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Premessa
Questo elaborato nasce un po’ per caso, e un po’ da un sogno che è rimasto per
anni nel cassetto. Da giovane entusiasta divoratrice di manga e appassionata di anime
giapponesi quale sono da anni, ho sempre nutrito una forte curiosità nei riguardi della
terra e della gente che hanno generato questo tipo di prodotti culturali. Rendendomi
conto della complessità e stranezza, agli occhi di noi Occidentali, di una cultura così
antica e lontana dalla nostra, desideravo immergermi in essa per cercare di
comprendere e apprendere il più possibile. Lo stage presso la Camera di Commercio
italiana in Giappone mi ha dato questa possibilità, e per sfruttarla fino in fondo mi
sembrava opportuno coniugare l’esperienza all’estero con la ricerca per la tesi, in
modo tale da potermi avvicinare ancora di più e con un altro “paio di occhiali” al
popolo ed alla cultura giapponese.
Per definire l’argomento di studio, non ho dovuto fare altro che guardarmi
intorno: abito nella provincia di Treviso, circondata dai colli di Conegliano e
Valdobbiadene, e giusto in quel periodo si stava svolgendo la fiera Vinitaly a Verona…
Non mi ci è voluto molto per decidere che l’oggetto di analisi sarebbe stato il vino
italiano, che gode in tutto il mondo di un’immagine di raffinatezza ed eleganza, ed è
associato alle tante bellezze culturali e naturali che l’Italia offre ad italiani e stranieri.
Da qui la scelta di esplorare, con questo elaborato, il mondo del vino italiano
che viene esportato in Giappone.
Ho cercato di coprire tutti gli aspetti che ritenevo importanti, dallo studio del
mercato, ad esempio in termini di fasce di prezzo e concorrenza, alla parte burocratica
e legislativa, con un occhio anche all’offerta italiana ed alla varietà che essa presenta.
Tuttavia, non mi sembrava sufficiente affidarmi ai semplici dati statistici ed agli
studi istituzionali. Per questo ho deciso che una parte della tesi avrebbe contenuto delle
interviste, condotte da me, ai diretti interessati: esportatori, importatori, distributori,
ristoratori e consumatori. In questo modo, ho potuto raccogliere la voce e le
impressioni di chi lavora sul campo, ed ho realizzato il mio desiderio di entrare in
contatto in maniera più profonda con il “modo di fare” e di pensare dei giapponesi, e
degli stranieri che lavorano in Giappone.
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Introduzione
La tesi è costituita da due capitoli.
Il primo capitolo, a sua volta, è diviso in due parti.
La prima è dedicata all’offerta italiana di vini da esportazione, ed esamina in
breve le principali tipologie di vino, prendendo in considerazione la scala gerarchico
qualitativa IGP-DOC-DOP-DOCG. Vengono inoltre forniti alcuni dati che permettono
di farsi un’idea delle dimensioni e dello sviluppo del settore enoico negli ultimi anni.
La seconda parte ha come oggetto l’analisi del mercato giapponese. Se vogliamo,
è un’analisi dello stesso fenomeno descritto nella prima parte del primo capitolo, ma
visto dalla parte della domanda. Vengono dunque presentati gli indicatori ritenuti
significativi per determinare lo stato di salute di un’economia (PIL, il tasso di natalità, il
tasso d’istruzione), la forma di governo e gli ultimi sviluppi nell’evoluzione sociale,
politica e demografica del paese importatore. Si passa poi ad analizzare la struttura del
mercato del vino in Giappone, a partire da un excursus storico che permette di rendersi
conto che in Giappone la cultura del vino è in realtà presente da poco più di un secolo, e
che non si è ancora affermata ai livelli europei o statunitensi. Segue uno studio degli
elementi chiave per la comprensione del mercato: fasce di prezzo, profilo del
consumatore, concorrenza, dimensioni del mercato e sistema distributivo. Il capitolo si
conclude con la descrizione della normativa giapponese per quanto concerne
l’importazione di alcolici, e l’elencazione dei documenti necessari alla procedura di
export.
Nel secondo capitolo sono presentate le interviste realizzate prima e durante lo
stage, riassunte ed inserite in un discorso organico che a sua volta prevede tre paragrafi.
Il primo paragrafo, intitolato “Il vino italiano e il Giappone”, delinea
principalmente il rapporto tra produttori italiani ed esportatori giapponesi, evidenziando
le motivazioni che hanno portato i produttori italiani ad orientarsi verso il mercato
giapponese, le modalità d’entrata nel mercato, l’identità dei soggetti e le difficoltà
incontrate da entrambi.
