4
1 INTRODUZIONE
L' Associazione Memoria della Benedicta era da qualche tempo venuta in possesso di
alcune pellicole risalenti al secondo dopoguerra, girate da un abitante dell'alessandrino,
il signor Giuseppe Cavo Visconte. Alla morte di questi, il materiale era stato ereditato
dai figli, i quali con scarsa cura l' avevano abbandonato all'umidità e al tempo.
Fortunatamente salvate dall'Associazione, le pellicole furono tradotte nella sede della
stessa, presso il Palazzo della Provincia di Alessandria, in attesa che qualcuno ne
studiasse meglio il contenuto. Fu allora che il prof. Lodato, essendo in contatto con
queste persone, si interessò alla cosa e, dopo averla proposta invano ad altri, suggerì
anche a me il progetto.
In parte motivata dalle poche idee in merito all'argomento per la tesi di laurea, in parte
incuriosita da un avvenimento che non conoscevo e da strumenti di studio, per me così
affascinanti, quali le pellicole, accolsi l' invito quasi senza pensarci. Mi recai quindi ad
Alessandria presso il Palazzo della Provincia, dove il prof. Lodato mi presentò al
Presidente dell'Associazione Andrea Foco e a don Gian Pietro Armano, suo
collaboratore, e con loro mi misi in contatto per ricevere il materiale e le informazioni
su di esso.
La prima fase del lavoro assegnatomi prevedeva una catalogazione il più possibile
puntuale di tutti gli oggetti, dalla quale recuperare i documenti e le notizie riguardanti la
strage di partigiani, avvenuta alla cascina Benedicta nell'aprile 1944. Iniziarono così le
trasferte ad Alessandria, alternando la scorrevole descrizione di oggetti come la
macchina da presa usata dal signor Cavo, alla più problematica schedatura delle
5
pellicole. Dopo averle srotolate con tanta pazienza per un primo periodo, per via della
mancanza di macchinari appositi, venni a sapere della spiccata passione cinematografica
di un amico, e della fornita strumentazione in suo possesso. La sua disponibilità ha
permesso, tramite proiettori professionali, la visione di alcuni dei rulli, dai quali sono
emerse le immagini dei partigiani insediati sulle montagne dell'Appennino ligure-
piemontese, durante l' inverno 1943-1944.
A questo punto si passò alla seconda fase dello studio: partendo da questo patrimonio e
dalle fonti ricevute, è stata ricostruita la cronaca del terribile eccidio, passando per le
testimonianze, le iniziative promosse, ed i luoghi che furono scenario di un triste
capitolo della storia del nostro Paese.
Il lavoro che ne scaturisce mostra alcune diverse modalità di valorizzazione della
memoria di quegli avvenimenti: la storia della strage (capitolo 2) è arricchita dalle
testimonianze degli stessi partigiani che ne furono protagonisti, le cui intense e sentite
parole credo valgano più di ogni altra forma di ricordo.
Il Sacrario dei Martiri della Benedicta (capitolo 3) rappresenta anch'essa un'inevitabile
tipologia di commemorazione, ed invito chiunque a visitarlo: solo ammirando la
bellezza del paesaggio in cui sorge, nasce spontanea la riflessione sul dolore che è ora e
per sempre impresso in quei luoghi.
Non poteva mancare una seppur breve presentazione dell'Associazione Memoria della
Benedicta, la quale con grande volontà si occupa del recupero e della conservazione
della zona, allo scopo di mantenere vivo il ricordo anche nelle prossime generazioni
(capitolo 4).
6
L'inventario del fondo, riportato nel capitolo 5, limitatamente alle pellicole riguardanti
l'argomento di nostro interesse, si propone d'essere uno sguardo inedito sulla tragedia; la
dinamicità ed il coinvolgimento propri del documentario cinematografico non possono
che suscitare ancor più intense emozioni, aiutando anche il giovane pubblico a rendersi
consapevole di ciò che è accaduto non molto distante da casa.
Nel capitolo 6, invece, si vuole sottolineare l'importanza commemorativa di due diversi
racconti: l'uno nato sulle montagne per mano dei partigiani, poco prima del
rastrellamento; l'altro, un progetto futuro creato da chi non è stato reale protagonista
della vicenda.
