INTRODUZIONE
All‟avvio di questo lavoro di tesi, l‟attenzione era focalizzata sull‟art. 322
c.p., cioè sul reato di istigazione alla corruzione, riformato con la legge 26
Aprile 1990, n. 86 (che ha modificato varie disposizioni e aspetti dei reati
contro la pubblica amministrazione). In particolare, si voleva verificare la
configurabilità e l‟utilità di un tentativo di istigazione alla corruzione: si
ipotizzava l‟anticipazione della soglia di punibilità ulteriormente rispetto
alle fattispecie di reato previste dall‟art. 322 c.p.( si pensi all‟accordo fallito
a causa dell‟intercettazione della lettera con cui una parte avvii la
trattativa), applicando congiuntamente l‟art. 56 c.p. (tentativo) e l‟art. 322
c.p..
Da una prima ricerca, si è tosto avuto modo di riscontrare anzitutto la
scarsità di contributi e opinioni positive della dottrina circa detta
configurabilità, eccezion fatta per il Levi, e la totale assenza di sentenze
(della S.C. in particolare, ma anche di giudici di merito) in cui si
elaborasse, anche solo per il caso di specie, una fattispecie di tentativo di
istigazione e le si desse rilevanza penale sanzionandola. Questo ha reso
necessario che si spostasse l‟attenzione sul fenomeno. Quindi, si è
ampliato il raggio d‟osservazione: si è passati perciò, dal più ristretto
tentativo di istigazione, alla istigazione alla corruzione tout court. Si è
cercato di individuare quali fossero gli aspetti peculiari delle fattispecie di
reato di cui all‟art. 322 c.p.
1
: ci si è interrogati sulle ragioni della previsione
originaria della disposizione, sul perché fosse stata introdotta per la prima
volta, quali problematiche fossero state individuate in essa prima della
riforma, quali fossero gli obiettivi di quest‟ultima e se fossero stati poi
raggiunti o se al contrario permanessero delle lacune, degli spazi
indisciplinati, dunque delle problematiche circa il reato di istigazione alla
corruzione.
1
Questo reato era previsto nella sua formulazione originaria sin dal codice Rocco, poi fu riformato
e ampliato nel 1990 con ulteriori due autonome ipotesi di reato.
- 2 -
Indagando su questi aspetti e quindi sulle questioni fenomenologiche e
criminologiche che ne richiedevano la previsione e la punizione, si è
valutato, seppure con un rapido sguardo d‟insieme, il più ampio reato di
corruzione. Ai fini di questo lavoro, era rilevante un esame non tanto del
reato di corruzione dal punto di vista precipuamente giuridico, quanto dal
punto di vista appunto fenomenologico. Quindi, tralasciando tutte le
questioni più strettamente tecnico – strutturali, si è considerata la
corruzione dal punto di vista dell‟impatto sociale, criminologico,
economico.
È stato esaminato dunque, non sul reato di corruzione, ma la corruzione
quale elemento più o meno costante nella nostra società di ieri e di oggi, il
quale ha portato gran parte della dottrina a riflettere su di esso per
delinearne le caratteristiche principali, le situazioni che lo ingenerano, che
lo alimentano e gli eventuali possibili rimedi, non sempre unicamente
giuridico - penalistici
2
.
Solo dopo aver realizzato un quadro generale di questo tipo può, in modo
più compiuto, cercare di cogliersi l‟utilità o meno del reato di cui all‟art. 322
c.p., la sua finitezza ed eventualmente addirittura l‟utilità di un tentativo di
istigazione.
Il confronto con la prassi non è trascurabile, perché soltanto essa può
effettivamente dirci se e quanto una previsione normativa sia utile e
applicabile o se invece essa non sia un mero specchietto per le allodole:
va considerato infatti, che al di là delle previsioni teoriche, tutti i reati di
corruzione hanno grandi difficoltà d‟emersione.
2
Si pensi alle riforme della p.a. finalizzate a rendere meno prono il sistema alla consumazione di
illeciti e di reati.
