III
PREMESSA
Nel mondo della scuola spesso gli avvenimenti vengono affrontati in modo schematico,
privilegiando i fatti piø importanti, le date, i personaggi principali e tralasciando
l'approfondimento di altri aspetti (sociali, culturali, ecc.). Questo probabilmente accade perchØ
nei pochi anni di studi e nelle poche ore settimanali a disposizione occorre prendere in esame
secoli di storia. Nel mio iter scolastico, la disciplina storica ha sempre suscitato in me un certo
interesse ma il periodo storico del fascismo, proprio per il fatto di essere stato trattato quasi
esclusivamente come concatenazione di date e avvenimenti, non rientrava tra i miei argomenti
preferiti.
Quando però all'Università mi sono trovata a preparare l'esame di Storia contemporanea mi
sono dovuta ricredere: i libri inseriti in programma trattavano, infatti, la materia non soltanto
dal punto di vista cronologico ma soprattutto da quello sociale, oserei dire umano. Ed è
proprio per tale motivo che mi sono scoperta interessata ad un periodo storico che prima
studiavo mal volentieri e da lì è nato il mio desiderio di sceglierlo come argomento della tesi,
trattandolo però anch'io soprattutto dal punto di vista sociale. In particolare, ho voluto
approfondire il consenso durante il fascismo e piø precisamente i mezzi di cui il regime si
servì per ottenere tale consenso.
La prima fase del mio lavoro è stata quella di contestualizzare in modo spazio-temporale la
mia ricerca e di elencare in modo conciso gli avvenimenti storici che hanno permesso e
accompagnato la presa al potere del fascismo. Sono passata in seguito ad esaminare, in modo
piø o meno dettagliato, i principali strumenti utilizzati dal regime per ottenere l'appoggio delle
masse e soprattutto per conservarlo, mantenendo la popolazione in un clima di totale
sottomissione e dedizione in ciò che fu definita "la religione fascista". L'analisi si concentra
sostanzialmente sulla figura di Mussolini perchØ fu lui il fulcro essenziale dell'etica fascista,
IV
fu lui che, con la sua tattica di frequenti mutevoli atteggiamenti, dando di volta in volta
soddisfazione a questa o a quella componente del suo movimento, riuscì bene o male a tenere
insieme quella coalizione di forze così disparate, convogliandola verso una comune
piattaforma. Mi sono avvalsa, oltre che dei testi, anche di alcuni siti internet, la maggior parte
dichiaratamente di parte ma che, proprio per questo motivo, contengono numerose fotografie
e documenti originali dell'epoca. Dall'emeroteca di Brera (Milano) ho potuto visionare
giornali del tempo. Infine, ho completato il lavoro corredandolo con particolari immagini e
fotografie, funzionali ad una migliore lettura del testo.
1. Il contesto storico: il fascismo
1
1. IL CONTESTO STORICO: IL FASCISMO
Il fascismo è un fenomeno politico moderno, nazionalista e rivoluzionario, antiliberale e antimarxista,
organizzato in un "partito milizia", con una concezione totalitaria della politica e dello Stato,
con una ideologia a fondamento mitico, virilistica e antiedonistica, sacralizzata come religione laica,
che afferma il primato assoluto della nazione, intesa come comunità organica etnicamente omogenea,
gerarchicamente organizzata in uno Stato corporativo, con una vocazione bellicosa alla politica di grandezza,
di potenza e di conquista, mirante alla creazione di un nuovo ordine e di una nuova civiltà.
1
Con il ritorno della pace nel 1918 si riaccesero in tutta Europa le tensioni all'interno della
società civile. La guerra era stata lunga, dura e aveva provocato moltissime sofferenze. Il
ritorno dei militari alla vita "civile" non avvenne senza problemi. Inoltre nel 1917, la
rivoluzione socialista aveva conquistato il potere in Russia: al suo esempio molti guardarono
con interesse poichØ sembrava una speranza per migliorare le condizioni di vita dei meno
abbienti.
In Italia il ritorno alla pace era reso piø difficile da numerosi problemi. Uno di questi era
costituito dal malcontento per l'esito dei trattati di pace, dai quali l'Italia non era stata favorita.
