Iannace Marco Umile ‐ Particolarità del bilancio delle società di calcio italiane e differenze con società di altri paesi europei
Laurea in Economia Europea, Facoltà di Scienze Politiche, Università degli Studi di Milano, Luglio 2010
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Capitolo 1 - Introduzione
1.1 Cenni storici
1.1.1 Il calcio in Europa
Il calcio assume da sempre un peso notevole nel nostro Paese, dove, fin dalla
nascita, ricopre un ruolo economico – sociale di rilevante importanza, dovuto anche
allo spazio che i mass-media regalano ad esso in campo nazionale.
In età moderna, la patria del calcio fu l’Inghilterra dove, durante l’Ottocento,
vennero create numerose squadre tra gli studenti delle scuole più ricche e delle
università, per poi allagarsi, durante il periodo della rivoluzione industriale, alla
popolazione dove era considerato dalla borghesia una distrazione per gli operai
delle fabbriche dopo le fatiche della settimana.
La città di Sheffield, in particolare, può essere considerata come la culla della
competizione calcistica, dato che vi fu fondata la prima società (lo Sheffield Club nel
1855), vi si disputò la prima competizione tra squadre e, nel 1863, venne istituita la
Football Association, prima federazione calcistica che codificò le regole di gioco,
molto simili alle attuali.
Lo sviluppo del calcio in epoca successiva fu notevolissimo passando da sport
elitario a sport di massa, facente parte cioè delle abitudine della gente comune,
tanto che fu necessaria la costruzione di stadi per accogliere un numero sempre
maggiore di spettatori.
L’esportazione del calcio cominciò a partire dalla seconda metà dell’Ottocento per
arrivare in Italia alla fine del secolo, in sintonia con l’ingresso nel nostro paese
dell’industria pesante.
Il binomio football – industria non è per nulla casuale, soprattutto a Genova, vertice
del famoso “Triangolo Industriale” composto anche da Milano e Torino, in cui si
sviluppò il settore secondario italiano.
Infatti, la prima città interessata dalla diffusione di questa nuova pratica sportiva fu
proprio il capoluogo ligure, grande porto del Mediterraneo e meta privilegiata per gli
scambi commerciali, dove i mercanti e i marinai inglesi si cimentavano in
improvvisate sfide che incuriosivano gli spettatori locali e dove, nel 1893, venne
fondato, ad opera di un gruppo di inglesi, il primo club italiano di football ancora
presente nel panorama calcistico italiano, il Genoa Cricket and Athletic Club, che nel
1899 divenne il Genoa Cricket and Football Club
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Fonte: Wikipedia – http://it.wikipedia.org/wiki/Calcio_(sport)
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Nel 1898 venne anche fondata la F.I.F. (Federazione Italiana Football), trasformata
successivamente in F.I.G.C. (Federazione Italiana Giuoco Calcio), che dal 1904
partecipa alla F.I.F.A. (Federation Internationale de Football Association),
associazione che riunì dapprima le federazioni di sette paesi europei, per poi
diventare l’organizzazione calcistica più grande del mondo. A livello europeo è stata
creata nel 1954 l’U.E.F.A. (Union Europeene de Football Association) che
rappresenta la più ampia Confederazione continentale in ambito F.I.F.A.
1.1.2 Le società di calcio italiane
Le prime società sorgono come piccoli club di praticanti, dove ogni membro è
tesserato dalla Federazione sportiva a cui fa riferimento il team. La fattispecie
giuridica è l’”associazione non riconosciuta”, regolamentata dagli articoli 36-42
del Codice Civile
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, che persegue uno scopo di natura ideale e non economica.
Essa è gestita da un mecenate, responsabile personalmente e solidalmente delle
obbligazioni sociali, e non può perseguire un fine di lucro. La società agisce, quindi,
per cassa, ovvero gli esborsi di gestione vengono coperti dai dirigenti o dal
mecenate di turno.
Essa rappresenta la forma giuridica più adatta allo svolgimento iniziale di un’attività
sportiva in quanto la normativa che la legifera permette libertà contrattuale agli
associati ed è tuttora utilizzata dalle società sportive dilettantistiche.
Le principali problematiche cominciarono a manifestarsi negli Anni ’60 in seguito a:
- cambiamento della figura del calciatore, che da associato passa ad atleta
professionista, ossia diventa una persona che non appartiene più alla
compagine associativa ma che presta la propria opera contro il pagamento di
un compenso proporzionale alla qualità delle prestazioni rese;
- crescita del movimento, che un’associazione senza fini di lucro fatica a
contenere senza puntare al mercato, cioè offrendo lo spettacolo a fronte del
pagamento di un prezzo commisurato alla qualità dell’offerta e all’entità
della domanda.
