3
INTRODUZIONE
Il presente elaborato prende vita da due passioni che possono
essere ritenuti contrastanti, ma che per le stesse ragioni mi hanno
spinto alla stesura di questo lavoro: il mondo del marketing e tutto
ciò che riguarda il non convenzionale da un lato, quello del
sociale, dall‟altro.
Questi due temi sono valutati a partire dallo scenario su cui oggi
si stagliano: oggigiorno viviamo, infatti, in un mondo incline alla
“trasformazione”, in cui però qualche costante può essere
individuata, come la centralità del profitto nelle attività
economiche e l‟applicazione di strumenti e studi di marketing
soprattutto nell‟ambito del mercato.
Partendo da queste condizioni, l‟intenzione sottesa alla tesi è
quella di mostrare come il marketing non sia solo uno strumento
pronto a essere utilizzato dalle grandi aziende per attirare il
maggior numero di clienti, quanto semmai, nella sua versione non
convenzionale, un potenziale mezzo per veicolare anche la
conoscenza di quel mondo ampio e variegato che si è soliti
definire “sociale”.
Gli strumenti, le teorie e le tecniche finora utilizzati dagli uomini
di marketing si dimostrano sempre meno adeguate a intercettare
persone progressivamente più impermeabili ai messaggi
pubblicitari. È qui che si colloca il marketing non convenzionale,
un nuovo modo di conversare, di interagire con il “consumatore”,
sempre più connesso, sempre più informato, sempre più digitale.
Fare marketing non convenzionale, significa adottare un ventaglio
di strumenti ad alto impatto emotivo e a basso costo, in grado di
comunicare con il consumatore postmoderno in ambienti non
convenzionali. Il mondo del sociale negli ultimi anni è cambiato,
data la rilevanza dei metodi di comunicazione più innovativi e in
particolare quelli legati al guerrilla marketing, come indicano casi
quale quello dell'organizzazione non governativa “Amnesty
International”.
Lo scopo del seguente lavoro è di analizzare i tratti salienti e
dunque connotanti il nuovo approccio del marketing non
convenzionale, catapultato nel contesto del sociale, e di come tali
strumenti possano essere adottati per comunicare in tale settore.
Alla base del presente lavoro c‟è una domanda: possono le
4
organizzazioni no profit sfruttare il marketing non convenzionale
come strumento che permetta loro di utilizzare il budget che
hanno a disposizione (di solito non consistente) per creare sia
campagne di sensibilizzazione sia campagne di raccolta fondi allo
scopo di lanciare in maniera più efficace il loro messaggio in un
contesto di innovazione?
Prima di rispondere, si è voluto delineare l'evoluzione della
comunicazione partendo da Wiener, percorrendo lo scenario
postmoderno, fino ad arrivare ai giorni nostri. Nel primo capitolo,
quindi, si mettono in risalto, sotto il punto di vista sociologico, i
cambiamenti che stanno avvenendo nella sfera sociale.
Lasciato alle spalle tale analisi, nel secondo capitolo si tratta la
“materia” marketing, i tratti che la contraddistinguono e le
caratteristiche specifiche del cosiddetto marketing sociale, anche
nelle sue recenti versioni unconventional, come il guerrilla
marketing e il viral marketing. Parte del secondo capitolo è
dedicata, quindi, allo studio dell'applicazione del non
convenzionale da parte delle organizzazioni non governative. In
questa sezione vengono delineati scenari futuri, come quello di
un'abdicazione concettuale in favore del societing, in cui il campo
di osservazione non è più il mercato (market), ma la società
(society) e la comunicazione è tendenzialmente rivolta non più (o
non solo) a un generico consumatore, ma a un consumAttore, la
cui partecipazione e co-produzione di idee a favore dell'azienda è
centrale.
Il marketing della nuova era vede il passaggio dall'advertising -
che puntava a persuadere i consumatori - all'advertainment, vale a
dire a una comunicazione di marca che punta a intrattenere il
pubblico, e sempre più spesso a stupirlo, per stimolare la
conversazione e innescare i meccanismi di diffusione virale, e
ancora, dal broadcasting al narrowcasting: Vale a dire
dall'emissione di messaggi ad una massa indifferenziata, verso
forme e mezzi di comunicazione sempre più tribali, che si
rivolgono solamente alle persone più interessate ed influenti. Dal
fare comunicazione all’essere comunicazione, dal fare marketing
all'essere marketing.
Nel terzo capitolo, poi, si analizza il case study di Amnesty
International, ripercorrendone la storia e i motivi della nascita, le
campagne attuate nel corso degli anni e gli strumenti utilizzati per
lanciare i suoi messaggi. Nella seconda parte dello stesso capitolo
si entra nello specifico portando alla luce come Amnesty
International abbia saputo sfruttare il marketing non
5
convenzionale nelle sue campagne.
