Figura 1 – Primo logo aziendale
2.2 La comunicazione prima di Toscani
Negli anni ‘60 e ‘70, la strategia promozionale della Benetton si è concentrata
esclusivamente sui negozi: gli ingenti investimenti richiesti dalle campagne
pubblicitarie erano troppo proibitivi per la piccola azienda familiare (Favero,
2005). Inoltre Luciano Benetton, in quel periodo, ha preferito evitare di mettere in
mostra l’azienda a causa dell’agitazione diffusa in quegli anni: al sequestro e
assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse, alla strage di Piazza
Fontana nel 1969 a Milano e alla strage alla stazione di Bologna nel 1980 si
sommarono in Italia, tra il 1969 e il 1983, piø di quattordici mila attentati
terroristici e i conflitti sindacalisti per far valere i diritti dei lavoratori. Questi
ultimi pesarono sull’industria italiana tanto da determinare la chiusura di molte
imprese. L’azienda è riuscita a mantenersi “nascosta” anche grazie ai diversi nomi
dei punti vendita: “Sisley”, “Tomato”, “Merceria” e “012”. Si è trattato di una
strategia opposta rispetto al principio d’identificazione totale che aveva scandito
fino a quel momento gli obiettivi aziendali, ma che gli ha permesso di
sopravvivere alle mutevoli condizioni del mondo esterno (Benetton e Lee, 1990).
Sul finire degli anni ’70 si è verificata una svolta per quanto riguarda la storia
dell’attività promozionale dell’azienda. Essa mirava a un’ulteriore espansione
della rete di vendite all’estero, dopo aver già conquistato l’Europa.
Fu messa in atto una vera e propria riconfigurazione dell’azienda e, in seguito
alla sperimentazione di diverse strategie commerciali e industriali, Luciano
Benetton comprese la necessità di puntare sulla diffusione di una nuova immagine
attraverso un’esplicita promozione del marchio (Favero, 2005). Dagli anni Ottanta
l’azienda ha investito nel rafforzamento dell’immagine attraverso una serie
articolata d’iniziative volte a comunicare e ribadire la propria unicità a livello
mondiale (Sabbadin, 1997).
La Benetton Group ha investito molto sulle attività promozionali, dilazionando
i suoi investimenti in pubblicità sulla stampa, televisione, affissioni di manifesti
murali, esposizione di materiale pubblicitario nei negozi affiliati, pubbliche
relazioni e anche sponsorizzazioni sportive come nella Formula Uno, nella
pallavolo, nel rugby e nel basket (Nardin, 1987).
Ha aumentato gli investimenti in pubblicità, con l’idea di trasmettere a tutto il
mondo un’immagine colorata e globale dell’azienda e l’espansione delle vendite
all’estero è stata giocata in buona parte sul richiamo alla moda e allo stile italiano
contenuto nel marchio Benetton (Benetton e Lee, 1990).
Fino al 1983 la comunicazione delle campagne pubblicitarie dell’azienda ha
seguito degli standard classici, sotto la supervisione di Carlo Mazzaro: ragazzi e
ragazze indossavano gli abiti dell’azienda, gli ultimi modelli per un target di
riferimento giovanile. Tutti i soggetti apparivano contestualizzati, sullo sfondo
erano presenti paesaggi e ambientazioni facilmente riconoscibili, come la Torre di
Pisa, giardini, parchi e spiagge (Salvemini, 2002).
Questa prima fase della comunicazione Benetton non presentava alcuna
originalità e non si distaccava dal mainstream pubblicitario dell’epoca, ma, allo
stesso tempo, metteva in gioco due problematiche importanti, riprese nelle fasi
successive: la nozione di omogeneità e di molteplicità (Semprini, 2007). Spesso,
infatti, le campagne presentate radunavano tre o quattro persone di età giovanile e
le immagini trasmettevano messaggi apparentemente contradditori: giovani unici
ma allo stesso tempo uguali agli altri, resi diversi, e allo stesso tempo uguali, dagli
abiti indossati. L’individualismo era rappresentato assieme al conformismo del
gruppo di appartenenza. Tutte nozioni che Oliviero Toscani accentuerà durante la
sua collaborazione con l’azienda (Salvemini, 2002).
2.3 L’incontro con Oliviero Toscani
Dal 1983 il lavoro creativo dell’azienda è stato affidato all’agenzia parigina
Eldorado, per la quale lavoravano i fotografi Bruno Sutter e Oliviero Toscani, ma
solo alla fine del decennio quest’ultimo è stato assunto direttamente dall’azienda,
con la rottura del contratto con l’agenzia (Favero, 2005).
L’incontro tra Toscani e Luciano Benetton è avvenuto nel 1983 (Benetton e
Lee, 1990).
