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Introduzione
“Un quadro clinico preoccupante.” Se per definire la situazione attuale vissuta
dal giornalismo dovessimo far ricorso alla terminologia medica, probabilmente
è questa l‟espressione che renderebbe meglio l‟idea.
D‟altra parte il virus incubava già da tempo e ora tutti si prodigano nell‟
estenuante ricerca di una cura che possa guarire questo giornalismo un po‟
malaticcio. Chiaramente non è il caso di generalizzare, ci sono esempi virtuosi
di buon giornalismo anche oggi, e sarebbe poco intelligente lasciarsi andare
alla nostalgia e pensare anacronisticamente che ciò che è stato possa rivivere
anche adesso.
Questa trattazione intende focalizzarsi soprattutto su un tipo di giornalismo,
che più di altri stenta a riprendersi: il giornalismo d‟inchiesta.
In particolare si proporrà una disamina degli strumenti che questo modello
giornalistico ha a disposizione per risollevarsi.
Il problema principale è di natura economica. La politica del taglio trionfa
anche all‟interno delle redazioni e su tutti i primi a farne le spese sono gli
inchiestisti, autentiche mosche bianche in un panorama di dominio della notizia
formato 160 caratteri. Il vero “desaparecido” di questi ultimi tempi è senza
dubbio il racconto e paradossalmente l‟overload informativo ha prodotto una
società di “falsi informati”.
L‟armata che avanza è quella dei concorrenti di quiz, manca
l‟approfondimento, mancano le risposte articolate e prevale la multiple choice.
Mettiamo la crocetta sulla risposta che ci pare più giusta, ma nel momento in
cui ci si chiede di articolare un discorso più compiuto su questa o quella
tematica, facciamo spallucce.
Con questo non si vuole tratteggiare un quadro ultrapessimistico e totalmente
denigratorio del pubblico dei lettori, il giornalismo e ancora di più la politica
hanno forti responsabilità nell‟aver contribuito alla definizione di questa realtà.
Il mondo politico, e l‟Italia ne sa qualcosa, ha tutto l‟interesse a coltivare una
generazione di persone poco informate o male informate. Il giornalismo dal
canto suo, sia perché talvolta ostacolato e soffocato da provvedimenti politici
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discutibili, sia perché troppo spesso complice, fatica a imporre all‟attenzione
del lettore un‟informazione completa e puntuale.
Da tempo ci si interroga sulla “fine” dei giornali cartacei. Spariranno
veramente nel 2043, oppure riusciranno a sopravvivere? E se sì come? Oramai
si è capito che il problema però non è tanto se il cartaceo sopravvivrà o meno;
non si può ridurre il tutto a uno scontro tra giornali cartacei buoni e internet
cattivo. Anche gli editori italiani sembrano averlo compreso e nonostante le
remore e le incertezze iniziali hanno deciso di sbarcare sul web e creare i siti
internet delle loro testate, che da semplici repurposing si sono
progressivamente affermati come brand e fornitori di contenuti multimediali.
Ci si è resi conto insomma che la parola d‟ordine è sinergia e non scontro
frontale o snobismo. Il prendere atto della crisi del giornale cartaceo, non
equivale a farne il funerale, occorre puntare sulla qualità del contenuto, sulle
inchieste e ridefinire un‟identità che sembra ormai irrimediabilmente perduta.
Come anticipato si tenterà soprattutto di capire in che modo il giornalismo
d‟inchiesta possa uscire dalle difficoltà che lo coinvolgono e superare i suoi
problemi. Si valuteranno le strade che già si stanno battendo soprattutto negli
Stati Uniti e le sperimentazioni che si stanno attivando anche nel nostro Paese.
Si cercherà di capire se queste soluzioni possano o meno dirsi efficaci.
Il lavoro si articola in cinque capitoli: nel primo “Chi controlla i controllori?”
si definirà il giornalismo investigativo e se ne traccerà un profilo generale. Si
proporranno alcuni esempi di inchiesta che hanno fatto la storia del
giornalismo. Su tutti “Il Caso Watergate”: l‟inchiesta sullo scandalo che
coinvolse l‟allora Presidente degli Stati Uniti Nixon, condotta dai due
giornalisti del Washington Post, Carl Bernstein e Bob Woodward.
