5
prima affidati all’accordo delle parti od a norme extrastatuali”
1
; in altre
parole si sta verificando una sovrapposizione di leggi a danno di quelle
regole che si formarono all’interno degli ambiti del vivere civile,
dimostrando ancora una volta che “[…] fabbricare leggi è diventato
come un servizio pubblico, […], la più instancabile delle attività rese
dallo Stato al cittadino […]
2
.
Un atteggiamento di tal genere non sottrae spazio solo agli ambiti
sociali, una volta affidati al libero potere degli individui, ma sta
svuotando di significato, e questo soprattutto a causa di leggi speciali che
sopprimono o ridefiniscono una data materia, lo stesso Codice Civile,
che è passato dall’essere il regolatore generale dei fatti privati all’esserne
oggi il regolatore residuale
3
.
Questo ha portato a creare tanti “mostri”, che hanno come
rappresentante la “statualità del diritto”, regolarmente affamati, che si
soddisfano divorando pezzi di privata autonomia.
Ma ciò non è più tollerato in società industrializzate ed
internazionalizzate come le nostre, in cui ormai si viaggia a ritmi
elevatissimi, dove le norme subiscono una veloce obsolescenza, cui è
………..
____________________________
1 Natalino Irti, L’età della decodificazione, 1979, Milano: Giuffrè Editore, p. 22.
2 Filippo Vassalli, Studi giuridici, Volume III, Tomo II, 1960, Milano: Giuffrè Editore, p. 740.
3 Natalino Irti, op. cit., pp. 22 e ss.
6
contrapposta la lentezza del “mostro” statale, che non riesce più a star
dietro ai continui mutamenti che avvengono nelle diverse sfere sociali.
Lo Stato “per voler regolare tutto, non regolerebbe più quasi nulla
[…]”
4
.
Per questi motivi gli individui vogliono riappropriarsi di una parte
di quel libero agire, sempre all’interno della sfera giuridica
dell’ordinamento statale, che una volta era intrinseco ai propri
comportamenti, ed ora è solo una concessione, fatta sotto varie forme,
dal diritto; essi vogliono far cessare il predominio dello Stato nella
produzione normativa, mirando a creare autonomamente i presupposti
per regolare i propri interessi e soddisfare i propri bisogni, dato che
autonomia è sinonimo di dinamicità e capacità di far fronte velocemente
alle nuove situazioni e alle nuove esigenze private e collettive.
Questo processo di sgretolamento della supremazia statale è già in
atto e non avviene solo per opera dei soggetti che fanno parte dello Stato,
ma anche per la continua e sempre maggiore legiferazione di organismi
sovranazionali, quali sono le unioni politiche ed economiche fra gli Stati.
____________________________
4 Nicolò Lipari, La formazione negoziale del diritto, in Rivista di Diritto Civile, 1987, Parte I, p. 312.
44
CAPITOLO II
IL FENOMENO AUTODISCIPLINARE
2.1 L’AUTODISCIPLINA
“Autodisciplina”, “autoregolamentazione”, “autodeterminazione”,
sono espressioni oggi molto usate, che rappresentano obiettivi ambiti da
molti soggetti che operano nei diversi settori che formano quella mega
organizzazione che è il mercato economico-finanziario mondiale.
L’autodisciplinarsi è un fenomeno piuttosto moderno, strettamente
legato all’odierna tendenza alla deregulation, dettata dalla necessità di
regolare determinati ambiti di attività o di prevenire possibili contrasti o
disaccordi attraverso una raccolta di norme, né emanate né imposte da
soggetti o enti sovrapposti, ma, derivanti dalla libera volontà di un
insieme di individui, che attraverso una comune organizzazione vogliono
raggiungere un determinato scopo.
Ed è proprio il perseguimento di questo scopo comune che
caratterizza l’autodisciplina, che, infatti, “[…] si configura tipicamente
come un sistema nel quale rileva, accanto agli interessi individuali dei
singoli aderenti, un loro interesse collettivo all’osservanza delle regole
45
poste, e nel quale questo interesse collettivo è stato istituzionalizzato
[…]”
1
.
