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Introduzione
La ricerca antropologica alla base di questo elaborato, è stata realizzata in un
vecchio paese agricolo, di nome Striano, sito nella Valle del Sarno. Lo studio
affronta il tema delle cerimonie religiose che vi si svolgono, alla luce dei
gruppi cerimoniali, che nel corso del tempo, le hanno attuate e preservate.
Si evince come i suoi abitanti, detti strianesi, fanno del radicamento al passato
qualcosa che li caratterizza attraverso un forte senso di identità popolare.
Spaziando nel tempo incontriamo storia, arte, religione, caratteri antropologici
di natura religiosa che ricostruiscono il loro sentimento di appartenenza al
territorio.
Il nostro studio ruota intorno a tre fattori di grande interesse che sono alla base
delle modalità della partecipazione liturgica :
I. una parte della popolazione segue un percorso di fede comunitario.
II. La maggior parte della popolazione segue un percorso di fede
individuale, con la partecipazione alla vita comunitaria della parrocchia,
salvo casi di non partecipazione, o partecipazione non costante, non
presi in esame in questo contesto di ricerca.
III. un ultimo punto non meno importante, ovvero quello di una parte
minima di popolazione, perlopiø anziana, che cerca di tutelare, non
senza aver incontrato difficoltà nel tempo, una processione penitenziale
secolare un tempo attuata dall’estinta Confraternita del luogo, in lotta
con il parroco locale che non la ritiene appartenente ad una liturgia
canonica.
Citando uno studio realizzato da Palumbo (2003) nel paese di Catalfaro in
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Sicilia, notiamo come la sua indagine spazi tra il campo religioso-cerimoniale,
politico e intellettuale. La definizione di diversi livelli di identità e di
appartenenza si muove attraverso il discorso “religioso” e “patrimoniale”, in un
insieme di molteplici fonti documentate e custodite negli archivi parrocchiali
del luogo. Santa Maria e San Nicola sono due delle tre chiese parrocchiali
presenti nel paese. Mentre la terza, San Benedetto, fu eretta parrocchia solo nel
1954, le prime due sono le parrocchie storiche, quelle le cui vicende hanno
connotato l’esistenza della comunità nel corso degli ultimi quattro secoli.
Rinvenire o costruire documenti, controllarli, custodirli o distruggerli, sono
pratiche del campo politico e storiografico locale. Purtroppo anche gli archivi,
non essendo luoghi neutri, nel tempo sono stati soggetti a manipolazioni e
distruzioni: secondo le tradizioni storiografiche locali, entrambi gli archivi
parrocchiali avrebbero subito incendi, spesso ritenuti dolosi, incendi che hanno
privato le rispettive chiese di documenti importanti attestanti le loro origini. La
gestione e la valorizzazione del patrimonio culturale della comunità, in
particolare quello legato alle due chiese parrocchiali, ha costituito un tassello
fondamentale negli scenari politici.
La nostra ricostruzione si basa invece su poche fonti di archivio parrocchiale
ritrovate e custodite, soprattutto grazie all’amore per le tradizioni del passato
da parte di studiosi locali, e, non abbiamo testimonianza di incendi avvenuti nei
secoli, per giustificare la scarsità di documenti. Ciò che non è presente è il
fattore politico come fonte di lotte interne alla comunità. Molteplici fattori
storici, artistici, culturali caratterizzano il luogo. Tutta la vita comunitaria ruota
intorno all’unica chiesa parrocchiale, intitolata a San Giovanni Battista, elevata
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a parrocchia nel 1739. Questa, insieme alla Congrega del SS. Crocifisso,
risalente al XVII sec. ed ex sede dell’omonima confraternita ormai estinta,
custodisce notevoli opere pittoriche e scultoree di grande valore che nel tempo
sono state oggetto di numerosi furti.
Nella Congrega si è dovuti intervenire con l’ausilio della Sovraintendenza ai
Beni Culturali per fermare lo scempio che il parroco vigente, Padre Michele
Fusco stava perpetuando: attenendosi al Documento Sacrosanctum Concilium
sulla riforma della liturgia, emanato con il Concilio Vaticano II, egli
prediligeva la scelta di un solo altare principale a discapito di quelli minori,
non tenendo conto del fatto che questi fossero in marmo antico molto pregiato.
Grazie alla solerzia di alcuni cittadini si è riusciti ad intervenire in tempo.
Durante vari scavi per lavori di edilizia sono stati ritrovati nel tempo numerosi
reperti archeologici, perlopiø anfore oggi custodite ed esposte al Museo
Nazionale di Napoli. Quando i beni culturali sono intervenuti in tempo i lavori
sono stati bloccati per permettere il recupero dei beni, ma purtroppo in altri casi
vi è stato il trafugamento dei reperti per poter continuare ad edificare.
