PREMESSA
Il presente lavoro sul mausoleo di Costantina ha l’obbiettivo di offrire
al lettore un quadro chiaro sulle modalità costruttive, sulla destinazione e
datazione, e sulla committenza del monumento.
Prima di affrontare le tematiche appena citate, ho descritto in maniera
generale tutto il complesso di S. Agnese, inquadrando anche la figura di S.
Agnese, la martire probabilmente vittima delle persecuzioni dioclezianee, che
Costantina aveva inteso venerare costruendo in suo onore la antica basilica
circiforme, su un preesistente cimitero paleocristiano, e poi annettendo ad essa
il proprio sepolcro. Indispensabili sono state le notizie attinte da varie fonti,
come la storia romana di Ammiano Marcellino, il Liber Pontificalis e le varie
Passio Latine e Greche.
Punto di partenza per la ricerca è stato l’enorme lavoro di P.A.Frutaz,
intitolato (Il complesso monumentale di S. Agnese e di S. Costanza), che
assieme alla ricerca di C. Cecchelli (S. Agnese e S. Costanza) da cui il Frutaz
aveva attinto, sono fonte inesauribile di informazioni su tutti i monumenti del
complesso. Altri studi preziosi sono stati le varie opere del Brandenburg con
(le prime chiese di Roma IV-VII secolo), quella di R. Polacco che ha descritto
esaurientemente l’architettura e la decorazione del mausoleo, tralasciando però
un’indispensabile storia degli scavi e degli studi, e soprattutto l’opera di
Magnani Cianetti e C. Pavolini del 2004 (La basilica costantiniana di S.
1
Agnese), che offre un aggiornamento sugli scavi effettuati nel monumento
negli ultimi anni.
Per quanto riguarda i mosaici mi sono rifatto all’antico articolo dello
Jubaru del 1904 (la decorazione bacchica del mausoleo cristiano di S.
Costanza), e soprattutto al recente studio della M. Andaloro e S. Piazza del
2006 (La Pittura Medievale a Roma- Corpus, l’orizzonte tardoantico e le
nuove immagine), veramente indispensabile per la ricostruzione critica di tutto
l’apparato iconografico, sono stati infatti trattati in maniera analitica tutti i
mosaici del mausoleo, sia quelli esistenti, che quelli perduti, per la
ricostruzione dei quali sono state utilizzate molte copie antiche, primo fra tutti
il lavoro dell’antiquario bresciano Pompeo Ugonio della fine del Cinquecento.
Non ho trascurato inoltre il lavoro della A. Amadio del 1986 (I mosaici
di S. Costanza), il cui scopo è stato quello di riunire il materiale inerente ai
mosaici del mausoleo per la parte relativa alla cupola e alla volta anulare.
Mi è sembrato opportuno anche inserire una parte introduttiva sulla via
Nomentana, con brevi cenni storici, per la quale mi sono servito dello studio
molto accurato di G. Messineo e A. Carbonara (La via Nomentana).
Nel compilare questa tesi ho usato diversi criteri; ad una prima parte
relativa alla basilica di S. Agnese e alla figura della Santa, ho fatto seguire la
parte sulle caratteristiche strutturali dell’edificio, e quella che riguarda la
decorazione musiva, della quale ho descritto tutti gli scomparti, anche quelli
oramai perduti.
2
Questo lavoro non ha la pretesa di essere esauriente, esso, con tutti i
suoi limiti, vuole riunire nel modo il più completo possibile, gran parte delle
notizie riguardanti il mausoleo di Costantina.
3
CAPITOLO
I
-Storia degli studi
L’assiduità con la quale il mausoleo di Costantina viene citato nelle
rappresentazioni di umanisti, pellegrini o visitatori occasionali fa pensare che
l’edificio fosse divenuto un importante polo di attrazione per tutti gli
appassionati d’arte che affollavano la capitale nell’epoca del rinascimento. Nel
500, grazie anche alla presenza nei mosaici del deambulatorio dei temi della
vendemmia, le descrizioni concordano nel ritenere l’edificio “Tempio di
Bacco”
1
.