Questa deregolamentazione si è resa necessaria per i continui ed
asfissianti interventi pubblici, che, spesso, invece di raggiungere gli
obiettivi fortemente voluti (come: assicurare e difendere l’equilibrio e la
solidità degli operatori, garantire la trasparenza dei mercati,
salvaguardare i contraenti più deboli), risultano essere addirittura deleteri
per questi stessi aspetti che si intendevano disciplinare
2
, nonché
limitativi per la libertà d’impresa.
Quindi, l’autodisciplina può essere definita come quell’insieme di
“[…] regole di comportamento finalizzate al perseguimento di uno scopo
comune, consistente nella regolamentazione di una specifica attività
economica o dei rapporti intercorrenti tra operatori economici di un
settore ed i loro clienti e/o concorrenti”
3
.
Gli operatori danno vita al fenomeno autodisciplinare per diverse
ragioni ed in base a diversi stimoli.
Innanzi tutto, e questo si verifica nella maggior parte dei casi,
………….
____________________________
1 Giorgio Floridia, Autodisciplina e funzione arbitrale, in Rivista di diritto industriale, 1991, Parte I,
p. 7.
2 Francesco Bochicchio, Forme di autodisciplina degli operatori economici. L’economia tra
sovranità statale ed autonomia privata, in Politica del diritto, giugno 1996, n° 2, p. 291.
3 Silvia Stabile (a), La composizione delle controversie. Il Tavolo di Lavoro sulla Autodisciplina.
Eticità e giuridicità di un metodo per regolare il mercato e prevenire le dispute prima di arrivare allo
loro risoluzione, in Impresa e Società n. 40, settembre 1997, sul sito internet HTTP://IMPRESA-
STATO.MI.CAMCOM.IT/.
CAPITOLO III
ETICA E CODICI ETICI
3.1 LA MANCANZA DI MORALITA’ NEI RAPPORTI
ECONOMICI
Un problema molto sentito all’interno del quadro economico-
sociale in cui si tengono i rapporti economici è lo scarso rispetto delle
leggi statali e delle regole sociali, che crea una situazione difficile e
complessa dal punto di vista della correttezza, dell’onestà, della lealtà e
dell’equità dei comportamenti degli operatori economici in particolare,
nonché di tutti coloro i quali, a vario titolo, hanno a che fare con essi.
Forse perché questi comportamenti sono basati esclusivamente
sull’interesse personale dei singoli individui, che così facendo ottengono
i risultati sperati ma vanno a pregiudicare le condizioni economiche, e
non solo, degli altri, danneggiando i delicati equilibri presenti all’interno
della società
1
.
Quest’interesse particolare ha fatto si che si siano potuti ideare e
consumare quei gravi episodi di corruttela e di commistione tra
………………………
____________________________
1 Alberto Niccoli, Economia, etica, società politica, 1990, Roma: La Nuova Italia Scientifica, p. 9.
81
economia e politica, venuti alla luce solo negli ultimi anni, ma dei quali
da sempre si sospettava o ancor peggio si conosceva l’esistenza.
Tutto ciò è potuto avvenire perché si è messo e si mette in pratica
con successo il conseguimento del profitto ad ogni costo, la sua
massimizzazione prima di tutto, e allo stesso tempo si sono collocati su
un piano diverso e distante quegli elementi di eticità che dovrebbero
essere alla base di qualsiasi sistema economico che sia giusto ed equo.
L’esasperazione dello scopo di lucro, che insieme alla proprietà
privata dei mezzi di produzione e alla libertà di mercato e di concorrenza
rappresenta uno dei capisaldi del sistema capitalistico, ha provocato la
crisi di questo stesso sistema.
Una crisi non tanto economica, quanto principalmente morale.
Sono entrati in crisi i meccanismi in base ai quali si crea il profitto,
o meglio, non sono più riconosciuti e accettati i principi su cui essi si
fondano.
