Introduzione Lo studio dell'economia serve a difendere i
propri pregiudizi pro o conto il capitalismo
senza complessi di inferiorità, con l'assoluta
garanzia che la scienza non dice il contrario
di quel che pensiamo, qualunque cosa
pensiamo.
Sergio Ricossa
Nel nostro secolo un analfabeta potrebbe
competere in “brividi” con Spengler o
Nietzsche.
Emil Cioran
L'economia politica “come nome di una scienza particolare, designa la tecnica per affrontare le
situazioni di scarsezza. Per situazioni di scarsezza si intendono le situazioni nelle quali l'uomo, in
presenza di scopi molteplici e dotati di importanza diversa, dispone, per conseguirli, di tempo e di
mezzi limitati e capaci di usi alternativi” 1
. Se si accetta questa definizione, cosa che è piuttosto
comune, si comprende come tale disciplina venisse praticata molto prima di essere teorizzata.
Fu specialmente in conseguenza alla pace di Westfalia (1648), con l'istituzione del moderno
stato-nazione, che si avvertì l'esigenza di una speculazione precisa sui fatti economici; ad esempio
un trattato pur particolareggiato come Il Principe non fa accenno alla questione. Significativo a tal
riguardo è invece il titolo del celebre libro dello Smith: Indagine sulla Natura e le Cause dalla
Ricchezza delle Nazioni . La teoria economica nasce quindi, anche se indirettamente, per soddisfare
la necessità governative dello stato moderno; è una fra le sue ancelle, e come tale va presa in
considerazione.
Il Marx già a suo tempo aveva messo in rilievo questo aspetto ed i rischi connessi, notando, con
consueto piglio polemico, che dopo il 1830 “la borghesia aveva conquistato il potere in Francia e in
Inghilterra. (…). Suonò la campana a morto per la scienza economica borghese. Adesso non era più
questione di sapere se questo o quel teorema fosse vero, ma se fosse utile o dannoso, comodo o
1 Abbagnano, N., Dizionario di Filosofia , Utet, Torino, 1971, pag 273.
3
scomodo al capitale, se fosse più o meno gradito alla polizia” 2
.
E' da dire che l'ambiente culturale in cui nacque e prosperò l'economia politica rappresenta un
unicum nella storia umana, poiché mai si erano avute società in cui le convinzioni religiose
benedicevano la speculazione e l'accumulo di ricchezze, quale fu invece il caso dei paesi riformati
usciti vincitori da Westfalia. Non intendiamo ad ogni modo estendere in questa sede l'analisi
storica-sociologica che veniamo di accennare – se non incidentalmente nel corso del ragionamento
– ma notiamo piuttosto come la teoria, quand'anche rivolta allo studio della ricchezza degli stati,
non abbia potuto esimersi dal pronunciare qualche parola in merito ai caratteri dell'individuo:
sebbene nessuno abbia mai pubblicato una ricerca sulla Ricchezza delle Persone , gli studi hanno
sempre dovuto reinserire l'uomo ed il suo comportamento fra le tematiche d'analisi.
*******
Un lemma è una “proposizione che si assume come premessa di un ragionamento. In questo
senso Kant chiamava lemma la proposizione che una scienza assume senza dimostrazione,
desumendola da un'altra scienza” 3
. Il lemma sulla natura umana correntemente accettato dagli
economisti, descrittivo dell' homo oeconomicus , si ritrova in quest'affermazione: “Un'economia ( di
mercato ) deriva dall'aspettativa che gli esseri umani si comportino in modo da raggiungere un
massimo di guadagno monetario”; da ciò l'interesse per il mercato autoregolantesi, che viene preso
come una tendenza inarrestabile
4
. Attraverso lo studio dei mercati, della produzione, eccetera, si
sono quindi compiute ricerche utili agli attori economici , che almeno in parte sono entità sovra
umane: imprese, stati. L'Uomo in quanto tale è rimasto sostanzialmente fuori dalle indagini
economiche.
