III
INTRODUZIONE
“Episodi ricorrenti di abbuffate compulsive […] con ricorrenti ed inappropriate
condotte compensatorie per prevenire l'aumento di peso”.
È questa la definizione contenuta nel DSM-IV per il disturbo di bulimia nervosa.
Ma cosa c’è dietro il sintomo bulimico? E quali sono le connessioni tra un
disturbo nel comportamento alimentare e la sfera relazionale del soggetto?
A tal proposito possiamo osservare l’etimologia della parola “compagno”: da
cum-panis, il significato letterale è quello di “condividere il pane”. Partendo
quindi da una metafora calzante fornita dalla radice etimologica, l’aspetto
relazionale trova spazio in un parallelo con la sfera del comportamento
alimentare, ad indicare due dimensioni molto vicine fra loro: il cibo come
metafora della relazione assume in quest’ottica una connotazione interpersonale.
Così come è possibile riconoscere la rigidità e la chiusura della ragazza
anoressica nel suo rifiuto categorico e testardo del cibo, le difficoltà relazionali
della bulimica che affondano le loro radici in quelle regolative sembrano trovare
“voce” ed esprimersi attraverso la continua oscillazione tra il bisogno di inglobare
l’oggetto e la necessità di espellerlo: una delle caratteristiche più evidenti della
ragazza bulimica è rappresentata infatti dal suo essere disregolata, aspetto che
emerge sia nell’hic et nunc della crisi sia nel decorso stesso del disturbo.
A questo proposito è importante avere un quadro generale chiaro della patologia e
di come essa si manifesti a livello fenomenologico, ma altrettanto rilevante appare
riflettere sul ruolo del sintomo come “rappresentante” di una difficoltà regolativa
e di conseguenza interpersonale, all’interno di una cornice teorica di riferimento,
in una trattazione che vede il suo fulcro nel concetto di regolazione affettiva.
Appare dunque interessante interrogarsi circa l’origine della patologia bulimica e
indagare le possibili correlazioni con le prime esperienze relazionali infantili e
con lo sviluppo della capacità regolativa che sembra rivestire un ruolo importante
sia a livello eziopatogenetico sia a livello di caratteristica sintomatologica vera e
propria nel corso del disturbo e delle crisi bulimiche stesse.
Alla luce di tali considerazioni iniziali, scopo del primo capitolo è quello di
introdurre ad una visione il più possibile chiara e d’insieme della bulimia nervosa,
partendo da alcuni cenni storici e, attraverso l’esposizione degli aspetti
nosografici, epidemiologici ed eziologici, fornire uno spunto critico relativo alle
IV
nuove possibilità di classificazione del disturbo: si propone che l’importanza di
conoscere la fenomenologia dei DCA risieda, appunto, nella possibilità di
ragionare sul sintomo e individuarne il significato come pattern relazionale e
regolativo.
Il secondo capitolo è dedicato alla cornice teorica dell’attaccamento e allo studio
del ruolo che le prime esperienze relazionali infantili giocano nello sviluppo di
una possibile psicopatologia. Dopo una breve rassegna della principale letteratura
relativa alla teoria dell’attaccamento, che ripercorre le varie tappe della teoria
stessa partendo da Bowlby fino ai più recenti contributi che si propongono di
applicare lo studio dell’attaccamento all’adulto spostando il focus sulla
dimensione rappresentativa, sarà presentata un’analisi delle evidenze empiriche
che prenderà in considerazione diversi studi che indagano la relazione tra
attaccamento ed esiti psicopatologici, in particolare bulimici.
Partendo dal recente punto di vista che vede i modelli di attaccamento come
strategie di regolazione emotiva, il terzo capitolo si propone di ampliare tale
aspetto inserendo il concetto di regolazione affettiva all’interno della dimensione
della sicurezza, sottolineando l’importanza della base sicura interna nell’adulto
come zona sicura a cui far riferimento nei momenti di crisi.
Dopo un’introduzione teorica che presenta i maggiori contributi alla
concettualizzazione della regolazione emotiva, sarà presa in considerazione
dapprima la relazione tra stile di attaccamento e regolazione e successivamente la
relazione tra disregolazione affettiva e psicopatologia, a livello teorico ed
empirico, attraverso la presentazione dei principali studi condotti nell’ambito della
ricerca.