L’unico ad aver lasciato una descrizione completa della decorazione
musiva del mausoleo è Pompeo Ugonio, che visitò l’edificio in tre riprese, il
primo ed il tre ottobre del 1594 e successivamente il venti novembre 1608. Lo
studioso in alcune sue note presenti nel codice di Ferrara
2
, arricchite anche da
numerosi schizzi, ritiene, contrariamente ai suoi predecessori, che i temi
trattati nei mosaici fossero di carattere cristiano, opinione tra l’altro condivisa
anche dal Bosio.
1
MARLIANO, 1544, I, VII, p. 164.
2
COD. DI FERRARA, 161, foll. 1103-1110, pubblicato da MÙNTZ, 1878, pp. 365-367.
4
Il primo vero studio scientifico sul mausoleo fu fatto dal Ciampini
3
, il
quale si trovò di fronte a fonti storiche di natura contraddittoria che
necessitavano di essere ricucite con la realtà archeologica. Ritenne, quindi, che
l’edificio avesse avuto due fasi costruttive, la prima precostantiniana,
coincidente col tempio di Bacco come asserivano le notizie rinascimentali, la
seconda invece, di conseguenza alla trasformazione effettuata da Costantino,
si poteva identificare con il battistero e con il sepolcro della figlia. Alle soglie
del settecento le conclusioni dello studioso, nonostante oggi appaiano
superate, vista oramai la sicura identificazione della struttura originaria a
mausoleo, ebbero il merito di riprodurre nelle stampe lo stato di alcuni mosaici
ancora esistenti. Inoltre il Ciampini pubblicò successivamente la prima
incisione raffigurante una parte del mosaico perduto della cupola su un antico
disegno di P.S. Bartoli. Questa raccolta organica di dati, fu l’unica fonte di
informazione per più di un secolo e mezzo ed ancora oggi si possono ricavare
preziose notizie, come ad esempio le reintegrazioni a pittura nelle parti cadute
del mosaico della volta anulare, forse operate all’epoca del Veralli, le cui
tracce sono scomparse dopo i grandi restauri dell’ottocento
4
.
Furono probabilmente i lavori effettuati dalla Reverenda Fabbrica di S. Pietro
negli anni tra il 1834 ed il 1843, ad aver dato nuovo splendore alle figure della
volta anulare, e ad attirare nuovamente l’attenzione degli studiosi
dell’ottocento, i quali ritenendo fedele il restauro, eseguito con molta
precisione da renderne impossibile la distinzione delle parti originali da quelle
3
CIAMPINI, 1693, pp. 130-137.
4
CIAMPINI, 1693, p. 130.
5
rifatte, si soffermarono spesso a discutere sulla simbologia dei temi
rappresentati.
Nel 1862 il Vitet prese in esame la questione spostando al IV secolo la
datazione dell’edificio, e proponendo per esso un origine esclusivamente
cristiana, affermazione questa basata su labili motivazioni, secondo le quali
nonostante i mosaici si distinguessero appena per disegno e disposizione dalle
altre creazioni pagane, si ispiravano al nuovo spirito del cristianesimo.
Il Mùntz
5
, in un suo articolo del 1875, cercando di approfondire
quest’ultimo concetto, si sforzò di trovare nella volta anulare dei soggetti che
comparissero solo in ambito cristiano, individuando in una pecora che portava
un vaso da latte, la mulctra, che molto spesso si abbina al motivo del Buon
Pastore. Lo studioso, inoltre, riconosce come elementi cristiani le croci con
braccia uguali del riquadro sopra l’ingresso ed allusivamente i fiori a quattro
petali usati come motivi di riempimento, dello stesso riquadro. In un articolo
successivo il Mùntz
6
apporta nuovi e importanti contributi, fra i quali il
ritrovamento di tre disegni custoditi nella Biblioteca Marciana di Venezia ed
in particolare la trascrizione quasi completa del manoscritto di Pompeo
Ugonio, rilevante soprattutto per la ricostruzione della cupola. L’Ugonio
infatti, fornisce la descrizione di nove delle dodici scene collocate nel giro
inferiore della cupola (tre erano già distrutte ai suoi tempi), e di una soltanto di
quelle superiori, dando una maggiore conoscenza di tutti i soggetti, noti solo
parzialmente dagli antichi disegni.