“E' vero che nessuna società può esistere senza un sistema di qualche genere che assicuri l'ordine
nella produzione e nella distribuzione delle merci, ma questo non implica l'esistenza di istituzioni
economiche separate; normalmente l'ordine economico è semplicemente una funzione dell'ordine
sociale nel quale esso è contenuto. Sia nella situazione tribale che in quella feudale o in quella
mercantile, non esisteva nella società un sistema economico separato. La società del
diciannovesimo secolo, nella quale l'attività economica fu isolata ed attribuita ad una particolare
motivazione economica, rappresenta in realtà una discontinuità particolare. (…). E' con l'aiuto del
concetto di merce che il meccanismo di mercato si collega ai vari elementi della vita industriale. Le
merci sono qui definite empiricamente come oggetti prodotti per la vendita sul mercato (…). Il
2 Marx, K., Il Capitale , Newton Comton, Roma, 1970, pag 46.
3 Abbagnano, N., op. cit., pag. 524.
4 Polanyi, K., La Grande Trasformazione , Einaudi, Torino, pag. 92.
4
punto cruciale è questo: lavoro, terra e moneta sono elementi essenziali dell'industria; (…) tuttavia
essi non sono ovviamente delle merci (…). Il lavoro è soltanto un altro nome per un'attività umana
che si accompagna alla vita stessa, la quale a sua volta non è prodotta per essere venduta ma per
ragioni del tutto diverse, né questo tipo di attività può essere distaccato dal resto della vita, essere
accumulato o mobilitato. La terra è soltanto un altro nome per la natura che non è prodotta
dall'uomo, la moneta infine è soltanto un simbolo (…). Sotto il feudalesimo ed il sistema delle
corporazioni terra e lavoro formavano parte dell'organizzazione sociale stessa (la moneta non si era
ancora sviluppata in un elemento predominante nell'industria). (…) Su questo punto non vi era
differenza tra mercantilisti e feudali, (…), tutti erano ugualmente avversi all'idea di
commercializzare il lavoro e la terra – condizione preliminare all'economia di mercato”
5
.
La scienza economica ufficiale ha sempre sorvolato su queste osservazioni e ha preso la
situazione che si è trovata ad analizzare come fosse naturale. Ha in pratica assunto l' homo
oeconomicus , che si comporta in modo da massimizzare il guadagno monetario, come fosse l'uomo
tout court , e su di ciò ha proseguito. L' homo oeconomicus , per quanto nel tempo si sia diffuso, è
invece frutto di “una discontinuità particolare”.
Come per il rompicapo dell'uovo e della gallina, è difficile stabilire se venga prima l'economia di
mercato o la società che la permette, quand'anche la seconda ipotesi appaia più fondata. Quel che è
certo è che l'economia di mercato, una volta instauratasi, rappresenta un uovo affatto particolare, da
cui nascono galline altrettanto anomale.
Ricordiamo come Joseph Alois Schumpeter avesse espresso un principio ragionevole asserendo
che “se fra due fenomeni riusciamo a trovare un certo rapporto causale, il nostro compito è assolto
quando il fenomeno che in questo rapporto ha il ruolo di causa non è di natura economica” 6
. E'
evidente che uno degli effetti del mercato – l'involuzione dell'uomo verso l' homo oeconomicus –
causa la successiva struttura dello stesso, per cui si deve rimandare l'esaurimento della ricerca ad un
livello di ragionamento più profondo, volendo rispettare l'assioma appena espresso: l'homo
oeconomicus non può essere considerato la causa di natura non economica a cui è lecito arrestarsi.
Questo, come vedremo, la teoria economica istituzionale fatica ad ammetterlo.