Nel quarto e ultimo capitolo vi è un'analisi effettuate tramite
interviste semi-strutturate a testimoni privilegiati selezionati tra le
principali ONG italiane e internazionali. L‟intenzione di tale
analisi è quella di rilevare il punto di vista degli esperti in merito
alla possibilità di superare alcuni problemi di visibilità delle
organizzazioni non profit ricorrendo a strategie di marketing e
comunicazione non convenzionali.
6
CAPITOLO I
LA COMUNICAZIONE TRA SOCIETÀ E ECONOMIA
1.1. La comunicazione da strumento per la democrazia ad
arma del marketing.
Negli ultimi tre secoli la comunicazione ha assunto diversi
compiti, in corrispondenza dell‟evoluzione della società in cui
viviamo. Durante il Settecento e nel corso dell‟Ottocento le utopie
moderniste sostengono, ad esempio, che i mezzi di
comunicazione, il telegrafo in particolare, possano agevolare la
nascita di un sistema democratico presso un grande popolo
1
.
Come afferma Mattelart, infatti, «le utopie della comunità
universale e della società decentrata scandiscono il progresso
delle reti di comunicazioni»
2
, così da evidenziare il ruolo affidato
durante il Settecento e l‟Ottocento non solo ai mezzi di
comunicazione, ma alla comunicazione in generale
3
.
Prima del Novecento, la comunicazione e i suoi effetti sulla
società sono in stato embrionale, i media vengono considerati
strumenti per costruire una società democratica, nella quale tutti i
cittadini possano partecipare agli affari dello Stato
4
.
Il nucleo di fondo del pensiero politico moderno teorizza la
rivendicazione della continuità evoluzionistica del progresso e la
perfettibilità dell‟uomo, della collettività politica e, in ultima
istanza, dell‟intera umanità
5
. L'uomo “immaginato” dalla
modernità ha quindi fiducia in se stesso e nella sua ragione
illuminata e illuminante, che lo rende creatore e protagonista di
una civiltà tesa verso traguardi più alti. Il progetto “filosofico”
sotteso a questa visione dell‟uomo consiste nel conferire un senso
1 Mattelart A., Storia della società dell'informazione, Einaudi, Torino 2002.
2 Ibid., p. 26.
3 Ibid., p. 27.
4 Ibid., p. 28.
5 Sul rapporto tra evoluzionismo e perfettibilità dell‟uomo si veda l‟analisi della
filosofia di Rousseau e del pensiero settecentesco francese in genere condotta da
Mario Reale nel suo Le ragioni della politica. Rousseau J.J. dal “Discorso
sull’ineguaglianza al Contratto”, Edizioni dell‟Ateneo, Roma 1982.
7
unitario e globale alla realtà a partire però dall‟affermazione, e
non dalla negazione, delle sue differenze. Questo proposito è
pensabile allora, solo all‟interno di un sistema politico
democratico in cui, ovviamente, riveste un ruolo fondamentale la
possibilità che ogni cittadino possa ricorrere a un‟informazione
libera e “desacralizzata”
6
.
Nel 1750 il fisiocrate Anne-Robert-Jacques Turgot, in un discorso
pronunciato alla Sorbona e intitolato Quadro filosofico dei
progressi graduali dello spirito umano, è uno tra i primi a
evidenziare il ruolo determinante dei mezzi di comunicazione e
delle idee (lingua, scrittura, stampa) nella configurazione dei
diversi tipi di società identificati lungo la traiettoria del progresso
dei Lumi così, Turgot inserisce i mezzi di comunicazione nel
processo di costruzione della modernità
7
.
Negli stessi anni Alexandre Vandermonde, titolare della prima
cattedra di economia politica istituita in Francia, nel discorso «La
nascita del discorso redentore sulla comunicazione a distanza»,
afferma che il telegrafo ha potenzialità tali da rendere possibile
l'istituzione della democrazia presso un grande popolo
8
.
Se presso gli antichi tutti i cittadini si riunivano in una piazza e
all‟interno di questo “spazio pubblico” decidevano insieme, con il
telegrafo, secondo Vandermonde, tutti i cittadini possono
comunicare tra loro tutto quello che avrebbero voluto e in un arco
di tempo relativamente breve dal momento che «tale
comunicazione [deve] considerarsi istantanea»
9
.