Infine il quarto capitolo presenta l’indagine empirica condotta su un campione di
ragazze bulimiche e di ragazze senza diagnosi di disturbi alimentari alle quali
sono state somministrare la Adult Attachment Interview (George, Kaplan, Main,
1984) e la DERS (Gratz & Roemer, 2004) con lo scopo di analizzare una possibile
relazione tra modello di attaccamento e regolazione emotiva. Saranno presentate
le ipotesi e gli obiettivi che hanno guidato il lavoro, il reperimento del campione,
gli strumenti utilizzati, la procedura di somministrazione, la loro codifica, le
analisi statistiche effettuate, i risultati ottenuti e infine la loro discussione alla luce
della letteratura e della ricerca di riferimento.
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CAPITOLO 1
LA BULIMIA NERVOSA
1.1 Cenni storici
Individuata per la prima volta da M. Wulff (1932), la sindrome della bulimia
nervosa fu definita come un vero e proprio quadro sintomatologico a sé stante da
Russell solo nel 1979: ciononostante, il termine “bulimia” presenta un’origine
molto antica.
L’etimologia della parola risale, infatti, al greco bous (bue) e limos (fame),
letteralmente “fame bovina” e ha portato con sè la doppia connotazione di “avere
un appetito grande quanto quello di un bue” o “capacità di mangiare un bue”.
Sebbene opere letterarie di Boccaccio, Chaucer e Rebelais testimoniino l’esistenza
dei golosi e della bramosia dovuta alla gola, le descrizioni di casi identificati come
bulimici sono rari e aneddotici prima del XVII sec.
Negli anni ‘30 la bulimia era considerata un sintomo di deprivazione emozionale e
di scarso adattamento sociale tra minorenni disadattati e profughi; avvicinandoci
ai giorni nostri, fino al 1960 l’abbuffata era considerata un sintomo facente parte
di una costellazione di disordini fisici e mentali, lontana dunque dal rappresentare
il nucleo di una sindrome a sè stante con identità nosografica autonoma.
Fu proprio a partire dagli anni ‘60 che si iniziò ad aprire la strada per
l’identificazione di quel “nuovo disturbo alimentare” che solo nel 1980 verrà
inquadrato nel DSM III come “bulimia nervosa”.
Come accennato inizialmente, fu Gerard Russell, nel 1979, a definire i confini
nosografici della bulimia nervosa, con la pubblicazione sulla rivista
“Psychological Medicine” di un articolo che ha rappresentato un importante
punto di riferimento per le successive ricerche : “La bulimia nervosa: una
pericolosa variante dell’anoressia nervosa”.
L’autore descriveva trenta casi di bulimia nervosa, la maggior parte dei quali
rappresentava l’evoluzione di una precedente anoressia: dato molto interessante e
attuale, confermato dalla pratica clinica corrente che mostra come dopo un
periodo più o meno lungo di anoressia compaiano spesso crisi di fame
incontrollabile, seguite da tentativi di compenso quali vomito, abuso di lassativi,
esercizio fisico eccessivo, in associazione a un leggero aumento del peso e alla
ricomparsa del ciclo mestruale.
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Le caratteristiche chiave identificate da Russel (1979) per la diagnosi di bulimia
erano infatti: bisogno impellente e irrefrenabile di abbuffarsi, evitamento
dell’aumento del peso mediante l’auto-induzione del vomito, impiego di lassativi
e terrore di diventare grassi.
Tali criteri sono stati successivamente modificati e studiati fino a giungere
all’introduzione della BN nella nosografia psichiatrica nel 1980, con il DSM III
(APA, 1980), e a quelli attuali presenti nel DSM IV-TR (APA, 2000).
Nonostante l’articolo di Russell sia considerato storicamente la pietra miliare della
definizione dei confini nosografici del disturbo, Cuzzolaro (2004) sottolinea come
già nel ’32 lo psicanalista tedesco Mosche Wulff (già citato all’inizio del
paragrafo) avesse pubblicato quattro casi per i quali oggi verrebbe formulata la
diagnosi di Bulimia Nervosa.
