1.0 Introduzione
In questo lavoro si è cercato di condurre un tipo di analisi incentrato principalmente
sulla traduzione. Ci sono elementi di analisi linguistica e soprattutto semantica, ma
sempre volti ad analizzare, capire, spiegare e, in alcuni casi, fare proposte alternative nel
campo della traduzione passiva (verso l’italiano) ma anche attiva (verso lo spagnolo).
I principali mezzi utilizzati a tale scopo sono stati dizionari monolingui e bilingui,
monografie, enciclopedie e saggi, i cui titoli sono riportati nella bibliografia alla fine di
questo testo. Lo strumento più importante, però, come già detto, è stato internet. Questo
perché l’oggetto in analisi, vale a dire il linguaggio giovanile, familiare e idiomatico,
non è facilmente reperibile in testi standard quali quelli sopra citati. Fondamentali allo
sviluppo di questa analisi sono state, infatti, le ricerche sul campo, gli esempi trovati nei
blog o nei forum informatici, dove il linguaggio dei partecipanti (dei giovani in questo
caso) non è “sporcato” o “aggiustato” secondo gli schemi di un linguaggio standard. Va
sottolineato che la lingua oggetto di questa analisi è la variante americana dell’inglese.
È importante tenerlo a mente, perché molti degli elementi riscontrati non possono essere
generalizzati come caratteristici dell’inglese, ma appartengono strettamente al gergo
statunitense.
Il capitolo principale di questa tesi, cioè quello dedicato all’analisi vera e propria, si
suddivide in cinque parti: il linguaggio familiare e dei giovani, le interiezioni,
espressioni idiomatiche, proverbi e elementi culture – bound. Inoltre, alla sezione
numero 4.0, si troverà un’intervista fatta a Luca Fusari. Lo scopo delle domande fatte al
traduttore è stato quello di capire che tipo d’approccio ha adottato nella traduzione di
Twilight (e del resto della saga) e, in particolare, nei confronti dei punti oggetto di
analisi in questa tesi.
Lo scopo ultimo di questo lavoro è quello si analizzare e studiare i metodi di traduzione
adottati, valutare se essi sono adatti, stabilire come sono risultate le due traduzioni nel
loro complesso e proporre delle soluzioni alternative a quelle utilizzate.
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2.0 Analisi
2.1 Il linguaggio familiare e dei giovani
Per quanto riguarda il linguaggio giovanile, è molto difficile trovare una
documentazione adeguata, uno studio approfondito che analizzi questo fenomeno
sociale. Il motivo di ciò è palese: esso è costantemente in evoluzione, soggetto a
continuo cambiamento dal punto di vista sia cronologico sia geografico. Grazie a questi
cambiamenti, ogni generazione di linguaggio, insieme alle sue caratteristiche spesso ben
riconoscibili, arriva a caratterizzare una determinata generazione di giovani. Un articolo
interessante a questo proposito è quello pubblicato da Pino Catalano intitolato “Il
linguaggio giovanile, oggi” (www.mazaracult.blogspot.com/2008/04/il-linguaggio-
giovanile-oggi.html). In questo articolo, l’autore fa notare che la principale caratteristica
che determina il linguaggio giovanile di oggi è il linguaggio informatico. Nell’era della
multimedialità, è la necessità di comunicare rapidamente che detta le norme per la
creazione del linguaggio giovanile. L’uso di abbreviazioni, di troncamenti, di
forestierismi, di parole prese in prestito da diversi gerghi è fondamentale quando si
vuole comunicare via SMS o nelle chat informatiche. Inevitabilmente questi mezzi
hanno poi delle ripercussioni sul linguaggio parlato.
