sottrarre quote di sicurezza. I provvedimenti già adottati possono
produrre effetti distorsivi. Ad esempio l’innalzamento dell’età
pensionabile ha ridotto in parte la spesa per le pensioni, ma non ha
favorito la lotta alla disoccupazione.
Si fa sempre più strada la creazione di un sistema basato su due
pilastri: uno pubblico o di base, ed uno complementare lasciato ai privati
e gestito con criteri assicurativi.
Come si vede, il crescente e “concentrico” interesse che il sistema
di sicurezza sociale attira da parte delle forze politiche – economiche e
sociali, porterà senza dubbio a delle sostanziali innovazioni.
Per l’attualità delle tematiche richiamate mi è parso estremamente
interessante affrontare quest’argomento anche se con un’analisi che si
riferisce ad un aspetto ben preciso: gli eventi morbosi (malattie) che
producono incapacità lavorativa (art. 2110 C.C.) ed il complesso sistema
di norme che tutelano il prestatore di lavoro in tale situazione.
Ritengo invece che la normativa che tutela il lavoratore per le
ipotesi di impossibilità della prestazione per cause attinenti l’impresa
(es. Cassa Integrazione) sia prossima a subire modifiche in conseguenza
del dibattito in corso sugli ammortizzatori sociali.
DALLA PREVIDENZA SOCIALE ALLA
SICUREZZA SOCIALE
A) ORIGINI ED EVOLUZIONE
L’introduzione delle assicurazioni sociali in Italia, così come
all’estero (la prima forma in assoluto è quella introdotta in Germania ad
opera del BISMARK nel 1883), è stata determinata da un concorso di
fattori, tutti collegati alle trasformazioni economiche e sociali
conseguenti alla rivoluzione industriale.
Il processo di industrializzazione del Paese che si andò affermando
– pur se in maniera assai disomogenea sul territorio – nella seconda metà
del XIX° secolo e gli altri fenomeni che s’intersecarono con esso, quali
ad esempio i crescenti investimenti effettuati dal capitale straniero,
furono altrettante concause che favorirono il passaggio di crescenti
masse di lavoratori dall’agricoltura, che all’epoca soffriva sfavorevoli
congiunture internazionali, all’industria. I settori industriali che più
beneficiarono degli effetti delle nuove tecnologie e delle scelte
imprenditoriali furono soprattutto quello metalmeccanico, della chimica,
e del tessile: in essi crebbe rapidamente anche la forza lavoro
1
.
Le condizioni di lavoro della classe operaia erano caratterizzate
dalla mancanza delle più elementari norme di igiene e sicurezza, e le
maestranze erano costrette a subire turni di lavoro massacranti e privi di
1
“INAIL 100 anni di storia”, Roma 1998.
qualsiasi forma di regolamentazione. In questo contesto era inevitabile
che il proliferare degli infortuni sul lavoro diventasse ben presto una
delle principali preoccupazioni delle nascenti organizzazioni dei
lavoratori
2
.
Tale situazione ha favorito – in Italia come negli altri Paesi
Europei – l’origine e lo sviluppo della legislazione sociale: cioè quel
complesso normativo con il quale, e per la prima volta, lo stato
ottocentesco, abbandonando la tradizionale posizione di neutralità in
materia, si è determinato ad intervenire a tutela dei lavoratori, sia
attraverso norme dirette ad incidere direttamente sul rapporto di lavoro,
sia attraverso disposizioni indirizzate a migliorare le condizioni di vita
del lavoratore
3
.
In Italia, a differenza di altri Paesi, l’intervento dello Stato è stato
sostitutivo dell’iniziativa privata, in quanto l’associazionismo operaio
aveva dato vita alle società di mutuo soccorso (disciplinate poi con la
L.15.4.1986 n.3818): associazioni volontarie di lavoratori che, adottando
lo schema assicurativo, ripartivano all’interno della collettività degli
associati i rischi comuni (malattia, infortunio sul lavoro, morte, …),
quale risposta a quelle condizioni di bisogno conseguenti alla
menomazione della capacità lavorativa(per malattia, morte, ecc…). Tale
esperienza, tuttavia, era destinata ad entrare in crisi: per loro natura, tali
associazioni potevano essere utilmente costituite solo dalle categorie più
abbienti.