Si proporrà il caso di “Top Secret America”, una recente inchiesta condotta dal
Washington Post. Un‟inchiesta multimediale che ci permette di esplorare le
possibilità offerte dal digitale, in grado di rendere disponibili ai lettori una
grande quantità di dati nelle modalità più diverse.
Un altro esempio di come il digitale possa prestare soccorso al giornalismo
investigativo è offerto da Wikileaks. Un sito internet che mette a disposizione
dei giornali, documenti industriali, militari e politici coperti da segreto.
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Poi spazio al mondo dell‟inchiesta giornalistica italiana. Si ricorderanno i più
importanti esempi di giornalismo investigativo. Un intero paragrafo sarà
dedicato a Fabrizio Gatti e ai suoi reportage pubblicati sull‟Espresso.
Si tenterà infine di capire quali siano le cause della crisi che ha coinvolto e
tuttora coinvolge il giornalismo d‟inchiesta e si darà un‟anticipazione di quelle
che possono considerarsi, allo stato attuale, le possibili soluzioni. Soluzioni che
troveranno un approfondimento nei successivi capitoli, a partire dal secondo:
“Giornalismo no profit”. Dopo il grande successo ottenuto da ProPublica,
una delle primissime start-up del giornalismo investigativo no profit, diverse
risultano al momento le sperimentazioni sviluppate secondo gli stessi
meccanismi dell‟organizzazione di Paul Steiger. Il giornalismo no profit sta
progressivamente guadagnando spazio e sono in molti a sostenere che questa
possa essere la giusta ricetta che garantisca la rinascita del giornalismo
d‟inchiesta.
Le realtà che andremo ad esaminare, dal Bureau of Investigative journalism a
California Watch, senza contare ProPublica, vivono tutte delle generose
“mance” che ricevono dai grandi magnati americani, che notoriamente hanno il
pallino della filantropia. In Italia invece vige una cultura molto diversa in base
alla quale è difficile ipotizzare scenari simili a quelli d‟oltreoceano. Come si
cercherà di spiegare meglio nel paragrafo sulla politica del “Do ut des”, in un
Paese in cui dominano favoritismi e sistemi clientelari è alquanto improbabile
che si faccia qualcosa in nome della cultura e dell‟amore per la libera
informazione e la libera espressione.
Il modello che è stato preso in considerazione negli ultimi tempi anche nel
nostro Paese è quello del giornalismo crowdfunding, ovvero il giornalismo che
si autofinanzia. Nel terzo capitolo dedicato a questo nuovo modello economico
si prenderà in considerazione il caso di Spot.us, il primo sito di giornalismo
investigativo ad essere finanziato dai lettori. Anche nel nostro Paese questo
sistema ha fatto proseliti; diversi i siti di crowdfunding che hanno visto la luce
quest‟anno, dal cugino italiano Spot Us Italia, passando per You Capital e Dig-
it.
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Un caso particolare è rappresentato poi da Italia Terra Nostra, giornale on-line
diretto da Gianni Lannes. Anche in questo caso si è scelta la via
dell‟autofinanziamento che consente una maggiore autonomia e indipendenza
nello sviluppo delle inchieste.
Nel quarto capitolo “L’inchiesta Open Source”, si illustreranno le
potenzialità, ma anche i limiti di un altro fenomeno in forte crescita, quello del
citizen journalism. I contributi e le segnalazioni dei lettori diventano elementi
fondamentali nella costruzione di un‟inchiesta giornalistica.
Amato, odiato, spesso guardato con diffidenza, il giornalismo partecipativo è
una realtà di cui si cercherà di cogliere il bello e il brutto, il buono e il cattivo.
Evitando di vestire i panni degli apologeti o dei dissacratori troppo scettici, si
parlerà di esperienze importanti come Agoravox Italia.
Nel quinto e ultimo capitolo “Salvaguardare l’ecosistema informativo”
troverà spazio un'altra novità tutta italiana: la Fondazione Ahref.
Nelle parole del suo Presidente Luca De Biase: “Pensata per studiare,
diffondere e progettare iniziative di qualità nei media sociali al servizio dei
cittadini che la sostengono.”
Si valuteranno i programmi e gli obiettivi di questa fondazione e si cercherà di
capire se può funzionare o se è destinata a rimanere un‟iniziativa senza futuro.