L'annessione del Trentino e di Trieste, prima in mano all'Austria, non bastava a giustificare
l'altissimo tributo di vite umane pagato nel corso della guerra: 600.000 morti, 1.200.000 feriti
e mutilati.
Molti nazionalisti ritenevano che l'Italia avesse diritto anche all'annessione di altri territori: in
particolare si rivendicavano la Dalmazia, la cui annessione era prevista dal patto di Londra
(26 aprile 1915) e Fiume, abitata da molti italiani. Il governo italiano non era in condizione di
imporre agli alleati la rivendicazione di questi territori: con gli alleati, infatti, l'Italia era
fortemente indebitata e da essi dipendeva la vita economica del paese. I nazionalisti, tra i quali
1
E. Gentile, Il fascismo in tre capitoli, Laterza, Roma-Bari 2004, p. VI.
La costruzione del consenso durante il fascismo
2
spiccava il poeta e scrittore Gabriele D'Annunzio, alimentarono quindi un'accesa campagna di
opinione, sostenendo che la vittoria dell'Italia era una "vittoria mutilata".
Nel settembre 1919 reparti militari ribelli guidati da D'Annunzio occuparono arbitrariamente
Fiume, che era rivendicata anche dalla Jugoslavia, proclamando l'annessione della città
all'Italia. L'impresa di Fiume dimostrò che lo Stato, diviso tra interventisti e non interventisti,
era troppo debole per imporre con chiarezza la propria linea.
Le difficoltà, tuttavia, non erano solo queste. Il Paese aveva gravi problemi sociali dovuti a:
- uno squilibrio economico fra Nord e Sud del Paese;
- una forte disoccupazione;
- condizioni di lavoro molto dure per i lavoratori;
- scarsità o inefficacia delle riforme sociali.
In Italia la crisi economica del primo dopoguerra era molto preoccupante: la moneta perdeva
sempre piø valore, le tasse aumentavano, i prezzi salivano sempre piø e i salari non stavano al
passo con l'aumento del costo della vita. Vi era poi la situazione degli ex combattenti che,
tornando dal fronte, avevano invano sperato che lo Stato offrisse loro un posto di lavoro. C'era
poi il problema di numerosi braccianti e contadini, ai quali era stata fatta la promessa, non
mantenuta, di distribuzione delle terre espropriate ai grandi proprietari terrieri. Infine, come
negli altri paesi d'Europa, la disoccupazione minacciava anche i lavoratori delle fabbriche:
infatti, la riconversione di molte industrie passate, a seguito della pace, dall'abbondante
produzione bellica ad una piø ridotta produzione civile aveva fatto diminuire le possibilità
d'impiego. Nel contempo, operai e braccianti esigevano una riduzione dell'orario di lavoro.
In questa difficile situazione venne anche a mancare quella che era stata per molti italiani
l'unica possibilità di sfuggire alla miseria: l'emigrazione. Infatti, gli Stati Uniti, paese in cui
negli anni precedenti alla Prima guerra mondiale moltissimi italiani si erano trasferiti in cerca
1. Il contesto storico: il fascismo
3
di lavoro, decisero di adottare provvedimenti fortemente restrittivi nei confronti
dell'immigrazione.
La classe dirigente liberale era inadeguata per la situazione di crisi che l'Italia stava vivendo.
Nel novembre 1919 vi furono le prime elezioni con il sistema proporzionale, secondo il quale
ogni partito aveva diritto ad un numero di deputati in proporzione ai voti riportati nelle
elezioni. Queste votazioni resero evidente la crisi dei liberali e attribuirono metà dei seggi
parlamentari a partiti di massa: il Partito socialista e il Partito popolare italiano. Quest'ultimo
era un partito cattolico sorto da pochi mesi, nel gennaio 1919, per iniziativa di un prete
siciliano, Luigi Sturzo, e che proponeva un preciso programma di riforme a favore delle classi
lavoratrici.
A seguito di questa situazione, tra il 1919 e il 1920, l'Italia fu investita da un'ondata di
agitazioni e scioperi che coinvolsero l'industria, l'agricoltura e i servizi pubblici. Il periodo fu
definito "biennio rosso" perchØ venne dominato dalla propaganda rivoluzionaria della sinistra.
