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Capitolo III :
GLI INTERVENTI NORMATIVI INTERNAZIONALI
3.1 Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione di
tutte le forme di discriminazione contro le donne
Prima di affrontare il problema delle forme moderne di schiavitù dal
punto di vista della Comunità Europea non posso fare a meno di
parlare di altri strumenti normativi internazionali, oltre a quelli di cui
ho già trattato nel precedente capitolo, che ritengo fondamentali per
capire a fondo il problema che sto affrontando.
In tal senso è anzitutto opportuno fare riferimento alla Convenzione
delle Nazioni Unite sull’eliminazione di tutte le forme di
discriminazione contro le donne
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entrata in vigore nel 1981.
Sappiamo bene che le discriminazioni possono facilmente
trasformarsi in forme di schiavitù, dato che impediscono l‘esercizio
di un diritto fondamentale: quello di uguaglianza. Cosa si debba
intendere per discriminazione è chiarito immediatamente dall‘art 1:
“Ai fini della presente Convenzione, l’espressione “discriminazione
contro le donne” sta ad indicare ogni distinzione o limitazione basata
sul sesso, che abbia l’effetto o lo scopo di compromettere o
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annullare il riconoscimento, il godimento o l’esercizio da parte delle
donne, indipendentemente dal loro stato matrimoniale e in
condizioni di uguaglianza fra uomini e donne, dei diritti umani e delle
libertà fondamentali in campo politico, economico, culturale, civile, o
in qualsiasi altro campo.”
La Convenzione mira a far sì che gli Stati si impegnino affinché che
tali discriminazioni siano eliminate in ogni ambito (politico,
lavorativo, dell‘istruzione, di fronte alla legge…) e punite tramite
norme interne.
Particolarmente pertinente al presente lavoro è poi l‘articolo 6, in
base al quale gli Stati parti devono prendere tutte le misure
appropriate, anche a livello normativo, al fine di sopprimere tutte le
forme di traffico e di sfruttamento della prostituzione delle donne.
Viene altresì costituito, in base all‘art 17, un Comitato per
l‘eliminazione delle discriminazioni contro le donne per esaminare i
progressi raggiunti in attuazione della Convenzione.
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3.2 La convenzione del 1989 sui diritti dell’infanzia e
suoi Protocolli opzionali
Non si può fare a meno di parlare della Convenzione del 1989 sui
diritti dell’infanzia.
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Con essa si vogliono garantire tutti i diritti fondamentali ai fanciulli
che, in base all‘art 1, sono i minori di 18 anni, salvo che non sia
diversamente previsto dalla legislazione interna degli Stati parti. Gli
articoli che mi sembrano più inerenti al tema che sto affrontando
sono sicuramente i seguenti:
art. 19 “Gli Stati parti adottano ogni misura legislativa,
amministrativa, sociale ed educativa per tutelare il fanciullo
contro ogni forma di violenza, di oltraggio o di brutalità fisiche
o mentali, di abbandono o di negligenza, di maltrattamenti o di
sfruttamento, compresa la violenza sessuale, per tutto il tempo
in cui è affidato all’uno o all’altro, o a entrambi, i genitori, al
suo tutore legale (o tutori legali), oppure a ogni altra persona
che abbia il suo affidamento.
Le suddette misure di protezione comporteranno, in caso di
necessità, procedure efficaci per la creazione di programmi
sociali finalizzati a fornire l’appoggio necessario al fanciullo e a
coloro ai quali egli è affidato, nonché per altre forme di
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prevenzione, e ai fini dell’individuazione, del rapporto,
dell’arbitrato, dell’inchiesta, della trattazione e dei seguiti da
dare ai casi di maltrattamento del fanciullo di cui sopra; esse
dovranno altresì includere, se necessario, procedure di
intervento giudiziario”.
Art.28: “Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo
all'educazione, e in particolare, al fine di garantire l’esercizio di
tale diritto in misura sempre maggiore e in base
all’uguaglianza delle possibilità…”.
Art 32: “Gli Stati parti riconoscono il diritto del fanciullo di
essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non
essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia
suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di
nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale,
spirituale, morale o sociale.
Gli Stati parti adottano misure legislative, amministrative,
sociali ed educative per garantire l’applicazione del presente
articolo. A tal fine, e in considerazione delle disposizioni
pertinenti degli altri strumenti internazionali, gli Stati parti, in
particolare:
a) stabiliscono un’età minima oppure età minime di
ammissione all’impiego;
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b) prevedono un’adeguata regolamentazione degli orari di
lavoro e delle condizioni d’impiego;
c) prevedono pene o altre sanzioni appropriate per garantire
l’attuazione effettiva del presente articolo”.