Il testo in analisi, però, rappresenta una piccola eccezione. In effetti, dal momento che il
protagonista maschile è nato agli inizi del XX secolo e quella femminile viene
classificata come “giovane matura”, bisogna stare attenti a distinguere ciò che è
realmente linguaggio giovanile (per i nostri tempi), e ciò che invece è legato a queste
caratteristiche intrinseche dei protagonisti. Il linguaggio giovanile è presente soprattutto
nelle parti dialogate del testo e nel modo di parlare di Jacob, uno dei protagonisti (in lui
risalterà molto di più nei volumi successivi della saga).
In ogni caso si prenderanno in considerazioni quei termini e quelle espressioni che i
giovani (americani) di oggi usano in realtà nella loro quotidianità. Per avere conferma di
quali siano realmente queste espressioni è stato fatto un sondaggio su internet tra i
teenager americani.
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2.1.1 Are you kidding?
“It‟s not bleeding anymore,” he muttered. “Are you going back to class?” “Are you
kidding? I‟d just have to turn around and come back.” (pag. 86): è un’espressione
molto comune nel mondo anglofono, soprattutto in quello statunitense. Viene utilizzata
per esprimere incredulità e derisione. Può essere utilizzata anche ironicamente.
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In italiano è stata tradotta con l’esclamazione scherzi?, che specialmente con
intonazione interrogativa, può indicare stupore e incredulità o anche scherzoso allarme
(www.old.demauroparavia.it, s.v. scherzare). Altre alternative sono “vuoi scherzare?”,
“mi prendi in giro?” o anche (in determinati contesti) “fai il simpatico?”.
Anche lo spagnolo, in questo caso, ha tradotto come l’italiano: ¿Bromeas? Esiste però
un’equivalente molto utilizzato nel linguaggio informale che è stato impiegato in altre
parti del testo analizzato, vale a dire “estar de guasa”, che significa, appunto, scherzare.
Si sarebbe anche potuto usare “¿Me tomas el pelo?” (= “mi prendi in giro?”).
2.1.2 Mike-schmike
“I just invited you.” “Let‟s you and I not push poor Mike any further this week. We
don‟t want him to snap.” His eyes danced; he was enjoying the idea more than he
should. “Mike-schmike,” I muttered,[ ...] (pag. 89): trovare una spiegazione per questo
costrutto è stato tutt’altro che semplice. Si tratta, in effetti, di una costruzione che
appartiene prettamente alla lingua orale statunitense, di cui non si trova definizione,
spiegazione o documentazione alcuna. Si è potuto trovare una spiegazione solo grazie
alla consultazione di alcuni forum linguistici, e quindi, all’aiuto di qualche madrelingua.
La spiegazione è stata la seguente: il suffisso schm- davanti ad una parola privata
dell’iniziale (per esempio fear – ear – schmear) vuol dire che quella cosa, oggetto,
persona, situazione, ecc. viene presa poco sul serio, o quasi non tenuta in conto. In
italiano potrebbe equivalere ad una frase che inizi per “ma chi se ne frega di...” o “altro
che...”, seguiti dalla parola in questione. Nel caso di questa traduzione, invece, il
traduttore si è limitato a riprendere il poor Mike della frase precedente, traducendo con
povero Mike. Effettivamente si trattava di una scelta alquanto complicata, dal momento
che, come detto precedentemente, l’uso di questa formula non è documentata. Si va ad
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Da questo momento in poi si evidenzieranno in grassetto le espressioni e le relative traduzioni
effettivamente impiegate nei tre testi.
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aggiungere poi l’ulteriore problema dei termini di consegna che ogni traduttore ha, e che
rendono impossibile andare a fondo ad ogni particolare della traduzione mentre si
lavora. Ad ogni modo, le alternative in questo caso potrebbero essere quelle suddette.
Interessante è anche la scelta del traduttore spagnolo: el blandengue de Mike, che vuol
dire approssimativamente “quel rammollito di Mike”. Non potendo chiedere
direttamente al traduttore rimane il dubbio se si tratti di un errore di comprensione da
parte sua o se, volontariamente, non trovando una definizione, ha deciso di trasformare
l’affermazione, in modo quasi arbitrario dal momento che ha reso come un’offesa
qualcosa che prima non lo era. Piuttosto si sarebbe potuto tradurre esplicitando con
“¿qué me importa de Mike?” o con “¡Venga!”.