La classe dirigente e i gruppi conservatori temevano un'imminente rivoluzione, che del resto
le organizzazioni di sinistra continuamente minacciavano, sostenendo di voler fare "come in
Russia".
E una svolta rivoluzionaria sembrò effettivamente possibile: i braccianti manifestarono tutto il
loro malessere con le occupazioni delle terre e con continui scioperi per ottenere un aumento
delle paghe. Nel frattempo, nelle città, gli operai costituivano consigli di fabbrica nella
speranza di ottenere salari migliori e una riduzione dell'orario di lavoro. Questi consigli
sembrarono per un momento ricordare i soviet russi, quei consigli operai e contadini che
erano dotati di un potere decisionale a livello politico. Di fronte all'ostilità degli industriali,
che risposero alle richieste con la serrata (chiusura su iniziativa padronale), gli operai
procedettero all'occupazione delle fabbriche. Tuttavia, se da un lato il movimento sociale in
atto poteva assomigliare a quello russo di poco prima della rivoluzione, dall'altro il Partito
La costruzione del consenso durante il fascismo
4
socialista e i dirigenti sindacali non furono in grado di portare avanti le richieste e
procedettero a un accordo con il governo, il quale concesse ben poco di ciò che inizialmente
aveva promesso. Così il biennio rosso, paradossalmente, finì col favorire un maggior
consenso ai partiti di destra.
Nel giugno 1920 ritornò alla guida del governo, dopo sette anni, un Giolitti ormai ottantenne.
Il suo programma era quello di restaurare l'ordine pubblico, di attuare una riforma economico-
sociale e di ristabilire il prestigio del Parlamento, i cui poteri erano stati da tempo
ridimensionati. Neppure il grande statista fu tuttavia in grado di risolvere la crisi sociale e
politica che l'Italia attraversava; resosi conto che ormai i liberali non avevano piø spazio, si
dimise subito dopo le elezioni del maggio 1921. Alle elezioni del '21 partecipò anche un
nuovo partito, il Partito comunista, nato in quello stesso anno dalla scissione dell'ala
massimalista e rivoluzionaria del Partito socialista.
Alle stesse elezioni emerse anche un'altra nuova forza politica: i Fasci italiani di
combattimento, che ottennero 35 seggi. Il movimento, fondato dall'ex socialista Benito
Mussolini a Milano nel marzo 1919 diventerà un vero e proprio partito, con il nome di Partito
nazionale fascista, solo nel novembre 1921. La sua ascesa era stata favorita dal biennio rosso:
con un'organizzazione paramilitare, le "squadre d'azione", il movimento fascista intervenne
durante gli scioperi nelle fabbriche e nelle campagne con aggressioni contro gli scioperanti, le
organizzazioni politico-sindacali socialiste e cattoliche, rassicurando in questo modo tutti
coloro che temevano una rivoluzione vera e propria. Con la sua violenta azione antisocialista
si era conquistato, in particolare, il favore della grande borghesia industriale e degli
imprenditori agrari, felici di vedere un'organizzazione in grado di indebolire le forze sindacali.
Inizialmente il programma dei fascisti non era molto coerente: le uniche idee chiare erano la
volontà di far cessare i continui scioperi, di lottare contro il socialismo e di imporre un
maggior rispetto per gli ufficiali che avevano combattuto nella Grande Guerra, spesso oggetto
1. Il contesto storico: il fascismo
5
di scherno da parte dei socialisti. Per questo, esso riscuoteva simpatia tra gente di
orientamento molto diverso: nazionalisti, piccoli borghesi spaventati dai disordini, liberali
moderati, ex combattenti, capitalisti industriali e agrari.
In origine il movimento fascista fu visto da molti non come un vero partito ma come una
manifestazione transitoria d'irrequietudine giovanile. Le stesse forze liberali, pur non
condividendone la violenza, pensarono di servirsi temporaneamente dei fascisti come un utile
freno contro il dilagare delle proteste delle classi lavoratrici e contro le forze socialiste,
contando di poterli controllare facilmente appena conseguito lo scopo. I deboli governi
liberali lasciarono quindi via libera agli scontri politici nel paese, nell'illusione che gli opposti
estremismi - ossia i fascisti e la sinistra rivoluzionaria - si sarebbero eliminati a vicenda,
consentendo infine la restaurazione dello Stato liberale.