4
2
T. S. Ashton “La rivoluzione industriale”, Bari 1969.
3
Levi Sandri “Istituzioni di legislazione sociale”, Giuffrè, Milano 1971.
4
M. Persiani – “Diritto della Previdenza Sociale”, Cedam, Padova 1998.
Il problema dell’indennizzo dei lavoratori colpiti da infortunio sul
lavoro è stato sollevato in Parlamento all’indomani della unificazione
dell’Italia. Con Regio Decreto del 29 dicembre 1869 è stata istituita la
prima “ Commissione consultiva del lavoro e della previdenza sociale”, i
cui compiti consistevano appunto nella definizione dei contenuti della
emananda legge sulla materia. La necessità di una normativa specifica in
materia infortunistica nasceva dalla impossibilità dei principi generali
del diritto a fornire una efficace tutela dei lavoratori infortunati.
Infatti, secondo le norme in vigore, il risarcimento del danno
sarebbe stato possibile solo a condizione che fosse provata la colpa del
datore di lavoro nell’accadimento del fatto. Ma, sia la dinamica spesso
accidentale dell’evento, sia la comprensibile ritrosia dei lavoratori a
citare in giudizio i propri datori di lavoro, rendevano estremamente
labile l’effettività della tutela.
Mentre il legislatore non riusciva a trovare adeguata soluzione alla
pressante questione della tutela degli infortuni sul lavoro, nel “sociale”
qualcosa si muoveva.
Dopo che alcune aziende (per prima in Italia nel 1877 la
“Supermeister & C.”, impresa di filatura del Novarese) stipularono
polizze assicurative con compagnie private per gli infortuni sul lavoro
occorsi ai propri dipendenti, un’iniziativa parlamentare aprì la strada
alla creazione di una Cassa nazionale che, senza fini di lucro, potesse
gestire un’assicurazione volontaria contro gli infortuni sul lavoro, sulla
base di una convenzione nazionale. Questa soluzione fu più rapida di
quella legislativa e la convenzione fu firmata nel 1883. Nel luglio dello
stesso anno venne promulgata la legge di approvazione che permetteva di
considerare ufficialmente costituita la “Cassa Nazionale di Assicurazione
per gli Infortuni degli Operai sul Lavoro”.
L’ottima accoglienza riservata alla costituzione della “Cassa”,
peraltro, non poteva nascondere l’inadeguatezza del finanziamento
volontario dell’assicurazione
5
.
Finalmente il Parlamento riuscì a dare concretezza ad uno dei
numerosi disegni di legge e la promulgazione della Legge 17 marzo 1898
n.80 segna la nascita della previdenza sociale. Tale legge, che prevedeva
un graduale passaggio dal principio della volontarietà a quello
dell’obbligatorietà e tutelava poche categorie di lavoratori però, oltre a
sancire l’obbligatorietà dell’assicurazione estendeva la copertura
assicurativa anche al caso di colpa del lavoratore; impose inoltre ai
datori di lavoro dell’industria di assicurarsi per la responsabilità civile
dei danni derivanti dagli infortuni sul lavoro di cui fossero rimasti
vittima i propri operai, al fine di garantire questi ultimi contro
l’ulteriore rischio dell’insolvibilità del datore di lavoro, responsabile
dell’infortunio.
5
Appassionato fautore delle ragioni dei lavoratori, Angiolo Cabrini, in un articolo
pubblicato sulla “Critica Sociale” nel 1895, individuava con lucidità le tappe da
perseguire:
a) Assicurazione obbligatoria a copertura di ogni tipo di infortunio con oneri
a totale carico delle imprese, sia per il settore industriale che per
l’agricoltura.
b) Estensione della tutela anche alle malattie professionali.
Trattavasi di una vera e propria assicurazione, ancorché
obbligatoria, per la responsabilità civile del datore di lavoro;
assicurazione che poteva essere stipulata con qualsiasi assicuratore.
