RIASSUNTO
Questo contributo si colloca all’interno dello Studio Longitudinale degli Adolescenti di
Parma (SLAP) il cui obiettivo è quello di indagare lo sviluppo e l’interazione tra fattori di
rischio e di protezione relativi al comportamento deviante in adolescenza.
Nell’ambito della psicopatologia la ricerca sembra aver dimostrato l’importanza che
ricoprono determinati fattori nel corso del tempo nel predire l’esito di sviluppo di un
individuo; nello specifico viene analizzata sia la relazione tra i tratti temperamentali di
sensation seeking, impulsività, adhd e devianza adolescenziale che il ruolo di moderatore
della famiglia nell’attenuare o amplificare tale relazione.
I risultati mostrano un’influenza predittiva tra le caratteristiche temperamentali e il
comportamento deviante, in particolare sono i maschi, rispetto alle femmine, ad
intraprendere una carriera o condotta deviante.
Ciò che di significativo e innovativo emerge da questo contributo è che la famiglia
acquisisce un ruolo rilevante nel moderare tale relazione. In particolare nella prima
adolescenza sono la presenza o l’assenza di adeguate funzioni di caregiving (sostegno,
disciplina e comunicazione) a moderare questo effetto, mentre in età più avanzate, sedici-
diciasette anni, sono in particolare il vissuto di esperienze traumatiche e un clima
familiare disfunzionale a moderare l’effetto che i tratti temperamentali hanno sulla
devianza adolescenziale.
IV
ABSTRACT
This paper takes place among the Longitudinal Study for Parma's Teenagers (or SLAP)
whose target is to investigate the development and interaction between risk factors and
protection factors that relates to deviant behaviorin adolescence.
Some researches in psychopathology seems to prove the importance of certain factors in
predicting the outcome of a person's development; more specifically, here it will be
investigated both the relationship between the temperamental manners of sensation
seeking, impulsiveness, adhd, teenage deviancy and the moderating role of the family in
mitigating or magnifying such a relationship.
The results of my investigation demonstrate a predictive relationship between
temperamental features and deviant behavior, particularly for boys vs. girls, to start a
deviant career or behavior.
What's more noteworthy and innovative in my reasearch, is the result that the family has
a significant role in moderating such a relationship. In particular, during the first stage of
adolescence, the presence or lack ofsuited roles of caregiving (such as support, discipline
and communication) will moderate such an effect, while later on, at 16-17 years of age,
traumatic experiences and a dysfunctional family environment will moderate the effect
that temperamental dispositions have on adolescent deviancy.
V
INTRODUZIONE
L’adolescenza è un periodo di aumentata vulnerabilità, un momento dello sviluppo
complesso che pone la necessità di approfondire la conoscenza del comportamento
adolescenziale in generale, e trasgressivo in particolare, enfatizzando la comprensione dei
complessi processi causali alla base di un comportamento antisociale.
E’ da questa considerazione che nella prima parte dell’elaborato grazie alla letteratura
internazionale, sarà affrontato l’argomento del disagio adolescenziale che talvolta è
connesso al bisogno per i più giovani di affrontare compiti evolutivi, che se non superati
o troppo difficili potrebbero portare l’adolescente a intraprendere agiti devianti. In
aggiunta saranno descritti i risultati di diverse ricerche longitudinali condotte nell’ambito
delle developmental psychology, che hanno permesso di descrivere quali sono le possibili
traiettorie di sviluppo che un ragazzo deviante può intraprendere e definire come le
manifestazioni antisociali possono variare, anche, in base al genere.
In questo contributo si utilizza una visione complessa e dinamica dello sviluppo
individuale, secondo la quale ogni caratteristica personale, ogni evento o condizione di
partenza di un individuo non può singolarmente determinare la presenza di una
psicopatologia ma saranno la somma di eventi successivi o condizioni specifiche
aggiuntive (fattori di rischio o protezione) a determinare gli effetti dello sviluppo, che
saranno attenuati, amplificati o addirittura modificati (Rutter & Robins, 1990); pertanto
nella seconda parte verranno delineati con più chiarezza quali sono i fattori di rischio o di
protezione che conducono allo sviluppo della devianza.
L’elenco di questi fattori aiuterà a comprendere come l’influenza di tali caratteristiche
abbracci contemporaneamente la vita esterna (come la famiglia, la scuola e il gruppo dei
pari) e quella interna (i tratti temperamentali, le caratteristiche pro sociali o le strategie di
coping) dei soggetti considerati a rischio.