Ma nel 1922 l'organizzazione squadrista, alimentata con aiuti piø o meno segreti dall'esercito
regolare
2
, raggiunse dimensioni preoccupanti e sempre piø frequenti divennero gli episodi di
violenza fascista. Mussolini ritenne che fosse giunto il momento della conquista del potere.
Proprio con quest'obiettivo, il 28 ottobre di quello stesso anno, fu organizzata la "marcia su
Roma". L'afflusso a Roma di gruppi di fascisti armati non costituiva di per sØ un serio
pericolo per il governo: infatti, l'esercito, dovunque intervenne, riuscì a bloccare facilmente
gli squadristi. Tuttavia, dietro consiglio dei generali, il re rinunciò a fronteggiare la minaccia
con misure adeguate: non proclamò nemmeno lo stato d'assedio e, dopo febbrili trattative,
dette l'incarico di formare un nuovo governo proprio a Mussolini.
Il governo Mussolini comprendeva altre forze moderate, ma era naturalmente dominato dai
fascisti; questi, infatti, pur avendo soltanto 35 deputati in Parlamento, avevano l'appoggio non
2
I. Silone, Il fascismo. Origini e sviluppo, Mondadori, Milano 2002, pp. 113-117. In particolare, U. Banchelli,
Le memorie di un fascista 1919-1923, Firenze, Sassaiola fiorentina, 1923, p. 15. “Il fascismo è bene confessarlo,
poteva svilupparsi e avere il braccio semilibero, perchØ in molti funzionari e ufficiali della Benemerita e di altre
armi, esso trovava cuori e ideali italiani che vedevano con piacere correre alla riscossa. Fra i gregari e i
sottoufficiali delle stesse armi era poi gara a aiutare il fascismo”.
La costruzione del consenso durante il fascismo
6
solo di agrari e industriali, ma anche della magistratura, degli ambienti di corte e dei vertici
militari. Quel governo rappresentava, in apparenza, la "normalizzazione" che molti si
aspettavano da tempo; in realtà Mussolini piegò in forma autoritaria le istituzioni dello Stato
liberale. Infatti, mentre sino ad allora lo Stato era rimasto al di sopra delle parti, garante
almeno in teoria degli interessi di tutti, ora divenne espressione di un solo partito: l'arma di
alcuni cittadini pronti a sopraffare altri, gli oppositori.
Il pericolo fascista fu totalmente sottovalutato: socialisti e comunisti considerarono il governo
Mussolini come l'espressione delle forze reazionarie che, però, erano inevitabilmente avviate
verso la sconfitta; molti cattolici videro con soddisfazione il crollo del liberismo, che aveva
privato il Papa del potere temporale.
Il 12 gennaio 1923, nella prima riunione del Gran Consiglio del Fascismo, tenuta nel suo
appartamento privato, Mussolini, anzichØ sciogliere le squadre d'azione in quanto formazioni
illegali, le inquadrò in un'organizzazione chiamata "Milizia volontaria per la sicurezza
nazionale", che aveva il compito di difendere lo Stato fascista, posta sotto la sua diretta
autorità ma al tempo stesso a carico dello Stato e "costituzionalizzata"
3
.
Nell'aprile 1924 ci furono nuove elezioni. Il fascismo, con una truffa legalizzata, aveva fatto
in modo di consolidare anche a livello parlamentare la propria forza, ottenendo i due/terzi dei
seggi.
Il 10 giugno il deputato socialista Giacomo Matteotti, che aveva denunciato i brogli elettorali
dei fascisti e le loro continue violenze e intimidazioni contro gli oppositori durante la
campagna elettorale, fu rapito e assassinato. L'opposizione parlamentare abbandonò la
Camera (la cosiddetta "secessione dell'Aventino"), illudendosi di convincere il re che
Mussolini non garantiva affatto l'ordine, anzi spingeva il paese nel caos. Vittorio Emanuele
III, invece, applicando alla lettera lo Statuto, rifiutò di prendere in considerazione gli
3
P. Alatri, Mussolini, Newton & Compton, Roma 2004, p. 33.
1. Il contesto storico: il fascismo
7
argomenti di un'opposizione che, di sua iniziativa, lasciando la camera si era messa fuori dallo
Statuto stesso.