5
MÙNTZ, 1875, pp. 224-230.
6
MÙNTZ, 1878, pp. 353-367.
6
In tanto il disegno originale del mosaico della cupola, riprodotto con
alcune aggiunte nella stampa del Ciampini, veniva ritrovato dal Garrucci nella
Biblioteca dell’Escorial in Spagna, attribuendone la paternità a Francisco
d’Ollanda
7
. Inoltre, lo studioso sempre all’Escorial riuscì a recuperare un’altro
importante disegno al quale non diede in un primo momento molto valore
8
.
Questo ciclo di studi per così dire affini viene concluso dal De Rossi, l’autore,
infatti, fa il punto in maniera completa ed approfondita sul progresso svolto
dagli studi sino ad allora compiuti. L’analisi comparata di una serie di disegni,
insieme agli appunti apportati dall’Ugonio portarono il De Rossi alla
conclusione che, per quanto concerne i mosaici della cupola, ci si trovava di
fronte ad una decorazione rappresentante un ciclo cristiano, costituito nella
fascia inferiore da dodici scene del Vecchio Testamento ed in quella superiore
da altrettante del Nuovo. In particolare ravvisa in una navicella con alcuni
personaggi, descritta dall’Ugonio
9
nel paesaggio marino alla base della
cupola, la rappresentazione di una nave mistica. Per quanto riguarda la volta
anulare il De Rossi studia il documento del Camerlengato, dove sono
contenuti i conti del restauro fatto al deambulatorio, fornendone la
collocazione nell’Archivio di Stato di Roma
10
. Anche questo studioso insiste,
come il Mùntz, sul fatto che l’unico elemento cristiano presente nella volta
anulare è l’agnello con la mulctra, attribuendo ad un errore di restauro il
7
GARRUCCI, 1877, IV, pp. 6-13, tav. 204 n. 4.
8
GARRUCCI, 1877, IV, p. 7.
9
MÙNTZ, 1878, p. 365.
10
AMADIO, 1986, p. 13.
7
particolare del vaso, che non compare più nel mosaico ma sostituito da un
altro oggetto somigliante ad uno specchio.
Negli studi del novecento tutte le ipotesi sino ad allora formulate
vengono rimesse in discussione, lo Jubaru, ad esempio, sosteneva che
l’edificio fosse un mausoleo cristiano, per la cui decorazione i costruttori si
erano serviti di motivi pagani di uso corrente
11
. Non molto lontano da questo
orientamento fu il Wilpert, secondo il quale i simboli della volta anulare hanno
valore puramente ornamentale, mentre si può operare una certa distinzione tra
il paesaggio fluviale alla base della cupola e le scene figurate al di sopra di
esso. Secondo l’opinione dello studioso infatti, mentre il tema marino è
costituito da motivi provenienti dall’arte classica, le scene figurate, per le quali
cerca di fornire un’interpretazione plausibile anche dove l’Ugonio non si era
espresso, sono proprie del repertorio figurativo cristiano.
Molto più radicale, invece, appare l’ipotesi suggerita dal Lehmann
12
in
un suo articolo, dove invita a riflettere sulle testimonianze ancora presenti nei
testi rinascimentali. Per lo studioso infatti, l’edificio fu costruito per finalità
pagane
13
, dove la decorazione a mosaico oggi rimasta sembra alludere ad un
simbolismo bacchico, le scene cristiane, invece sarebbero delle aggiunte o
delle trasformazioni successive. Inoltre, il fatto di trovarsi di fronte ad un
suburbanum imperiale lo induce ad orientarsi, più che verso ad un tempio di
Bacco, ad una utilizzazione come mausoleo pagano.
11
JUBARU, 1904, pp. 457-468.
12
LEHMANN, 1955, pp. 193-196, 291.
13
LEHMANN, 1955, p. 194.