Questi due fattori portarono all’esigenza di redazione di un bilancio d’esercizio che
rispecchiasse il modello di una società commerciale, piuttosto che le caratteristiche
di un’azienda erogativa.
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Art. 36 CC - L'ordinamento interno e l'amministrazione delle associazioni non riconosciute come
persone giuridiche sono regolati dagli accordi degli associati.
Le dette associazioni possono stare in giudizio nella persona di coloro ai quali, secondo questi accordi, e
conferita la presidenza o la direzione (Cod. Proc. Civ. 75, 78)
Art. 42 CC - Qualora i fondi raccolti siano insufficienti allo scopo, o questo non sia più attuabile,
o, raggiunto lo scopo, si abbia un residuo di fondi, l'autorità governativa stabilisce la devoluzione dei
beni, se questa non è stata disciplinata al momento della costituzione.
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A quel punto, la F.I.G.C. dispose lo scioglimento dei consigli direttivi delle vecchie
associazioni e la loro rinascita in qualità di società commerciali con personalità
giuridica.
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La figura prevista dalla F.I.G.C. per le società calcistiche era una Società per
Azioni anomala, in quanto non era ammesso il fine di lucro
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che, se raggiunto, non
andava distribuito fra i soci bensì investito nell’attività sportiva.
Per cercare di attenuare l’inadeguatezza delle norme, il Parlamento Italiano approvò
la Legge 91 del 23 maggio 1981 riguardante le “Norme in materia di rapporti tra
società e sportivi professionisti” presentando due aspetti innovativi in tema di
obbligo per le società sportive: costituzione nella veste di Società per Azioni
(S.p.A.) o di Società a Responsabilità Limitata (S.r.l.), per poter stipulare contratti
con gli atleti professionisti, e regolamento del rapporto tra club e calciatori come
rapporto di lavoro di tipo subordinato, prevedendo un contratto-tipo rivedibile ogni
tre anni, con la conseguenza che una società non può impedire all’atleta di
trasferirsi in un’altra società, ma la società acquirente dovrà versare alla società
cessionaria un’indennità di preparazione e promozione, secondo i coefficienti fissati
in una tabella prevista dalle N.O.I.F. (Norme Organizzative Interne Federali).
A questa legge, verrà dato seguito, a livello internazionale, con la cosiddetta Legge
Bosman, che elimina le limitazioni di impiego imposte dalle diverse Federazioni
Sportive nazionali ed abolisce l’obbligo del versamento dell’indennità di
preparazione e promozione al club cedente.
In seguito all'introduzione di suddetta norma, un giocatore di calcio, alla scadenza
del proprio contratto, può svincolarsi dalla squadra di appartenenza, ovverosia è
libero di stipulare un nuovo contratto con un’altra società, senza che questa paghi
alcun prezzo di trasferimento alla squadra di provenienza.
A questo punto gli indennizzi vengono meno, ma le società sportive professioniste
hanno la possibilità di iscrivere in un apposito conto un importo pari al valore
dell’indennità maturate e certificate del calciatore, procedendo al suo
ammortamento.
Tutto ciò viene tramutato in legge attraverso il D. L. 485 del 20 settembre 1996,
poi convertito nella Legge 586 del 18 novembre 1996.
Tale provvedimento segna una svolta nella gestione delle società professionistiche,
poiché i soci hanno la possibilità di vedere remunerare l’investimento effettuato,
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Delibera del 16/09/1966 prevede la rinascita come società commerciali come condizione per
ottenere l’iscrizione al campionato.
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I club calcistici possono realizzare un lucro oggettivo, ma non uno soggettivo, in quanto essi
possono realizzare un utile di bilancio ma non possono distribuirlo ai soci
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partecipando alla distribuzione degli utili generati, e rappresenta l’insieme delle
norme che tuttora regolamentano l’attività sportiva italiana.
L'ultima regolamentazione europea riguarda il rapporto tra società e calciatore. Con
l’entrata in vigore nel luglio 2005 del “Regolamento F.I.F.A. sullo status dei
trasferimenti dei calciatori”, vi è la possibilità, per un calciatore di età inferiore ai 28
anni, di risolvere il proprio contratto unilateralmente senza giusta causa, dopo i
primi tre anni, senza che gli vengano comminate sanzioni sportive e senza dover
corrispondere alcun tipo di indennizzo.
Per i giocatori di età superiore ai 28 anni, la risoluzione unilaterale si può applicare
dopo due anni.
1.2 Cenni economici e c.d. indotto
Spesso durante le grandi manifestazioni come possono essere i Mondiali di Calcio
oppure le finali di competizioni internazionali come la U.E.F.A. Champions League o
la U.E.F.A. Europa League, si parla di indotto generato dall’evento, cioè di quella
ricchezza indirettamente creata da manifestazioni di questo tipo all’economia del
Paese oppure dell’intera area interessata.