*******
I Fondamenti di Analisi Economica del Samuelson (1947) si possono considerare a ragione come
il libro capostipite della dottrina contemporanea. Già con la Teoria Generale del Keynes (1936) la
scienza aveva compiuto un deciso passo avanti in quanto a formalismo, ma è indubbiamente grazie
5 Polanyi, K., op. cit., pag. 91-2.
6 Schumpeter, J. A., Teoria dello Sviluppo Economico , Rizzoli, Milano, 2002, pag. 2.
5
al lavoro dell'allora trentaduenne economista americano – e dell'ambiente irripetibile di Harvard ai
tempi di Schumpeter in cui si trovò a studiare – che gli studi successivi hanno potuto proseguire nel
modo oggi conosciuto
7
. In un carteggio tenuto col relatore Professor R. Soliani, del Dipartimento di
Economia e Metodi Quantitativi (DIEM) dell'Università di Genova, eravamo arrivati a toccare
questo punto fondamentale. In risposta ad una lunga lettera in cui erano espressi rilievi sul concetto
neoclassico di valore, il Professore scrisse: “C irca l'economia politica ortodossa, mi sembra che nel
complesso non sia molto avanzata da Samuelson 1947 . Certo, si usano strumenti analitici che là
ancora non si trovano, ma il nocciolo teorico (il "punto di vista accademico") mi sembra sia sempre
quello”
8
.
A discapito della riconosciuta importanza dei Fondamenti , non molti economisti della nuova
generazione sanno precisamente cosa viene detto nell'opera, che è una lettura oggi data per
implicita. E' invece necessario ripartire da lì per comprendere approfonditamente la teoria
istituzionale, anche nel caso ci si voglia rendere conto se una particolare visione dei fatti si pone
all'interno o meno dei canoni ortodossi. Samuelson stesso parla apertamente, servendosi di una
metafora, di quello che è lecito considerare in analisi: “Se all'economista è permesso analizzare il
modo in cui Robinson Crusoe dirige la produzione in modo da analizzare le sue (curiose)
preferenze, l'economista non si impegna in questo modo in tali gusti, né compie ricerche sul modo
in cui essi si formarono, o si sarebbero dovuti formare” 9
. Viene prospettato con ciò uno studio
essenzialmente Supply-Side , come dicono gli americani, ossia del versante della produzione; la
genesi della Domanda economica, ovvero le preferenze, devono essere prese per date, pena
all'economista di perdersi nella psicologia sociale. Si tratta del famoso assunto, mai rinnegato, sulla
sovranità del consumatore : l'individuo, che si suppone essere il miglior giudice della soddisfazione
derivatagli dalla fruizione di beni economici, è l'autentico sovrano del processo economico, il quale
deve incontrare i suoi desideri
10
.
D'altro canto, poche pagine appresso, il futuro premio Nobel aggiunge: “Non vi è tuttavia nulla
di sacro nei confini convenzionali dell'economia; se i cicli avessero un'origine metereologica,
7 L'Harvard degli anni 1930-1940 rappresenta per molti aspetti una situazione irripetibile. Ivi risiedettero in quegli
anni, molti di loro contemporaneamente, economisti del calibro di P. A Samuelson, W. Leontief, O. Lange, G.
Tintner, N. Kaldor, P. Sweezy, J. Tobin, N. Georgescu-Roegen, P. Sylos-Labini, per dirne alcuni. Per un
approfondimento sul tema Cfr. Gowdy, J. & Mesner, S., The Evolution of Georgescu-Roegen's Bioeconomics ,
“Review of Social Economy”, Vol. LVI, N°2, 1998, pag. 136-156.
8 Si veda l'APPENDICE 2) .
9 Samuelson, P. A., Fondamenti di Analisi Economica , il Saggiatore, Milano, 1973, pag. 207.
10 Si consideri a proposito dell'ultima frase cosa ebbe modo di scrivere L. Robbins, a suo tempo presidente della LSE:
“Nessuna proposizione economica ha probabilità di essere vera, se non ci si rende conto che dipende da un intero
complesso di assunzioni non facilmente identificabili, tranne che da coloro i quali conoscono a sufficienza sia il
sistema generale delle proposizioni, sia il mondo reale cui si riferiscono”. Ricossa, S., Dizionario di Economia , Utet,
Torino, 1988, pag. 173. Il concetto di soddisfazione e il concetto di bene economico già soli danno luogo ad una
folta letteratura.