Una particolare dimensione sociale derivava dal fatto che la tutela
era estesa agli infortuni derivanti da caso fortuito, forza maggiore o
colpa non grave del lavoratore; il lavoratore infortunato perciò non
doveva più provare, per avere diritto alle prestazioni, che l’infortunio
fosse derivato da colpa del datore di lavoro.
Nello stesso anno, con la L.17.7.1898 n.350 venne istituita la
Cassa Nazionale di previdenza per la vecchiaia e l’invalidità degli
operai, poi denominata Cassa Nazionale delle assicurazioni sociali:
peraltro la Cassa gestiva solo un’assicurazione facoltativa, trasformata
poi in obbligatoria dal DL. 21.4.1919 n.602.
La previdenza per la vecchiaia, l’invalidità e la disoccupazione
venne organicamente disciplinata dal DL. 4.10.1935 n.1827.
Tutte le forme di tutela previdenziale, istituite immediatamente
prima e durante l’ordinamento corporativo, costituivano espressione di
una solidarietà limitata ai datori di lavoro ed ai lavoratori. La tutela
previdenziale quindi era limitata ai lavoratori subordinati e realizzata
attraverso un complesso di rapporti sostanzialmente analoghi a quelli
propri delle assicurazioni private: relazione di corrispettività tra
contributi e prestazioni e quindi rigorosa proporzione tra l’ammontare
delle prestazioni ed i contributi versati. Non solo, ma il mancato
versamento dei contributi escludeva il diritto alle prestazioni.
La tutela contro gli infortuni ha, col tempo, assunto caratteristiche
pubblicistiche più nette.
Il regio decreto 23 marzo 1933 n.264 ne affidò, in esclusiva, la
gestione ad un ente pubblico, l’attuale INAIL, succeduto alla precedente
Cassa Nazionale Infortuni; ed il testo unico, approvato con il regio
decreto 17 agosto 1935 n.1765, ha introdotto il principio
dell’automaticità delle prestazioni, per cui i lavoratori infortunati o
affetti da malattia professionale hanno diritto alle prestazioni anche se il
datore di lavoro non abbia versato i contributi dovuti, nonché la
costituzione automatica del rapporto assicurativo.
Attualmente la principale fonte legislativa in materia di tutela
contro i rischi del lavoro è costituita dal Testo Unico delle disposizioni
per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le
malattie professionali, approvato con D.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124, a
seguito della delega conferita al Governo dall’art. 30 L. 19 Gennaio
1963 n.15, modificato ed integrato dal D.Lgs. n. 38/2000.
Da notare che la conservazione della struttura “assicurativa”
originaria ha consentito, nel nuovo sistema, che l’onere finanziario
complessivo, in via di principio, permanesse a carico delle categorie
direttamente interessate, salvo dosare di volta in volta, ed a seconda
delle esigenze e delle circostanze, il sussidiario intervento della
solidarietà generale a carico della finanza statale. Inoltre la permanenza
dell’originaria impronta assicurativa consente, ancora oggi, di far leva
sui requisiti contributivi o addirittura sui requisiti soggettivi ed oggettivi
di ammissione alla tutela sociale per attuare, se necessario, attraverso
l’opportuna manovra su tali requisiti, le più diverse “politiche selettive”,
sia in ordine alle prestazioni da erogare sia riguardo ai soggetti da
tutelare
6
.
Successivamente la Costituzione repubblicana, innovando
profondamente rispetto alla normativa in vigore durante l’ordinamento
precedente, ha considerato la tutela previdenziale come espressione di
una solidarietà estesa a tutti i cittadini. Secondo i principi costituzionali
il titolo per avere diritto alle prestazioni previdenziali risiede soltanto
nell’essere cittadini ed il livello di quelle prestazioni tali da assicurare
ai cittadini mezzi adeguati alle esigenze di vita è in funzione di scelte
politiche da parte del legislatore
7
.
Peraltro è mancata una riforma organica di tutta la materia; il
legislatore spesso ha adottato soluzioni atte a soddisfare esigenze
contingenti, senza la necessaria visione d’assieme di tutto il fenomeno.