Infine, ho ritenuto necessario riportare l'elenco, purtroppo ancora approssimativo, delle
vittime della disgrazia, con l' intento di offrire una seppur esile forma di rispetto e onore
al sacrificio di questi patrioti, la cui età (e rabbrividisco al sol pensiero) in rari casi
superava quella della sottoscritta.
Prima di proseguire nella trattazione, invito alla consultazione, nel corso della lettura,
della cartina topografica in figura 1.1, al fine di comprendere meglio i fatti descritti.
La Benedicta (760 m slm)
appartiene amministrativamente al Comune di Bosio (AL).
È situata nel Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo.
7
Figura 1.1: mappa del territorio dove si svolsero gli avvenimenti
8
2 CRONISTORIA DELLA STRAGE DELLA BENEDICTA
2.1 LA FORMAZIONE DEI NUCLEI PARTIGIANI
Subito dopo l‟8 settembre 1943, giorno in cui venne pubblicamente reso noto
l‟Armistizio di Cassibile
1
, gli esponenti dell‟antifascismo genovese, considerati tra i più
attivi della Resistenza, avevano individuato nell‟Appennino ligure-alessandrino una
base per i GAP (Gruppi di Azione Patriottica)
2
da addestrare alla guerriglia urbana.
La scarsità di strade interne e l‟abbondanza boschiva sembrava infatti offrire una certa
sicurezza; tuttavia si resero presto conto dell‟altrettanta vulnerabilità della zona nel caso
di una manovra d‟accerchiamento.
Fu così deciso il trasferimento delle bande, una volta trascorso il periodo di
preparazione, a ovest verso l‟Acquese e ad est in Val Curone.
Nel frattempo, due nuclei di “ribelli” si erano aggregati spontaneamente: uno era
composto da nove prigionieri di guerra, evasi dal campo dei Giovi, e da tre militari
italiani; l‟altro comprendeva otto russi, uno jugoslavo e due italiani, Tommaso Merlo
(Puny
3
) di Voltaggio e Giuseppe Merlo di Bosio.
1 L‟Armistizio di Cassibile fu, in realtà, siglato segretamente il 3 settembre 1943 dal generale Giuseppe
Castellano, a nome del maresciallo Pietro Badoglio, e dal futuro direttore della CIA Walter Bedell
Smith, a nome del generale Dwight David Eisenhower; con esso, si dichiarava che il Regno d‟Italia
avrebbe cessato le ostilità contro le forze alleate britanniche e statunitensi.
2 I GAP (Gruppi di Azione Patriottica) erano nuclei partigiani clandestini formatisi nelle città, i cui
elementi svolgevano essenzialmente azioni di sabotaggio e di guerriglia, nonché di propaganda
politica.
3 I nomi scritti con carattere corsivo indicano, qui come negli altri capitoli della trattazione, i
soprannomi che venivano usati dai partigiani per non farsi riconoscere dalle forze nemiche.
9
Sul finire di settembre si unirono al primo gruppo anche due studenti comunisti
genovesi, Walter Fillak (Gennaio, poi Martin) e Giacomo Buranello, appartenenti al
PCI (Partito Comunista Italiano) della Liguria, ed incaricati dallo stesso partito di
assumere il controllo politico e militare della banda. Più problematici risultarono,
invece, i contatti con la seconda formazione, autodefinitasi “Banda di Voltaggio”, a
causa della dichiarata refrattarietà del gruppo a qualunque tentativo di inquadramento
politico. Solo un mese più tardi, infatti, la banda ebbe il suo primo commissario, il
militante comunista G.B. Canepa (Marzo), unitosi al gruppo insieme ad altri sei
genovesi.
Nel corso del novembre 1943, i CLN (Comitati di Liberazione Nazionale)
4
di Acqui,
Ovada e Novi approvarono il piano dei liguri, e si impegnarono ad inviare viveri,
denaro e uomini; in questa prima fase, però, i giovani, che avevano rifiutato di arruolarsi
nell'esercito della RSI (Repubblica Sociale Italiana), non sembravano particolarmente
preoccupati. I paesi della Valle Stura e della Valle Orba parevano, infatti, offrire ancora
un margine di sicurezza ai renitenti:
“Per un certo periodo, sono stato sempre nascosto, un po‟ qua un po‟ là… Eh, andavo
dalle famiglie, andavo da mia nonna, che era in una cascina, son stato lì tutto settembre
e ottobre… […] Poi quando hanno messo fuori il bando che chi non si presentava
bruciavano le case, ammazzavano tutti, allora siamo venuti giù a Serravalle… Eravamo
in sette o otto, abbiam fatto foglio per andare al distretto, poi dal distretto a Tortona.