Il 3 gennaio 1925 Mussolini assunse in Parlamento la responsabilità politica e morale del
delitto Matteotti, ma nessuno raccolse la sua sfida. Questo fatto confermò definitivamente
l'impotenza politica delle opposizioni.
Tra il 1925 e il 1926 il governo varò le prime limitazioni delle libertà d'associazione e di
stampa. Con una serie di leggi che furono dette "leggi fascistissime", fu poi sancita la fine
dello Stato liberale parlamentare e l'affermazione dello Stato totalitario fascista. La funzione
del Parlamento fu in pratica annullata: esso venne di fatto ridotto a strumento agli ordini del
Partito fascista; parallelamente fu rafforzato il potere del Capo del governo, ossia dello stesso
Mussolini, che creò una vera e propria dittatura e si fece chiamare "duce". Inoltre, per
dominare definitivamente la situazione, egli inserì i propri uomini negli apparati fondamentali
dello Stato: polizia, prefetture, direzioni generali dei ministeri.
Nel 1926, dopo un terzo attentato alla sua vita, Mussolini reintrodusse la pena di morte per i
gravi reati contro la sicurezza dello Stato; inoltre soppresse la stampa antifascista, sciolse tutte
le organizzazioni politiche, sindacali ed economiche delle opposizioni. Il solo partito
riconosciuto fu quello fascista, le uniche organizzazioni riconosciute come rappresentanti dei
lavoratori furono i sindacati fascisti.
Per eliminare qualsiasi opposizione, nel 1927 fu istituito il Tribunale Speciale per la difesa
dello Stato affiancato da una sorta di polizia politica, l'OVRA (Organizzazione per la
vigilanza e la repressione dell'antifascismo)
4
.
Il regime poliziesco instaurato dal fascismo fu duro. Parecchi esponenti dell'opposizione
clandestina vennero eliminati fisicamente, come i liberali Giovanni Amendola, Piero Gobetti
4
I. Silone, cit., p. 171. Come riferisce Silone, sull’attività del Tribunale speciale è stato pubblicato un rapporto
impressionante, benchØ lacunoso, in cui si dà grande rilievo al carattere terroristico e capitalistico di tale
organismo giuridico che si compone esclusivamente di ufficiali della Milizia fascista e non prevede alcun ricorso
in appello.
La costruzione del consenso durante il fascismo
8
e i fratelli Rosselli, morti tutti in Francia per i postumi di selvagge aggressioni squadriste;
molti furono mandati al confino o incarcerati, come il dirigente comunista Antonio Gramsci.
Altri ancora, per evitare la persecuzione fascista, furono costretti a rifugiarsi all'estero. Inoltre,
a tutti coloro che avevano svolto un'attività antifascista venne proibito di esercitare la
professione di avvocato. Si escogitarono nuovi delitti politici a danno degli emigranti e venne
introdotta la confisca dei beni come pena supplementare. Col novembre 1926 si può dire che
si abbia in Italia la fine di ogni vita politica e l'inizio del "regime". Comincia la
"fascistizzazione" di tutte le istituzioni e di tutti i settori dell'attività nazionale: stampa, scuola,
magistratura, diplomazia, esercito, organizzazioni giovanili e professionali. La soppressione
di libere elezioni completa l'opera.
La dittatura fascista fu la prima di numerose dittature che si svilupparono in Europa nel
periodo fra la Prima e la Seconda guerra mondiale (1918-1939); ad essa s'ispirarono i
movimenti politici di estrema destra che, grazie all'uso della violenza e dell'intimidazione,
presero il potere in Germania, Spagna, Polonia e Portogallo.
Dal 1935 gli italiani furono inviati a combattere e a morire contro popoli piø deboli
economicamente e militarmente, quelli dell'Etiopia e dell'Albania, e a sostenere il colpo di
Stato attuato in Spagna dal generale Franco.
