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1. MESSALINA NELLE FONTI ANTICHE E MODERNE
Questo lavoro prende le mosse da un interrogativo, che, non a caso, ne
costituisce il titolo: Messalina è davvero la meretrix augusta di cui
parlano gli autori antichi, oppure è possibile ipotizzare che, in realtà,
la sua immagine di donna dissoluta e avida sia stata ingigantita nelle
fonti letterarie attraverso le dicerie dei suoi molti nemici?
Senza dubbio l’immagine dell’imperatrice, giunta attraverso i secoli, è
fosca, carica di elementi negativi, al punto che ancora oggi il suo
nome è associato a figure femminili note per i loro aspetti e
comportamenti libidinosi e ninfomani. Tutti l’hanno considerata e la
considerano una donna scandalosa, ma, in realtà, già nel mondo antico
pochi conoscevano la storia e le ragioni delle sue abiezioni.
Forse proprio per questo motivo pochi autori moderni si sono
occupati di lei, tant’è che non esistono ricerche scientifiche che
raccolgono in modo sistematico notizie sulla sua vita. Infatti si fatica
trovare una biografia attendibile dell’imperatrice; quelle che
possediamo sono, nella maggior parte dei casi, “biografie romanzate”,
in cui è appunto difficile cogliere il nocciolo storico
1
.
Il punto di partenza utilizzato per affrontare questo lavoro è stato lo
studio delle fonti antiche, nel caso specifico Seneca, Plinio il Vecchio,
Giovenale, e soprattutto Svetonio, Tacito e Cassio Dione
2
.
Se i primi autori fanno solo qualche piccolo riferimento alla donna,
Tacito e Cassio Dione, invece, ne parlano in maniera piø approfondita.
1
F. Mazzei Messalina, Milano 1983. L. Goldoni Messalina una spudorata innocenza, Milano
1992.
2
I passi dei rispettivi autori saranno citati dettagliatamente nei capitoli successivi.
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Un esame accurato dei due storici e il confronto dei loro testi con
quelli di altri autori, in particolare il biografo Svetonio, fanno
emergere alcune contraddizioni ed incrinature.
Tali incrinature certo non sono tali da permettere un completo
rovesciamento dell’interpretazione degli avvenimenti e dei relativi
personaggi, ma forniscono nuove ed interessanti chiavi di lettura in
merito alla figura dell’imperatrice, anche se, in complesso, tutti gli
autori finiscono per dare di Messalina un ritratto dai contorni crudeli.
Se per Seneca Messalina è solo una vittima della stupidaggine di
Claudio, il quale la condanna a morte senza darle la possibilità di
difendersi, questo non vale per uno dei suoi piø feroci denigratori:
Giovenale. Quest’ultimo, secondo il quale è lecito dire tutto contro i
morti, rivela nella sua sesta satira, che ha per bersaglio proprio le
donne, una esasperata misoginia, una vera e propria repulsione verso
l’altro sesso. Egli è uno spirito scontento, pieno di rabbia, che
considera depravazioni femminili il semplice fare ginnastica o
occuparsi di letteratura.
Quindi il poeta non esita a descrivere Messalina come una prostituta,
che intraprende una gara “sessuale” con una famosa cortigiana,
collezionando venticinque amanti in un solo giorno. Secondo
Giovenale, Messalina è la donna che, truccata e mascherata, lascia di
notte la sua regale dimora per raggiungere il quartiere malfamato della
Suburra e così prostituirsi sotto il falso nome d’arte di Licisca.
Anche Tacito, con toni meno violenti, descrive Messalina come una
donna immorale, che sfiora i confini della ninfomania, e segna
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inevitabilmente il suo destino decidendo di sposare Silio, il piø bel
giovane di Roma.
Ma il ritratto così sprezzante dell’imperatrice raggiunge il suo
culmine nell’opera di Cassio Dione, che non si limita a parlare della
depravazione della donna (come Tacito o Giovenale), ma ne fa una
assassina, che procede alla persecuzione ed all’eliminazione fisica di
tutti coloro che le si oppongono, o che, semplicemente, rifiutano le sue
richieste sessuali.