6
l'economista dovrebbe abbracciare tale direzione” 11
. Pertanto se si riuscisse a dimostrare – cosa che
noi tenteremo – che l'ipotetica origine metereologica dei fenomeni economici va ricercata proprio
nel modo in cui a Robinson Crusoe è arrivato di formare i suoi gusti, intraprendere un'analisi di essi
non significherebbe uscire dai canoni istituzionali
E' lecito ritenere che la qualità della Domanda, a parità di altre condizioni, sia quello che
determina lo stato di salute di un'economia; in altre parole, è dall'idea di ricchezza propria ad una
società che si comprendono le fattezze fondamentali del processo economico da essa scaturito.
Nostro intendimento è mostrare come l'angolo privilegiato d'osservazione sia, per le economie
contemporanee, lo studio della spesa, ossia dell'atto finale del processo, perché l'indagine così
strutturata permette di considerare gli elementi qualitativi della Domanda.
Nella critica dell'alienazione e del feticismo, il Marx si occupa di simili questioni. La sua analisi
però, come si sa, riconduce tutto all'interno del processo lavorativo; è quindi nuovamente uno studio
sul modo in cui Crusoe organizza l'attività produttiva
12
. Noi, al contrario, sosteniamo che è nella
dinamica di formazione della Domanda che si trova la chiave di comprensione fondamentale; se
siamo quindi in ballo per non uscire dai recinti della teoria istituzionale, certamente non possiamo
iscrivere la nostra tra le indagini marxiste.
*******
Una critica radicale dell'economia politica non ha senso d'esistere se non può esser compresa
dalla moltitudine dei quadri tecnici di un paese, per la maggior parte estranei alla materia. Siamo
consci della difficoltà del proposito
13
; tuttavia ci faremo forza dell'assunto cartesiano secondo cui “il
11 Samuelson, P. A., op. cit., pag. 296.
12Abbiamo ben presente che gli studiosi del pensiero economico potrebbero storcere il naso di fronte ad una simile
affermazione, poiché il Marx stesso si opponeva all' individualismo metodologico ben rappresentato dall'esempio del
Robinson Crusoe, cui si riferiva con disprezzo col termine, appunto, “robinsonate”. Nondimeno, nel momento in cui
ci si pone a immaginare argomenti che intendono superare i canoni della scienza precedente, pure è necessario
andare oltre la dialettica precedente, e le stesse convenzioni terminologiche del passato. Così, se da un lato si può
comprendere l'appunto dell'accademico riguardo all'insolita affermazione secondo cui l'approccio marxista sarebbe
“nuovamente uno studio sul modo in cui Crusoe organizza l'attività produttiva”, d'altro canto, presa nel contesto del
discorso, l'espressione adempie perfettamente il suo compito esplicativo, intendendosi chiaramente che Robinson
Crusoe rappresenta in questo caso tutti gli attori economici, essendoci avvalsi dell'artificio teorico dell' economia
unipersonale . Allo stesso modo, nel corso di tutta la trattazione, non ci faremo cruccio di utilizzare espressioni che
in altri contesti hanno assunto significati differenti da quelli che noi di volta in volta assegneremo, assumendo come
unico criterio d'azione la comprensibilità del discorso che stiamo intrattenendo. In tal maniera, qualche riga appresso
la presente nota, viene detto “uscire dai canoni della teoria istituzionale”, dove con ciò non vogliono ovviamente
intendersi gli studi dei c.d economisti istituzionalisti, ma la teoria mainstream , la teoria dominante adottata dalle
istituzioni. Concludendo, senza per ciò volerci arrogare un'importanza sproporzionata al valore del presente lavoro,
è vero anche che, come ebbe modo di dire Schumpeter, “chi pensa di poter imparare qualcosa da questo libro, deve
meditarlo bene” (Schumpeter, J. A., Prefazione alla Seconda Edizione Tedesca alla Teoria dello Sviluppo
Economico, ed. cit.), nella convinzione di esporre il lettore allo studio di un testo scaturito da profonda riflessione.