¨ stato lo stesso Oliviero Toscani a suggerire uno stile di vita, e non solo di
abbigliamento, attraverso campagne che rappresentavano modelli giovanili, razze
diverse e vestiti di tutti i colori.
Come racconta lo stesso Luciano Benetton (1990), Toscani si chiedeva come
mai un’azienda come la Benetton non possedesse un’immagine ufficiale capace di
fissarsi nella fantasia del pubblico. «L’errore che sta facendo la Benetton […] è
quello di muoversi come se fosse solo un’azienda che produce abbigliamento. Il
messaggio che dovrebbe diffondere, invece, è quello di un modo di essere, non
quello del produttore di vestiario casual» (p.184).
Lo scopo della comunicazione pubblicitaria divenne quello di promuovere
l’immagine dell’azienda, l’idea di un look colorato e multietnico, un nuovo status
aziendale che potesse accompagnare la sua forte espansione.
2.4 Il sodalizio Benetton - Toscani
2.4.1 I colori del mondo
Il primo ciclo di campagne ideate da Oliviero Toscani è uscito nella primavera
- estate del 1984.
Toscani ha scelto come mezzi di diffusione dei propri messaggi pubblicitari la
stampa e l’affissione dei manifesti, una decisione poco comune all’epoca per una
compagnia di abbigliamento (Barela, 2003). Infatti, l’abilità della Benetton è stata
quella di saper sfruttare una modalità di attività promozionale, quella appunto
basata sulle affissioni di manifesti, in quegli anni abbandonata da molte aziende a
favore di canali come la stampa e la televisione. Oltre ad aver sfruttato la
situazione di relativo abbandono, i vantaggi tratti dall’utilizzo del mezzo
cartellonistico sono stati in termini economici. La scelta, infatti, è ricaduta su
questo mezzo sia per i costi di esposizione contenuti, sia per la possibilità di
attivarlo in breve tempo, in concomitanza di eventi e località che determinano
grosse concentrazioni di pubblico (Nardin, 1987).
Nelle campagne pubblicitarie sono rimasti i riferimenti alla giovinezza,
all’allegria, al gruppo e al colore. Collegando i colori degli abiti ai diversi colori
dei consumatori diffusi in tutto il mondo, Oliviero Toscani ha utilizzato temi
come l’armonia razziale e la pace nel mondo (Giroux, 1994).
Come ricorda lo stesso Luciano Benetton (1990), «Nello studio di Oliviero
Toscani, in un tripudio di risate e colori […] una quarantina di giovani
fotomodelli di tutte le razze e nazionalità si stava vestendo con indumenti
Benetton. Le loro età variavano dai quattro mesi ai quattordici anni e venivano da
Francia, Svezia, Costa d’Avorio, Giappone, Perø, Irlanda, e altri paesi sparsi in
ogni angolo del mondo. […] Da Toscani e dai ragazzini […] nacque l’immagine
della Benetton» (p.180-181).
La foto sottostante è un’immagine esemplificativa delle campagne in questo
primo periodo (Figura 2).
Figura 2 - Immagine tratta dalla campagna del 1984
In questa campagna è stata introdotta una scelta artistica che rimarrà costante
nella storia comunicativa dell’azienda: la decontestualizzazione dei soggetti.
I ragazzi venivano fotografati davanti uno sfondo bianco, neutro. Tale scelta
artistica è giustificata da Toscani con una doppia motivazione (Vallone, 2002):
- Mette in risalto i colori, gli abiti colorati indossati dai testimonial;
- cancella ogni tentativo, usato di consueto nelle comunicazioni
pubblicitarie, di rendere piø realistico il contenuto rappresentato.
Gli abiti erano i veri protagonisti della scena e allo stesso tempo gli
avvenimenti mostrati da Toscani erano irrealistici, utopici, decontestualizzati
perchØ distanti dal mondo reale (Salvemini, 2002).
Il ricorso a varie tipologie razziali riprendeva anche l’idea d’internazionalità
perseguita dall’azienda, ribadita in maniera esplicita dall’aggiunta della scritta
“All the colors of the world” (Salvemini, 2002).
Il pay off permetteva tre livelli di lettura (Vallone 2002):
- riassumeva l’eterna identificazione con il colore;
- suggeriva il ruolo di azienda internazionale i cui prodotti tendono
sempre piø a rivolgersi a gente di razze e culture diverse;
- riprendeva il tema della democrazia e dell’uguaglianza, presente fin
dalle origini dell’azienda.
Dal 1989 la scritta “United Colors of Benetton” stampata in bianco all’interno
di un rettangolo verde ha sostituito il fiocco di lana stilizzato come logo
dell’azienda e ha segnato la prima declinazione dell’immagine Benetton (Figura
3).