Nel 1938, a imitazione di quanto aveva fatto Hitler in Germania, Mussolini emanò anche in
Italia un "manifesto della razza" nel quale si affermava, sulla base di dottrine senza alcun
fondamento scientifico che, apparte i Longobardi, nessun altro popolo aveva influenzato la
fisionomia razziale della nazione italiana, pertanto gli Italiani erano ariani e come tale
appartenevano a una razza superiore; inoltre nello stesso anno, adottò leggi che privavano i
cittadini di religione ebraica dei diritti politici e di molti diritti civili, sostenendo che essi
erano un pericolo per la razza ariana (leggi razziali).
1. Il contesto storico: il fascismo
9
Il legame che si strinse tra la dittatura nazista in Germania e il governo fascista finì per
trascinare l'Italia nella Seconda guerra mondiale (1940), guerra da cui lo stesso regime
fascista finì per essere travolto. Mussolini, infatti, nonostante i venti anni avuti a disposizione
e a dispetto dei suoi stessi discorsi, non aveva preparato militarmente l'Italia ad una guerra.
Cercò perciò di non entrare subito nel conflitto e in un primo momento dichiarò la "non
belligeranza" dell'Italia. Si decise solo quando la vittoria tedesca sembrava a portata di mano.
Ovviamente non fu così e il fallimento della "guerra parallela" (intendeva combattere contro
l'Inghilterra impegnandola in fronti diversi da quelli tedeschi) e poi anche di quella a fianco
della Germania, oltre allo sbarco alleato effettuato in Sicilia il 10 luglio, diedero il pretesto al
Gran Consiglio del Fascismo di approvare un ordine del giorno contro di lui: era il 24 luglio
del 1943.
Poche ore dopo il Re ne approfittò per riprendere il potere e lo fece arrestare. Mussolini fu
portato prima a Ponza poi alla Maddalena, infine al Gran Sasso, dove fu liberato e portato in
Germania dai paracadutisti tedeschi, pochi giorni dopo l'armistizio del governo italiano (8
settembre 1943).
Mussolini ritornò nel nord dell'Italia per fondare la "Repubblica Sociale Italiana" (o
Repubblica di Salò), con lo scopo di far rivivere il mito fascista. Ma ormai era tardi e anche la
Germania dava segni di cedimento. Negli ultimi mesi di guerra si vide Mussolini raramente in
pubblico.
Una volta crollata la "linea gotica", il complesso difensivo che tagliava in due il Paese
costruito dai Tedeschi nel 1944 per impedire l'ingresso degli Alleati nella pianura padana,
Mussolini pensò di rifugiarsi a Milano tentando di venire a patti col Comitato di Liberazione
Nazionale (CLN), sorto il 9 settembre 1943 per opera dei partiti antifascisti che, messe da
parte le divisioni ideologiche, si univano nella lotta contro il nemico comune. Temendo la
cattura fuggì verso Como per poi andare in Svizzera. Durante la fuga, nonostante fosse vestito
La costruzione del consenso durante il fascismo
10
da soldato in una colonna di tedeschi in ritirata, fu riconosciuto ad un posto di blocco
partigiano e, dopo un sommario processo, fu fucilato (28 aprile 1945). Il suo corpo venne
esposto in piazza a Milano assieme a quelli della compagna Clara Petacci e di alcuni gerarchi
fascisti; poi dopo numerose traversie, venne sepolto a Predappio, sua città natale
5
.
Fig. 1 – I corpi di Benito Mussolini e Claretta Petacci esposti a Piazzale Loreto.
5
Sulla morte di Mussolini, cfr. Mirco Dondi, Piazzale Loreto 29 aprile 1945: aspetti di una pubblica
esposizione, in “Rivista di Storia Contemporanea”, 1990, n° 2 e Id., Piazzale Loreto, in I luoghi della memoria.
Simboli e miti dell'Italia unita, a cura di Mario Isnenghi, Roma-Bari Laterza, 1996 e S. Luzzato, Il corpo del
duce, Einaudi, 1998.
2. La costruzione del consenso durante il fascismo
11
2. LA COSTRUZIONE DEL CONSENSO DURANTE IL FASCISMO
Il fascismo non ha mirato tanto a governare l'Italia quanto
a monopolizzare il controllo delle coscienze italiane.