Ponendo l’accento sul rapporto con l’immagine del corpo in donne affette da una
compulsione a crisi di ingordigia seguite da vomito autoindotto, Wulff insiste
molto sull’insoddisfazione del corpo e sulla conflittualità rispetto ad esso come
elementi centrali della sofferenza psicologica; dando un rapido sguardo ai criteri
diagnostici del DSM IV-TR e dell’IDC-10 (World Health Organization, 1992), è
possibile rendersi conto dell’attualità di Wulff nell’attribuire un’importanza
centrale al rapporto con il corpo e con l’immagine corporea.
Approfondirò gli aspetti nosografici nel paragrafo successivo, ma per evidenziare
la progressiva indipendenza acquisita dal quadro bulimico è possibile,
sinteticamente, individuare gli elementi cardine dell’Anoressia Nervosa nella
paura morbosa di ingrassare, perdita di peso e amenorrea che duri da almeno tre
mesi consecutivi, mentre per la Bulimia Nervosa si osservano abbuffate
compulsive e incontrollabili seguite da comportamenti impropri di compenso
(vomito, lassativi, diuretici, digiuno, esercizio fisico eccessivo) e, anche qui,
paura morbosa di ingrassare. Non si tratta però di una semplice paura di
aumentare di peso, bensì di una relazione complessivamente conflittuale,
insoddisfatta e di profondo disagio con il proprio corpo.
Ripercorrendo quindi le tappe della definizione della Bulimia Nervosa, è possibile
osservare come il quadro clinico abbia subito dei cambiamenti nei termini di una
maggiore attenzione rivolta al vissuto soggettivo del disturbo: dal focus,
oggettivo, sull’enorme quantità di cibo ingerito durante le abbuffate, all’attenzione
per l’elemento soggettivo rappresentato dal conflitto relativo all’immagine
corporea e dal vissuto di perdita di controllo per un impulso irresistibile.
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1.2 Nosografia
Con il termine Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) si fa abitualmente
riferimento a un disturbo caratterizzato da un alterato rapporto con il cibo e con il
proprio corpo.
Nei disturbi alimentari l’alimentazione può assumere caratteristiche assai
disordinate, caotiche, ossessive e ritualistiche tali da compromettere la possibilità
di consumare un pasto in modo “abbastanza normale” e da mantenere normali
attitudini verso il cibo e il momento del pasto.
La definizione “Disturbi del Comportamento Alimentare” descrive principalmente
l’Anoressia Nervosa (AN) e la Bulimia Nervosa (BN), ma è possibile estendere
tale definizione a tutte quelle condotte alimentare inabituali (come restrizione
alimentare, crisi bulimica, manovre di controllo del peso, ecc.) che, pur non
soddisfacendo i criteri diagnostici previsti dagli attuali sistemi di classificazione,
sono spesso connesse a queste patologie: possono infatti costituirne i segni
prodromici, affiancarsi ad una franca AN o BN, rappresentare una fase all’interno
di un DCA vero e proprio, restare a lungo isolate o di modesta entità e così via.
In ogni caso, l’attuale nosografia psicopatologica distingue tre quadri clinici
principali nel campo dei disturbi del comportamento alimentare: Anoressia
Nervosa, Bulimia Nervosa e Disturbi dell’Alimentazione Non Altrimenti
Specificati (recentemente, è stato inserito anche il Disturbo da Alimentazione
Incontrollata).
I sistemi diagnostici propongono criteri specifici per ciascuna sindrome, sebbene
AN e BN condividano alcuni sintomi e sia frequente non solo il passaggio
dall’uno all’altro disturbo nel corso della vita dello stesso soggetto ma anche un
quadro clinico, per così dire, “misto” che ha condotto alcuni clinici e ricercatori a
individuare una patologia anoressico-bulimica.
Un breve accenno ai sintomi cardine per la diagnosi di Anoressia Nervosa, di
BED (Binge eating Disorder, in italiano Disturbo da Alimentazione incontrollata)
e dei Disturbi del Comportamento Alimentare Non Altrimenti Specificati (DCA
NAS) sarà utile nella comprensione e nella definizione del quadro clinico
specifico della bulimia.
