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INTRODUZIONE
PIANO DI INDAGINE E SPUNTI TEMATICI
Obiettivo del presente lavoro è descrivere l‟evoluzione della politica
dell‟Unione Europea, atta a favorire processi di valorizzazione e integrazione dei
cittadini dei Paesi terzi
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che risiedono legalmente nel territorio dell‟Unione
Europea (d‟ora in poi “UE”). Tale analisi prende spunto dall‟intensa crescita dei
flussi migratori verso gli Stati europei con la conseguente partecipazione, sempre
più rilevante, degli stranieri di provenienza non europea allo sviluppo economico
e sociale dell‟Europa. Il tema dell‟integrazione
2
si inserisce in quello più ampio
relativo alla graduale realizzazione di una politica comune in materia di
immigrazione.
Nel capitolo 1 si illustrerà l‟evoluzione della politica d‟immigrazione
nell‟ambito del diritto dell‟UE. I Trattati istitutivi non contenevano specifiche
disposizioni relative alla gestione dei flussi migratori verso l‟Europa e in generale
disciplinavano in modo generico la relativa politica sociale. Nell‟ambito di
quest‟ultimo settore è stata ricondotta la materia migratoria, nella quale si è venuta
affermando nel tempo una specifica competenza comunitaria.
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Lungo l‟intero percorso della presente tesi, la nozione di “Paesi terzi” vuole indicare tutti i Paesi che non
erano membri della Comunità europea o, riferendoci al presente, dell‟Unione Europea.
2
L‟integrazione è stata definita come “un processo biunivoco, che si fonda sulla presenza di reciproci diritti e,
conseguentemente, obblighi per i cittadini di Paesi terzi che soggiornano legalmente e per la società ospitante
che offre una piena partecipazione al migrante”, nella Comunicazione della Commissione al Consiglio, al
Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull'immigrazione,
sull'integrazione e sull'occupazione. [COM(2003) 336 def., non pubbl. sulla Gazzetta Ufficiale]. Detta
definizione si rifà al par. 1 (“Definizioni e ambito”) del cap. 3 (“La sfida dell‟integrazione: un approccio
multi-settoriale”). Le COM della Commissione sono da considerarsi significative, giacché quest‟ultima
rappresenta l‟organo esecutivo dell‟UE, svolgendo un ruolo di impulso nel processo di integrazione: propone
leggi, politiche e programmi di azione oltre ad attuare Decisioni del Consiglio e del Parlamento europeo.
2
Si inizierà pertanto, nel paragrafo 1.1., ad affrontare l‟argomento della
progressiva comunitarizzazione della materia oggetto del presente lavoro,
accendendo quindi i riflettori sul regime della libera circolazione delle persone
nell‟Europa, che iniziò a instaurarsi con gli Accordi di Schengen. La relativa
Convenzione di applicazione aveva fornito una definizione del termine
“straniero”, secondo cui veniva considerato come tale chi non poteva dirsi
cittadino di uno Stato membro dell'allora Comunità europea. Tutte le categorie di
non-cittadini hanno una propria situazione giuridica, regolata da una specifica
normativa
3
. Per quanto interessa in questa sede, bisognerebbe definire il termine
di “cittadino di paese terzo” (colui che non è cittadino di un Paese membro
dell‟UE) partendo dalla nozione opposta, “cittadino europeo”, contenuta già nel
Trattato di Maastricht del 1992: ―E’ cittadino dell’Unione chiunque abbia la
cittadinanza di uno Stato membro―
4
. Nell‟ordinamento italiano esistono due
categorie di stranieri: gli 'altri' “cittadini dell‟Unione Europea” e i “cittadini di
Paesi terzi”.
3
Nell‟ordinamento italiano, la Costituzione, art. 10, co. 2°, così recita: “La condizione giuridica dello
straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei Trattati internazionali”. Per giunta, cfr. le
seguenti essenziali disposizioni legislative: D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, “Norme urgenti in materia di asilo
politico, ingresso e soggiorno in Italia dei cittadini extra-comunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello
Stato”. Disposizioni in materia di asilo; L. 5 febbraio 1992, n.91, ―Nuove norme sulla cittadinanza”; L. 6
marzo 1998, n.40, ―Disciplina dell‟immigrazione e norme sulla condizione giuridica dello straniero”; D.Lgs.