Per esempio, la recente finale di U.E.F.A. Champions League svoltasi tra Fc Bayern
Munchen ed Fc Internazionale ha creato un indotto pari a 2,6 milioni di euro per la
sola città di Milano, tra maxischermi in piazza e bar che trasmettono le partite, e 50
milioni di euro per la città di Madrid che ha ospitato la partita
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(si è stimato che la
capitale spagnola abbia accolto 120.000 persone, tra spettatori e addetti ai lavori,
che verosimilmente hanno pernottato e visitato la città nelle ore antecedenti il
match).
Il calcio, infatti, grazie alla passione che lega i suoi milioni di tifosi, muove denaro
ed appassionati in ogni angolo del globo come nessun’altra attività al mondo.
Le recenti ricerche della divisione marketing di tutte le maggiori società di calcio si
sono focalizzate proprio sull’allargamento del bacino di utenza a paesi dove il calcio
non è ancora lo sport principale.
In tema, si cominciò con il Mondiale organizzato nel 1994 negli Stati Uniti (dove il
soccer è tuttora uno sport di secondo piano rispetto a basket, hockey, baseball e
football americano), passando per quello giocato in terra asiatica (nel 2002 la
rassegna internazionale si disputò fra Giappone e Corea del Sud), fino all’ultima
Supercoppa Italiana, organizzata in Cina, considerata la nuova Eldorado del Calcio.
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Fonte: DNews Milano (Studio effettuato della CCIAA di Monza e Brianza), 21 maggio 2010
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Secondo uno studio della Lega Calcio
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, la partita ha mosso oltre 300 milioni di
cittadini cinesi e di conseguenza tutto il codone di aziende sponsor, italiane ed
europee, che vogliono aprire il proprio business con la Cina (per esempio Pirelli,
main sponsor dell’Fc Internazionale, ha siglato accordi per sponsorizzare i prossimi
3 campionati di prima divisione cinese, mentre la Regione Lazio, ha creato ad hoc
uno sponsor con caratteri cinesi da apporre sulle maglie del club capitolino, il quale
invitava i cittadini d’oriente a visitare Roma).
Oltre ad un aumento del brand della Federazione, delle squadre partecipanti e dei
rispettivi sponsor, la Supercoppa porta anche risorse dirette alle partecipanti, dati
gli introiti derivanti dall’accordo tra Lega Calcio e Federazione Cinese che
comportano ricavi per le società per 1,25 milioni di euro a testa.
Medesimo discorso per quanto riguarda l’organizzazione del Mondiale 2010 in
Sudafrica. Secondo uno studio della Camera di Commercio di Milano
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, l’atteso giro
di affari si attesta sui 5 milioni di euro solo in Italia, grazie all’aumento dei rapporti
con aziende sudafricane e all’aumento interno dei consumi.
A ciò si aggiunga la possibilità di creare flussi monetari attraverso l’organizzazione
di un evento così importante in un Paese “povero”, in cui gli investimenti per
infrastrutture superano i 4 miliardi di euro e l’atteso guadagno turistico si aggira
intorno al miliardo e mezzo di euro.
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Le cifre sopra espresse spiegano il perché della corsa all’organizzazione di un
evento speciale, siano essi Mondiali o Europei di Calcio oppure finali di competizioni
europee.
L’Italia si candidò all’organizzazione di Euro2016 e gli investimenti “promessi” per
vincere la concorrenza degli altri paesi si aggiravano sui 745 milioni di euro
distribuiti per dodici città italiane, che, grazie a questi finanziamenti, avrebbero
potuto ristrutturare, o addirittura costruire da zero, i loro stadi, migliorando
l’organizzazione intorno ad essi
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Purtroppo, in data 28 maggio 2010, l’U.E.F.A. ha nominato la Francia come
organizzatrice dei Campionati Europei di Calcio del 2016, la quale ha battuto la
concorrenza dell’Italia, appunto, e della Turchia.
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Fonte: Il Sole 24 Ore, 8 agosto 2009 -
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2009/08/cina-eldorado-
calcio.shtml?uuid=b2cffa56-83fa-11de-b46c-59e62cf91af8&DocRulesView=Libero&fromSearch
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Fonte: ANSA, 4 marzo 2010 -
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2010/05/04/visualizza_new.html_1788460681.html
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Fonte: Governo Sudafricano, 4 marzo 2010 -
http://www.gazzetta.it/Speciali/Mondiale_2010/05-03-2010/mondiale-nababbi-603201356871.shtml
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Fonte: Milano Finanza, 13 aprile 2010 -
http://www.milanofinanza.it/news/dettaglio_news.asp?id=201004131410051773&chkAgenzie=PMFNW&
sez=news&testo=calcio&titolo=Calcio: progetto Euro2016, 745 milioni per interventi su 12 stadi