Non gli basta il possesso del potere: vuole il possesso della
coscienza privata di tutti i cittadini, vuole la "conversione"
degli italiani (...) il fascismo ha le pretese di una religione
(...) le supreme ambizioni e le inumane intransigenze di
una crociata religiosa. Non promette la felicità a chi non si
converte, non concede scampo a chi non si lasci battezzare.
6
Il regime fascista fu una dittatura totalitaria "fondata sul consenso di massa": ciò significa che,
al di là degli atti di violenza con cui si impose, ebbe per sua natura la costante necessità di
mostrare a se stesso e alla nazione che il popolo nella sua totalità si identificava con
l'ideologia e le direttive del regime. Il fascismo riteneva, infatti, che la massa costituisse una
fondamentale forza della politica moderna. Secondo l'ideologia fascista, la massa non può
autogovernarsi, perchØ in essa l'istinto predomina sulla ragione. Tuttavia, facendo appello ai
sentimenti e alle emozioni, è possibile per i regimi incanalare l'energia delle masse ai propri
fini, suscitando un'adesione di fede (non una partecipazione libera e critica)
7
.
"La folla – disse una volta Mussolini – non ha bisogno di conoscere. Deve credere. E deve
piegarsi a essere forgiata"
8
. Ne derivava il tipo di oratoria del duce, nella quale si può dire che
in un certo senso era un maestro: un'oratoria fatta non per convincere con argomentazioni ma
per suscitare entusiasmo e fede, con affermazioni inconfutabili e domande retoriche rivolte
alla folla, cui egli chiedeva risposte corali dalla piazza.
6
“Il Mondo”, 1° aprile 1923 citato in E. Gentile, op. cit., p. 105.
7
C. Costamagna, Dottrina del fascismo, s.l. 1982, p. 108 citato in E. Gentile, Il culto del littorio, Laterza, Roma-
Bari, 2007 «La massa è diventata un elemento attivo della vita delle comunità moderne e il rapporto fra
governanti e governati in nessun modo nelle condizioni presenti dello spirito può ridursi alla “dominazione” ma
persegue l’”adesione”, attraverso l’organizzazione e la formazione di una unità spirituale collettiva».
La costruzione del consenso durante il fascismo
12
Tale consenso in parte fu sollecitato, grazie all'esaltazione dello spirito nazionalistico e alla
realizzazione di riforme ed opere pubbliche; in parte fu obbligato, ottenuto annientando le
altre forze politiche e perseguitando gli oppositori ma soprattutto controllando vasti settori
della vita sociale e anche privata del cittadino. E' interessante notare come questa politica non
coincida affatto con quanto Mussolini aveva scritto nel suo giornale l'11 novembre 1919,
prima cioè che il fascismo giungesse al potere.
Noi diciamo che se domani i nostri piø feroci avversari fossero vittime in tempi normali di un regime
d'eccezione, noi insorgeremmo perchØ siamo per tutte le libertà e contro tutte le tirannie.
9
Tra gli elementi che sicuramente contribuirono di piø alla formazione del consenso durante il
fascismo sono da ricordare: la scuola e il sistema educativo, l'organizzazione del tempo libero,
l'uso della propaganda e dei mezzi di comunicazione di massa. Tali strumenti permisero la
diffusione di quei miti ed ideali che il regime adottò per far presa specialmente sulle nuove
generazioni, grazie anche al contributo di alcuni intellettuali che fornirono al fascismo i
sistemi ideologici e culturali di cui aveva bisogno.
Il fascismo puntò così a definirsi non come un'ideologia astratta destinata a un'Ølite culturale,
ma a entrare progressivamente a far parte della vita e delle abitudini di gran parte degli
italiani, coinvolgendoli in manifestazioni e cerimonie che giunsero a condizionare ogni
aspetto della vita pubblica e del tempo libero. Il nuovo Stato, così come i fascisti lo
concepirono, mirava dunque ad assorbire totalmente in sØ stesso gli individui come i gruppi
sociali, le comunità locali come le voci della cultura, le Chiese come le correnti d'opinione.
Questo Stato assumeva pertanto gli aspetti di un nuovo idolo, di un dio terreno, cui tutto
doveva essere sacrificato o subordinato.
8
P. Alatri, op. cit., p. 46.
9
“Il Popolo d’Italia”, 11 novembre 1919 citato da I. Silone, op. cit., p. 83.