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Introduzione
Tema della tesina è l‟analisi dei pregi e dei limiti del movimento di opposizione
“Movimento per il cambiamento” (al- Ḥ arakah al-mi ṣ riyyah li-ağl al-taġīr) nato in Egitto
nel 2004.
Lo studio si articola in quattro capitoli e focalizza i due aspetti principali del movimento:
il manifesto programmatico e la portata comunicativa che ne rappresenta l‟elemento più
originale e innovativo.
In particolare, il primo capitolo introduce il lettore alla conoscenza del Movimento,
ripercorrendone le origini e le tappe principali contestualizzate al particolare humus
culturale e politico egiziano. Il secondo e il terzo mirano ad evidenziarne gli spunti più
inediti e interessanti e le relative debolezze concentrandosi sull‟approfondimento del suo
programma politico e sulle peculiarità a livello sociale e mediatico. L‟ultimo capitolo
esamina la situazione attuale del Movimento ipotizzandone i futuri sviluppi.
Fondamentale per la ricerca è stata la lettura di numerosi articoli di giornale e riviste di
approfondimento egiziane e internazionali che mi hanno permesso di comprendere la
portata del movimento in Egitto e la sua percezione da parte degli osservatori stranieri.
Sono stati anche consultati testi di più ampio respiro sulla storia dell‟Egitto
contemporaneo e sulle relative dinamiche e problematiche specifiche così da avere una
visione globale sulla realtà del paese.
Infine, ma essenziale, è la voce stessa del movimento, il sito on line, vero punto di
riferimento per i suoi sostenitori e utile strumento per coloro che intendano conoscerne
direttamente l‟ideologia e le aspirazioni.
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Capitolo I
Nascita e evoluzione del “Movimento egiziano per il
cambiamento” (2004 -2006)
La storia contemporanea dell‟Egitto è caratterizzata da processi opposti di
“liberalizzazione” e “de-liberalizzazione” politica, ossia dall‟alternanza di periodi di
relativa apertura, con l‟introduzione di sistemi almeno formalmente più democratici, e
periodi in cui le riforme liberali, anche se mantenute, vengono raggirate e risultano
inefficaci a garantire una reale stabilità democratica.
Nei primi anni del XXI secolo assistiamo per l‟appunto ad una di queste aperture. In
questo periodo l‟Egitto vive un momento di eccezionale brillantezza politica denominato
“intifā ḍ a al islā ḥ ” (rivolta per la riforma) caratterizzato dalla nascita di nuovi movimenti di
riforma, un‟inedita mobilitazione politica e da critiche e dibattiti sui giornali.
Vari fattori, sia interni che esterni, hanno favorito questa nuova stagione. Il peggioramento
delle condizioni di vita ha inasprito il malcontento sociale verso il governo e le sue
politiche arrivando a includere la persona stessa del presidente. Per la prima volta, si
accende il dibattito sulla possibilità di alternative a Mubarak e alla sua classe dirigente
all‟interno della quale non mancano i dissidi tra la “vecchia guardia” e la nuova
generazione di riformisti. Inoltre, come vedremo, la recrudescenza del conflitto israelo-
palestinese e l‟invasione americana in Iraq danno vita a tutta una serie di manifestazioni e
comitati di solidarietà. A livello internazionale, in particolare da parte degli Stati Uniti
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d‟America, si fanno sempre più insistenti le pressioni per la democratizzazione del Medio
Oriente che, in seguito agli attacchi dell‟11 settembre, vive sotto i riflettori della politica
estera di tutto il mondo.
In questo contesto così favorevole, l‟attivismo egiziano riesce a scuotersi e ad approfittare,
almeno in parte, della grande opportunità storica offertagli.
1.1 Caratteristiche dell‟opposizione politica egiziana
Per comprendere a pieno la portata innovativa di questi movimenti, è necessaria una breve
panoramica sulla natura dell‟opposizione in Egitto e sui vari partiti, tenendo presente le
caratteristiche specifiche che la contraddistinguono.
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Il termine “opposizione” infatti, non intende la contrapposizione ideologica al partito
egemone e quindi, nel caso specifico, una opposizione al potere esecutivo del PND. Non
implica un dibattito tra le differenti posizioni al suo interno che dovrebbero essere
articolate e plurali data la differenza di percorsi storici che ognuna di esse ha alle spalle;
tanto meno, non rappresenta quella minoranza della popolazione che non ha votato per il
partito dominante, ma ha preferito altri attori politici.
La prima caratteristica che contraddistingue l‟opposizione egiziana è quella di non avere
forti connotazioni ideologiche che separino nettamente i partiti l‟uno dall‟altro. Le
ideologie sono spesso mercanteggiate a fini elettorali o comunque per interessi individuali
o di partito. Inoltre l‟opposizione è spesso legata per motivi di comodo, di vantaggio o di
interesse al partito dominante.