Il secondo paragrafo (“Il vino italiano in Giappone”) presenta una descrizione
del mercato giapponese per il vino italiano, dal punto di vista degli “importatori” e degli
esportatori. Questo secondo paragrafo contiene le loro osservazioni, frutto di una lunga
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esperienza lavorativa nel settore, sulle tendenze del mercato, sul posizionamento
competitivo e la concorrenza tra nazioni (Italia vs Francia in primis), sul
comportamento ed i gusti del consumatore e su come è cambiata la percezione del
prodotto dal secondo Dopoguerra.
L’ultimo paragrafo raccoglie soprattutto le interviste ai consumatori, e si intitola
“Il vino italiano e i giapponesi”. In quest’ultima parte viene indagata la percezione che
hanno i consumatori giapponesi del vino italiano: come, quando, perché e con chi lo
bevono, in che modo effettuano l’acquisto, quali tipologie sono preferite. In particolare,
ho cercato di capire se il consumo di vino italiano – e di vino in generale – sia ancora
visto come un evento speciale, collegato ad occasioni particolari e dunque costituisca un
marker sociale ed un simbolo di status. Inoltre, anche ai consumatori, come agli
importatori, ho chiesto di fornirmi una breve descrizione dell’evoluzione della
percezione e delle modalità di consumo dal Dopoguerra fino ad oggi.
Per i dettagli sulla modalità di svolgimento delle interviste, rimando
all’introduzione al secondo capitolo.
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CAPITOLO I.I : LA PRODUZIONE ITALIANA
1. Tipi di vino
I vini si differenziano tra loro per il sistema di vinificazione (vini normali e
speciali) e per le proprietà organolettiche: colore, profumo, gusto e retrogusto.
Altri parametri concorrono a definire le caratteristiche di un vino: alcol, acidità,
sapidità, sensazione di astringenza (dovuta ai tannini).
I vini possono essere differenziati in vini tranquilli, vini frizzanti e spumanti, a
seconda della loro capacità di sprigionare anidride carbonica all'apertura delle bottiglie.
Costituisce ulteriore distinzione il contenuto in zuccheri non fermentati del vino
(secco, semisecco, dolce...).
Inoltre ogni vino è caratterizzato da una temperatura di servizio (temperatura
ideale per la consumazione) e da abbinamenti ottimali con determinate pietanze.
Vini normali
Si intendono per vini normali quei vini immessi al consumo dopo aver subito il
solo processo di vinificazione (quindi senza interventi tecnici successivi o aggiunte di
altri componenti).
Vino bianco
Il vino bianco si presenta all'aspetto di colore giallo in varie tonalità (dal
verdolino all'ambrato, passando per il paglierino e il dorato); è generalmente
caratterizzato da profumi floreali e fruttati, e va consumato ad una temperatura di
servizio compresa fra 8 °C e 14 °C; al gusto prevalgono le sensazioni di freschezza e
acidità, anche se con l'aumentare della temperatura di servizio potrebbero presentarsi
sgradevoli sensazioni di amaro. Gli accoppiamenti ottimali sono con le pietanze a base
di pesce, molluschi, crostacei, verdure e carni bianche, ed in generale con piatti di
cottura rapida e sughi poco strutturati.
Vino rosato
Il vino rosato si presenta all'aspetto di colore tra il rosa tenue, il cerasuolo e il
chiaretto; è generalmente caratterizzato da profumi fruttati, e va consumato ad una
temperatura di servizio compresa fra 10 °C e 14 °C; al gusto prevalgono le sensazioni di
leggera acidità, di aromaticità e di lieve corposità. Gli accoppiamenti ottimali sono con
pietanze gustose a base di pesce, paste asciutte con sughi delicati, salumi leggeri.
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Vino rosso
Il vino rosso si presenta all'aspetto di colore rosso in varie tonalità (dal porpora
al rubino fino al granato e all'aranciato); è generalmente caratterizzato da un'ampia
varietà di profumi (fiori, frutta, confettura, erbe, spezie) e da una più o meno elevata
sensazione di morbidezza, corposità e tannicità; va consumato ad una temperatura di
servizio compresa fra 14 °C e 20 °C. Gli accoppiamenti ottimali sono con le carni rosse,
la cacciagione, i formaggi, e tutte le pietanze basate su cotture prolungate e sughi
strutturati.
Vino novello
Si ottiene mediante macerazione carbonica. Ha un colore intenso e forti aromi
secondari o fermentativi. Non può essere immesso sul mercato prima del 6 novembre di
ogni anno e se ne consiglia un consumo nei primi sei mesi perché poco stabile. Un
accoppiamento ottimale e tipico del vino novello è con le castagne, e conseguentemente
con gli alimenti a base di farina di castagne.
Vino passito
Ottenuto da uve appassite lavorate come per una normale vinificazione.