L’AN è caratterizzata da paura morbosa di ingrassare con tendenza a sentirsi
grassi pur essendo molto magri, perdita di peso grave e interruzione del ciclo
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mestruale che duri almeno tre mesi (quest’ultimo rappresenta il sintomo
principale di distinzione tra AN e BN).
I disturbi NAS (in inglese Eating Disorders Not Otherwise Specified, EDNOS)
rappresentano dei quadri clinici in cui si ritrovano alcuni, ma non tutti, i criteri per
AN o BN: si tratta di una categoria molto vasta e mal definita che contiene quelle
che vengono definite sindromi parziali o atipiche.
Fra i disturbi che rientrano nei DCA NAS troviamo una forma di anoressia
“sottosoglia” che non presenta, almeno in apparenza, un disturbo dell’immagine
corporea; la sindrome “chewing and spitting”, tipica di quei soggetti che passano
parte del loro tempo a masticare grandi quantità di cibo che non viene poi
deglutito; ”dieting”, in cui prevalgono un controllo esasperato del peso, una
costante attenzione alla dieta e sentimenti di angoscia ogni volta che questo varia;
infine, il “Binge eating Disorder” (BED), che sta sempre più assumendo le
caratteristiche di un quadro clinico ben definito ed autonomo ed è caratterizzato
dalla presenza di abbuffate compulsive non accompagnate però da strategie per
compensare l’ingestione di cibo in eccesso.
Prima di riportare i criteri diagnostici per la Bulimia Nervosa previsti dai due
principali sistemi di classificazione nosografica attuale, DSM IV-TR e ICD-10, è
interessante ripercorrere brevemente la storia nosografica del disturbo,
comparando le edizioni del DSM III, III–R e IV (il DSMIV–TR non presenta
differenze per quanto riguarda i DCA rispetto alla sua edizione precedente).
Uno dei parametri fondamentali che definiscono attualmente il concetto di
“abbuffata”, la perdita di controllo, è stato introdotto nel DSM III-R mentre in
questa edizione non compaiono il criterio dell’ ”atteggiamento indifferente
durante gli eccessi” che avvicinava la bulimia all’isteria in base al concetto di
belle indifference, umore depresso e auto-accusa, consapevolezza dell’abnormità
dell’alimentazione (presenti invece nel DSM III).
Soltanto nella quarta edizione, invece, compare il criterio relativo alla stima di sé
(“livelli di autostima indebitamente influenzati dalla forma e dal peso corporei”).
Attualemente, secondo il DSM IV-TR, la Bulimia Nervosa è un DCA
caratterizzato da:
A. Episodi ricorrenti di abbuffate compulsive (in inglese, binge eating).
Un’abbuffata è caratterizzata dai seguenti criteri:
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A1. mangiare in un periodo di tempo circoscritto una quantità di cibo che è
indiscutibilmente superiore a quella che la maggior parte della gente mangerebbe
nello stesso tempo e in circostanze simili;
A2. un senso di mancanza di controllo nell’atto di mangiare (ad esempio sentire di non
poter smettere di mangiare o di non poter controllare cosa e quanto si stia
mangiando).
B. Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenire l'aumento di
peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici, enteroclismi o altri
farmaci, digiuno o esercizio fisico eccessivo.
C. Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano entrambe in media almeno
due volte alla settimana, per tre mesi.
D. I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso
corporei.
E. L'alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di Anoressia
Nervosa. Può essere con o senza condotte di eliminazione (tipo vomito
autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).
Specificare il sottotipo:
Con Condotte di Eliminazione: nell’episodio attuale di Bulimia Nervosa il
soggetto ha presentato regolarmente vomito autoindotto o uso inappropriato di
lassativi, diuretici o enteroclismi.
Senza Condotte di Eliminazione: nell’episodio attuale il soggetto ha utilizzato
regolarmente altri comportamenti compensatori inappropriati, quali il digiuno o
l’esercizio fisico eccessivo, ma non si dedica regolarmente al vomito autoindotto
o all’uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi.