- 3 -
CAPITOLO PRIMO
CORRUZIONE E TENTATIVO
Premessa
Le varie fattispecie di reato attinenti la corruzione
3
sono presenti nel nostro
codice penale sin dal codice Rocco del 1930. Al pari delle altre
disposizioni del titolo II del libro II, mirano a prevenire, prevedere e
sanzionare atti e fatti in qualche modo lesivi della res pubblica. In effetti, i
reati dei pubblici ufficiali piuttosto che dei privati contro la pubblica
amministrazione, integrano condotte lesive della cosa pubblica, poiché ne
alterano il normale e corretto funzionamento e ledono il diritto di ogni
singolo a godere di essa in condizioni di parità e d‟uguaglianza. L‟essenza
di questi reati potrebbe apparire generica e poco tipizzata, tuttavia
esprime chiaramente il perché i reati contro la pubblica amministrazione
4
fossero previsti e sanzionati anche dalle civiltà che ci hanno preceduto. Gli
accordi corruttivi erano puniti infatti anche nel diritto romano in quanto
arrecavano danni alla cosa pubblica, tanto importante e tutelata. Ecco
perché nel corso dei tempi, con il susseguirsi di governi e leggi, era
prevedibile che la qualificazione di questi fatti come reati e la loro
rilevanza penale – vista la loro offensività –, arrivasse sino a noi,
cristallizzandosi nelle previsioni del cod. Rocco.
L‟espressione “cristallizzandosi” non è né casuale, né eccessiva, perché
effettivamente la disciplina di questi reati, così come introdotta negli anni
trenta, è rimasta inalterata per sessant‟anni. Tuttavia i contesti, le
situazioni, l‟Italia ha subito trasformazioni nel corso di quegl‟anni e quindi
ha manifestato problematiche differenti, per affrontare le quali, qualche
modifica legislativa delle datate disposizioni sarebbe stata utile
5
. Alla
3
Per una trattazione sistematica dei reati di corruzione e più in genrale dei reati contro la p.a.: M.
ROMANO,Commentario sistematico del codice penale. Artt. 314-335-bis c.p., Milano, 2006. Si
veda anche G. FIANDACA – E. MUSCO, Diritto penale, parte speciale, vol. I, Bologna, 2007, p. 217
ss..
4
Per p.a. devono intendersi anche le forme antenate di essa.
5
La necessità di riforme diventerà però lampante solo con il boom della stagione di Tangentopoli,
che avvierà, oltre che un periodo ricchissimo di inchieste giudiziarie, anche delle riforme
- 4 -
immutata disciplina però, non ha corrisposto né un consolidarsi di
definizioni, né una precisa classificazione dei fattori che producono
comportamenti corruttivi, né una concorde elencazione degli effetti che
essi producono e degli strumenti per combatterli.
Nei paragrafi che seguono ci si concentrerà anzitutto sui reati di
corruzione. Più esattamente si guarderà alla corruzione sotto il profilo
fenomenologico. In particolare, ci si propone di indagare come si presenti
e come venga percepito il fenomeno corruttivo in Italia, verificando quale
sia il suo impatto sociale e i suoi riflessi sull‟economia. Ci si chiederà
inoltre, se gli effetti economici siano sempre necessariamente negativi o
se, al contrario, possano avere incidenza positiva
6
. Non mancano infatti
giuristi che ipotizzano ciò: l‟aumento degli accordi corruttivi è segnale delle
forti tensioni sociali, nonché del crescente malcontento dei cittadini nei
confronti della classe politica e della pubblica amministrazione; mancando
tuttavia in questi ambiti interventi e riforme in grado di ingenerare nuova
fiducia negli operatori economici, affinché agiscano in modo
giuridicamente ed economicamente corretto, l‟accordo corruttivo
assurgerebbe a sostituto di detti interventi e consentirebbe ad
un‟economia già in difficoltà di andare avanti (sebbene non legalmente),
esprimendo al contempo la necessità di un innovativo mutamento giuridico
e più in generale complessivo della società
7
.
Esaminando la corruzione quale fenomeno sociale, ci si soffermerà anche
su alcuni aspetti criminologici di essa. In particolare, si rifletterà sulla nota
contrapposizione tra percezione e denuncia degli episodi corruttivi, sul c.d.
sommerso o cifra nera. Nello specifico, si osserverà se negli ultimi anni è
mutato il rapporto tra la misura in cui è percepita la corruzione e la misura
della sua effettiva diffusione, al fine di determinare se la situazione in Italia
sia o meno migliorata. Sono molteplici infatti, gli esponenti della politica
legislative al fine tra l’altro di arginare le deformazioni che delle disposizioni aveva fatto la
giurisprudenza.
6
A tal proposito si consideri F. RUGGIERI, Corruzione come problema conoscitivo, in Rivista
trimestrale di scienza dell’amministrazione, 1997, p. 5 ss..