L'appassimento può avvenire in maniera naturale sulla pianta (eseguendo dunque la
vendemmia tardivamente) oppure artificialmente ponendo l'uva su dei graticci sui quali
viene insufflata aria calda, oppure per effetto della cosiddetta muffa nobile (Botritys
Cinerea) che attacca gli acini formando una coltre superficiale che fa evaporare l'acqua
contenuta nell'acino, aumentando così la concentrazione degli zuccheri.
Vin ruspo
Viene fatto con una miscela di vino di Carmignano DOCG attraverso una
fermentazione breve che toglie leggermente il colore rosso delle bucce di uva: per
questo viene spesso confuso con il vino rosé, o rosato, e come questo si serve a
temperature dell'ordine dei 10 °C 14 °C.
Vino barricato
Il vino barricato viene lasciato invecchiare in botti di legno, con particolare
riferimento al legno di rovere che si ottiene dalle querce, ma anche di ciliegio o faggio.
Questo procedimento consente al vino di invecchiare lentamente mediante un processo
di ossidoriduzione che avviene tramite le fibre lignee: esso dà al vino un aroma più
intenso e speziato (es. vaniglia).
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Il fatto di potere contare su legni che provengono storicamente dagli stessi alberi,
consente agli enologi di potere stabilire diversi parametri per l'invecchiamento dei vini.
Va segnalato che è diventata prassi comune da parte di alcuni produttori vinicoli
l'aggiungere al vino trucioli di legno per conferire al vino gusto ed aromi di legni.
Vini speciali
Si intendono per vini speciali quelli che dopo il processo di vinificazione e prima
di essere immessi al consumo vengono sottoposti ad ulteriori interventi tecnici o
all'aggiunta di altri componenti.
I vini speciali sono:
Vino spumante
In seguito ad una vinificazione tradizionale come per un normale vino bianco,
viene aggiunto il cosiddetto Liqueur de Tirage ovvero lieviti, monosaccaridi (zucchero
di canna) e minerali, al fine di provocare una rifermentazione che può avvenire in
bottiglia (Metodo Champenoise o Classico) o in autoclave (metodo Charmat o
Martinotti)
Vino liquoroso
Vino aromatizzato
2. I vini a denominazione protetta
2.1 La Tutela Legislativa
Con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del D.M. 29 marzo 2007 e del
D.M. 13 luglio 2007 si completa il quadro normativo che dispone una nuova
impostazione dei controlli sulla produzione dei vini a Denominazione di Origine italiani.
I due nuovi decreti ricalcano le disposizione dei precedenti D.M. 29 maggio
2001 e D.D. 21 marzo 2002, oramai abrogati, affidando ai Consorzi di Tutela muniti di
particolari requisiti, il controllo dell'intera filiera produttiva dei vini a Denominazione di
Origine. Questo sistema di controlli è applicato su tutti gli utilizzatori della
denominazione di origine e tutte le fasi di produzione dall'uva, passando per il vino, fino
ad arrivare alla bottiglia, al fine di verificare le rispondenze agli adempimenti sanciti dal
rispettivo disciplinare di produzione.
Riassumendo, e in maniera molto semplificata, si può dire che il sistema di
controllo prevede due tipologie di attività collegate tra loro:
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1. “pareri di conformità”, che devono essere espressi su tutte le partite di vino e si
basano sulla disponibilità della documentazione relativa ad albi vigneti, alle
denunce di produzione, alle giacenze su cui effettuare le necessarie verifiche.
2. Ispezioni presso le aziende produttrici, di trasformazione e di imbottigliamento
e/o confezionamento, su un campione minimo del 15% annuo della produzione
totale rivendicata. Queste permetteranno di confrontare le reali caratteristiche del
vigneto campo con le dichiarazioni documentali.
Questo sistema, giunto a regime, permette di conoscere l'effettiva consistenza
della superficie vitata di ogni Denominazione, di avere in tempo reale un catasto
viticolo dei VQPRD Italiani, di conoscere i quantitativi di uva e vino prodotti ed il
numero di bottiglie effettivamente realizzate. E' quindi possibile rintracciare ogni
singola bottiglia di vino prodotta, risalire all'imbottigliatore, alla composizione chimico-
fisica, al certificato di idoneità rilasciato dalla Camera di Commercio ed in alcuni casi al
vigneto da cui è stata prodotta l'uva, il tutto a garanzia del prodotto e del consumatore.
2.2 I Decreti Legge
1. DM 29 marzo 2007
Disposizioni sul controllo dei vini di qualità prodotti in regioni determinate.
2. DM 13 luglio 2007
Approvazione dello schema di piano dei controlli, del prospetto tariffario e
determinazione dei criteri per la verifica della rappresentatività della filiera
vinicola.