In campo culturale il paese è attivo anche grazie al Premio Letterario
“Primavera Strianese”, emanazione della rivista locale “Presenza” fondata nel
1972 dal prof. Luigi Pumpo che ne è il direttore, e, che si distingue ancor oggi
fra i vari periodici culturali regionali. Il Premio Letterario “Primavera
Strianese” da oltre trenta anni porta il nome di Striano tra poeti e scrittori di
tutta Italia. Vi è inoltre la presenza della “Biblioteca Gabriele Cretoso”diretta
dal prof. Giovanni Battista Esposito, funzionante dal novembre 2000, gestita
dal Centro Studi Storici “Histricanum” diretto dallo storico locale Felice
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Marciano.
Cenni storici
Le origini della cittadina di Striano sono molto antiche. L’attuale paese sorge
sulla necropoli di un villaggio sorto nell’età del ferro e nel successivo periodo
denominato “orientalizzante”, tra il IX sec. e il VI sec. a. C. I reperti
archeologici rinvenuti sono costituiti da “tombe a fossa” scavate nella nuda
terra, ove il defunto veniva adagiato in posizione supina con indosso i propri
abiti e ornamenti, e, intorno al corpo, il vasellame d’argilla e di bronzo. Nelle
tombe dei guerrieri e dei capi venivano deposte anche le armi: secondo le
antiche credenze, nella vita dell’aldilà il corredo funebre sarebbe stato
riutilizzato dal defunto. I primi abitanti del paese furono gli operosi Opici che
introdussero nella Valle del Sarno le prime e piø redditizie colture. A questi si
sostituirono gli Etruschi, i Sanniti e i Romani. In età sannitica la fertile valle
irrigata dal Sarno vide l’insediamento delle prime ville rustiche, vere e proprie
aziende agricole. Con l’avvento dei Romani, e, dopo varie guerre, tutto il
territorio fu suddiviso tra i veterani dell’esercito come ricompensa del loro
tributo.
Il toponimo Striano è certamente di origine romana. Un “fundus histrianus” è
citato nella tavola di Velleja, municipio romano nel 49 a. C . scomparso nel IV
sec d. C. in seguito ad uno slittamento del terreno: Striano ne è la forma
aferetica. Nel territorio di Striano sono poche le tracce di insediamenti tra il I
sec. a. C. ed il I sec. d. C. Il grande terremoto del 62 d. C. e l’eruzione del 79
portarono la popolazione a scappare da quei luoghi fertili dando vita ad un
periodo di cui abbiamo poche notizie storiche. Troviamo inoltre il toponimo
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Histricanum citato nella bolla di erezione della diocesi di Sarno del 1066,
indicato come un territorio accanto al fiume Sarno, disseminato da capanne di
paglia e fango, abitato da agricoltori e pastori.
L’inizio di una vera e propria ripresa di vita si ebbe solamente dal 1123 con la
donazione fatta ai monaci benedettini del Monastero dei SS. Severino e Sossio
di Napoli, da parte del Vescovo di Nola, Guglielmo, della chiesa di San
Michele Arcangelo con l’annessa masseria. Grazie all’opera dei Benedettini, i
terreni vennero disboscati e furono rese coltivabili le aree paludose, e,
migliorate le colture esistenti. Nel 1188 il Conte di Caserta Guglielmo e il
figlio Roberto, Signori di Striano, concessero all’Abate del Monastero dei SS.
Severino e Sossio di Napoli, e suoi successori, la facoltà di costruire nel Casale
di Striano. Si formò così un piccolo centro abitato.
Il territorio di Striano, facente parte per oltre un secolo della Contea di Caserta,
passò poi alla Contea di Sarno. Nel 1225 Roberto I, Conte di Sarno, divenne
anche Signore del Casale di Striano. Nel 1427 la terra fu infeudata a Raimondo
Orsini. Sotto gli Orsini il casale fu cinto da mura, munito di porte di accesso,
che erano aperte di buon mattino per dar modo ai contadini di portarsi nei
campi, e, chiuse al calar della sera al loro rientro. Le porte di accesso furono
erette sulle strade d’accesso ai paesi confinanti. A distanza di cinque secoli
solo una di quelle porte è ancora vigente. Tra la fine del 1400 ed i principi del
1500 nacque l’Università della Terra di Striano (comunità autonoma simile
all’odierno comune) con proprie consuetudini, privilegi, statuti ed un proprio
Parlamento equivalente all’attuale consiglio comunale. Ne erano a capo il
Sindaco e due Eletti equivalenti agli attuali Assessori. Nel 1506 il feudo fu
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devoluto alla Regia Corte con la liquidazione delle rendite dei frutti e delle
derrate dei terreni. L’anno dopo il paese che contava circa 300 abitanti, in
maggior parte contadini e artigiani, passò al Marchese di Castellaneta che lo
tenne fino al 1529 quando venne confiscato dagli Spagnoli vittoriosi sui
Francesi. Proprio in quegli anni venne elevata a Parrocchia l’antica chiesa di
San Severino, eretta nel sec. XIII. Di questa ci è stata conservata una pala
d’altare, custodita oggigiorno nella chiesa parrocchiale di San Giovanni
Battista. Datata 1506, risulta essere dono del barone del tempo Luigi di
Casalnuovo e raffigura la Madonna con Bambino in trono fra i Santi Severino e
Sossio. L’opera è del pittore milanese Protasio Crivelli che operò a Napoli dal
1497 al 1506. Questa pala d’altare testimonia la continuità della presenza a
Striano dei monaci del Monastero dei SS. Severino e Sossio dal XII al XVI
secolo.