1 Per un‟analisi dell‟opposizione egiziana, in particolare riguardo le elezioni del 2005, consultare lo studio di
Amr Hamzawy riportato dal sito
http://www.carnegieendowment.org/publications/index.cfm?fa=view&id=17628&prog=zgp&proj=zdrl,zme
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Un‟altra caratteristica dell‟opposizione è il fatto di essere completamente separata dalla
società e costituisce un‟oligarchia in conflitto per il potere. In sostanza, se non vi fossero i
giornali di partito e gli scambi di opinione tra intellettuali, si potrebbe affermare che sono
delle entità “fantasma”. Tale situazione è alimentata anche dalla forte de-politicizzazione
degli egiziani che sono completamente estraniati dalla vita politica grazie anche alle
politiche di smobilitazione iniziate da Sadat e proseguite da Mubarak.
Ai fini dell‟analisi, si possono comunque prendere come riferimento tre aree di
opposizione: i conservatori di centro-destra; la sinistra di ispirazione nasserista; e gli
islamisti.
Riguardo il primo gruppo, si rifà al Wafd del periodo monarchico e anticoloniale degli
anni ‟20. Il secondo è di stampo marxista e trova il suo riferimento storico all‟epoca di
Nasser e del socialismo arabo. Infine vi sono i Fratelli Musulmani, e le correnti più o
meno moderate che a questi si inspirano, che vedono nell‟Islam la “soluzione” ai problemi
del paese e la loro fonte di identificazione culturale e auspicano la nascita di uno stato
islamico. I Fratelli Musulmani, che però non sono legalizzati, rappresentano un‟eccezione
nel panorama dell‟opposizione perché sono gli unici ad avere una base “di massa”. E‟
infatti molto forte il loro radicamento all‟interno della società egiziana grazie a opere di
carità e vari servizi di assistenza alla popolazione.
Questa situazione, apparentemente bloccata, può lasciare esigui spazi che permettono la
nascita di nuove realtà politiche come il partito “al Ghad”
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(lett. Il Domani) o “al Wasat”
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(lett. Il Centro), ma che, ad oggi, non sembrano costituire un fenomeno rilevante nella
scena politica del paese.
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Partito legalizzato nel 2004. Condivide degli spunti con Kefaya, come la necessità di limitare i poteri del
presidente della Repubblica e l‟avvio di riforme democratiche per il paese. Si batte per la difesa dei diritti
umani in Egitto e si considerara tendenzialmente laico
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Partito di stampo islamista in attesa di legalizzazione
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1.2 Nascita del “Movimento egiziano per il cambiamento”
Il primo e più conosciuto dei movimenti sociali emersi dalla rinata vitalità egiziana degli
ultimi anni è “Il Movimento egiziano per il cambiamento” (al- Ḥ arakah al-mi ṣ riyyah li-ağl
al-taġīr), più noto come “Kefāya!”. Questo slogan, che in arabo significa basta!, diviene il
leitmotiv delle manifestazioni e viene ripetuto dai manifestanti durante le loro proteste. Ne
fanno parte intellettuali e politici per lo più invisi al governo centrale di vari orientamenti:
nasseristi, islamismi, ONG, laici. Sono confluiti in esso i movimenti di protesta precedenti
correlati con la Seconda Intifada palestinese, che hanno visto scendere in piazza giovani
attivisti manifestanti contro l‟occupazione israeliana e, successivamente, nel 2003, contro
l‟invasione USA dell‟Iraq.
Il nodo centrale dell‟attività del Movimento si articola su una specifica questione di
politica interna: la possibile successione al potere da parte del figlio di Mubarak, Gamal,
sull‟esempio di ciò che è avvenuto in Siria tra Hafiz e Bashar al Asad. La possibilità di
una trasmissione ereditaria della presidenza, emblematica della gestione quasi monarchica
del potere, ha acuito l‟esigenza di un maggiore pluralismo a livello politico e
dell‟avviamento di un autentico processo di liberalizzazione che superi le riforme
“cosmetiche”, volte solo a garantire maggiore stabilità e legittimità al potere stesso, per
attuare una reale transazione democratica.