A farne le spese sono in primo luogo le imprese, le cui attività sono
viste dai più come il luogo ideale e principale in cui si ottengono risultati
che si rivelano essere il frutto di accordi poco chiari e non rispettosi delle
norme giuridiche.
Ciò succede perché le imprese sono i principali mezzi con cui è
possibile programmare ed ottenere profitti, i quali, essendo sotto accusa
118
3.4.2 I CODICI ETICI AZIENDALI
Come si è potuto notare, parlando dei codici etici, il ragionamento
finisce per cadere sempre sull’impresa.
Ciò, perché essa è la principale organizzazione che, attraverso
l’autodisciplina, adotta e utilizza questo preziosissimo strumento di
gestione.
Per l’impresa il codice di comportamento è uno dei modi tramite
cui è possibile istituzionalizzare l’etica.
Anzi esso è “il principale strumento di implementazione dell’etica
nel contesto dell’impresa”
58
.
Spesso, però, quando si parla di codici etici si generalizza
includendo nel discorso anche altri documenti strettamente legati ad essi,
ma da cui si differenziano per il minor livello di “complessità” e di
“completezza”
59
.
Ordinando questi documenti in base a livelli crescenti delle variabili
appena citate avremo, sul gradino più basso la mission, su quello centrale
il credo e su quello più alto il codice etico propriamente detto.
____________________________
58 Lorenzo Sacconi, Il ruolo dei codici etici di impresa e della pubblica amministrazione di fronte
alla corruzione, in I codici di autoregolamentazione etica delle imprese, vol. III de L’impresa motore
dello sviluppo. Studi dei percorsi evolutivi del sistema produttivo, 1994 Roma: SIPI, p. 39.
59 Stefania Bertolini, op. cit., p. 15; Umberto Lago, 1995, op. cit., p. 18.
119
Classificazione che rispecchia anche lo sviluppo che nel corso degli
anni questi documenti hanno avuto.
Infatti, il primo a comparire in massa nel mondo aziendale è stato
quel documento che oggi chiamiamo mission (o filosofia aziendale), il
quale in modo conciso esprime la specifica missione produttiva e i valori
morali in cui l’azienda crede ed in base ai quali opera.
La mission rappresenta il “manifesto” dell’azienda proprio per la
sua caratteristica di essere stringato e quindi di immediata lettura
60
.
Ma, proprio per questa genericità nell’esprimere i principi non
permette di essere utilizzato come strumento operativo.
Meno generico della mission è il credo aziendale, che, insieme agli
obiettivi economici e ai valori etici, specifica i doveri che l’azienda ha
nei confronti dei soggetti con cui ha contatti, cioè stabilisce i principi che
stanno a fondamento dei rapporti tra l’azienda e gli stakeolders
61
.
Il credo rispetto alla mission elenca una serie di circostanze reali
che quotidianamente è possibile costatare nella normale gestione
economica dell’impresa, ma con un livello di specificità piuttosto basso
per far si che esso divenga concretamente uno strumento capace di
indirizzare l’attività svolta dall’organico aziendale.
Un livello elevato di specificità lo troviamo, invece, nel codice etico
…………….
____________________________
60 Stefania Bertolini, op. cit., p. 15.
61 Stefania Bertolini, op. cit., p. 15.
CAPITOLO IV
FORME DI AUTODISCIPLINA DEL MERCATO
FINANZIARIO
4.1 IL MERCATO FINANZIARIO TRA NORMAZIONE
STATALE E AUTODISCIPLINA
Il settore delle attività finanziarie in tutti i Paesi ha avuto e avrà
grande importanza, perché su di esso trova fondamento il sistema
economico generale.
In questo ramo economico non avviene altro che uno smistamento
di capitali, che si basa sul processo che porta soggetti che hanno
momentaneamente un surplus finanziario a cederlo, sotto forma di
risparmio, ad organismi preposti a riceverlo, e sulla sua successiva
concessione, sotto forma di capitali di finanziamento, a soggetti che
momentaneamente ne hanno bisogno.