2.1.3 Cool
“[...] I still have goose bumps, see?”[ ...] “Cool.” (pag. 109): Cool è un aggettivo
dell’inglese standard, che però nello slang acquisisce un significato completamente
differente. Può significare infatti calmo, bene, interessante, molto bene, alla moda,
eccellente, figo ecc. Può essere utilizzato per descrivere una qualsiasi cosa, persona o
situazione ed è molto utilizzato in America, soprattutto dai giovani, e capito da
chiunque parli inglese (Sala 2009: 21).
In italiano è stato tradotto con fico, un aggettivo gergale, molto diffuso tra i giovani
italiani, utilizzato per descrivere qualcosa di bello, divertente o alla moda
(www.old.demauroparavia.it, s.v. fico). Le varianti potrebbero essere figo, forte, ganzo,
bello, da sballo, ecc. L’uso di queste alternative è in parte regionale. Nelle diverse zone
d’Italia viene prediletto l’uso di una piuttosto che dell’altra.
Lo spagnolo ha invece scelto di utilizzare genial come traduzione. Anche qui, alcune
alternative potevano essere estupendo, guay, dabuten, dabuti, magnífico, sensacional,
ecc.
2.1.4 Yikes
“She wants to know if we‟re secretely dating. And she wants to know how you feel about
me,” he finally said. “Yikes. What should I say?” (pag. 176): È un’esclamazione di
sorpresa, eccitazione, shock o dolore diffusa soprattutto tra i bambini (Partridge 1984,
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s.v. yikes). Ha probabilmente origine nella parola yoicks, un richiamo utilizzato nella
caccia alla volpe ed attestato dal 1770 (www.etymonline.com, s.v. yikes). Yike senza s
finale in slang vuol dire rissa, lotta. Nel testo in analisi la protagonista utilizza questa
espressione perché messa alle strette. Sa che l’amica sta per farle una domanda alla
quale non vuole rispondere.
In italiano è stato tradotto con Oddio!, che riproduce perfettamente lo stato d’animo di
sorpresa e disagio. In alternativa si sarebbe potuto utilizzare Cavoli!, Accidenti!, Porca
miseria! o Oh no!. ¡Oh no! è proprio l’esclamazione utilizzata nella versione spagnola
ed analizzata in seguito (§ 3.2.5).
2.1.5 He didn‟t buy it
“Did I frighten you?” Yes, there was definitely humor there. “No,” I lied. He didn‟t buy
it. (pag. 196): to buy it è un’espressione tipica della lingua parlata che vuol dire “credere
o accettare qualcosa, specialmente se è poco probabile che essa sia vera o plausibile”
(Macmillan 2006, s.v. buy). Il suo secondo significato, che ovviamente non si applica in
questo caso, è morire, essere ammazzato.
Nella versione italiana, questa locuzione è stata tradotta con Non ci cascò. La
traduzione è perfettamente comprensibile ed equivalente all’originale inglese, ma una
valida alternativa sarebbe stata “non se l’è bevuta”.
Per quanto riguarda invece la versione spagnola troviamo come traduzione No picó, che
corrisponde all’italiano “abboccare”. In questo caso, il significato del termine inglese e
quello spagnolo non coincidono al cento per cento, poiché “non abboccare” vuol dire
non cadere in una trappola, mentre nell’originale vuol dire semplicemente non credere a
qualcosa. Sarebbe stato forse più corretto utilizzare “no se lo tragó”, che, come spiega il
DUE (Moliner 1998, s.v. tragar), vuol dire “credere a qualcosa detta con l’inganno”,
esattamente ciò che vuol dire il testo di partenza.
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