7
In F. RUGGIERI, Corruzione come problema conoscitivo, cit. si parla di ifn, cioè di inosservanza
funzionale delle norme, pag. 9.
- 5 -
italiana e della magistratura che evidenziano come il sistema della
giustizia italiana non goda di un buono stato di salute. Secondo questi, la
corruzione rappresenta uno dei principali reati che affligge il nostro stato,
tanto da poter essere considerato tra i paesi più corrotti del mondo.
Effettivamente la situazione non è delle migliori, ma non è neppure così
drammaticamente nera e immutabile. Peraltro, se è vero che il livello di
corruzione percepita e quello di corruzione reale sono alti, è anche vero,
che ci sono paesi in condizioni peggiori.
Delineato questo quadro, ci si soffermerà rapidamente sui recenti
interventi comunitari e internazionali in materia di corruzione al fine di
capirne l‟idoneità a fronteggiare il fenomeno. Infine, si guarderà alle
esigenze di riforma più o meno recenti, con uno sguardo all‟attualità.
Questo ci consentirà di entrare nel vivo della questione spostandoci
dall‟ampio fenomeno corruttivo allo specifico reato di istigazione, per
comprendere se abbia o meno senso la sua previsione, quale sia l‟utilità e
lo spazio riservato ad essa.
1.1. L‟importanza del fenomeno corruttivo
Il primo aspetto da trattare in merito al fenomeno “corruzione”, attiene alla
sua stessa definizione, poiché manca una definizione uniforme e stabile,
da tutti condivisa. Ci sono tuttavia delle caratteristiche fondamentali
sempre presenti nelle condotte corrotte. Se ne possono individuare
quattro: anzitutto, la presenza di una posizione di potere cui ineriscono dei
doveri che vengono violati da colui che la occupa; tale violazione viene
compiuta in quanto il soggetto si aspetta di ottenere un vantaggio, che
però è indebito, cioè non gli è dovuto; peraltro, la violazione potrà
manifestarsi attraverso il compimento di un atto contrario ai doveri
d‟ufficio, ma anche attraverso uno conforme
8
; caratteristica ultima, ma
8
Infatti gli artt. 318 e 319 puniscono l’accordo corrotto sia nel caso di contrarietà sia nel caso di
conformità dell’atto – attività ai doveri d’ufficio.
- 6 -
molto pregnante e rilevante, è il realizzarsi di questi comportamenti in
modo assolutamente segreto
9
.
Gli elementi appena indicati, sui quali vi è unanimità, sono pochi, ma sono
quelli assolutamente essenziali, peculiari di questo fenomeno rispetto ad
altri reati. Ci sono aspetti invece, sui quali il dibattito è acceso, sia in
dottrina che in giurisprudenza. Questa in particolare, deve confrontarsi
non solo con disposizioni e disquisizioni teoriche, ma con la realtà fattuale
che di volta in volta le si presenta. La difficoltà è dovuta al fatto che il
fenomeno “corruzione” è assolutamente radicato e in rapida diffusione: di
esso, infatti, si parla ovunque, a qualunque titolo e spesso
inappropriatamente. Peraltro, per i molteplici casi che emergono, prassi e
dottrina procedono ad analisi autonome, indipendenti e soprattutto senza
scambio di informazioni. La conseguenza di ciò, è che del fenomeno
“corruzione”, nel corso dei decenni, si sono formulate elaborazioni
dogmatiche e giurisprudenziali molto diverse. Giuristi e giudici spesso
hanno comunicato poco, con il risultato che gl‟uni e gl‟altri hanno prestato
attenzione ad aspetti diversi del fenomeno, il quale ha assunto
sfaccettature, connotati parzialmente diversi a seconda che lo si guardi
dall‟ottica della dottrina o della giurisprudenza. Esse hanno dato
importanza a questioni diverse: la prima si è concentrata molto più su
aspetti teorici, quale il bene tutelato, non prestando troppa attenzione ad
aspetti pratici e concreti, di importanza preminente per la giurisprudenza.
Questo atteggiamento ha comportato che si susseguissero sentenze non
soltanto non omogenee tra loro, ma anche poco salde nelle motivazioni,
perché prive di un chiaro quadro teorico di riferimento. Ciò diventa
particolarmente evidente se pensiamo alla questione dell‟atto d‟ufficio
oggetto dell‟accordo corrotto
10
o al problema della determinazione del
9
Questi elementi essenziali dei comportamenti corrotti sono indicati in M. G. VIVARELLI, Il
fenomeno della corruzione, in Il foro amministrativo T.A.R., 2008, 10, p. 2929.
