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Capitolo primo – Leghe di Alluminio e tecniche per la loro analisi
1.1. Leghe di alluminio
L’alluminio è il tredicesimo elemento della tavola periodica.
Le sue proprietà di densità e modulo elastico sono circa un terzo di quelle dell’acciaio:
rispettivamente 2,7 kg m
-3
e 70 GPa. Ciò rende l’alluminio paragonabile all’acciaio nelle
applicazioni.
Presenta ottime conducibilità termica ed elettrica e resistenza a corrosione. La sua temperatura
di fusione è 660°C. La struttura cristallina a temperatura ambiente è quella cubica a facce
centrate, rendendo così il materiale estremamente duttile.
L’alluminio può essere primario, ovvero prodotto a partire dal minerale (Bauxite) con un
grande apporto di energia (26 kWh kg
Al
-1
), oppure secondario, cioè riciclato dall’alluminio
primario con la sola spesa di energia per la rifusione (0,7 kWh kg
Al
-1
). Il grande apporto di
energia necessaria alla produzione di nuovo materiale rende il costo dell’alluminio fortemente
dipendente dal costo dell’energia.
I limiti più forti dell’alluminio sono:
Scarsa saldabilità;
Assenza di limite di fatica;
Bassa resistenza al creep;
Riduzione delle proprietà meccaniche già a temperature dell’ordine dei 200°C.
La scarsa saldabilità è dovuta all’elevata conducibilità termica: la saldatura localizzata risulta
impossibile da realizzare.
La bassa resistenza al creep e la caduta di proprietà meccaniche già a 200°C sono imputabili
alla bassa temperatura di fusione.
Le leghe di alluminio si dividono in due categorie:
Leghe da fonderia,
Leghe da deformazione plastica.
La lega, a seconda degli elementi presenti, può essere trattabile termicamente o meno.
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La denominazione IADS delle leghe è riportata in tabella 1.1:
Leghe da fonderia Leghe da deformazione plastica
1xx.x Al puro 1xxx Al puro
2xx.x Al – Cu
trattabile termicamente
2xxx Al – Cu
trattabile termicamente
3xx.x Al – Si – Cu (Mg)
trattabile termicamente
3xxx Al – Mn
4xx.x Al – Si 4xxx Al – Si
5xx.x Al – Mg 5xxx Al – Mg
7xx.x Al – Zn
trattabile termicamente
6xxx Al – Mg – Si
trattabile termicamente
8xx.x Al – Sn
trattabile termicamente
7xxx Al – Zn – Mg
trattabile termicamente
9xx.x altre composizioni 8xxx Al – Li (Sn, Zr,
B)
trattabile termicamente
Tabella 1.1: denominazione IADS delle leghe di alluminio
La cifra dopo il punto, nelle leghe da fonderia, vale 0 se lo stato di fornitura è in getti, 1 se in
pani.
La seconda cifra indica la variazione di composizione, l’ultima o le ultime due hanno
funzione di classificazione.
In tabella 1.2 vengono riportati i valori di solubilità degli elementi di lega in alluminio sia in
fase solida, sia in fase liquida.
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Tabella 1.2: solubilità degli elementi di lega in alluminio
1.1.1 Leghe da fonderia
Data le bassa temperatura di fusione e densità, la tecnologia principale per le colate di
alluminio è la pressocolata. Tutti gli oggetti prodotti in questo modo non sono trattabili
termicamente: la permanenza in temperatura farebbe fuoriuscire i gas inglobati nel materiale,
deformando l’oggetto.
Il principale alligante per queste leghe è il silicio, il quale riduce l’entità del ritiro e aumenta
la colabilità. Come ulteriori vantaggi, l’aggiunta del silicio alla lega, conferisce maggior
durezza e resistenza ad usura e rende possibile il trattamento termico (solo se presente anche
magnesio).
L’aggiunta di Si, però, peggiora la lavorabilità all’utensile e riduce la densità e il coefficiente
di dilatazione termica.
La tabella 1.3 riporta i principali effetti dell’aggiunta di altri elementi nelle leghe da fonderia:
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Elemento:
Vantaggi:
Svantaggi:
Cu Permette il trattamento termico;
Aumenta le proprietà meccaniche.
Riduce la colabilità;
Riduce la resistenza a corrosione.
Mg Aumenta la resistenza a corrosione;
Permette il trattamento termico
(con aggiunta di Si).
Aumenta l’ossidabilità;
Riduce la colabilità.
Mn Migliora la resistenza a corrosione;
Contrasta la riduzione di tenacità
indotta dall’aggiunta di Fe.
Zn Migliora le proprietà meccaniche;
Permette il trattamento termico
(con aggiunta di Mg e Cu).
Riduce la resistenza a corrosione.
Fe Migliora la resistenza meccanica
ad alte temperature.
Aumenta notevolmente la fragilità,
anche a causa della formazione di
composti intermetallici;
Riduce la resistenza a corrosione.
Tabella 1.3 : effetti dei principali elementi di lega
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1.1.2 Leghe da deformazione plastica
Le leghe non trattabili termicamente, principalmente quelle con aggiunta di Mn e Mg,
vengono rinforzate mediante deformazione a freddo. Questa induce un forte aumento del
numero di dislocazioni che rinforzano il materiale, riducendone però la tenacità. Le proprietà
meccaniche sono tendenzialmente inferiori rispetto alle leghe trattabili termicamente.
Queste ultime sono, infatti, le più utilizzate in quanto offrono un ampio range di
caratteristiche tra resistenza e duttilità. I principali campi di utilizzo sono quelli aerospaziale e
automotive.