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Capitolo 1 : Chi controlla i controllori?
1.1 Giornalismo investigativo, una definizione
Ricerca, approfondimento, incrocio e verifica dei dati, in una parola:
giornalismo investigativo.
Uno dei primissimi esempi di giornalismo investigativo risale al 1721, quando
in Inghilterra, sotto lo pseudonimo di Cato, due whighs scrissero sul London
journal il primo resoconto dettagliato della commissione parlamentare
d‟inchiesta insediata per discutere uno scandalo economico dell‟epoca.
Ma sono gli Stati Uniti ad essere considerati la vera madrepatria di questo
modello giornalistico, in cui si riversa una parte della cultura puritana dei Padri
Fondatori. Inchieste come quella di Upton Sinclair sull‟industria della carne in
scatola di Chicago, o articoli come quelli di Ida Mae Tarbel, che portarono allo
smembramento della Standard‟oil, hanno contribuito in misura importante al
cambiamento della storia americana. La trasformazione dell‟America in uno
stato moderno, industriale, legalitario è avvenuta proprio sotto la spinta del
giornalismo investigativo, legato a doppio filo con la storia della democrazia
americana. Le inchieste di cui si parla non erano condotte da giornalisti, ma dai
cosiddetti “muckrackers”, scrittori progressisti che svelavano i retroscena più
imbarazzanti della vita politica ed economica.
“Il giornalismo investigativo ha a che fare più con “la redenzione”, che con la
“missione” ricorda il professore di giornalismo Jay Rosen.
Ed Murrow, uno dei più grandi giornalisti americani, diceva: “Noi dobbiamo
essere il poliziotto della stradale nello specchietto retrovisore del potere.”
In questa frase possiamo cogliere la portata della “redenzione” di cui parlava
Rosen.
In ogni caso gli Stati Uniti non detengono un ruolo esclusivo in quest‟ambito,
basti pensare all‟articolo “J‟accuse” di Emile Zola, pubblicato nel 1898 sul
giornale socialista L‟Aurore. L‟editoriale del giornalista e scrittore francese si
presenta come una lettera aperta al Presidente della Repubblica Francese Félix
Feure, il cui scopo era quello di denunciare pubblicamente le irregolarità e le
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illegalità commesse nel corso del processo contro Alfred Dreyfus, al centro di
uno dei più famosi affaire della storia francese.
Ma che differenza c‟è tra il giornalismo tout court e il giornalismo
investigativo?
“In un certo senso, nessuna – afferma il giornalista Paolo Gambescia - un
giornalista che non fa un minimo di investigazione non è un giornalista.”
Dello stesso avviso Giovanni Maria Bellu che parla del giornalismo
investigativo come di una definizione curiosa, tautologica, un po‟ come dire
“medicina curativa”. Lo stesso Bellu riconosce comunque l‟esistenza di una
differenza tra semplice giornalismo e giornalismo d‟inchiesta, differenza che
sta nei tempi e nei costi di realizzazione.
Il giornalismo investigativo non si accontenta delle versione ufficiali, ma
intende scoprire e ricostruire i fatti, con l‟intento di garantire il diritto
fondamentale alla conoscenza collettiva.
1.1.1 Condizioni e rischi
Per realizzare un‟inchiesta giornalistica ci sono delle condizioni che devono
essere soddisfatte:
il giornalista deve avere la possibilità di svolgere il suo lavoro
liberamente e autonomamente.
affinché l‟inchiesta possa produrre effetti sulla realtà è
fondamentale che venga svolta in uno Stato democratico, dove il
potere si fonda sul consenso.
un giornalista deve valutare i rischi e pianificare le sue difese di
conseguenza. Il giornalista spagnolo Pepe Rodriguez, quando decise
di infiltrarsi nella setta di Moon, oggetto della sua inchiesta, “si
preoccupò di mutare aspetto, indirizzo, vestiario; di farsi
abbandonare platealmente da amici e familiari. Fece preparare dal
10
notaio un documento nel quale si faceva dichiarare incapace di
intendere e di volere; concordò codici, tempi, e metodologie
d‟incontro periodico, per farsi valutare salute fisica e mentale, grado
di condizionamento psichico, uso di droghe, e stato di libertà
personale.”