Una connessione forte ma non inevitabile, quella tra evoluzione
tecnica e modernità politica, che arriva fino ai giorni nostri,
quando l‟affermazione di un nuovo ciclo tecnologico ravviva «il
discorso redentore sulla promessa di concordia universale, di
democrazia decentrata, di giustizia sociale e prosperità. E ogni
volta si ripeterà anche il fenomeno dell'amnesia nei confronti
della tecnologia precedente»
10
. È un processo tuttavia non
scontato quello del rapporto tra democrazia e informazione che,
proprio nella prima metà del Novecento, affronta il suo crinale più
critico. Con l‟avvento del cosiddetto processo di
nazionalizzazione delle masse
11
, infatti, l‟uso della
6 Mattelart A., Storia della società dell'informazione, op. cit., p. 28.
7Tableau philosophique des progres successifs de l'esprit humain, Discours
prononce en latin, dans les ecoles de la Sorbonne, 1750.
8 Mattelart A., Storia della società dell'informazione, op. cit., p. 72.
9 McQuail D., Sociologia dei media, Il Mulino, Bologna 2007.
10 Mattelart A., Storia della società dell'informazione, cit., p. 72.
11 Cfr. Mosse George, La nazionalizzazione delle masse, Il Mulino, Bologna 2004.
8
comunicazione subisce una torsione propagandistica fatta propria
sia dalle società democratiche sia da quelle totalitarie, sebbene
con finalità differenti. La sconfitta dei fascismi europei e la
conseguente affermazione di un modello sistemico
tendenzialmente democratico e fondato sulla diffusione
dell‟informazione ha creato le basi per un postmodernismo ancora
tendenziale e per quella che viene ormai comunemente detta “era
dell‟informazione”
12
.
Nella fase storica successiva alla Seconda Guerra Mondiale, il
contributo della scienza che si occupa di acquisire, elaborare,
memorizzare e comunicare l'informazione è assolutamente
centrale. Cardine del nuovo scenario è il concetto di rete sociale
13
.
Questa nuova condizione dell‟informazione, successiva alla fine
del Secondo conflitto, è parallela a un cambiamento nelle teorie e
nelle interpretazioni sul ruolo dei mezzi di comunicazione di
massa che spesso prendono vita dall‟indebolimento della
modernità intesa come progetto
14
, con l'avvento della
postmodernità. Il passaggio dal modernismo al postmodernismo
viene esplicitato, tra i primi, dal filosofo francese Jean-Francois
Lyotard
15
che, nella sua definizione di società postmoderna, mette
al centro il ruolo dell‟informazione sotto forma di crisi delle
"grandi narrazioni" che avevano giustificato ideologicamente la
coesione sociale ispirando, nella modernità, le utopie
rivoluzionarie. Con il declino del pensiero sistemico si è aperto,
come ha fatto notare tra gli altri Lyotard, il problema
dell‟esistenza di criteri di giudizio e di legittimazione che non
hanno più valore globale, ma locale
16
.
Nel campo della teoria della comunicazione, la prima riflessione
paradigmatica del futuro cambiamento risale al 1948. È in
quest‟anno che Norbert Wiener pubblica Cybernetics: or Control
and Communication in the Animal and the Machine
17
, affermando
che all'origine della seconda rivoluzione industriale si ritrovano
l'insieme dei mezzi di comunicazione, l‟utilizzo, lo stoccaggio e
la trasmissione dell'informazione per opera di radio, cinema,
12 http://it.wikipedia.org/wiki/Era_dell'informazione
13 Mattelart A., Storia della società dell'informazione, op. cit., p. 74.
14Sulla crisi della modernità come progetto e sulla svolta filosofica
postmoderna seguente a questa crisi “linguistica”. Cfr. Rorty R., La filosofia e
lo specchio della natura, Bompiani, Milano 2004.
15 Lyotard J.F., La condizione postmoderna, Feltrinelli Editore, Milano 1985.
16 Ibid., p.49.
17 Wiener N., Cybernetics: Or Control and Communication in the Animal and
the Machine, Ist. ed., Cambridge, Mass., M.I.T. Press.
9
telefono, telegrafo, posta, libri, stampa, nonché del sistema
scolastico e della Chiesa. Una rivoluzione, quella pensata da
Wiener, che reca con sé la promessa di emancipazione popolare
attraverso i mezzi di comunicazione di massa, le cui finalità gli
appaiono esattamente contrarie a quelle dei regimi totalitari.
Eppure percepiva che la speranza di emancipazione affidata ai
media si accompagna, nel suo pensiero, a dei dubbi vigorosi
relativi prevalentemente al fatto che essi possano essere utilizzati
per veicolare messaggi autoritari: «perché esse (le tecnologie
della comunicazione) siano in grado di fronteggiare l'entropia,
l'informazione dovrà poter circolare senza ostacoli. Ora nella
società contemporanea, il gioco del potere e del denaro costituisce
un effettivo impedimento di tutti i fattori antiomeostatici, il
controllo dei mezzi di comunicazione era il più efficace e
importante»
18
.