Non solo, l’imperatrice diventa il simbolo di una moderna corruttrice,
la quale gestisce, con la complicità dei liberti ed in particolare di
Narciso, un giro illecito di concussione: mentre Claudio è intento a
concedere la cittadinanza romana ai fedeli sudditi della Gallia,
Messalina trasforma questo diritto in favoritismo, quindi molti
riescono a ricevere la cittadinanza, in maniera piø rapida e certa,
attraverso il pagamento di una “tangente”.
Ma a questo proposito sorge una domanda: è davvero possibile
credere che Messalina, imperatrice di Roma abbia bisogno di gestire
questa sorta di “tangentopoli” per arricchirsi?
Se le notizie sulla donna fornite dagli autori antichi sono scarse, non
sono molto numerosi neppure gli studi dei moderni dedicati appunto
all’imperatrice. Nella maggior parte dei casi si tratta di autori
anglosassoni, che nel quadro delle loro ricerche, tendono a fornire un
piccolo riassunto dei fatti, così come vengono riportati dagli storici
antichi e raramente sollevano interrogativi; quando lo fanno, non
sentono di dover dare risposte precise.
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Fra i lavori moderni, tuttavia, due saggi si sono mostrati piø attenti
nell’esaminare l’immagine di Messalina. Si tratta del volume di
Barbara Levick intitolato Claudius e del breve saggio di Stefano de
Asarta, incentrato questo su Messalina e intitolato appunto Valeria
Messalina
3
.
Il libro della Levick, come si evince dal titolo si concentra soprattutto
sulla figura dell’imperatore Claudio; tuttavia, quando parla
dell’imperatrice, la studiosa si mostra fermamente convinta che in
realtà Messalina non sia una ninfomane, ma che il suo uso così illecito
del sesso sia da considerarsi esclusivamente un’arma politica della
quale ella si servì per garantire l’ascesa al trono di suo figlio
Britannico, minacciato dalla emergente figura di Nerone.
De Asarta è sostanzialmente d’accordo con la Levick. Secondo lui,
Messalina è solo una ragazza sfortunata, calunniata e infine giustiziata
semplicemente per ragioni dinastiche. Inoltre, lo scrittore aggiunge
qualche ulteriore elemento che ribalta in parte il quadro dei fatti;
secondo lui, il matrimonio tra Messalina e Silio è soltanto una
finzione, nella realtà non si è svolto.
Se i saggi scientifici relativi a Messalina sono pochi, numerosi sono
invece i romanzi; vi sono infatti diversi autori, sia italiani che
stranieri, che si sono cimentati nel trasformare questo personaggio
storico in un personaggio romanzato.
Queste opere non sono frutto di pura fantasia, in quanto gli autori
utilizzano come riferimento le fonti classiche, che nella maggior parte
dei casi vengono montate e smontate, quasi come se si trattasse di un
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B. Levick, Claudius, London 2002. S. de Asarta, Valeria Messalina, Napoli 2004.
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collage. In questo modo i vari pezzi frammentati della realtà storica
vengono ricomposti, dando vita a una storia nuova. Quindi spesso
vengono inseriti elementi nuovi ed incongrui, mentre i personaggi
storici sono estrapolati con esattezza dalle fonti per poi essere adattati
alla nuova pagina scritta.
Due romanzi in particolare hanno avuto un grande successo: Io
Claudio e Il divo Claudio e sua moglie Messalina, entrambi frutto di
una mano comune, ovvero quella dello scrittore inglese Robert
Graves
4
. Entrambi i romanzi sono composti in prima persona: è lo
stesso Claudio a parlare e a rivolgersi ai suoi lettori, trasferendo sulla
carta le sue memorie private.
Claudio, che nelle fonti antiche è descritto come un uomo stupido ed
insicuro, nel romanzo di Graves è invece un uomo simpatico ed
autoironico in merito alle varie macchinazione politiche orchestrate ai
danni della sua famiglia.
Ma Graves nei suoi romanzi adotta un punto di vista maschilista: se da
un lato la figura di Claudio viene riscattata, dall’altro non è così per le
donne imperiali, i cui difetti, anzi, vengono spesso acutizzati.
Infatti, come nelle opere degli storici antichi, così nei romanzi di
Graves, gli atti licenziosi di Messalina vengono enfatizzati, tanto da
spingere qualsiasi lettore a schierarsi pienamente dalla parte di
Claudio e contro Messalina, che ridicolizza e inganna di continuo il
marito.