25 luglio 1998, 286, “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell‟immigrazione e norme sulla
condizione dello straniero”; L. 30 luglio 2002, n. 189, ―Modifica alla normativa in materia di immigrazione e
di asilo”; L. 9 ottobre 2002, n. 222, ―Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 settembre
2002, n. 195, recante disposizioni urgenti in materia di legalizzazione del lavoro irregolare di
extracomunitari”; D. Lgs. 30 giugno 2003, n.196, ovvero “Codice in materia di protezione dei dati personali”,
che al titolo IV (“Trattamenti in ambito pubblico”), Capo IV (“Finalità di rilevante interesse pubblico”), art.
64 (“Cittadinanza, immigrazione e condizione dello straniero”), co. 1°, così recita: ―Si considerano di
rilevante interesse pubblico, ai sensi degli artt. 20 e 21, le finalità di applicazione della disciplina in materia
di cittadinanza, di immigrazione, di asilo, di condizione dello straniero e del profugo e sullo stato di
rifugiato‖. Infine, e a norma si farà riferimento nel primo capitolo del presente lavoro, il D.Lgs. 6 febbraio
2007, n. 30 , “Attuazione della Direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell‟Unione e dei loro
familiari di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri”.
4
Cit. art. 8 della parte II del Trattato sull'Unione Europea, che fa parte del c.d. Trattato di Maastricht, entrato
in vigore il 1° novembre 1993, il quale istituiva la cittadinanza europea nell'ambito del Trattato di Roma.
3
Come confermato anche dalla Direttiva del Consiglio 2000/43/CE
5
, vi è
un'insostenibilità scientifica della divisione dell'umanità in razze etniche; e allora
il divieto della discriminazione diretta e indiretta, esteso alle autorità pubbliche e
alle persone private, si traduce in misure specifiche che a volte non si trovano
nelle Costituzioni nazionali, che si rinvengono invece negli atti adottati dall'UE e
nella giurisprudenza. Ecco perché il paragrafo 1.2. dedica attenzione alle politiche
di immigrazione nell'ambito del diritto primario e del diritto derivato dell'UE e
alla loro giurisprudenza.
Si percorrerà in modo sintetico, nel paragrafo 1.2.1., il periodo del c.d.
Trattato di Maastricht del 1992
6
, successivamente, appurato il carattere
concorrente della competenza settoriale (divisa tra gli Stati membri e l‟UE), si
arriverà al c.d. Trattato di Amsterdam
7
del 1997, quindi al punto cruciale della
comunitarizzazione della materia dell'immigrazione e asilo.
Ci si soffermerà nel paragrafo 1.2.2. sul Consiglio europeo di Tampere del
1999
8
, monitorando lo stato dell‟arte in riferimento alle politiche europee comuni
in materia di asilo e immigrazione e analizzandone i progressi a cavallo del
millennio, per arrivare al Consiglio europeo di Lisbona del 2000, dove si
individueranno alcuni criteri comuni circa l‟ammissione e il trattamento dei
cittadini di Paesi terzi (d‟ora in poi “c.p.t.”). Di seguito si farà riferimento anche
ad altri Consigli europei (tra i quali quelli di Nizza, di Laeken e di Bruxelles)
determinanti per la politica europea dell‟immigrazione. Il percorso degli Stati
verso la realizzazione di una politica comune prosegue con il Trattato di Nizza
firmato dagli Stati membri nel 2001, cui seguirà, nel 2004, il Trattato che istituisce
una Costituzione per l‟Europa, ulteriore importante tappa lungo il difficile
5
Direttiva 2000/43/CE del Consiglio del 29 giugno 2000, Parità di trattamento fra le persone
indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica, in GU 19 luglio 2000, n. L 180.