Nella terza parte del lavoro, supportato dalla letteratura scientifica esistente, la
propensione al comportamento deviante sarà considerata focalizzandosi sulle
caratteristiche individuali “a rischio”, in particolare sui tratti temperamentali di sensation
seeking e iperattività/disattenzione che sono state più volte osservate e considerate come
predittive di un comportamento deviante. Tuttavia il concetto di predisposizione al
comportamento a rischio deve tenere in considerazione che alcune caratteristiche esterne
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al soggetto sono in grado di inibire, ridurre o aumentare la scalata verso la "carriera
criminale".
Ed è proprio alla luce di questa visione che nella quarta parte dell’elaborato si è scelto di
analizzare l’influenza che la famiglia può avere sull’esito di sviluppo di un adolescente.
In letteratura viene più volte riportata l’importanza che le relazioni familiari hanno
durante la pre-adolescenza e l’adolescenza poiché, in questa fase del ciclo di vita, il
rapporto con i genitori evolve in una direzione di maggiore autonomia dei figli e svolge
un importante ruolo di mediazione nell’aumentare o ridurre la probabilità che
quest’ultimi incorreranno in comportamenti devianti.
Sebbene la bibliografia riporti sia la presenza di fattori familiari protettivi che di rischio,
quest’ultimi occupano gran parte dell’attenzione del mondo scientifico e per tale motivo
saranno riportati nello specifico sia i fattori di rischio riguardanti le capacità della coppia
genitoriale che il contributo del singolo genitore, sia esso materno o paterno, nel predire
l’esito di sviluppo dell’adolescente. Inoltre sarà descritta l’influenza che il vissuto di
esperienze traumatiche (abuso o maltrattamento) hanno sulla manifestazione della
devianza in adolescenza. Si evidenzierà, infine, come il disturbo antisociale possa essere
trasmesso da una generazione all’altra.
E’ in considerazione dei risultati delle ricerche, dallo studio delle dimensioni, dei fattori
di rischio e di protezione empiricamente significativi nella determinazione della devianza
che è nato lo studio oggetto di questo contributo presentato nell’ultima parte
dell’elaborato, che è parte del più ampio progetto di ricerca SLAP ( Studio Longitudinale
sugli Adolescenti di Parma). Nello specifico l’obiettivo della ricerca presentata è quello
di delineare se i tratti temperamentali di sensation seeking, impulsività e
disattenzione/iperattività, considerati fattori di rischio, predicano la comparsa della
devianza adolescenziale e successivamente analizzare se la famiglia acquisisce un ruolo
di moderazione sulla relazione di rischio tra i tratti temperamentali e la devianza
adolescenziale.
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CAPITOLO 1
- ADOLESCENZA E DEVIANZA -
1.1 ADOLESCENZA, COMPITI EVOLUTIVI E COMPORTAMENTO DEVIANTE
L’adolescenza è quella fase della vita, normalmente compresa tra gli undici e i ventuno
anni, nel corso della quale l’individuo acquisisce le competenze e i requisiti necessari per
assumersi le responsabilità di adulto (Bush & Simeons, 1987). In questa fase di
transizione entrano in gioco e interagiscono fra loro fattori di natura biologica,
psicologica e sociale. L’inizio di questa fase dello sviluppo si colloca all’avvio della
pubertà, ma non è solo il momento biologico connesso a questo evento che determina la
fase adolescenziale, ad esso si associano anche esperienze cognitive ed emozionali molto
intense quali la rilevanza dei cambiamenti corporei e la ricerca di nuovi equilibri con il
mondo esterno e con il proprio sé.
L’adolescenza può essere definita, quindi, come una fase evolutiva specifica in quanto è
un periodo autonomo e prolungato della crescita durante il quale ciascun individuo deve
affrontare una serie di compiti di sviluppo (Havighrust, 1953), che possono variare in
funzione delle relazioni interpersonali, delle appartenenze sociali e del contesto
ambientale in cui il ragazzo vive. Tra questi ritroviamo ad esempio, (Pietropolli Charmet,
2000) il processo di soggettazione nei confronti della rete di relazioni infantili, la
costruzione mentale di un’immagine nuova del proprio corpo, con le conseguenti
necessità di definire la propria identità sessuale e la costruzione di nuovi legami affettivi
e sociali. In questo periodo si assiste, infatti, ad una ridefinizione dei rapporti con i propri
genitori contemporaneamente all’emergere di un maggior investimento nelle relazioni di
amicizia (Cristini, Santiello, Dallago, 2007), definita da Palmonari (1997) come
“emancipazioni dalle figure parentali”. Ciò, necessariamente richiede la necessità di una
trasformazione di tali rapporti in modo da renderli paritari e reciproci che portino
l’adolescente a essere più indipendente e libero: indipendenza vuol dire libertà affettiva di
instaurare nuove relazioni e libertà, libertà personale di assumersi le proprie
responsabilità (Coleman & Hendry, 1990).