Una posizione equilibrata, quella di Wiener, secondo cui la
“società aperta” si basa su mezzi di comunicazione e di scambio
non necessariamente democratici. Basti pensare alla centralità al
suo interno di un medium non interattivo come la televisione e un
mezzo di scambio anch‟esso non “democratico” e spesso
omogeneizzante quale il denaro
19
. Entrambi questi mezzi, quindi,
possono essere considerati nella loro struttura come centrifughi
rispetto alla tendenza democratica della diffusione dei messaggi.
Dall'inizio del secolo non sono mancati i critici dei media. La
principale corrente ideologica che ha assunto questo
atteggiamento nei confronti dei mezzi di comunicazione è
radicata nel marxismo “francofortese” e trova in Walter Benjamin
uno dei suoi primi teorici
20
. Le intuizioni originarie di Benjamin
verranno ulteriormente sviluppate dagli altri membri della scuola
di Francoforte, come Adorno, Horkheimer e Marcuse, che danno
un ulteriore impulso a una visione “sistemica” della propaganda e
sviluppano l'idea che essa possa essere considerata l'anima
negativa del commercio e della pubblicità.
Il marxismo critico, di cui Adorno e Horkheimer sono due tra i
massimi esponenti, individua nei media dei veicoli che il
capitalismo usa per l‟alienazione e l‟induzione delle coscienze.
Questo carattere del capitalismo lo avvicina ai regimi totalitari e
ai fascismi degli anni ‟Trenta. I due sistemi di potere in questione
18 Ibid., p.18.
19 Negri A., Marx oltre Marx, Manifestolibri, Roma 1998.
20 Cfr. Benjamin Walter, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità
tecnica, Einaudi, Torino 2000.
10
– capitalismo e totalitarismi fascisti – sono accomunati da
un‟analoga centralità della propaganda che da entrambi è
utilizzata come strumento di potere e controllo delle masse,
sebbene in modi e per finalità differenti
21
.
Sulla stessa linea Charles Wright Mills espone, negli anni
Cinquanta, una posizione altrettanto critica, denunciando
l'inganno liberale del controllo pluralista e definendo
l'organizzazione dei media nell'America postbellica un
formidabile strumento nelle mani di una compatta “èlite del
potere”, per favorire un totale conformismo verso lo stato e
l'ordine pubblico
22
.
Il debito più evidente di queste riflessioni è individuabile
nell‟opera più complessa di Marx, ossia nei Grundrisse
23
testo in
cui il filosofo di Treviri fa emergere la natura ambivalente degli
oggetti nel sistema di mercato in cui essi, invece di avere soltanto
un valore intrinseco d'uso, si mercificano acquistando un valore di
scambio. Analogamente i prodotti culturali sono realizzati e
venduti come merci nei mercati dei media. Questi possono essere
acquistati dai consumatori per gratificazioni psichiche,
divertimento e illusioni sulla collocazione nel mondo, con
risultato di nascondere la reale struttura della società e la
subalternità al suo interno
24
.
Un passaggio ulteriore, in questa contraddizione tra potenzialità
democratica dei media e un loro utilizzo per il controllo delle
masse, è quello che si verifica, approssimativamente negli anni
settanta. Nel corso di questo decennio sono gli stessi Stati
nazionali, e nella fattispecie gli Stati Uniti, a rivolgersi agli
studiosi della comunicazione per giungere a una quantificazione
dei flussi d‟informazione. Concentrandosi sui sistemi
d'informazione quali computer e telecomunicazione, Potrat ricava
una definizione d'informazione in termini di dati organizzati e
comunicati, pervenendo a una classificazione degli “agenti
informazionali” in cinque settori: industrie che vendono beni o
servizi d'informazione, burocrazia pubblica o privata, settore
produttivo pubblico, attività produttive private, economie
familiari.
25
21 http://www.filosofico.net/horkheimer.htm#n3
22 Mills W., L’élite del potere, Feltrinelli Editore, Milano 1986.
23 Marx. K., Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica, La
Nuova Italia, Firenze 1997.
24 Horkheimer M. Adorno T., Dialettica dell'illuminismo, Einaudi, Torino 1966.
25 Mattelart A., Storia della società dell'informazione, Enaudi, Torino p. 49 2002.
11
Il lavoro di Potrat diventa importante ai fini della nostra ricerca
perché esso dimostra il peso non solo politico ma anche
prettamente economico dell‟informazione che già nel 1967,
quindi dieci anni prima della sua inchiesta, rappresenta il 46% del
prodotto nazionale lordo degli Stati Uniti e il 53 % della massa
salariale.