10
Circa la definizione dell’atto d’ufficio oggetto dell’accordo corrotto, si è assistito, di volta in
volta ad un irrigidimento con la conseguente formalizzazione dell’atto stesso, piuttosto che alla
dilatazione della definizione stessa. Anzitutto il problema riguarda la necessità che l’atto rientri nei
compiti che sono propri del pubblico ufficiale corrotto o se sia sufficiente che rientri latu sensu
nelle sue mansioni funzionalmente intese o anche semplicemente nelle competenze dell’ufficio
presso cui svolge il suo servizio (Cass. sez. VI 9 dicembre 1996, Bertino, in Diritto penale e
- 7 -
momento consumativo del reato, cui è connesso il problema della
configurabilità di un concorso di reati
11
.
Ora, se già nel quadro italiano vi è questa situazione, non deve stupire
che definire il fenomeno della corruzione diventi tanto più difficile quanto
più si ampli l‟osservazione a livello europeo e internazionale. Una
definizione universale del fenomeno non esiste perché esso si presenta
diversamente a seconda della realtà che si prenda in considerazione.
Oltretutto, le definizioni in genere, e in questo caso massimamente,
risentono delle tradizioni giuridiche, nonché dei contesti e del grado di
sensibilità politico – sociale. Se si considerano le varie fonti di disciplina
del fenomeno in esame, si può osservare come, nel passaggio da quelle
nazionali a quelle comunitarie e internazionali, le condotte integranti il
reato di corruzione vengano descritte in modo sempre più generico, meno
rigido. Si nota inoltre che i comportamenti qualificati come corrotti sono più
processo 1998, 88; Cass. sez. VI 7 settembre 1993, Cappellari, in Giustizia penale 1994, 11, 262).
Più recentemente poi si è ancor più ampliato il novero degli atti per il cui compimento può venir
stipulato l’accordo corrotto, ponendo l’accento più che altro sulla capacità pratica del pubblico
ufficiale di interferire, sollecitare il compimento dell’atto, anche quando questo non rientri neppure
nella competenza funzionale dell’ufficio in cui egli sia impiegato (Cass. sez. V 17 novembre 2003,
Serino, in Guida al diritto, 2004, 10, 99), purché comunque rientri nei compiti della p.a.. Questa
“deformalizzazione”dell’atto compra-venduto trova seguito anche in pronunce successive della
Cassazione da cui si evince come l’attenzione venga più che altro spostata sui doveri di fedeltà e
imparzialità del pubblico ufficiale e dunque si vada a rendere rilevante e sanzionabile la condotta
che violi detti doveri (Cass. sez. VI 13 dicembre 2007, n. 12131). Si tratta del caso del pubblico
ufficiale che attraverso apposite delibere assegnava appalti a imprese che “ricambiavano il favore”
assumendo soggetti indicati dal pubblico ufficiale stesso.
Si tenga poi presente che la giurisprudenza, a proposito del momento in cui si consuma il reato, ha
ritenuto sufficiente un accordo generico tra le parti, cioè senza che sia individuato l’atto
mercificato: in questi casi oggetto dell’accordo non è un atto, ma la disponibilità del pubblico
ufficiale a favorire la controparte ogni qualvolta possa farlo. Questa dilatazione non solo rende
quasi impossibile individuare in concreto l’oggetto del mecimonio, ma rende estremamente
difficile la scoperta dell’accordo e dunque l’emersione del reato e il suo sanzionamento. Infatti il
delitto (cioè il compimento dell’atto o degl’atti) potrà avvenire in più tempi, lontani tra essi e
lontani dalla conclusione dell’accordo.
11
Sono di vecchia data le difficoltà della giurisprudenza nel determinare il preciso momento in cui
il reato possa dirsi consumato. Per questa ragione sono molte le sentenze delle varie sezioni della
Corte di Cassazione che su di esso si sono pronunciate, in modo però spesso contrastante. Tali
contrasti hanno reso necessario l’intervento a tal proposito delle Sezioni Unite con una nota
sentenza del 1996 relativa al noto caso E.N.I.-SAI. Ai fini di questo lavoro non è necessario
l’esame dettagliato della stessa e della conseguenze e dei dibattiti che ne sono seguiti. Si tenga solo
presente che la Cassazione giungeva ad individuare nel dettato dell’art. 319 c.p. due distinte
condotte di reato (una che si consumava con la sola promessa, l’altra con la dazione), aventi
autonomia e diversa offensività, ma con pari gravità. Ciò ovviamente apriva la strada
all’ammissibilità del concorso tra i due reati. Per approfondimenti cfr. MARRA, Il delitto di
corruzione tra modernità (empirica) e tradizione (dogmatica):problemi interpretativi e prospettive
di riforma, in Rivista trimestrale di diritto penale dell’economia, 1998, fasc. 4, pagg. 995-1001.