4
R. Graves, Io Claudio, Milano 1957. R. Graves, Il divo Claudio e sua moglie Messalina, Milano
1958.
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Se per Tacito l’amore di Messalina per Silio, porta alla fine tragica
della donna e quindi alla sua esecuzione, per Graves è l’amore di
Claudio a causare la morte dell’imperatrice. L’imperatore è ormai
stanco dei continui tradimenti della moglie, si sente ingannato e
confessa a tutti di aver sempre saputo ciò che ella faceva e che in
realtà non lo aveva mai rivelato proprio per amore della donna, che
però, ora, deve pagare con la morte la sua licenziosità; i lettori
diventano così i confidenti di un marito distrutto dal dolore.
Anche a livello cinematografico il personaggio di Messalina, ha
riscosso un grande successo ed ancora una volta l’immagine che viene
rappresentata sugli schermi è quella di un’imperatrice bella ma alla
continua ricerca del piacere: Messalina è l’incarnazione di una
moderna femme fatale.
(Messalina del regista Mario Caserini del 1910. Messalina del regista
Carmine Gallone del 1951. Messalina, Venere imperatrice del regista
Vittorio Cattafavi del 1959).
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2. MESSALINA IN SENECA, PLINIO IL VECCHIO E
GIOVENALE
2.1 Seneca
Il primo autore in ordine cronologico a occuparsi di Messalina è
Seneca, il quale vive negli anni caratterizzati dal dominio della
dinastia giulio-claudia e proprio per questo motivo si può considerare
testimone oculare dei fatti accaduti durante tale periodo ed in
particolar modo di quelli che sono oggetto di questo studio
sull’imperatrice.
Nell’anno 54, poche settimane dopo la morte dell’imperatore
Claudio, Seneca scrive il Ludus de morte Claudii meglio conosciuto
con il nome greco di Apokolokyntosis, con chiaro riferimento al
termine kolokynta (zucca) emblema di stupidità. L’opera che rientra
nel genere della satira menippea, narra parodisticamente la morte di
Claudio e la sua ascesa all’Olimpo per entrare a far parte delle
divinità, ma in realtà l’imperatore viene condotto agli inferi, dove
finisce schiavo del nipote Caligola e del liberto Narciso.
Intento di Seneca è quello di comporre una satira sull’imperatore, che
nel 41 lo aveva condannato all’esilio, a seguito dell’accusa di
adulterio con Giulia Livilla, nipote dello stesso Claudio. Secondo le
fonti storiografiche ed in particolare Cassio Dione
5
, tale condanna
sarebbe frutto della gelosia di Messalina nei confronti di Giulia
Livilla, la quale, a quanto risulta dalle fonti, era molto bella.
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Dion. 60, 8.5.
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L’imperatrice per liberarsi della donna, la accusa di adulterio,
coinvolgendo, come appena ricordato, anche il filosofo. Il motivo per
cui anche Seneca viene condannato non appare chiaro in nessuna fonte
storiografica. Dunque bisogna ipotizzare che dell’esilio dell’autore
l’imperatrice non sia la vera responsabile.
Nel libello Claudio viene incolpato di aver ordinato una serie di
omicidi, tra i quali quello del genero Cn. Pompeo Magno e di Appio
Silano, perchØ temeva che potessero scalzarlo dal trono.
Nella lista delle vittime imperiali compare anche il nome di
Messalina, la quale venne condannata a morte dal marito senza la
possibilità di difendersi, poichØ Claudio, strumento nelle mani dei suoi
liberti, permise che questi intervenissero nelle sue decisioni.
In quest’opera non sono descritti gli aspetti positivi di
quell’imperatore, che mise a capo delle principali segreterie i suoi
liberti, che favorì l’integrazione nell’impero delle popolazioni delle
province, che seguì con cura l’amministrazione della sua città, con
l’intento di non far mancare nulla al suo popolo; l’uomo, dice Seneca
6
,
che appariva incapace di far del male ad una mosca, in realtà era un
imperatore spietato, che causò grandi mali all’interno della sua stessa
famiglia.
Seneca scrive:
6
Sen. Apokol. 11, 2.3.