Mentre il DSM-IV prevede, per la prima volta, una sezione interamente dedicata
ai Disturbi dell’Alimentazione (nelle edizioni precedenti del manuale, infatti, i
DCA facevano parte dell’ampia sezione riguardante i Disturbi dell’Infanzia e
dell’Adolescenza), l’ICD-10 colloca la Bulimia all’interno dei disturbi
caratterizzati da “Alterazioni delle funzioni fisiologiche” e riporta i seguenti
criteri:
1. Episodi ricorrenti di abbuffate (almeno due a settimana per almeno tre mesi) in
cui grandi quantità di cibo sono consumati in brevi periodi di tempo.
2. Preoccupazioni persistenti intorno al mangiare e forte desiderio di mangiare o
senso di coazione a farlo (ricerca bramosa).
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3. Il soggetto tenta di contrastare gli effetti ingrassanti del cibo con uno o più dei
metodi seguenti: vomito auto-indotto, abuso – uso improprio di lassativi, diuretici,
farmaci anti-fame, preparati di tiroide, periodi di digiuno. In soggetti diabetici, le
abbuffate possono essere contrastate riducendo il trattamento insulinico.
4. Percezione di sé come troppo grassa/grasso con una paura intrusiva di ingrassare
che induce, di solito, ad essere sottopeso.
I criteri diagnostici previsti dall’'ICD-10 e dal DSM IV-TR per la diagnosi di BN
sono sostanzialmente simili fra loro, eccetto per il rapporto tra Anoressia Nervosa
e Bulimia Nervosa.
A differenza del DSM-IV, infatti, che esclude la diagnosi di BN se il
comportamento si manifesta esclusivamente nel corso di AN , l'ICD-10 esclude la
diagnosi di Anoressia Nervosa se sono state regolarmente presenti abbuffate.
Questo aspetto risulta coerente con l’evidenza clinica che mostra come la
Bulimia si presenti spesso come una fase che segue l’Anoressia restrittiva.
L’ICD-10 riporta un’ulteriore categoria definita “Bulimia nervosa atipica” in cui
rientrano quei casi il cui quadro clinico non presenta chiaramente tutti gli
elementi richiesti per la BN e/o in cui il binge eating e le successive condotte di
eliminazione appaiono, caratteristicamente, dopo lunghi periodi asintomatici. In
queste situazioni non è raro riscontrare dei sintomi che possono essere collegati a
tratti depressivi, pur non essendo tali da poter giustificare una diagnosi di
Depressione.
A differenza dell’ICD-10, il DSM-IV sottolinea la correlazione diretta tra il livello
di autostima e la condizione del proprio corpo in rapporto al peso e alla forma;
anche la definizione di “abbuffata compulsiva” risulta essere più precisa, definita
in rapporto sia ad una quantità di cibo indiscutibilmente superiore a quella che la
maggior parte della gente mangerebbe nello stesso periodo di tempo e in
circostanze simili, sia al senso di mancanza di controllo che accompagna l’atto di
mangiare.
Nonostante queste differenze generali, entrambi i sistemi diagnostici indicano
come nucleo della BN episodi ricorrenti di binge eating, comportamenti ricorrenti
impropri di compenso e timore di diventare grassi associati a un vissuto
problematico relativo alla propria immagine corporea.
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1.3 Quadro clinico
La BN è un disturbo per certi aspetti simile all’AN: il nucleo centrale di entrambe
le patologie è rappresentato da una paura morbosa di diventare grasse e di essere
sovrappeso e il peso e la forma del corpo influenzano in modo eccessivo e
inadeguato la valutazione della stima di sé, sebbene si tratti generalmente di
ragazze con un peso corporeo nella norma.
L’esordio può essere, infatti, inizialmente simile all’AN, con una intensa volontà
di perdere peso e una forte insoddisfazione per il proprio corpo; il decorso invece
appare diverso dal momento che spesso, ma non sempre, la persona che soffre di
bulimia mantiene un peso abbastanza normale alternando tentativi di dimagrire di
abbuffate e condotte di compenso (principalmente il vomito indotto).