- 8 -
numerosi a livello comunitario – internazionale che a livello nazionale.
Nella nostra legislazione, ad esempio, le condotte antigiuridiche lesive
della p.a. sono previste in specifiche disposizioni penali, sono descritte in
maniera dettagliata e sono chiaramente distinte le une delle altre,
quantomeno in via teorica. Nelle convenzioni internazionali, come anche
in quelle del Consiglio d‟Europa, mancano tali rigide e nette definizioni e si
ricomprendono nel reato di corruzione anche quelle condotte che la nostra
legislazione qualifica diversamente. Potrebbe dirsi che comunitariamente
– internazionalmente, nelle convenzioni contro la corruzione, essa venga
considerata il genus all‟interno del quale si individuano le varie species di
reato, quale il peculato, la malversazione, sino anche al riciclaggio. La
disciplina italiana non impiega questo stesso tipo di rapporto genus –
species tra questi reati: essa infatti deve rapportarsi solo con la realtà
nazionale. Le convenzioni di cui sopra invece, devono confrontarsi e
inserirsi in vari e diversi contesti nazionali ed è per questo che la strada
preferibile per combattere il fenomeno corruttivo sia quella di considerarlo
in maniera meno netta, di modo che le previsioni possano adattarsi alle
varie realtà locali
12
.
Tra i tratti caratterizzanti la corruzione, si è indicato anche l‟‟aspetto della
“segretezza”, cioè il concludere l‟accordo corrotto in modo segreto. Si
tratta di un elemento molto importante: esso accomuna il fenomeno
corruttivo ad altri fenomeni, quali il clientelismo, il nepotismo
13
o più
genericamente il familismo. Seppure con delle differenze e dei connotati
propri, questi fenomeni, estremamente diffusi ieri e oggi, hanno varie
comunanze: si tratta di fenomeni che a vari livelli e coinvolgendo soggetti
impegnati in settori disparati, comportano l‟alterazione del normale
funzionamento di un sistema dato. A causa di questi fenomeni, invece che
perseguirsi l‟obiettivo comune, realizzando l‟interesse e il bene della
collettività, si inizia a dare preminenza al proprio bene/interesse, piuttosto
12
Sulle convenzioni più note si tornerà in seguito al fine di cogliere brevemente la loro essenza, i
diversi livelli di cogenza e la loro utilità.
13
Si veda tra gli altri P. DAVIGO – G. MANNOZZI, La corruzione in Italia. Percezione sociale e
controllo penale, Bari, 2007.
- 9 -
che a quello di propri familiari o amici, facendo quindi favoritismi.
Generalmente, a questa condotta corrisponde l‟ottenimento di una utilità
non dovuta a vantaggio di chi ha fatto favoritismi. Può anche accadere
che, nonostante il favoritismo, l‟interesse realizzato non sia in contrasto
con quello che doveva realizzarsi. Questo aspetto tuttavia rileva poco
perché sono state comunque alterate le modalità con cui doveva essere
realizzato l‟obiettivo: la condotta scorretta, realizzata al fine di favorire
qualcuno in particolare, ha violato i principi di imparzialità e di
uguaglianza
14
.