8
Altre importanti ipotesi furono espresse dallo Stern
14
, il quale giunse
alla conclusione che l’edificio fosse sin dal suo sorgere un mausoleo, vista
soprattutto la scelta degli episodi rappresentati nella cupola, che pur
appartenendo ad un ciclo cristiano, non sembrano adattarsi ad altre strutture
religiose come ad esempio i battisteri. La ricerca effettuata dallo Stern ricalca
lo studio del Wilpert, sia nella divisione tra scene figurate con soggetto
cristiano ed elementi decorativi di origine pagana, sia nelle fonti storiche, ma
si arricchisce di nuove intuizioni e fornisce una visione molto chiarificatrice
dell’intera problematica grazie anche alla pubblicazione di moltissimi disegni
con le raffigurazione dei mosaici. Grazie al confronto di questi disegni con i
testi sacri, lo Stern riesce ad individuare come sicure alcune scene del registro
inferiore della cupola, dividendo tutte quelle non comprese in questa categoria
in altri due gruppi, da una parte le scene che suscitano qualche perplessità, e
dall’altra quelle per le quali non si può formulare nessuna ipotesi, poiché
l’unica fonte che ce ne parla è la descrizione troppo sommaria dell’Ugonio. Il
paragone che lo studioso istituisce tra alcune scene della cupola ed i sarcofagi
cristiani, assieme anche ad alcuni affreschi delle catacombe romane, gli
permisero comunque di fissare l’iconografia dei mosaici agli anni 350-400.
Come avvertito anche dallo Stern, lo studio dei mosaici della volta
anulare non era completo come quello della cupola, ma la visione generale che
egli ne riporta è che tutti i riquadri alludano ad una visione gioiosa della vita
15
.
La compresenza di immagini sacre e profane nello stesso edificio, portarono lo
14
STERN, 1958, pp. 159-218.
15
STERN, 1958, p. 205.
9
studioso a riflettere sul fatto che la contrapposizione che si voleva sottolineare
era più un esigenza del tempo che una realtà dell’epoca antica. Infatti le
rappresentazioni cristiane, che venivano sostituite alle scene mitologiche, si
distinguevano dalle scene pagane soprattutto nei soggetti, più che nella
spiritualità, anzi agli occhi dei fedeli la funzione delle scene che alludevano ai
piaceri della vita non era quella di opporsi a quelle cristiane, bensì di
accrescerne il significato benefico
16
. È solo più tardi infatti che l’arte cristiana
assume un aspetto più severo e prende le sue categoriche distanze dall’arte
pagana.
Altro studio di un certo interesse, se pure si occupi esclusivamente dei
mosaici del deambulatorio, è quello del Matthiae
17
, il quale in base allo studio
sistematico del documento dell’Archivio di Stato di Roma, giunse alla
inaspettata conclusione che ben il 71,18% della superficie del corridoio
anulare risulta rifatta nel restauro dell’ottocento. Dalla consultazione del
documento di Stato, lo studioso ricava quindi una tabella dimostrativa, nella
quale per ogni riquadro viene indicata la superficie rifatta in palmi (misura
usata nei conti ottocenteschi), e la corrispondente equivalenza in metri
18
. Il
Matthiae aggiunse inoltre, undici tavole, dove vengono rappresentate
graficamente solo le parti ritenute autentiche.
Negli ultimi anni, studi di una certa importanza sono stati compiuti
sulla decorazione musiva del mausoleo, come ad esempio quello effettuato
16
STERN, 1958, p. 214.
17
MATTHIAE, 1962, pp. 3-53, 402-406.
18
MATTHIAE, 1962, p. 402.
10
dalla A. Amadio nel 1986
19
, che ha il merito di aver riunito il materiale
inerente ai mosaici della cupola e del corridoio anulare, avvalendosi, tra l’altro
delle copie rinascimentali per la ricostruzione delle parti mancanti.
Infine nel 2006 un prezioso lavoro viene realizzato dalla M. Andaloro e
da S. Piazza
20
, dove vengono trattati in modo analitico e con grande scrupolo
tutti i mosaici esistenti e perduti, dal deambulatorio alla cupola, dal tamburo
alle absidiole. Questo studio oltre a riportare tutte le fonti antiche utili alla
ricostruzione delle parti autentiche, conferma la primaria funzione di mausoleo
dell’edificio, e la naturale e pacifica coabitazione dei motivi cristiani e pagani,
già espressa in passato dallo Stern.