13 Cfr. nota 10.
7
buon senso è, nel mondo, la cosa meglio divisa, poiché ognuno pensa di esserne (…) ben provvisto
(…) ed in ciò non è verosimile che tutti si ingannino”
14
. Riteniamo che, affinché il lettore partecipi
di queste discussioni, sia sufficiente applichi il buon senso – ossia la facoltà che gli è data di servirsi
della logica – ed eserciti la ragion critica ; nondimeno, l'algebra della scuola secondaria sarà
bastevole a cogliere la sostanza dei tecnicismi adottati.
Si consideri inoltre che “il divenire della società costituisce una realtà realmente indivisibile;
solo con un atto di violenza la mano ordinatrice dello studioso estrae dal suo grande flusso i fatti
economici”, e che pertanto “un sistema è vero in tutto ciò che dice e falso in tutto ciò che nega” 15
.
Se noi arriveremo dunque a proporre uno sviluppo possibile per la disciplina economica non
dimentichiamo che essa, come tutte le moderne scienze, non potrà mai emanciparsi da un approccio
exoterico; e costituisce pertanto, quantunque ben sviluppata, solo una piccola parte del sapere
veramente necessario all'Umanità.
Così, nel Capitolo I esporremo brevemente la base della teoria di riferimento ed il Teorema di
Lipsey-Lancaster , suo corollario, in modo da portare all'attenzione le fattezze della costruzione che
si intende criticare. Nel Capitolo II esamineremo le insufficienze che a tale impostazione sono state
imputate nel corso del tempo, quando emerse il problema ecologico, nonché gli attriti che
l'approccio neoclassico istituzionale ha avuto con la fondamentale branchia degli studi detta
Economia dello Sviluppo ; in chiusura presenteremo la figura di Nicholas Georgescu-Roegen – il
meno studiato tra i grandi economisti del secolo passato.
In seguito, Capitoli III – IV , passeremo alla critica vera e propria dell'economia politica,
poggiando sul pensiero di Georgescu-Roegen, e cercando di arricchirlo con le nostre osservazioni
sulla vita quotidiana; riflessioni che ci permetteranno di meglio chiarire la natura varia dei bisogni
umani, e quindi il ruolo che tale concetto, incluso nella funzione di utilità, deve ricoprire in una
teoria esplicativa. Arriveremo perciò a proporre un modello interpretativo per le economie
contemporanee, alternativo a quello istituzionale; lo proponiamo nell'intento di evidenziare più
precisamente la direzione fondamentale dei sistemi economici attuali, che a noi pare preoccupante.
Alcune suggestioni normative concludono l'opera, Capitolo V ; il tal maniera ne è spiegato il titolo.
*******
14 Descartes, R., Discorso sul Metodo , Sonzogno, Milano, 1912, pag. 6.
15 La prima frase è di Schumpeter, J. A., op. cit., pag. 1; la seconda massima è del Leibniz.
8
I) Il modello economico di riferimento e il Teorema di Lipsey-Lancaster L’uomo che fa il suo ingresso appoggiandosi
ad una porta malferma si procura una non
giustificata reputazione di violenza.
John Kenneth Galbraith
Ancora penso che ciò che possiamo sapere del
mondo possiamo saperlo soltanto mediante
l'osservazione, e non mediante complicate
argomentazioni circa quello che esso deve
essere.
Bertrand Russel
Il modello economico di riferimento, tramite cui si descrive un'economia e se ne analizza la
bontà, è del 1954. Basato sugli argomenti delle decadi precedenti, e in particolare sugli studi di V.
Pareto e A. Bergson, era già stato presentato da Samuelson nei Fondamenti , Capitolo VIII. Tuttavia
occorsero altri sette anni affinché un'ulteriore semplificazione concettuale – e un'approfondita
notazione matematica – lo rendessero ufficiale. Ciò avvenne con l'articolo The Pure Theory of
Public Expenditure , originariamente pensato per analizzare i c.d beni non esclusivi, come la difesa
nazionale, “ma l'articolo di Samuelson si dimostrò facilmente adattabile ad un ampio spettro di
problemi del settore pubblico, e rapidamente diventò il modello standard per ogni analisi normativa
del settore pubblico”
16
. Le grandi istituzioni internazionali, quali l'FMI o la Banca Mondiale,
ragionano tutt'oggi sulla base delle assunzioni colà specificate.