6
Del c.d. Trattato di Maastricht, si analizzeranno le novità e le peculiarità attinenti alla politica comune nel
settore dell‟immigrazione di cittadini dei Paesi terzi.
7
Il Trattato di Amsterdam modifica i Trattati istitutivi delle Comunità europee e il TUE; per ulteriori dettagli
si veda infra (cap. 1).
8
Il Programma omonimo affrontava anch‟esso la questione degli immigrati provenienti dai Paesi terzi.
4
cammino verso la realizzazione di una delle più significative manifestazioni
dell‟integrazione europea. A fortiori verrà considerata anche l‟attuazione del c.d.
Programma dell‟Aja
9
; quest‟ultimo, insieme al relativo Piano
10
, costituisce il
quadro di riferimento essenziale per capire la politica di immigrazione e di asilo
dell‟UE, della quale più avanti si dispiegherà uno dei suoi più rilevanti aspetti:
l‟approccio globale in materia di immigrazione.
Formeranno oggetto di indagine, nel paragrafo 1.2.3., le innovazioni
apportate in materia dal Trattato di Lisbona, nonché il c.d. “Programma di
Stoccolma” e le novità da questo introdotte circa “lo spazio unico europeo di
giustizia e sicurezza”. Si presterà particolare attenzione all'importante ruolo della
Corte di giustizia, che “assicura il rispetto del diritto nell'interpretazione e
nell'applicazione dei trattati”, come specificato nel Nuovo Trattato sull'Unione
Europea (NTUE)
11
. Si osserverà come il Trattato del 2009 abrogò l'art. 68 TCE
che, con riguardo alle materie di cui al titolo IV TCE
12
si riconosceva la facoltà di
ricorrere in via pregiudiziale alla Corte di giustizia alle sole giurisdizioni avverso
le cui decisioni non fosse ammesso ricorso giurisdizionale di diritto interno;
quindi il Trattato di Lisbona estendeva la competenza generalizzata della Corte, di
cui l'art 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), anche al
settore dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.
13
Infine, la materia in esame è
stata riorganizzata nell'ambito del nuovo titolo V del TFUE denominato, appunto,
9
Il c.d. Programma dell‟Aja (ovvero The Hague Programme) del 4 - 5 novembre 2004, come il suo vero
nome (Rafforzamento della libertà, della sicurezza e della giustizia nell'Unione Europea) indica, ha come
preoccupazione “l'integrazione soddisfacente dei cittadini di paesi terzi e dei loro discendenti che soggiornano
legalmente”, come precisato al punto 1 (“Rafforzamento della libertà”), par. 5 (“Integrazione dei cittadini di
paesi terzi”), degli “Orientamenti specifici” del Programma dell'Aja. Quindi il Consiglio europeo chiedeva la
rimozione attiva degli ostacoli all'integrazione.
10
Il Piano Politico del Consiglio e della Commissione del 10 giugno 2005.
11
Cit. art. 19, 1° co., NTUE. Inoltre, dal 3° co. dell'art. 19 NTUE si evince che ―la Corte di giustizia
dell'Unione europea si pronuncia conformemente ai trattati: a) sui ricorsi presentati da uno Stato membro, da
un'istituzione o da una persona fisica o giuridica; b) in via pregiudiziale, su richiesta delle giurisdizioni
nazionali, sull'interpretazione del diritto dell'Unione o sulla validità degli atti adottati dalle istituzioni; c)
negli altri casi previsti dai trattati‖.
12
Il titolo IV TCE è stato un'importante base giuridica per gli atti che regolamentarono le politiche
dell'immigrazione e dell'integrazione dei c.p.t. nell'UE per molti anni.
13
Cfr. BILANCIA P. e D'AMICO M. (a cura di), La nuova Europa dopo il trattato di Lisbona, cit.
5
“Spazio di libertà, sicurezza e giustizia” che l'Unione è chiamata a realizzare “nel
rispetto dei diritti fondamentali nonché dei diversi ordinamenti e tradizioni
giuridiche degli Stati membri
”14
: precisazione importante questa, data la
delicatezza della materia e la sua capacità di incidere sui diritti dell'uomo
15
.