-Interventi di scavo e restauro nel mausoleo
-Restauri all’interno del mausoleo
La decorazione musiva originaria all’interno del mausoleo di
Costantina ha subito nel corso degli anni numerosi restauri, nel 1620 ad
esempio, il cardinale Veralli visto il pessimo stato di conservazione dei
mosaici, li fece sostituire con affreschi riguardanti storie di S. Costanza e san
Gallicano nel tamburo e con una scena del Paradiso nella cupola. Anche le
undici nicchie perimetrali erano ornate di mosaici, poi sostituiti tra il XV e il
XVII secolo da affreschi rappresentanti teorie di santi; solo nelle due absidiole
mediane sono conservati mosaici della fine del IV secolo che rappresentano la
19
AMADIO, 1986.
20
PIAZZA, 2006, pp. 53-86.
11
traditio clavium e la traditio legis, ampiamente restaurati da F. Agricola nel
1843
21
. Inoltre, frammenti del mosaico originale con cielo stellato, che
decorava la grande nicchia di fondo, sono stati messi in evidenza solo durante
i moderni lavori di restauro, avvenuti tra il 1938-1939
22
.
In occasione dei restauri effettuati da V. Camuccini tra il 1834 e il
1840, vennero anche restaurate grosse porzioni dei mosaici originari del
deambulatorio
23
.
Le prime notizie certe, anche se molto sommarie, di lavori di
riparazione all’interno del mausoleo risalgono alla fine del Seicento circa. In
questo periodo venne ricostruita la porta d’ingresso, restaurate due porte, forse
quelle relative alle absidiole mediane, e venne riparato il tetto
24
.
In un documento del 1804, custodito nell’archivio di San Pietro in
Vincoli
25
, viene riportato un preventivo di spesa per lavori di restauro nel
mausoleo. Vengono, quindi, elencati una serie di lavori di riparazione e
restauro che dovevano interessare il tetto della cupola centrale, il corridoio
anulare e le nicchie, alcune parti della pavimentazione e le due porte che
dall’edificio immettono alla campagna. Si parla, inoltre, di restaurare la porta
d’ingresso al mausoleo, la scala a chiocciola della torretta semicircolare e,
infine, di aprire otto grandi finestre, forse per dar luce al deambulatorio
interno. Non si sa con certezza se questi lavori siano stati poi eseguiti, visto
21
Archivio di Stato di Roma, CAMERLENGATO, 1843, busta 186.
22
DE ANGELIS D’OSSAT, 1940; FRUTAZ, 1960, pp. 115-116.
23
Archivio di Stato di Roma, CAMERLENGATO, 1834-1840, busta 186.
24
FRUTAZ, 1960, p. 205, nota 15.
25
Archivio di San Pietro in Vicoli, Relazione dell’arch. P. Belli, 1804, doc. 1.
12
che nello stesso archivio, in un documento del 1817, il ministro dei Lavori
Pubblici scrive all’abate Strozzi, procuratore dei Canonici del Santissimo
Salvatore, che non vi era disponibilità di fondi per il restauro del mausoleo di
Costantina
26
.
Dal 1828 al 1833 il Valadier diresse dei lavori di restauro, riguardanti
soprattutto il tetto ed il pavimento interno
27
. Alcuni documenti d’archivio
informano sui vari lavori di riparazione e restauro effettuati alla fine
dell’ottocento, assieme ad un documento manoscritto lasciato dal canonico U.
Giordani, che allora abitava a Sant’Agnese, nel quale descrive tutti gli
interventi eseguiti nel mausoleo in quel periodo. Si parla in modo particolare,
di lavori di scavo nel tratto delle catacombe che terminava al mausoleo, e di
costruire la porta che immetteva alle catacombe dalla torretta rotonda. Venne
inoltre sostituito il pavimento di mattoni
28
(che in origine doveva aver
sostituito a sua volta un mosaico bicolore
29
) con un altro dello stesso tipo;
sembra persino che in occasione di questi interventi siano stati ritrovati
iscrizioni e frammenti scultorei in seguito posti nello scalone della basilica
onoriana. Nel 1884, in merito ad alcuni lavori eseguiti nello scalone già citato,
fu rinvenuta una lapide che ricordava la consacrazione dell’altare costruito da
Alessandro IV all’interno del mausoleo
30
. Mentre durante i già ricordati
26
Archivio di San Pietro in Vicoli, Ministro dei Lavori Pubblici, Riparazioni Santa Costanza,
1817.