In generale quasi ogni studente di economia ha familiarità con la teoria nota col nome di First
Best , o contesto di First Best . E' ad ogni modo profittevole rivederne i tratti principali, dal momento
che la critica in seguito esposta ad essa si riferirà. Propedeutico alla spiegazione del modello è il
concetto di utilità .
L'utilità economica deriva dal più ampio concetto di utilità intesa in senso generale, che il Pareto
16Tresch, R., Public Finance , Academic Press, Boston, 2007, pag. 34. Tale libro è attualmente in uso al MIT di
Boston ed in altre importanti università, come libro di testo per la materia oggetto; lo useremo pertanto come
riferimento dell'approccio istituzionale corrente, se non diversamente specificato.
9
preferiva definire ofelimità, dal greco ωφέλίμος . L'utilità in generale indica la “capacità di
soddisfare un desiderio o di servire ad uno scopo”; è altresì chiaro che gli studi economici possono
“occuparsi solo di certi generi di utilità, o dell'utilità considerata sotto dati aspetti
17
”. Questi “dati
aspetti” discendono dall'accezione di bisogno che il bene va a colmare. Quando di una cosa vi è
abbondanza l’uomo è portato “non ad un agire cosciente, ma solo a manifestazioni di vita
involontarie (…); potranno queste cose ( abbondanti ) costituire una condizione dell’esistenza, ma
non vi sarà, quanto ad esse, alcun bisogno nel senso economico della parola” 18
. L'utilità in economia
è quindi la misura della soddisfazione associata all'uso di un bene economico, ovvero scarso
19
.
Si parla dunque di utilità cardinale e utilità ordinale. Chi sceglie di utilizzare l'utilità cardinale
presume che l'individuo sia in grado di esprimere precisamente l'utilità che gli deriva dalla fruizione
di un servizio, acquisizione di un oggetto, eccetera. L'utilità ordinale, in uso da circa un secolo,
chiede invece soltanto che il consumatore sappia esprimersi riguardo alla preferibilità di un bene, o
di un paniere di beni, piuttosto che un altro – è da qui che si è iniziato a parlare di preferenze del
consumatore. Essa necessita, al fine di poterla esprimere, di una funzione di utilità.
Sebbene il concetto sia passibile di amplissime riflessioni – che effettivamente si sono avute nel
corso degli ultimi due secoli – la teoria di First Best più recente, la New New Welfare Economics ,
intende l'utilità in modo piuttosto semplice, in qualche maniera oltrepassando la distinzione tra
ordinale e cardinale, perché l'utilità nel modello economico di riferimento è associata unicamente al
reddito
20
. Dovendo esprimerci con notazione formale vediamo che (I.1):
U h = F(Yh),
ossia, “U h”, che rappresenta l'utilità dell'individuo “ h”, è funzione del reddito di “ h”, “Y h”, e
niente altro
21
.
*******
Gli economisti considerano che un modello debba possedere quattro attributi affinché si possa
utilizzare agevolmente nelle analisi normative del settore pubblico:
17 Nicholson, J. S ., Principi di Economia Politica , Utet, Torino, 1908, pag. 21, 23.
18 E. Sax, Principi Teoretici di Economia di Stato, Utet, Torino, 1912, pag. 126.
19 Per semplicità d'esposizione, nel seguito del testo utilizzeremo il termine “bene” con l'accezione di “bene
economico”, come sopra specificato.
20Per avere idea degli apporti teorici avutisi nel tempo riguardo il concetto di utilità, cfr. Samuelson, A. P., op. cit.,
Capitolo V.
21Cfr. Tresch, R., op. cit., pag. 104
10