Specie per la gestione previdenziale e per il Servizio Sanitario
Nazionale, si è ancora alla ricerca di un equilibrato livello di
prestazioni.
6
M. Cinelli “Diritto della Previdenza Sociale”, Giappichelli, Torino 1996, pag. 9.
7
M. Persiani “Diritto della previdenza sociale”, Cedam, Padova 1998, pag. 4.
B) TUTELA PREVIDENZIALE CONTRO LE MALATTIE
Nel nostro sistema la tutela previdenziale contro le malattie è stata
l’ultima a trovare realizzazione mediante un intervento diretto dello
Stato: il bisogno di cure mediche continuò ad essere considerato un
bisogno individuale, alla cui soddisfazione doveva eventualmente
provvedere la solidarietà familiare o l’assistenza pubblica o la
beneficenza privata.
Tra i motivi che hanno causato tale ritardo si ricorda che, per le
concezioni socio-culturali dell’epoca, era difficile trovare una
giustificazione in base alla quale anche i datori di lavoro potessero
essere chiamati a sostenere parte degli oneri di una tutela previdenziale,
che riguardava eventi che non avevano alcuna connessione con il lavoro
prestato dai soggetti protetti.
In tale contesto la prima forma di tutela previdenziale di malattia
ad essere istituita è stata quella per la tubercolosi (r.d.l. 27 ottobre 1927,
n.2055). La malattia tubercolare rappresentava per l’Italia del primo
dopoguerra un problema di sanità pubblica di assoluta priorità, a causa
della sua elevata incidenza nella popolazione e delle limitate risorse
terapeutiche disponibili.
Per la tutela contro le malattie, il passaggio dall’esperienza delle
mutue volontarie ad una forma di tutela obbligatoria si è realizzato per
effetto della contrattazione collettiva corporativa, alla quale il secondo
comma della Dichiarazione XXVIII della Carta del Lavoro demandava la
costituzione di casse mutue di malattia con il contributo dei datori di
lavoro e dei lavoratori.
Soltanto nel 1943 le Casse mutue sindacali di malattia vengono
unificate e assorbite nell’Ente Mutualità, che diventerà poi l’Istituto
Nazionale per l’Assicurazione contro la Malattia (INAM).
Con la L. 23 dicembre 1978 n.833, la tutela della salute, secondo i
dettami dell’art.32 della Cost. (in maniera indifferenziata, generale e
globale, e cioè con prestazioni uguali per tutti i cittadini) è affidata al
Servizio Sanitario Nazionale istituito con questa legge, mentre le
prestazioni economiche già in carico agli Enti soppressi sono state
attribuite all’INPS.
C) AFFERMAZIONE DELLA SICUREZZA SOCIALE
Subito dopo la seconda guerra mondiale, in virtù dei nuovi principi
affermati dalla Costituzione, la previdenza sociale, così strutturata, si
evolve e si afferma l’idea della “Sicurezza Sociale”, quale esigenza che
venga garantita a tutti i cittadini la libertà dal bisogno, come condizione
indispensabile per l’effettivo godimento dei diritti civili e politici.
Detta libertà deve essere garantita da tutta la collettività organizzata
nello Stato.
L’espressione “Sicurezza Sociale” indica il sistema giuridico che
mira ad affrancare il lavoratore da situazioni di bisogno. Nel contesto
dell’ordinamento positivo la “sicurezza sociale” è la parte
dell’ordinamento giuridico del lavoro diretto a garantire al lavoratore
adeguate prestazioni al verificarsi di situazioni di bisogno attraverso
assicurazioni sociali od altre forme di intervento.
Il termine “lavoratore” è usato nella sua accezione più ampia,
anche se nel nostro ordinamento positivo si registra una tendenza ad
estendere certe forme di sicurezza sociale al di là della sfera dei
lavoratori (ad es. la pensione sociale è corrisposta a tutti i cittadini
bisognosi che abbiano superato una determinata età, ed in possesso di un
determinato reddito).