Nell‟ottobre 2004 Tarek el Bishri, un famoso giudice noto per la sua indipendenza,
pubblica un lungo articolo che verrà ben presto adottato come manifesto del movimento:
invita alla disobbedienza civile contro la repressione e gli abusi del regime che, da ormai
26 anni, soffocano il paese con le leggi di emergenza, mai revocate. Come verrà
approfondito nel prossimo capitolo, queste leggi limitano fortemente le libertà
dell‟individuo e consentono un controllo capillare della società. Diviene portavoce del
movimento Abd el Halim Qandil editorialista di Al Arabi, del partito nasserista che, nel
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novembre dello stesso anno, verrà prelevato dagli agenti di polizia e picchiato. La prima
di una serie di intimidazioni e violenze che colpiranno sia gli esponenti più in vista del
movimento che i semplici manifestanti, come vedremo in seguito.
Il 12 dicembre 2004 il Movimento egiziano per il cambiamento organizza la sua prima
manifestazione chiedendo le dimissioni di Mubarak e rifiutando il passaggio monarchico
del potere. Non era mai avvenuta una protesta che colpisse così direttamente l‟essenza
stessa dello stato personificata dal suo Presidente. I manifestanti, tra i 500 e i 1000, si sono
ritrovati presso l‟Alta Corte del Cairo e, per lo più silenti, si sono coperti le bocche con un
adesivo con la scritta “kefaya!” che diventerà il loro slogan più conosciuto.
1.3 Le elezioni presidenziali e parlamentari
Il 2005 è un anno fondamentale per la vita politica egiziana ed è caratterizzato da tre
eventi: il referendum per l‟emendamento dell‟articolo 76 della Costituzione, le elezioni
presidenziali e quelle legislative.
L‟articolo 76 sancisce che l‟elezione del Presidente avviene per approvazione
plebiscitaria, cioè gli egiziani votano “sì” o “no” ad un unico candidato proposto dal
Parlamento. L‟emendamento di questo articolo, annunciato da Mubarak il 26 Febbraio,
implicherebbe che per la prima volta le elezioni saranno dirette e competitive tra più
candidati. Questa decisione, sebbene considerata il frutto delle pressioni americane ad una
democratizzazione del paese, viene accolta con molta enfasi e ottimismo sia nel mondo
arabo che nei paesi occidentali che non esitano a definirla “una festa della democrazia” di
un paese investito da “una reale volontà di cambiamento”.
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Così commenta il Presidente
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Commenti tratti dall‟articolo di Frédérich Vairel “Définir les règle du jeu: le Mouvement égyptien pour le
changement” pubblicato sul sito http://www.cedej.org.eg/sommaire.php3?lang=en
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Bush: “The great and proud nation of Egypt, which showed the way toward peace in the
Middle East, can now show the way toward democracy in the Middle East”.
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In realtà, una volta definite le nuove modalità elettive, molti rimarranno delusi riguardo le
speranze alimentate dalla decantata “primavera egiziana”: nonostante la possibilità teorica
di elezioni con più candidati, le regole del gioco escludono la maggior parte degli ipotetici
avversari: per essere eleggibile un candidato deve appartenere ad un partito legalizzato da
più di cinque anni, che abbia ottenuto almeno il 5% dei seggi in Parlamento e 250 voti tra
i rappresentanti delle due Camere: impresa difficile data la assoluta maggioranza del
partito di regime, il Partito Nazionale Democratico (PND). In questo modo si impedisce
sia la partecipazione dei Fratelli Musulmani, la voce di opposizione più “rappresentativa”
ma non legalizzata, che degli altri partiti, tutti troppo piccoli. Il gioco politico è di fatto
limitato a tre soli partecipanti: Mubarak, Numan Gumaa a capo del partito Wafd
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e Ayman
Nour il fondatore del neonato partito Al Ghad.
Nuovamente, come detto in apertura, si assiste ad una liberalizzazione solo di facciata: il
sistema appare più pluralistico e competitivo, ma in realtà questo modello formale non
cambia le carte in tavola e una reale alternanza democratica risulta impraticabile. Come
osserva Mariz Tadros, l‟emendamento all‟articolo 76 può aver introdotto il concetto di
elezioni libere e leali, ma ne ha svilito la sostanza, il fondamento.
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La situazione rimane, nella pratica, inalterata.
L‟inconsistenza del referendum scuote e mobilita l‟opposizione che dà vita ad una serie
incalzanti di proteste.
I Fratelli Musulmani organizzano varie manifestazioni in tutte le città del paese; il 27
marzo, invadono le strade del Cairo invitando a boicottare il referendum: molti di loro
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ISSANDR EL AMRANI “Mubarak permits first direct election”, The Times, 8 February 2005.
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Neo Wafd: partito nazional conservatore di ispirazione liberale. Si rifà allo storico partito Wafd fondato
da Saad Zaghoul nel 1920 poi sciolto da Nasser nel 1952. Il Neo Wafd viene ricostiuito nel 1983.
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MARIE TADROS “Egypt‟s Election all about image, almost”, Middle East Report Online, 6 September
2005.