Art.33: “Gli Stati parti adottano ogni misura adeguata,
comprese misure legislative, amministrative, sociali ed
educative per proteggere i fanciulli contro l’uso illecito di
stupefacenti e di sostanze psicotrope, così come definite dalle
Convenzioni internazionali pertinenti e per impedire che siano
utilizzati fanciulli per la produzione e il traffico illecito di queste
sostanze.”
Art. 34:” Gli Stati parti si impegnano a proteggere il fanciullo
contro ogni forma di sfruttamento sessuale e di violenza
sessuale. A tal fine, gli Stati adottano in particolare ogni
adeguata misura a livello nazionale, bilaterale e multilaterale
per impedire:
a) che dei fanciulli siano incitati o costretti a dedicarsi a una
attività sessuale illegale;
b) che dei fanciulli siano sfruttati a fini di prostituzione o di altre
pratiche sessuali illegali;
c) che dei fanciulli siano sfruttati ai fini della produzione di
spettacoli o di materiale a carattere pornografico.”
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Art 35: ” Gli Stati parti adottano ogni adeguato provvedimento
a livello nazionale, bilaterale e multilaterale per impedire il
rapimento, la vendita o la tratta di fanciulli per qualunque fine e
sotto qualsiasi forma.
Vengono inoltre alla luce gli articoli 36, 37 e 38, che vietano
rispettivamente, sempre naturalmente con riguardo ai minori lo
sfruttamento, la tortura e l‘impiego in conflitti armati.
E‘ da segnalare anche il Protocollo opzionale alla convenzione sui
diritti del bambino relativo al coinvolgimento dei minori nei conflitti
armati
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adottato il 25 maggio 2000. In tale documento si ribadisce il
concetto, già contenuto nello Statuto della Corte penale
internazionale, in base al quale sono da considerare crimini di
guerra sia la chiamata di leva di minori inferiori ai 15 anni sia il farli
partecipare attivamente alle ostilità. In base agli art 1 e 2 gli Stati
debbono impedire che i minori di 18 anni arruolati nelle loro forze
armate partecipino direttamente alle ostilità o siano oggetto di leva
obbligatoria.
L‘art 3 comma 3 afferma inoltre: ―Gli Stati parti che autorizzano
l'arruolamento volontario nelle loro forze armate nazionali prima di
18 anni instaurano garanzie che assicurano almeno quanto segue:
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a) che tale arruolamento sia effettivamente volontario;
b) che tale arruolamento abbia luogo con il consenso informato dei
genitori o dei tutori legali dell'interessato;
c) che gli arruolati siano esaurientemente informati dei doveri
inerenti al servizio militare e nazionale;
d) che essi forniscano una prova affidabile della loro età prima di
essere ammessi a detto servizio.”
In base all‘art 4, i gruppi armati diversi dalle forze armate nazionali
non possono in nessun caso arruolare minori di 18 anni.
Ritengo importante anche l‘altro Protocollo opzionale alla medesima
Convenzione: quello sulla vendita di bambini, la prostituzione dei
bambini e la pornografia rappresentante bambini delle Nazioni Unite
redatto a New York nel 2000.
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in base all‘art 2 :
―a) per vendita di bambini si intende qualsiasi atto o transazioni che
comporta il trasferimento di un bambino, da qualsiasi persona o
gruppo di persone ad altra persona o ad altro gruppo dietro
compenso o qualsiasi altro vantaggio;
b) per prostituzione di bambini si intende il fatto di utilizzare un
bambino a fini di attività sessuali dietro compenso o qualsiasi altro
vantaggio;
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c) per pornografia rappresentante bambini si intende qualsiasi
rappresentazione, con qualsiasi mezzo, di un bambino dedito ad
attività sessuali esplicite, concrete o simulate o qualsiasi
rappresentazione degli organi sessuali di un bambino a fini
soprattutto sessuali.”
L‘art 3 è fondamentale, in quanto afferma:
―Ciascuno Stato parte vigila che, come minimo, i seguenti atti e
attività siano pienamente recepiti dal suo diritto penale, a
prescindere che tali reati siano commessi a livello interno o
transnazionale da un individuo o in modo organizzato:
a) per quanto riguarda la vendita di bambini di cui all'articolo 2:
i) il fatto di offrire, consegnare o accettare un bambino, a
prescindere dal mezzo utilizzato per i seguenti fini:
a. sfruttare il bambino a fini sessuali;
b. trasferire gli organi del bambino a fini di lucro;
c. sottoporre il bambino ad un lavoro forzato;
ii) il fatto di ottenere indebitamente, in quanto intermediario, il
consenso all'adozione di un bambino in violazione degli strumenti
giuridici internazionali relativi all'adozione;
b) il fatto di offrire, ottenere, procurare o fornire un bambino a fini di
prostituzione, quale definita all'articolo 2;