Nel 1530 il feudo in parte passò al capitano spagnolo Giovanni de Ribera ed in
parte fu venduto. Alla morte del De Ribera tornò alla Regia Corte. Con Regio
Assenso del 25 gennaio 1533 l’imperatore Carlo V concesse la formale
investitura del Casale al Conte di Sarno Girolamo Tuttavilla, marito di Ippolita
Orsini dei Conti di Nola. Alla sua morte il feudo e il Casale passarono al figlio
Vincenzo che li tenne fino al 1578. A causa dei debiti la casa Tuttavilla perse i
feudi.
Il patrimonio fu dedotto nel S. R. Consiglio, dal quale, con Regio Assenso del
4 maggio 1613, fu messo in vendita: la Contessa di Castro, Vittoria Caracciolo,
comprò “sub hasta” la Terra di Striano per 30.000 ducati. In seguito alla
gravissima eruzione vesuviana del 16 dicembre 1631 che devastò l’intero
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territorio, anche il territorio di Striano subì ingenti danni. Divenuto in gran
parte sterile esso fu alienato dal VicerØ Conte di Lemos a favore di Maria
Ippolita Spinola per soli 17.142 ducati e con il titolo di Baronia. La vendita fu
attuata dal Regio Assenso emanato il 17-12-1639. Con il matrimonio celebrato
in Napoli il 23 aprile 1698 fra la Baronessa di Striano, Maria Ippolita Spinola e
Don Giovanni Giacomo Marino, Marchese di Genzano, il feudo strianese passò
a questa Casata che lo tenne fino al 1806, anno dell’abolizione della feudalità
decretata da Giuseppe Bonaparte Re di Napoli. Sotto la Signoria di Giovanni
G. Marino il feudo fu decorato del titolo di Principato (12 febbraio 1718) e lo
stesso passò nel 1753 al figlio Stefano e da questi il 17 luglio 1781 a Giovanni
Andrea Stefano Marino, figlio di Filippo, fratello del Principe Stefano morto
senza eredi.
Tra le costruzioni antiche vi è quella settecentesca della Congrega del SS.
Crocifisso, eretta nella prima metà del secolo, sede dell’antichissima omonima
Confraternita. Anteriormente questa confraternita era intitolata al SS.
Sacramento e custodisce una splendida croce processionale medioevale del
XIV secolo che riporta l’intestazione al SS. Sacramento, rivestita di lamine di
rame lavorato con figure in argento dorato, come è possibile vedere nelle foto
1-2 dell’appendice fotografica presente alla fine del testo. Questa croce ha delle
figure su ambo i lati. Da un lato abbiamo rappresentati: al centro l’Ecce Homo
con Gesø tenente un cartillo con la mano sinistra con la scritta Ecce; intorno
poi vi sono altre figure: un’aquila che rappresenta San Giovanni Evangelista,
un leone che rappresenta San Marco, un toro che rappresenta San Luca e la
figura di un santo che rappresenta San Severino Abate patrono di Striano.
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Dall’altro lato: al centro c’è Gesø crocifisso con al di sopra un angelo che lo
incorona, alla sinistra la Madonna, alla destra non si sa se sia San Giuseppe o
San Giovanni Evangelista, e, in basso un angelo con il globo terrestre tra le
mani. Questa croce, un tempo utilizzata durante la processione degli
Incappucciati di cui parleremo nel prossimo capitolo, non viene piø utilizzata,
ma custodita gelosamente e segretamente per il suo grande valore. Raramente
viene esposta durante la visita del Vescovo della Diocesi.
A tale Confraternita aderirono uomini e donne della comunità strianese.