Vi è un altro elemento in comune : questi fenomeni si realizzano tutti nella
più assoluta segretezza. In particolare, l‟accordo tra le parti al fine di
mettere in atto il favoritismo viene concluso e attuato di nascosto. Tale
contrattazione fatta in modo occulto, va legata ad altri fattori caratterizzanti
il fenomeno corruttivo: i c.d. meccanismi interni di regolazione
15
e la
fiducia. Si tratta di due aspetti molto importanti e connessi tra loro. Per
quel che riguarda i meccanismi che lo regolano dall‟interno, rilevante è il
fatto stesso che essi esistano: infatti, già solo il fatto che esistano
meccanismi che regolano questo fenomeno illegale, fa comprendere come
esso sia radicato, stabile, organizzato e non necessariamente occasionale
e casuale. Si deve considerare che nel momento in cui le due parti
decidono di accordarsi, devono affrontare due timori: quello di venir
scoperti – con tutte le conseguenze giuridiche e soprattutto etico - sociali
16
14
Il diffondersi a più strati di questi fenomeni comporta anzitutto che si crei un vero e proprio
mercato le cui merci coincidono con l’oggetto dell’accordo tra le parti e possono essere le più
varie. Soprattutto fa sì che circolino informazioni alterate e non veritiere sulla “distribuzione di
queste merci”, quali l’assunzione di professori, gli esiti di un concorso, il rilascio di licenze,
etc.…Tali informazioni alterate vanno a loro volta ad alterare l’agire dell’agente economico
nonché la normale e leale concorrenza che dovrebbe regolare il mercato. A fronte della
“mercificazione” e della slealtà nel concorrere, il privato, piuttosto che seguire il normale e legale
iter, cercherà di sviluppare le sue capacità per entrare in contatto con gli operatori pubblici al fine
di poter poi implementare le sue amicizie nelle sfere operative e cercare così di ottenere il suo
vantaggio. Cfr. P. DAVIGO – G. MANNOZZI, La corruzione in Italia,cit..
15
Sono così definiti in P. DAVIGO – G. MANNOZZI, La corruzione in Italia, cit., che procede poi
alla loro individuazione e descrizione nel dettaglio.
16
Tanto il privato quanto il pubblico ufficiale lì dove vengano scoperti diventano oggetto della
negativa opinione pubblica, dunque perdono stima, credibilità e rispettabilità.
- 10 -
che ne derivano - e quello che la controparte li inganni
17
. La maggiore
tranquillità delle parti è ottenuta anzitutto facendo leva sul vincolo
fiduciario che le lega: essendo tale accordo nascosto e oltretutto illegale
18
,
nel concluderlo ognuno fa affidamento sull‟altro e sulla sua correttezza.
Ciascuna delle parti si mostrerà corretta e onesta per rafforzare la fiducia
19
dell‟altro e convincerlo ad accordarsi. Dopodiché, si rispetterà l‟accordo in
modo da conservare tale correttezza e onestà, facendosi la reputazione di
“corrotto corretto”.
Vi è anche un altro strumento che rassicura le parti che si apprestano a
stringere un patto corrotto. Si tratta di regole, ovviamente informali, che
disciplinano la condotta che deve essere tenuta nella realizzazione
dell‟accordo. Si tratta di regole che si atteggiano a vere e proprie norme,
quasi codici etici di condotta, tanto più dettagliati quanto più l‟accordo
venga concluso con regolarità, cioè nell‟ambito di un fenomeno corruttivo
stabile e regolare. E tanto più il fenomeno è di questo tipo, tanto più
frequenti e numerosi sono gli accordi conclusi, strettamente connessi gli
uni agli altri, quasi indistinguibili perché legati a catena tra loro. Inoltre,
tante più saranno le parti coinvolte, tanto più esse andranno
specializzandosi in appositi ruoli, in specifici compiti e funzioni. Così, se
qualcuno diventerà l‟addetto a procacciare affari, qualcuno a concludere
l‟accordo, qualcuno a realizzare lo scambio di vantaggi, qualcun altro
invece si specializzerà nel celare lo scambio corrotto. Quindi si avranno
soggetti che si occuperanno di tutelare l‟accordo, di proteggerlo
fornendogli una copertura. La presenza di persone con questo ruolo rende
fiduciose e sicure le parti che si accingano ad accordarsi.
17
In modo forse anche un po’ banale, si può pensare ai tanti casi in cui ci si accordi per ottenere
una raccomandazione finalizzata all’assunzione ad un pubblico impiego, piuttosto che per il
superamento un concorso o l’ingresso in una forza armata. In questi casi è naturale che il
contraente debole – il privato – tema l’inganno, cioè tema che l’altro non mantenga la promessa di
procedere con la raccomandazione e nonostante ciò comunque conclude l’accordo corrotto.
18
Tale illegalità rende le parti vulnerabili doppiamente: non solo vi è il rischio di essere scoperti,
processati e condannati, ma in più non si hanno strumenti legali di tutela contro l’inadempimento
delle controparti.
19
Essa va considerata come “ la soglia di probabilità soggettiva oltre la quale si realizza
un’aspettativa di azione cooperativa da parte di un altro attore sufficiente a indurre le
cooperazioni”, secondo la definizione in A. VANNUCCI, Fenomenologia della tangente: la
razionalità degli scambi occulti, in Etica degli affari e delle professioni, 1993, p.36.