del potere e dello sviluppo è stato definita dall‟ analista Joshua Cooper Ramo
del “Consenso di Pechino”. Esso sostituisce l‟ampiamente screditato Consenso di
Washington, una teoria economica resa celebre nel 1990 per il suo approccio centrato
su Washington e il suo modo, giudicato il migliore, per spiegare alle altre nazioni
come perseguire il proprio sviluppo.
Il Consenso di Washington ha lasciato una scia di distruzione nelle economie e cattivi
sentimenti in tutto il mondo. Il nuovo approccio cinese allo sviluppo è guidato dal
desiderio di avere una crescita equa, pacifica e di alta qualità, trasformando idee
tradizionali come la privatizzazione e il libero scambio. Esso è definito da una
spietata volontà di innovare e di sperimentazione, da una vivace difesa dei confini
nazionali e degli interessi. E‟ pragmatico e ideologico allo stesso tempo;
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Cina Ministero degli Affari Esteri 2006
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cambiamento, novità e innovazione sono le parole essenziali del potere di questo
“consenso”
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.
Il Consenso di Pechino interessa tanto il cambiamento sociale quanto quello
economico. Si tratta di utilizzare l'economia e la governance per migliorare la società,
l'obiettivo originale di sviluppo economico che in qualche modo si era perso con il
consenso di Washington. Esso, tuttavia, rimane anche carico di contraddizioni,
tensioni e insidie.
Tale distintivo approccio comporta una combinazione di diplomazia aggressiva e la
coltivazione di legami amichevoli con un pacchetto che include un "non-impegno"
finanziario e l'assistenza tecnica. L'unico vero presupposto per il sostegno e
l‟assistenza di Pechino è la one-China policy (in relazione a Taiwan, Cina).
L‟impegno della Cina di non interferire negli affari interni dei paesi e la mancanza di
condizioni in materia di governance o di gestione di bilancio per l‟erogazione di
prestiti, hanno suscitato reazioni positive da parte di vari governi africani.
Tuttavia, la mancanza di attenzioni della Cina ha sollevato la preoccupazione che il
flusso di aiuti cinese può indurre i governi africani a ritardare le riforme per
promuovere l'apertura e la responsabilità. Data la propensione alla corruzione nella
gestione delle risorse naturali, la mancanza di attenzione alle questioni di trasparenza
sulle risorse e ai meccanismi di controllo tra i suoi partner africani è stato motivo di
preoccupazione. Inoltre, la tendenza delle aziende cinesi di importare manodopera
dalla Cina, con l‟ accusa di concorrenza sleale nei confronti delle imprese locali, ha
generato un contraccolpo anti-cinese in diversi Paesi africani, in particolare in Sud
Africa e Zambia. Infine, il disprezzo per le valutazioni dei rischi di impatto
ambientale sta facendo deragliare i progressi che sono stati fatti su questo fronte negli
ultimi due decenni.
“We like Chinese investment because we have one meeting, we discuss
what they want to do, and then they just do it. . .. There are no benchmarks
or preconditions. . ..”
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Ramo 2004 pp. 1-6