27
Archivio di Stato di Roma, CAMERLENGATO, 1828-1833, buste 192 e 215.
28
Archivio parrocchiale di Sant’Agnese, U. GIORDANI, 1865-1891.
29
FRUTAZ, 1960, pp. 113-114.
30
MAGNANI-PAVOLINI, 2004, pp. 64-67.
13
restauri del 1938-1939, venne rimossa la decorazione del tamburo, in pessimo
stato di conservazione, e rimessa in luce la struttura muraria originaria.
Altri interventi di ripristino della situazione originaria vennero compiuti
sulle nicchie perimetrali, in occasione delle quali vennero chiuse le porte delle
absidiole mediane che mettevano in comunicazione l’interno dell’edificio con
l’esterno
31
.
A partire dal 1996, infine, la Soprintendenza per i Beni Ambientali e
Architettonici di Roma ha promosso una campagna di restauri, che ha portato
alla realizzazione al di sotto del piano di calpestio, di una intercapedine in
muratura funzionale alla deumidificazione delle mura perimetrali del
mausoleo
32
.
-Operazioni di scavo nella parte interna del mausoleo
In occasione di uno scavo, eseguito alla fine dell’Ottocento sotto il
pavimento del vano centrale del mausoleo, si riaprì la discussione circa la
funzione originaria dell’edificio come battistero, secondo un passo del Liber
Pontificali, il mausoleo di Costantina viene infatti indicato,come
Baptisterium
33
. Nello stesso periodo anche il Ciampini, autore di una serie di
piante di edifici antichi, la definisce allo stesso modo
34
.
Alla metà dell’Ottocento, il mosaicista Kibel, che lavorava al restauro
dei mosaici del monumento, affermò di aver trovato, sotto l’altare
31
DE ANGELIS D’OSSAT, 1940, pp. 44-45; FRUTAZ, 1960, p. 107.
32
MAGNANI-PAVOLINI, 2004, pp. 88-96.
33
FRUTAZ, 1960, p. 208.
34
FERRUA, 1977, p. 282.
14
dell’edificio, i resti di una vasca battesimale
35
. Il De Rossi e il Gatti, che nel
1888-1889 seguirono gli scavi effettuati sotto il pavimento del vano centrale
del monumento, si dichiararono convinti, in base ai dati emersi, di aver
rinvenuto il fonte battesimale di cui parlava Kibel. Al contrario il canonico
Giordani, che seguì gli scavi, si dichiarò di tutt’altra opinione. I due studiosi
interpretarono i rinvenimenti come una conca battesimale, originariamente
rivestita di lastre di marmo rinvenute in gran numero nel terreno di scarico,
collegata a un condotto fognario realizzato con lastre di peperino
36
.
Gli scavi continuarono fin quasi sotto il punto dove era posizionato il
sarcofago di Costantina. Anche qui si rinvenne uno strato di scarico che
copriva direttamente alla profondità di circa un metro, il terreno vergine; in un
punto si riportò alla luce la fondazione delle colonne che dividono il
deambulatorio dal vano centrale. Si riprese poi a scavare di fronte all’altare in
direzione della porta d’ingresso, dove fu ritrovato il crollo di un arco in
mattoni, su uno dei quali era conservato un bollo con il nome del figulo Lanius
Festus, risalente ad età antoniniana
37
. Nella prosecuzione dello scavo si
rinvenne un ulteriore strato di scarico che restituì due frammenti decorati di un
sarcofago, un disco plumbeo con decorazione a rilievo, rocchi di marmo e
diverso materiale ceramico. A destra dell’ingresso, fu possibile ritrovare, ad
un livello più alto, dei “gradini di tufo” sui quali poggiava la fondazione delle
colonne, mentre alla sua sinistra, dietro l’”apertura” in blocchi di peperino già
35
Archivio parrocchiale di Sant’Agnese, GIORDANI, 1865-1891, p. 292.
36
GATTI, 1888a, pp. 333-334; Id. 1888b, p. 507; DE ROSSI, 1899, pp. 19-20.
37
FERRUA, 1977, pp. 286 e 289.
15