1
Uscito dalla setta, visse in clandestinità per due anni.
il giornalista che lavora all‟inchiesta deve avere un‟ottima
preparazione e professionalità. Deve inoltre possedere una cultura
dell‟investigazione, della legalità, del dettaglio, del riscontro,
dell‟indizio e della prova.
Alle condizioni per la buona riuscita del pezzo, si accompagnano i rischi in cui
spesso si incorre e che al contrario andrebbero fortemente evitati.
Tra questi ricordiamo:
il sensazionalismo e la spettacolarizzazione della notizia.
l‟uso dell‟inchiesta per rivalse private, spesso si tende a
confezionare l‟inchiesta in modo da utilizzarla come arma per
colpire l‟avversario e non per ragioni di pubblica utilità. Va detto
che questo non sembra essere un malcostume solo italiano, anche
negli Stati Uniti il “watchdog” diventa “attack dog” e anche in
Francia qualcuno ha parlato del giornalismo d‟inchiesta come di
“giornalismo di delazione”.
prese di posizione precostituite e al servizio di interessi particolari.
trasformare eventi dirompenti, rari e inattesi in notizie giornalistiche
e distribuirli senza mediazione al “pubblico”.
1
Sidoti F. (2003), Giornalismo Investigativo, Koinè nuove edizioni, Roma.
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1.2 Le grandi inchieste del passato: Il caso Watergate
Quando si parla di giornalismo investigativo è pressoché impossibile non
nominare “Il Caso Watergate”, considerata la più importante inchiesta
giornalistica del XX secolo che portò alle dimissioni dell‟allora Presidente
degli Stati Uniti Richard Nixon.
Si occuparono dell‟inchiesta due giornalisti del Washington Post, Carl
Bernstein e Bob Woodward. Per gli Stati Uniti nel biennio 1972-1974, il caso
del Watergate rappresenta uno scandalo politico senza precedenti.
Quello che all‟inizio sembrava un semplice furto con scasso alla sede di un
comitato del Partito democratico, prende via via i contorni di un‟operazione di
spionaggio, condotta dalla squadra speciale degli “idraulici” creata dalla Casa
Bianca qualche anno prima.
Lo scandalo scoppia appena i colpevoli (in particolare James McCord, ex FBI e
CIA), si qualificano come agenti governativi. Bernstein e Woodward possono
contare sulle rivelazioni di una fonte misteriosa, la cui identità si è scoperta
solo di recente.
“Woodward conosceva un uomo dell‟esecutivo che aveva accesso a informazioni
riservatissime sul CRP (il Comitato per la Rielezione del Presidente) e sulla Casa
Bianca; la sua identità era nota solo a Woodward, che poteva contattarlo in occasioni
importanti. Il giornalista si era impegnato a non rivelare mai a nessuno il suo nome o
la sua posizione. E aveva promesso di non citarlo, neppure come fonte anonima. I
loro colloqui dovevano servire soltanto a confermare notizie ricavate altrove e a far
luce su qualche altro fatto nuovo. In gergo giornalistico le chiamavano «chiacchierate
strettamente confidenziali.»
Un giorno Woodward raccontò di quel loro patto al redattore capo Howard Simons.
Aveva preso l‟abitudine di chiamare l‟informatore “il mio amico”, ma Simons lo
soprannominò “Deep Throat” (“Gola Profonda”), dal titolo di un noto film
pornografico. Il soprannome ebbe fortuna.
2
”
Oggi “Gola Profonda” ha un nome: Mark Felt, allora numero 2 del FBI.
2
C.Bernstein, B.Woodward, “Tutti gli uomini del Presidente: l‟affare Watergate”.
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Woodward e Felt si erano conosciuti due anni prima nello studio di un
senatore, quando il giornalista era solo un ufficiale della marina.
I loro incontri avvenivano in un parcheggio sotterraneo.
Curiosi anche i sistemi di comunicazione escogitati dai due: quando Woodward
aveva bisogno di qualche informazione urgente, spostava un vaso sul balcone
di casa sua, nel quale era impiantata una bandiera rossa; Gola Profonda
verificava se il vaso si trovava al solito posto, in caso contrario l‟appuntamento
era stabilito per le 2 di notte nel parcheggio.