È stato detto nel precedente capitolo come le imprese siano il
motore di tutta l’economia, aggiungerei adesso che il motore delle
imprese è il risparmio praticato dai cittadini, grazie al quale è possibile
ottenere i mezzi economici attraverso cui nascere, mantenersi e
svilupparsi.
146
Parlando del settore delle attività finanziarie, quindi, mi riferisco
alla domanda ed all’offerta di capitali che danno vita al cosiddetto
mercato dei capitali, il quale può essere distinto in diversi settori, come
risulta dalla figura 4.1, e su cui operano diversi intermediari (banche,
società di intermediazione mobiliare, agenti di cambio, società
fiduciarie).
Il mercato dei capitali, quindi, è il punto nevralgico di tutta
l’economia, ed è formato da una serie di strumenti con cui bisogna avere
molta dimestichezza per non incorrere in cattivi investimenti, che alla
lunga, specie se attuati dalla gran massa dei risparmiatori, potrebbero
sfociare in gravi crisi non facilmente risolvibili.
Questo è uno dei motivi che ha spinto diversi Governi a voler tutelare
con leggi mirate e restrittive il funzionamento del mercato, ma
soprattutto i contraenti più deboli.
Questi ultimi in definitiva sono i piccoli risparmiatori, cioè, la
maggior parte delle famiglie (che poco conosce il funzionamento e le
regole del mercato), il cui risparmio totale supera di gran lunga quello
dei grandi risparmiatori (che invece il funzionamento del mercato lo
conoscono molto bene, tanto da compiere nella maggior parte dei casi
operazioni al solo scopo speculativo).
182
5.2 IL CODICE DI COMPORTAMENTO DEL SETTORE
BANCARIO E FINANZIARIO
2
L’Associazione Bancaria Italiana con l’adozione del Codice di
comportamento del settore bancario e finanziario non ha fatto altro che
completare quel processo di sviluppo di un sistema di qualità per il
settore bancario, che era iniziato con la redazione del documento “linee
guida per lo sviluppo ed adozione di un sistema di qualità per il sistema
bancario secondo la ISO 9004/2”.
Infatti, la normativa ISO 9004/2 oltre a contenere dei principi che
spingono le imprese a creare un sistema comportamentale che sia diretto
al più elevato livello di soddisfazione del cliente, fa costantemente
menzione “alle norme etiche e ai codici di comportamento di settore”.
Proprio questo ha spinto l’ABI ha creare il suddetto codice di
comportamento, “volto a sensibilizzare gli intermediari alla qualità dei
prodotti e dei servizi, facilitando la comunicazione e migliorando la
trasparenza nella relazione con la collettività”.
Con il Codice, come vedremo, pur partendo da specifiche
disposizioni legislative, si è voluto dare una regolamentazione a quelle
condotte che restano libere, nel senso che non sono previste da nessun
…………………..
____________________________
2 L’intero paragrafo è basato sulla Circolare ABI del 22/01/1996, la quale è riportata in allegato.
183
testo di legge, oppure lo sono, ma solo attraverso l’inserimento di linee e
principi generali.
Il Codice, che è a adesione volontaria e che, pertanto, può essere
sottoscritto dalle banche e dagli altri intermediari finanziari iscritti
all’ABI o appartenenti ad un gruppo bancario iscritto all’ABI,
strutturalmente è suddiviso in cinque parti:
1) i principi generali;
2) la normativa di riferimento;
3) la relazione con il cliente;
4) l’attività dell’aderente;
5) il reclamo del cliente.
Prima di entrare nel merito delle cinque parti è necessario
puntualizzare a chi esso si rivolge, ebbene nella sezione delle definizioni,
che precede le disposizioni vere e proprie, viene data la seguente
definizione di cliente: “l’utilizzatore di un prodotto o servizio, con
l’esclusione delle banche e degli altri intermediari finanziari”.
Quindi, in base a ciò il Codice è indirizzato non solo a tutti i singoli
privati, ma anche a tutte le imprese, basta che non abbiano ad oggetto lo
svolgimento di attività bancaria o di intermediazione finanziaria.