Tra i diversi compiti di sviluppo elencati quello che acquisisce maggiore importanza è
proprio la capacità di costruirsi una nuova identità, che sia oltretutto stabile; non a caso
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per riferirsi all’adolescenza spesso l’opinione pubblica definisce questa fase di vita come
il periodo caratterizzato da “crisi d’identità”.
Palmonari (1997) ricorda che nel gestire la crisi cui vanno incontro gli adolescenti, essi
non sviluppano la loro identità in un vuoto sociale, ma la acquisiscono nell’interazione
continua con le persone significative del loro spazio di vita (Mead, 1966).
Il periodo adolescenziale, proprio perché diretto verso la formazione e lo sviluppo di un
individuo è importante anche per lo sviluppo di uno stile comportamentale adatto alle
nuove richieste dell’ambiente sociale (Padilla-Walker, 2007) e per la formazione e
l’interiorizzazione di norme e valori di riferimento. L’adolescenza inoltre è caratterizzata
da un forte bisogno di autonomia e di differenziazione che porta a sviluppare maggiori
relazioni orizzontali e a fare affidamento sul sostegno dei pari, denigrando al contempo
l’autorità e il mondo adulto in generale; bisogni che a cascata causano nel ragazzo una
nuova apertura cognitiva e capacità critica e un bisogno maggiore di sperimentare
sensazioni forti, mettendo alla prova se stessi e i propri limiti (Berti, 1997) infrangendo i
limiti definiti dalle regole di comportamento imposte dalla società o dalle leggi.
In generale sono queste le cause che possono spiegare l’emergere del disagio che spesso
si traduce nella manifestazione di comportamenti devianti. Questi ultimi sono accomunati
dal loro significato trasgressivo, ma essi svolgono anche la funzione di affermazione di sé
e accettazione sociale. Attraverso la sperimentazione di queste azioni, gli adolescenti
comunicano il loro dissenso e la propria critica nei confronti dell’ordinamento
istituzionale, cercano delle risposte all’esigenza di affermare se stessi e la propria identità
ed esprimono un bisogno di visibilità e di accettazione all’interno del gruppo dei pari.
Alla luce di quanto esposto si può comprendere come l’adolescenza diventi un periodo di
maggiore rischio per l'insorgenza di problemi comportamentali che, se intrapresi, tendono
a perturbare i modelli sani di sviluppo e di adeguamento alle norme figurandosi come
predittori del comportamento antisociale in età adulta (McCord, 1992).
Numerosi studi hanno evidenziato come questi comportamenti subiscono un notevole
incremento durante l’adolescenza per poi decrescere alle soglie dell’età adulta e sono
piuttosto diffusi anche all’interno di popolazioni normative non cliniche.
Ad esempio per quanto riguarda la situazione italiana (Bonino, Cattelino e Ciariano,
2003), è stata evidenziata una relazione tra tipo di comportamento deviante ed età:
l’aggressione fisica è più diffusa intorno ai quattordici - quindici anni, il furto e il
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vandalismo sono più frequenti a sedici - diciassette anni e la disobbedienza è più diffusa a
diciotto – diciannove anni.
Va ricordato che generalmente vengono definiti devianti o antisociali i comportamenti
che infrangono le norme, i principi ed i valori della comunità sociale cui gli individui
appartengono. Essi includono sia comportamenti illegali soggetti a sanzione penale o
amministrativa, sia condotte di minore gravità che violano le norme di rispetto e
convivenza tra individui ( Rabaglietti, Ciariano, Bonino, 2007).