2.3 La Piramide dei Vini
I vini prodotti in Italia si possono dividere in quattro fasce, in base alla quantità
di controlli svolti sul prodotto. Dal momento che la numerosità dei vini nel mercato
diminuisce all’aumentare del numero dei controlli, possiamo visualizzare queste fasce
come quattro livelli di una piramide.
Il primo livello (il più basso) comprende i vini da tavola generici.
Questi vini non presentano alcuna indicazione di provenienza o nome di vitigno
o annata di raccolta, ma ciò non vuol dire che siano di bassa qualità o non genuini.
Piuttosto, ci si trova di fronte a prodotti semplici che possono essere il risultato di un
insieme di uve o vini di qualità, provenienza o annate diverse.
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Spesso la scelta di non richiedere alcun tipo di denominazione è determinata
anche da ragioni economiche. Infatti, le piccole dimensioni aziendali, insieme ai vincoli
produttivi ed ai costi della certificazione aziendale, costituiscono il principale ostacolo
all’iscrizione dei vigneti negli albi delle denominazioni di origine.
Al secondo livello ci sono i vini IGT: vini ad Indicazione Geografica Tipica.
Gli elementi caratterizzanti sono l’indicazione della zona geografica, del vitigno di base
(es: Chardonnay) e dell’annata di raccolta.
La menzione IGT può essere sostituita dalla menzione Vin de pays per i vini
prodotti in Valle d'Aosta, e dalla menzione Landwein per i vini prodotti nella provincia
di Bolzano. Tali vini provengono per almeno l’85% dalla zona geografica di cui portano
il nome e devono rispondere a determinati parametri indicati nei “Disciplinari di
Produzione”, quali:
. resa massima delle uve per ettaro
. resa di trasformazione delle uve in vino
. gradazione alcolometrica minima naturale
. gradazione alcolometrica al consumo
. i vitigni da cui possono essere ottenuti
Al terzo livello troviamo i vini DOC: vini di Origine Controllata. Sono
prodotti in un’area territoriale ben determinata, e come per i precedenti, le loro
caratteristiche enologiche e chimiche sono fissate nei “Disciplinari di Produzione”, che
in questo caso ne regolamentano l’intero ciclo produttivo e prevedono:
. tipologie di vino producibili (rosso riserva, tardivo vendemmia,..)
. i quantitativi di uva ottenibili per ogni ettaro di terreno
. le varietà utilizzabili
. la resa di trasformazione di uve in vino
. il tipo e la durata dell’eventuale invecchiamento
. gradazione alcolometrica minima naturale
. gradazione alcolometrica al consumo
Inoltre i vini DOC sono controllati anche qualitativamente: la messa in vendita è
subordinata ad una preventiva analisi chimica ed organolettica da parte di apposite
commissioni di degustazione istituite presso ogni Camera di Commercio. La dicitura
DOC figura sempre nell’etichetta.
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In cima alla piramide si situano i vini DOCG: vini di Origine Controllata e
Garantita. Sono vini di particolare pregio e il loro numero è limitato (circa una
quarantina). Sono sottoposti a regole più strette rispetto ai DOC e devono aver avuto
almeno 5 anni di militanza tra i vini DOC. Prima di ottenere il riconoscimento DOCG
devono superare un esame chimico-organolettico come gli altri, ed un esame
organolettico partita per partita prima dell’imbottigliamento. La capacità delle bottiglie
commercializzate non può superare i 5 litri. Ogni singola bottiglia deve essere munita
del contrassegno di Stato, una fascetta rilasciata dalla Repubblica Italiana, assegnata
agli imbottigliatori in base agli ettolitri effettivamente prodotti.
La qualificazione di "Riserva" è attribuita ai vini che vengono sottoposti ad un
periodo di invecchiamento più lungo rispetto a quello previsto dal Disciplinare. La
dicitura "Superiore" è attribuita ai vini che hanno una gradazione alcolica più elevata
rispetto a quella prevista dal Disciplinare.
Dal 1 agosto 2009, tuttavia, è operativa la nuova OCM (Organizzazione del
Mercato del Vino) Europea, che segue la pubblicazione, in data 24 luglio 2009, del
Regolamento n. 607/2009 (applicativo del Reg. CE n. 479/2008). Questa interessa
anche il settore dei vini DOP (corrispondenti alle nostre DOCG e DOC) e IGP
(corrispondenti alle nostre IGT) e introduce una serie di innovazioni sostanziali.
Innanzitutto, la procedura di riconoscimento delle DOP e IGP, che si concluderà con
l’iscrizione nel registro Comunitario delle DOP e IGP dei vini, avverrà mediante una
preliminare procedura nazionale ed una successiva procedura Comunitaria. Comunque
VINI
DOCG
VINI DOC
VINI IGT
VINI GENERICI