La connessione tra informazione, mercato e capitale è sempre più
forte e, non a caso, nel postmoderno ritorna il concetto di “One
World”, questa volta portato avanti dalle multinazionali, fondato
proprio sulla crescita delle industrie e delle reti d'informazione,
capaci di liberare i prodotti dal vincolo delle frontiere.
Mentre nelle industrie si sogna una globalizzazione a
trecentosessanta gradi capace di estendere i mercati oltre le
frontiere nazionali, le fonti del nuovo potere divengono la “libera”
informazione creata dal marketing, dalla televisione, dai media e
dalla propaganda, secondo una connessione sistemica così
descritta da McQuail:
Nel bene o nel male, la democrazia (e il suo contrario) dipende
sempre di più dai mass media a livello nazionale e
internazionale, e quando si affrontano i problemi sociali più
importanti è impossibile prescindere dal loro ruolo.
26
Numerosi autori enfatizzano la sempre maggiore interconnessione
del “sociale” come risultato delle tendenze della società
dell'informazione. Melody definisce tali società quelle che si
trovano a «dipendere da complesse reti elettroniche
d‟informazione e comunicazione e che investono gran parte delle
loro risorse nelle attività relative»
27
.
Lo strumento per eccellenza d‟informazione, comunicazione e
lavoro che permette tale interscambio è la rete.
Come per qualsiasi altro ambito della vita umana contemporanea,
l'utilizzo d‟internet ha avuto fondamentali interessi nel campo
dell'organizzazione commerciale. Tali interessi vanno dall'aver
dato vita a un intero nuovo tipo di economia immateriale e fino
all'aver rivoluzionato tutti gli strumenti organizzativi di
comunicazione interna ed esterna
28
.
Internet, con i suoi tanti servizi quali la posta elettronica, i canali
26 Mcquail D., Sociologia dei media, Il mulino., Bologna 2007.
27Melody 1990 citato da Mcquail D., Sociologia dei media, Il mulino., Bologna
2007.
28 Mcquail sociologia dei media Op cit 247.
12
file transfer protocol, hyper text transfer protocol, V oip etc.
rappresenta quello che Klein definisce il “nirvana del marketing”
29
.
1.2. Comunicazione ed economia nella contemporaneità
Con l'affermarsi di un'economia de-materializzata, spinta
dall'information technology, invece, ci si trova nel mezzo di una
rivoluzione semantica nelle analisi e nelle relazioni con
organizzazioni complesse: se non si può ancora parlare di un
completo rovesciamento di fattori hard/soft parallelo a quello
Beni/Servizi, la considerazione paritetica dei vari fattori suona
come una rivoluzione.
Questo cambiamento spinge l'impresa a produrre sempre più
“idee”, anziché “beni”, con importanti conseguenze sull'influenza
che esse esercitano sulla società: ben si sa quanto le idee siano più
forti, potenti, influenti e devastati di qualsivoglia prodotto reale,
fisico, e tangibile
30
.
Si cercano quindi di immettere sul mercato prodotti che
racchiudano nella loro fisicità un forte concetto mentale
31
. Tutto
ciò alimenta il capitale intangibile dell'impresa, fatto di risorse
immateriali che sempre più costruiscono il vantaggio competitivo
dell'azienda
32
. Alla determinazione del capitale intangibile
contribuisce quella che potremmo chiamare “l‟aura” del prodotto,
ossia quella serie di caratteristiche che non si legano alla
materialità più evidente della merce in questione. Una tra queste
caratteristiche è appunto la comunicazione che finisce con
l‟impregnare di sé il prodotto stesso le cui fortune diventano
inscindibili dal messaggio che lo ha reso conosciuto al pubblico.
La comunicazione evolve ancora una volta, diventando centrale
nelle attività imprenditoriali, sociali, politiche e pubbliche.
Testimone di questa diffusione sempre più ampia della
comunicazione e della pubblicità, fino a un livello pressoché
pervasivo, è, ad esempio, Zanacchi che definisce la pubblicità
come «una forma di comunicazione impersonale, diffusa
attraverso qualsiasi mezzo da soggetti economici per influenzare,
29 Klein N., No Logo, Baldini e Castoldi, Milano 2001.
30 Ibid., p. 29-30.
31 Malizia P., Non Solo Soft, op.cit. p. 122.
32 Fabris G., Valore e valori della marca, Franco Angeli, Milano 2004.