Emler e Reicher (2000) sottolineano che le condotte devianti degli adolescenti sarebbero
un processo sociale volto verso due direzioni. Da una parte esse si configurano come
manifestazione estrema dell’esigenza di ottenere una visibilità sociale che gli adolescenti
spesso sentono di non possedere, in particolare per guadagnarsi l’attenzione degli adulti
che appaiono distratti, poco interessati se non a volte addirittura svalutanti. Dall’altra
parte, esse rappresentano un mezzo per rendere pubblica una certa immagine di sé, infatti,
si ricorda che questi comportamenti sono messi in atto spesso nel gruppo dei coetanei,
raramente in solitudine. Secondo tale prospettiva, la devianza rappresenta per
l’adolescente un mezzo di comunicazione del proprio disagio, una strategia di gestione
della propria reputazione sociale e un modo per attirare l’attenzione su di sé e sulle
proprie esigenze, affinché esse siano ascoltate e comprese. E’ più probabile che tali
comportamenti si manifestino quando vengono a mancare modalità più adattive ed
evolute di comunicare con le persone con cui loro interagiscono quotidianamente, ossia
amici e familiari.
Pietropolli Charmet (2000) dichiara che la condotta deviante assume più marcatamente
un significato psicologico soggettivo, che tende a esprimere una preoccupazione ad
essere, ciò dona al gesto deviante un significato simbolico inerente la costruzione della
propria identità: costruzione di un nuovo sé attraverso processi molto complessi e talvolta
molto dolorosi, di separazione, individuazione ed integrazione di nuove parti di sé al fine
di realizzare la costruzione di una nuova identità e di nascere come persona matura e
realizzata.
Agire trasgressivamente è un modo per tutti gli adolescenti di dar voce a tensioni e
conflitti non sempre del tutto consapevoli, che si traducono in gesti ancora prima che
diventino pensiero razionale e consapevole. Le condotte devianti con i loro messaggi
plateali potrebbero rimandare all’incapacità di esprimersi attraverso modalità più evolute
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e simboliche di relazionarsi agli altri, modalità che presumibilmente hanno scarso modo
di essere sperimentate all’interno di contesti relazionali caratterizzati da scarsi confronto,
dialogo e condivisione (Rabaglietti et al. 2007).
Infine gli adolescenti spesso non provano sentimenti di empatia e identificazione con la
sofferenza delle vittime perché innanzitutto non sono in grado di farlo loro per se stessi, e
non potersi identificare e non essere capace di identificarsi con gli altri empaticamente,
non sapere essere responsabili delle conseguenze dei propri atti devianti, sugli altri, sono i
presupposti che danno il via libera al gesto trasgressivo (Pietropolli Charmet, 2000).
Tuttavia è importante sottolineare che la manifestazione di agiti devianti ha bisogno
d’essere distinta dall’emergere di un normale comportamento oppositivo adolescenziale
che è invece il risultato di un crescente senso di individuazione e autonomia consono
all’età, definito in letteratura “ribellione adolescenziale”. La sfida agli adulti non
necessariamente è indice di devianza: gli adolescenti provano, attraverso atteggiamenti
oppositivi, fin dove possono spingersi, quanto l’adulto è saldo e quindi quanto può
contenerli e difenderli dalle loro stesse pulsioni ancora non ben conosciute e controllate.
Se l’adulto raccoglie la sfida e sa rispondere con un’adeguata funzione normativa, la sfida
può tramutarsi in affermazione matura di sé. La trasgressione può essere un modo quasi
paradossale di affermare la propria identità e autonomia.
Nonostante ciò dalla ricerca si evince che i problemi di condotta sono la causa più
comune (30-40%) di accesso ai servizi di salute mentale per bambini e adolescenti (Audit
Commission. Children in mind—report on child and adolescent mental health services.
London: Audit Commission; 1999).
Nell’ultimo decennio In Italia il numero d’inserimenti in comunità per minori tra i
quattordici e i diciasette anni sottoposti a procedimenti penali ha registrato un
considerevole aumento, passando da 834 nel 1998 a 1899 nel 2006 (+128%).
Questi risultati assumono importanza alla luce di diverse teorie dello sviluppo che
sostengono come l'età d’insorgenza e di persistenza della delinquenza siano i fattori
chiave che determinano la gravità e la continuità di comportamenti antisociali
(Fergusson, Lynskey, & Horwood, 1996; Jeglum Bartusch, Lynam, Moffitt, & Silva,
1997) inoltre mettono in luce come ad oggi la devianza adolescenziale oltre ad essere
diventato un fenomeno sociale rilevante sia diventata una forma di comunicazione
privilegiata del proprio stato interno da parte degli adolescenti.
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