Il sistema della previdenza sociale supera l’ambito del lavoro
subordinato e si estende a tutte le categorie di lavoratori: infatti il primo
comma dell’art.35 Cost. afferma che “la Repubblica tutela il lavoro in
tutte le sue forme e applicazioni”.
Di recente
8
la Corte Costituzionale ha esteso la tutela
previdenziale anche ai lavoratori italiani all’estero.
In pratica il principio della sicurezza sociale è stato accolto dal
nostro ordinamento e numerosi articoli della nostra Costituzione
pongono a carico di tutta la collettività, e quindi dello Stato, la
rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono
il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti
i lavoratori alla vita politica, economica e sociale del Paese (artt. 3-4-
24-31-32-34-38).
L’ultimo comma dell’art.38 Cost. afferma il principio della libertà
della previdenza privata, delineando con ciò due sottosistemi, diversi in
quanto a funzioni, per la realizzazione della liberazione dal bisogno.
8
Sentenza Corte Cost. 30 dicembre 1985 n.369.
I principi affermati dalla Costituzione trovano ormai riscontro,
anche se in maniera disarmonica, nella legislazione ordinaria, in virtù
anche della pressione delle forze che determinano le trasformazioni
politiche e sociali
9
.
E’ significativo che tale evoluzione non sia frutto di valutazioni
tecniche-attuariali, ma di scelte politiche.
Il S.S.N. istituito dalla Legge 23.12.78 n.833 è l’evoluzione più
interessante del nostro sistema previdenziale: assicura il mantenimento
ed il recupero della salute psico-fisica di tutta la popolazione senza
distinzione di condizioni sociali.
L’attuazione della sicurezza sociale, quale attività volta a
proteggere i cittadini dal bisogno, ha anche una motivazione politica: la
realizzazione della tutela dal bisogno come mantenimento dell’ordine
costituito.
In tale prospettiva, si può capire come la previdenza sociale dei
lavoratori subordinati abbia avuto uno sviluppo più rapido ed intenso
rispetto alla previdenza della generalità dei cittadini.
Un’ultima riflessione sul principio della sicurezza sociale, quale
realizzazione della solidarietà generale, mediante l’erogazione di beni e
servizi ai cittadini che si trovano in stato di bisogno.
E’ un sistema complesso, perché comprende sia “l’assistenza” che
“la previdenza sociale”.
9
Es. istituzione del S.S.N., finanziamento da parte dello Stato dell’assegno sociale,
assegno per i cittadini in condizioni economiche disagiate, ecc. ecc. .
L’assistenza sociale assolve ad una funzione di tutela degli
indigenti: gli assistiti sono titolari di un interesse legittimo.
La previdenza sociale tutela i lavoratori; l’onere era imposto ai
datori di lavoro, ed essa era quindi limitata con riguardo sia ai soggetti
protetti che agli eventi previsti: ai lavoratori era riconosciuto un diritto
soggettivo alle prestazioni.
Il meccanismo assicurativo ha ormai perso ogni rilevanza
giuridica: derivato dalle assicurazioni private, man mano è venuto
assumendo caratteristiche sue proprie tali che dell’assicurazione non
resta che il nome.
• Nell’assicurazione privata l’eliminazione del bisogno si
realizza con l’assunzione da parte dell’assicuratore dell’onere
economico dell’evento temuto, dietro il pagamento del premio
da parte dell’assicurato.
• Nelle assicurazioni sociali l’eliminazione della situazione di
bisogno si realizza con l’organizzazione di un servizio
pubblico
10
.
Comunque, pur con le sostanziali differenze tecniche di funzione,
le assicurazioni sociali e le assicurazioni private, in prospettiva, si
presentano sempre più complementari. La sicurezza sociale riguarderà i
bisogni essenziali ed al di là di questo limite la liberazione dal bisogno
riguarderà sempre di più la previdenza privata.
10
Per quanto riguarda l’evoluzione giuridica concettuale dell’originario meccanismo
assicurativo, si parlerà più avanti a proposito del rapporto giuridico previdenziale.