Figura 3 - Logo aziendale dal 1989
Luciano Benetton e Oliviero Toscani decisero che la pubblicità dell’azienda
doveva essere diversa dalle altre pubblicità: doveva promuovere uno stile di vita
piuttosto che un marchio d’abbigliamento (Ganesan, 2002). Attorno ai “colori
uniti” si è concentrato il messaggio della Benetton, il concept di tutte le campagne
pubblicitarie: ragazzi e ragazze che esprimono dinamismo, integrazione, evocando
un universo astratto dove regnano i sentimenti e le relazioni (Benetton e Lee,
1990).
¨ scomparso il prodotto e l’unico riferimento rimasto è il logo aziendale.
Questa scelta è in linea con l’idea dell’azienda che i prodotti non devono essere
valutati unicamente in termini di prestazione offerta, per le loro caratteristiche
“fisiche”, ma soprattutto in termini di contenuti immateriali. Non viene proposto il
“prodotto Benetton” ma lo “stile di vita Benetton” (Nardin, 1987; Sabbadin,
1997).
In tutti i paesi è stata utilizzata la stessa campagna, sia per ridurre i costi elevati
che sarebbero stati necessari in caso di campagne specifiche per ogni nazione
(Barela, 2003), sia per creare un’immagine internazionale omogenea, trattando
temi e valori di carattere universale (Lojacono e Tessarolo, 1999).
La Benetton è diventata portavoce di valori sociali, con lo scopo di colpire
l’anima delle persone, di creare una discussione su argomenti attuali e universali e
di diffondere la consapevolezza dell’uguaglianza degli esseri umani (Barela,
2003).
Dal 1985 è possibile distinguere tre diverse fasi per quanto riguarda la
costruzione del valore della marca (Benetton e Lee, 1990):
• Il ciclo della differenza
• Il ciclo della realtà
• Il ciclo del diritto di parola e della legittimità a esercitarlo.
2.4.2 Il ciclo della differenza: il mondo in bianco e nero
Dal 1985, fino al 1987, la decontestualizzazione dei soggetti è stata bilanciata
dall’introduzione di bandiere, tratti somatici e accessori folkloristici aggiunti al
vestiario, che caratterizzano i soggetti per tipologia nazionale, indicando i diversi
ceppi etnici di appartenenza. Questa tipologia d’immagini ha inaugurato quello
che viene chiamato “il ciclo della differenza”, caratterizzato dall’incontro-scontro
degli opposti (Salvemini, 2002).
Un aspetto innovativo delle campagne pubblicitarie è l’introduzione
dell’ambiguità del messaggio per la cui decodifica il cliente è lasciato a se stesso,
senza l’ausilio di uno slogan che funga da guida nel definire la posizione
dell’azienda in proposito (Ibidem).
Una dopo l’altra si sono succedute gigantografie variopinte: un bambino nero
sovietico perplesso al bacio offerto da un suo simile nero americano (Figura 4); un
arabo e un ebreo abbracciati (Figura 5); il viso di una misteriosa indiana affiancato
a quello di una ragazza americana, ricoperto di efelidi.
Figura 4 - Immagine tratta dalla campagna primavera – estate 1985
Figura 5 - Immagine tratta dalla campagna autunno - inverno 1986
Nelle sue immagini Toscani ha giocato molto sul contrasto bianco-nero, capace
di riassumere universalmente “la differenza”. Allo stesso tempo i due colori
rappresentano un’ulteriore opposizione: il bene e il male (Vallone, 2002),
contrapposizione resa esplicita in una delle immagini che ritrae un angioletto
biondo e un diavoletto nero abbracciati (Figura 6).
Figura 6 - Immagine tratta dalla campagna autunno – inverno 1991
Nelle comunicazioni del periodo Toscani non ha utilizzato come soggetti le
modelle bellissime cui il pubblico è abituato e spesso ha preferito rinunciare
totalmente alla rappresentazione dell’essere umano, utilizzando animali o semplici
parti anatomiche come le mani (Salvemini, 2002).
Il valore dell’uguaglianza è ravvisabile anche nelle immagini raffiguranti un
lupo bianco e una pecora nera naso a naso (Figura 7), un bambino nero che dorme
tra degli orsetti di peluche bianchi, una piccola mano nera sovrapposta a una mano
bianca di un adulto (Figura 8) e altre immagini raffiguranti il contrasto bianco-
nero.
Figura 7 - Immagine tratta dalla campagna autunno – inverno 1990
Figura 8 - Immagine tratta dalla campagna primavera - estate 1990
In altre immagini ha optato per figure maschili, come vogatori, minatori
bianchi con la pelle nera per via del carbone, fornai neri con la pelle bianca per via
della farina, ecc.
Una donna e un neonato sono i protagonisti di un’immagine presente nella
campagna autunno - inverno del 1989, che ha suscitato molte critiche (Figura 9).
La figura è impostata sul contrasto fra il seno turgido della donna e la carne
candida del neonato che sta allattando, integrato, a livello cromatico, dal verde