L’insorgenza della Bulimia è spesso preceduta, più che nell’Anoressia, da ripetuti
tentativi di dieta (comportamento definito come “dieting”) che solitamente
falliscono entro breve tempo in ragazze insoddisfatte del proprio corpo e del peso,
con alle spalle diversi tentativi di dimagrire. Dopo un primo tentativo di adottare
un regime alimentare dietetico che comporta un minimo calo ponderale, il
risultato non è mantenuto per lungo tempo e l’individuo ricomincia a mangiare
troppo, riacquista peso e perde il controllo della situazione. A questo punto
compaiono le prime condotte di svuotamento, rimedio efficace a vincere la paura
causata dalla perdita di controllo sull’ingestione di cibo. La paura di ingrassare, il
senso di colpa per la propria incapacità di controllo e vissuti di vergogna profonda
e di disgusto portano il soggetto a fare sempre più spesso ricorso a condotte
improprie di eliminazione.
Un’ abbuffata, o crisi bulimica, è definita come l'ingestione in un determinato
periodo di tempo di una quantità di cibo più grande rispetto a quanto la
maggioranza degli individui assumerebbe in circostanze simili (Criterio A1). È
necessario valutare il contesto in cui l'episodio avviene - ciò che è considerato una
quantità eccessiva per un pasto in un giorno comune, può essere normale durante
una ricorrenza o una festività.
Per un "determinato periodo di tempo" si intende un periodo limitato, in genere
minore di due ore. Ogni singolo episodio di abbuffata non deve avvenire
necessariamente in un unico contesto: l'abbuffata può, ad esempio, iniziare al
ristorante e concludersi a casa.
Le circostanze in cui si origina l’episodio dell’abbuffata possono essere diverse:
talvolta viene scatenato dall’assunzione anche minima di un cibo che la persona
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considera “proibito” per l’elevato contenuto energetico o di grassi, altre volte
l’innesco può essere dovuto ad uno stato emotivo (tensione, rabbia, ansia, noia).
Raramente l’abbuffata viene programmata, scegliendo con cura il momento adatto
e predisponendo gli alimenti necessari.
La frequenza necessaria per fare una diagnosi di BN è di due episodi alla
settimana per almeno tre mesi consecutivi. Tuttavia l’esperienza clinica mostra
che talvolta anche frequenze più ridotte possono essere legate a stati di malessere
piuttosto gravi. In molti casi le crisi bulimiche si presentano anche più volte al
giorno, fino a sostituire completamente il regime alimentare normale e
l’alimentazione diviene così caotica da non permettere un ritmo di vita accettabile;
a volte la crisi bulimica può anche durare alcune ore o occupare tutta la serata o la
notte con un continuo ingurgitare cibo e vomitare.
Sebbene il tipo di cibo assunto durante l'abbuffata vari ampiamente, generalmente
comprende cibi dolci, ipercalorici, come gelato o torte. Comunque, ciò che sembra
caratterizzare l'abbuffata è soprattutto la anomalia nella quantità del cibo piuttosto
che la compulsione verso un alimento specifico, ad esempio, i carboidrati.
I soggetti con BN tipicamente si vergognano delle loro abitudini alimentari
patologiche e tentano di nasconderle: le crisi bulimiche, infatti, avvengono
principalmente in solitudine e in segreto.
Tutto avviene in tempi brevi, in una veloce successione temporale caratterizzata
(anche se non sempre) dalla rapidità dell'ingestione del cibo e con dei rituali
accompagnati da un forte senso di disagio, di vergogna e di colpa. L'abbuffata
spesso continua finché l'individuo non si sente "così pieno da star male", ed è
precipitata da stati di umore disforico, condizioni interpersonali di stress, intensa
fame a seguito di una restrizione dietetica, oppure da sentimenti di
insoddisfazione relativi al peso, la forma del corpo o il cibo. Durante l'abbuffata
può evidenziarsi una transitoria riduzione della disforia, ma spesso fanno seguito
umore depresso e spietata autocritica.
Una crisi bulimica è inoltre accompagnata dalla sensazione di perdere il controllo
(Criterio A2). Non si tratta però di una perdita di controllo totale: il soggetto può
continuare l'abbuffata a dispetto del telefono che squilla, ma interromperla
bruscamente se il coniuge o il compagno di stanza entra inaspettatamente nella
stanza.