Le più utilizzate sono quelle delle serie 2xxx, 6xxx e 7xxx, le cui proprietà principali vengono
riportate in tabella 1.4.
(a) Ottenute tramite metallurgia delle polveri
Tabella 1.4: proprietà meccaniche delle principali leghe da deformazione plastica trattabili termicamente
La serie 6xxx presenta gli allungamenti maggiori, con le più basse resistenze a snervamento e
a rottura.
La serie 7xxx possiede le migliori resistenze, ma le minori tenacità.
Il compromesso ottimale si ottiene con le leghe della serie 2xxx, cui appartiene la lega 2618,
evidenziata in figura. Questa sarà l’oggetto di un’analisi approfondita in seguito.
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1.2 Trattamenti termici delle leghe di alluminio
Gli oggetti ottenuti da pressocolata, come già visto in precedenza, non possono essere trattati
termicamente. Questi, insieme ai pani e alle billette da cui si otterrà l’oggetto finito solo dopo
deformazione plastica, rappresentano la parte più consistente dei prodotti da fonderia.
Il primo trattamento da eseguire sui risultati della colata, prima che assumano la forma
definitiva, è l’omogeneizzazione.
Questa permette di rendere più costante la microstruttura e la composizione all’interno del
getto, eliminando parzialmente i difetti di segregazione e ritiro dovuti alla colata.
Dopo questo pre-trattamento e dopo aver ottenuto l’oggetto tramite deformazione plastica, ha
luogo il vero e proprio trattamento termico, composto da tre fasi:
Solubilizzazione;
Tempra;
Invecchiamento
Tutte queste fasi vengono effettuate sempre nel campo del solido, evitando sovra-
riscaldamento e parziale fusione.
La solubilizzazione consiste nel riscaldamento alla temperatura di massima solubilità degli
elementi di lega in alluminio, come mostrato in figura 1.1.
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Figura 1.1: rappresentazione della fase di solubilizzazione sul diagramma di stato
La figura mostra anche come si presenta la microstruttura in fase di solubilizzazione: tutti gli
elementi di lega entrano in soluzione solida con la matrice di Al, non vi sono dunque
precipitati a bordo grano.
La temperatura a cui si esegue la solubilizzazione oscilla in genere tra i 450°C e i 550°C.
La durata di questa fase deve essere tale da permettere la migliore omogeneità possibile, ma
non troppo estesa: si avrebbe, infatti, un indesiderato accrescimento delle dimensioni dei
grani.
La seconda fase del trattamento consiste nella tempra. L’obiettivo è quello di preservare la
soluzione solida ottenuta. Per fare ciò bisogna portare l’oggetto a temperatura ambiente (20°C
circa) nel minor tempo possibile. La fase di solubilizzazione, con relativa microstruttura è
rappresentata in figura 1.2.
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Figura 1.2: rappresentazione della fase di tempra sul diagramma di stato
Più la velocità di raffreddamento è elevata, maggiori sono le proprietà meccaniche del
materiale alla fine del trattamento, ma, a velocità troppo elevate si possono avere distorsioni
macroscopiche del materiale.
Infatti, gli atomi dell’alligante sono costretti dal brusco salto di temperatura a rimanere in
soluzione solida nel cristallo di Al ad una temperatura a cui la solubilità non è possibile. Ciò
induce forti distorsioni del reticolo cristallino e, dunque, l’immagazzinamento di tensioni
interne al materiale.
Gli effetti delle tensioni residue diventano di grande importanza in caso di oggetti a forma
irregolare o in caso di successive lavorazioni all’utensile. Nel primo caso, infatti, si possono
avere zone la cui geometria funge da intensificatore degli sforzi, nel secondo caso, una forza
esterna può alterare il bilancio di tensioni interne. Il risultato è una distorsione macroscopica
del materiale, o la formazione di cricche interne.
La terza e ultima fase del trattamento termico è l’invecchiamento.
In questa fase si ha la precipitazione a bordo grano degli elementi di lega con una conseguente
riduzione delle tensioni interne e un incremento delle proprietà meccaniche.
Essendo in soluzione sovra-satura con la matrice, gli elementi di lega tendono naturalmente a
precipitare a bordo grano. Per questo motivo l’invecchiamento avviene anche a temperatura
ambiente: si parla in questo caso di invecchiamento naturale.
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L’invecchiamento è la parte più delicata dell’intero trattamento. Infatti, a seconda dei valori di
tempo e temperatura cui è esposto il materiale si hanno differenti tipologie di precipitati, che
possono migliorare o peggiorare le proprietà meccaniche del materiale.
Ad una certa temperatura, al crescere del tempo di permanenza, le tipologie di precipitati, in
una lega alluminio – rame, sono le seguenti:
Zone GPB (zone di Guinier – Preston – Bagaryatski, in onore dei tre ricercatori, che,
nel 1938, scoprirono l’esistenza di questo precipitato attraverso la diffrazione dei raggi
X): addensamenti di atomi di Cu (clusters) sui piani regolari della matrice di Al;
θ’’: precipitati coerenti con la matrice a struttura tetragonale. La coerenza con la
matrice induce le maggiori distorsioni al cristallo, conferendo al materiale il picco di
durezza;
θ’: precipitati semicoerenti con la matrice, risultato dell’accrescimento dei precipitati
θ’’. Essendo precipitati semicoerenti, questa è una fase metastabile;
θ: precipitati di equilibrio, incoerenti con la matrice. Sono il risultato dell’ulteriore
accrescimento delle fasi precedenti.
La durezza, al variare del tempo di invecchiamento, raggiunge un massimo per poi decrescere
nuovamente. Questo viene mostrato in figura 1.3.