In conclusione del primo capitolo, nel paragrafo 1.3., si tenterà di cogliere
il nesso tra il concetto di integrazione e una nozione, assai innovativa, del
fenomeno migratorio ai sensi del diritto dell‟Unione Europea. Il riferimento è qui
operato alla c.d. “migrazione circolare” che, già a partire dagli anni Novanta, ha
riguardato la “dimensione esterna” della politica europea dell‟immigrazione
16
. Si
proverà in tal senso a valutare se, con quali mezzi e in quale misura, la circular
migration riesce a favorire o meno l‟integrazione dei c.p.t.
17
.
Dopo aver evidenziato un risultato importante della politica comunitaria,
l'ampliamento della sfera dei beneficiari della libertà di circolazione nell'UE
(inclusi ascendenti e discendenti del lavoratore, anche extracomunitari, senza
condizioni)
18,
si vedrà come le Istituzioni europee hanno effettivamente
provveduto a lanciare programmi di finanziamento dedicati specificamente
all‟integrazione. In tale settore, la dottrina sembra non aver finora approfondito
tutti gli aspetti utili ad un‟analisi specifica di tali programmi, pur considerando
che, ai fini di una loro compiuta valutazione, i risultati ottenuti sono tuttora al
vaglio delle stesse Istituzioni dell‟UE
19
e che alcuni dei suddetti programmi sono
ancora in corso
d‟opera
20
. Per tali motivi, si ritiene opportuno condurre
14
Cit.
art. 67 TFUE.
15
Cfr. STROZZI G ., Diritto dell'Unione Europea - Parte istituzionale (…), cit.
16
Sulla tematica si rimanda fin d‟ora a NASCIMBENE B., The Global Approach to Migration: European
Union Policy in the Light of the Implementation of the Hague Programme, articolo pubblicato online il
17.05.2008 nel forum dell‟ Accademia di Diritto Europeo.
17
Con il nuovo modello di migrazione circolare, al concetto di integrazione dei c.p.t. si da doppia valenza: sia
l‟integrazione di costoro nell‟UE, sia la re-integrazione nel loro Paese di origine. Si andrà ad approfondire tali
paradigmi nel cap. 1, par. 3 del presente lavoro.
18
I
nvero, veniva meno la “qualificazione economica” dei beneficiari delle norme sulla libertà di circolazione nello spazio comune europeo.
19
Si fa menzione del Rapporto finale, del 2009, di valutazione del programma INTI (2003 – 2006), del quale
si riporteranno i dati relativi nel secondo capitolo del presente lavoro.
20
Tra i Programmi in corso d‟opera si farà riferimento, nel presente lavoro, anche al Fondo europeo per
l‟integrazione dei c.p.t. per il periodo 2007 – 2013 (si veda infra, capitolo 2).
6
un'indagine che, nel merito, possa riportare e analizzare taluni risultati che, nel
lungo processo di integrazione europea, appaiono meritevoli di osservazioni e
commenti.
Pertanto, dopo aver contestualizzato le politiche attive (nel paragrafo 2.1.),
saranno illustrati due strumenti specifici (c.d. Fondi) per l'integrazione dei c.p.t.
nell'UE: il Programma “INTI – Azioni preparatorie per l'integrazione dei cittadini
dei Paesi terzi” relativo al quadriennio 2003 – 2006 (paragrafo 2.2.) e il “Fondo
europeo per l'integrazione dei cittadini dei Paesi terzi per il periodo 2007 - 2013”
(paragrafo 2.3.). Proprio perché l'integrazione degli immigrati era un obiettivo che
non poteva essere più rinviato, si porterà in primo piano il suo perseguimento nel
segno dell'equilibrio e della sicurezza generale, dimostrando come accettare nuove
culture non significhi perdere la propria identità europea, ma costruire un avvenire
comune, più equo per entrambe le parti coinvolte: società accogliente e cittadini
arrivati da Paesi terzi.