Alla fine del ‘700 Striano visse le vicissitudini della Rivoluzione Francese. Con
l’abolizione della feudalità, sotto il regno di Giuseppe Bonaparte, vennero
creati, quali nuovi organismi amministrativi, i Comuni. L’antica Università di
Striano fu divisa con il comune di Poggiomarino suo Casale. Nel 1809 i due
Comuni vennero uniti; l’anno dopo riacquistata l’autonomia il paese riebbe
propri amministratori. Con un decreto di marzo 1817 il re Ferdinando I di
Borbone prescrisse la nascita dei cimiteri; così a partire dal 1 ottobre 1840 i
defunti strianesi vennero seppelliti nella chiesa di San Severino “fuori
l’abitato” in attesa della costruzione del cimitero. Il nuovo cimitero nacque nei
terreni circostanti la vetusta chiesa di San Severino.
Con l’Unità d’Italia si ebbero molti miglioramenti in campo sociale ed
economico. L’antica casa comunale, di proprietà del Principe di Fondi,
trovandosi in pessime condizioni strutturali, venne restaurata e ampliata. I
lavori iniziati nel 1873 si conclusero il 4 giugno 1895. Con il nuovo secolo il
paese si congiunse a Napoli per ferrovia. Il 28 dicembre 1904 fu inaugurato un
tronco ferroviario delle Circumvesuviana di 15,292Km. con trazione a vapore.
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Fino al 1927 Striano fece parte dell’antica Provincia di Terra di Lavoro e negli
anni ‘30 contando circa 2500 abitanti non possedeva alcun edificio scolastico.
Questo complesso sorse nel 1935 e fu distrutto durante la II Guerra Mondiale
che rase al suolo gran parte del paese e dei suoi edifici piø importanti. Con
l’avvento della Repubblica e l’acquistata libertà il paese si sviluppa in tutti i
settori: agricoltura, artigianato, commercio, piccola industria.
Negli anni ‘50 e ‘60 vengono realizzate opere pubbliche per il miglioramento
del luogo, mentre negli anni ‘70 sorgono le industrie meccaniche nonchØ
importanti attività commerciali. Il terremoto del 1980 apporta ingenti danni ma
anche uno sviluppo del luogo attraverso una crescente edilizia e la
realizzazione di nuove opere pubbliche. Oggi il paese conta quasi 8000 abitanti
ed ha una posizione geografica strategica. Ha un crescente sviluppo ma tuttavia
conserva la memoria del passato attraverso la preservazione dei beni culturali e
un forte radicamento popolare che mantiene vivo il culto del passato.
Il paese ha una Scuola Elementare e una Scuola Media che dopo tanti eventi
disastrosi come terremoti e guerre mondiali sono stati ristrutturati e dall’anno
scolastico 2000/01 fanno parte dell’Istituto Comprensivo, entrato in funzione
quell’anno e comprendente anche la Scuola Materna, intitolato al prof.
sacerdote A. D’Avino. Il tasso di scolarizzazione è elevato e la popolazione che
si pone ad un livello di fascia di età abbastanza giovane ha una stratificazione
sociale variegata.
La parrocchia è retta dal 1982 dal sacerdote Padre Michele Fusco e il patrono
del luogo è San Severino Abate la cui festa è l’8 gennaio, momento in cui si
porta in processione la statua del santo. Presente è anche una grande devozione
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alla Madonna Dell’Arco.
Piccole industrie locali come quella dolciaria, meccanica o quelle della
lavorazione del pomodoro contribuiscono all’economia del luogo e a creare
prestigio nei paesi limitrofi. L’organizzazione del Carnevale è preparato con
grande cura con la creazione fantasiosa di carri allegorici da parte di ogni rione
del luogo con vivaci balletti che coinvolgono bambini di ogni fascia di età,
sfilate allegoriche per tutte le vie principali del paese, con conseguente
premiazione del rione vincitore. Si organizzano anche sagre locali che
coinvolgono genti dei paesi limitrofi che amano partecipare a queste piccole
feste locali. Questi sono momenti di ritrovo, di festa, di grande partecipazione
che completano il quadro di un paese che vanta grandi tradizioni.
Molteplici sono gli aspetti che caratterizzano le tradizioni di queste persone che
si manifestano con una grande devozione al periodo della Settimana Santa.
Agli inizi del secolo scorso oltre alla celebrazione tradizionale della parrocchia
sopravvivevano i culti attuati dalla Confraternita del luogo. Oggi la
celebrazione di questi culti avviene semplicemente come atto di memoria del
passato, mentre allora era vissuta con una viva partecipazione popolare.
L’istituzione tradizionale celebrava secondo le direttive del Vaticano ma
variava per alcuni aspetti celebrativi piø locali. Alla fine del secolo scorso la
parrocchia locale si è aperta a nuove forme di evangelizzazione.