4 Il movimento partigiano, dapprima raggruppato in bande autonome, fu successivamente organizzato
dal CLN (Comitato di Liberazione Nazionale), guidato dal generale Raffaele Cadorna, diviso in
CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia), con sede nella Milano occupata, e in CLNC
(Comitato di Liberazione Nazionale Centrale).
10
[…] Ho dato il mio nome e ho firmato io, ero capo drappello di quei sette lì.
All‟indomani mattina [invece] siamo andati in montagna, siamo andati qua alla
Benedicta… “Che cosa andiamo a fare al distretto? Quelli che sono sotto le armi
scappano a casa, noi dobbiamo andare là?”
Mia mamma mi diceva: “Mah? Farai bene o farai male?”. Dico: “Ma gli altri vengono
a casa, e io devo andare a presentarmi?”. Erano momenti un po‟ critici… Non si
sapeva che pesci prendere a quei tempi là, no?” […] E allora siamo andati alla
Benedicta. […]
Avevo vent‟anni. Non avevo insomma [preparazione politica]… Piuttosto che andare a
finire con quella gentaglia di tedeschi o che, abbiam cercato di andare dove andavano i
più tanti, va! Di Serravalle eravamo più di venti. Alla Benedicta eravamo mezzi
sbandati, perché c‟era poco ancora: non c‟era armi, non c‟era niente!” (testimonianza
di Giuseppe Sericano)
5
Alla fine dell‟autunno un nuovo nucleo partigiano, formato da una decina di operai
liguri e comandato da Edmondo Tosi (Achille, poi Ettore), si aggiunse a quelli già
operanti; a Natale del 1943 si contavano in tutta la divisione circa ottanta uomini.
Benché l‟armamento fosse particolarmente inadeguato, questi primi gruppi riuscirono,
con piccole azioni intimidatorie, a destare non poche preoccupazioni tra i fascisti locali.
I carabinieri dell‟Ovadese introdussero, pertanto, un crescente numero di spie
all‟interno dei nuclei resistenziali, ed iniziarono le perlustrazioni delle vallate per
individuare le varie dislocazioni. Divenne allora necessario effettuare alcuni
5 Associazione Memoria della Benedicta, “Benedicta 1944 l'evento la memoria”, ed. Le Mani, Recco,
2008, p.11.
11
spostamenti: la “Banda di Voltaggio” lasciò l‟area del Monte Porale per inerpicarsi sul
Tobbio, ridiscendere poi verso Voltaggio e fermarsi alla cascina Cravara Superiore,
dove si sciolse. I genovesi si diressero ai Laghi della Lavagnina, mentre Merlo e il
Puny, insieme ai russi, formarono un nuovo nucleo che avrebbe composto la futura
Brigata Autonoma “Alessandria”. Il nucleo di Fillak raggiunse anch‟esso i Laghi
all‟inizio di gennaio, ricongiungendosi agli uomini di Tosi e alla frazione staccatasi
dalla ex “Banda di Voltaggio”. Venne così costituita la III Brigata Garibaldi “Liguria”:
comandante Edmondo Tosi, vicecomandante Franco Gonzatti (Leo) e commissario
politico Rino Mandoli (Sergio Boerio). La sede venne posta alla cascina Brignoleto, il
grosso della formazione viveva invece sparso nei casolari circostanti.
I bandi nazifascisti usciti nei primi mesi del 1944, in particolar modo il “Bando
Graziani” del 18 febbraio, con il quale la RSI chiamava alle armi le classi ‟23, ‟24 e ‟25,
spinse un crescente numero di giovani a salire in montagna, dilatando in poco tempo i
nuclei partigiani raccoltisi intorno al Monte Tobbio.
12
Figura 2.1.1: i nuovi elementi raggiungono le bande durante
l'inverno