Inizialmente i rapporti di lavoro tra Woodward e Bernstein erano stati più
competitivi che altro, poi cominciarono a firmare i pezzi insieme e diventarono
ben presto “Woodstein”. L‟elemento collaborazione si è rivelato un fattore
vincente e determinante per la realizzazione dell‟inchiesta. Data la vastità
dell‟argomento, i rischi che comportava e la necessità di procedere con grande
cautela, si rendeva necessario il lavoro di almeno due persone. Dividendo il
lavoro e mettendo insieme le rispettive informazioni, potevano moltiplicare i
contatti. Ciascuno aveva un proprio elenco di numeri telefonici, alla fine il
numero complessivo dei nomi segnati risultò di parecchie centinaia e i
“doppioni” meno di cinquanta. I due furono ben presto completamente
assorbiti dal lavoro sul “Watergate”, che finì per diventare una specie di
ossessione. Ognuno aveva un proprio sistema di archiviazione: Bernstein
sistemava il materiale in cartellette di cartone coi nomi di tutte le persone che
incontravano, mentre Woodward aveva un sistema meno rigoroso. In ogni caso
entrambi si attenevano a un principio inviolabile: non buttare mai via niente e
conservare tutti gli appunti e le prime stesure non definitive degli articoli.
Le loro indagini, le telefonate e gli incontri con le fonti li portarono a scoprire
che il presunto furto al “Watergate”, nascondeva attività di spionaggio e
sabotaggio politico ai danni dell‟avversario democratico. “Gola Profonda”
confermò a Woodward la presenza di cinquanta persone che lavoravano per la
Casa Bianca e il CRP con il compito di escogitare “giochetti” di vario genere e
raccogliere informazioni. Per “giochetti” intendeva: intercettazioni,
pedinamenti, false fughe di notizie, lettere contraffatte, annullamento di
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manifestazioni, indagini sulla vita privata di attivisti, furti di documenti,
infiltrazione di spie nel campo avversario e di provocatori nelle dimostrazioni.
“Gli agenti federali hanno appurato che centinaia di migliaia di dollari del
fondo per la campagna elettorale di Nixon erano stati accantonati per
finanziare una vasta campagna clandestina mirante a screditare i potenziali
candidati democratici alla presidenza e a sabotare la campagna elettorale.
3
”
La vicenda del Watergate si inseriva in un quadro più ampio, fatto di altri casi
di spionaggio. L‟attività d‟intercettazione era partita già dal 1969, gli obiettivi
erano i giornalisti o i funzionari dell‟amministrazione sospettati di slealtà, poi
nel corso delle grandi manifestazioni contro la guerra in Vietnam, l‟attenzione
fu spostata sui movimenti radicali ed infine era toccato ai democratici, in
occasione delle elezioni presidenziali.
Nonostante gli articoli di denuncia del “Post”, Nixon vinse le elezioni del 1972
contro lo sfidante democratico McGovern. Nel periodo precedente alle elezioni
alcuni uomini di Nixon avevano cercato di far passare il “Post” come alleato
dei democratici. Iniziò così l‟operazione insabbiamento del caso Watergate. I
due reporter attraversarono un periodo di crisi, dovuto al momento di stallo del
loro lavoro. Nell‟ultima fase dell‟inchiesta si appoggiavano sempre di più agli
investigatori e agli avvocati che lavoravano per la commissione senatoriale.
Progressivamente però grazie al loro lavoro, cominciarono ad emergere delle
crepe nell‟operazione di insabbiamento; il 1 Marzo del 1974 il gran giurì
concluse ufficialmente la sua indagine sul tentativo di insabbiare l‟affare
Watergate accusando sette ex altissimi funzionari della Casa Bianca e del CRP
di aver cospirato per ostacolare il corso della giustizia.
“Continuare la mia battaglia personale nei mesi a venire per difendermi dalle
accuse assorbirebbe quasi totalmente il tempo e l'attenzione sia del presidente
sia del Congresso, in un momento in cui i nostri sforzi devono essere diretti a
risolvere le grandi questioni della pace fuori dai nostri confini e della ripresa
3
C.Bernstein, B.Woodward, “Tutti gli uomini del Presidente: l‟affare Watergate”.