II
L’idea di realizzare uno studio sulle reti di città nasce dalla constatazione che
intorno al tema delle città digitali (Rapporto Rur, 1997) comincia a prendere forma
l’esigenza di una maggior integrazione o collaborazione tra amministrazioni
comunali, esigenza favorita dall’uso delle nuove tecnologie.
La città come fattore critico di successo nella diffusione e
nell’implementazione delle nuove tecnologie è una realtà di cui le istituzioni
europee sono consapevoli fin dall’inizio; si pensi, per esempio, al network
Telecities
1
.
La città è il laboratorio sperimentale dove le istituzioni prima e i cittadini poi,
hanno la possibilità di “incontrare” la rivoluzione tecnologica, entrare in un mondo
futuro prossimo venturo. Quando si parla della rivoluzione tecnologica come di un
processo nato “dal basso” è la città il suo referente.
Il 23 novembre 1999, l’Unione Europea e l’associazione Telecities lanciano
il “Global Cities Dialogue” con l’ambizioso obiettivo di creare una fusione di intenti
e di esperienze a livello mondiale sul terreno comune delle sperimentazioni urbane
delle Information and Communication Technologies (ICT). Si legge nel documento
introduttivo di questo programma
2
: ......[le città] sono una realtà geografica,
1
Telecities nasce nel 1993 come semplice “gruppo di lavoro” composto dai rappresentanti di 13 città
europee per discutere sull’impatto sociale, economico e culturale della Società dell’informazione a
livello urbano. Nel 1994 venne formalmente riconosciuta come un’associazione libera e aperta a tutte
le città europee che intendesse cooperare, scambiare conoscenze ed esperienze per lo sviluppo delle
applicazioni telematiche in ambito urbano. Attraverso la promozione di progetti pilota che applicano
soluzioni tecnologiche ai problemi e servizi pubblici, il network Telecities punta a promuovere l’uso
delle nuove tecnologie nelle aree urbane e ad armonizzare le innovazioni e le conoscenze più
avanzate, dal dicembre 1999 è Roma la città “Presidente”.
2
disponibile all’URL:www.telecities.org/GCD/GCD/final-doc
Introduzione generale
III
politica, socioeconomica, culturale dove milioni di persone vivono, lavorano ed
esercitano direttamente i propri diritti di cittadini e consumatori. Come altre
organizzazioni, anch’esse devono affrontare il fuoco di sbarramento fatto di temi,
sfide, opportunità che vanno dalla democrazia al commercio elettronico e oltre.”
3
Le città sono dunque riconosciute come il terreno sul quale si promuovono le
nuove tecnologie, si educa alla società dell’informazione, ci si prepara ad una grande
trasformazione culturale, economica e sociale.Un processo su larga scala, quindi, di
lungo termine che è prima di tutto un processo di apprendimento, basato in
particolare sul “learning by doing”.Entro questo scenario mobile e incerto è naturale
la ricerca dell’unione, del confronto e incontro per scambiare esperienze e know how
prima, e per costruire insieme dopo.
Questo percorso che Telecities delinea con tre termini: “città – Europa –
mondo”
4
è cominciato anche in Italia, un paese che pur se indietro dal punto di vista
dei tradizionali parametri di mercato ha il grande dono della fantasia e
dell’entusiasmo.
L’esigenza di “fare rete” si evidenzia subito dopo le prime sperimentazioni e
così si può leggere, già nel 1996, nella presentazione al progetto di Polo Est (sito
Web della Provincia di Venezia): “la rete dei Comuni nasce con reale spirito
cooperativo, senza l’intenzione di rafforzare alcun potere centrale e la logica con
cui la rete si offre è quella della convenienza” (N. Melideo)
5
.
3
traduzione personale il testo originale recita:They are the geographicl, political, socioeconomic and
cultural entities where millions live, work and directly exercise their rights as citizens and
consumers. And, as other organisations, they also face a barrage of issues, challenges, opportunities
from democracy to electronic commerce and many others.” p.15
4
idem p.22 corsivo nell’originale
5
www.provincia.venezia.it/
IV
Anche nelle esperienze europee, già nel 1993, sembra emergere questa
tendenza a fare rete delle amministrazioni comunali: il progetto MANAP
6
ad
Anversa presentato alla Prima Conferenza delle Città Digitali Europee (Van Der
Cruyssen, 1996), offriva già allora uno spunto per l’integrazione dei servizi pubblici
in un’area metropolitana.
A suggellare definitivamente questa tendenza anche in Italia, il Rapporto
sulle città digitali del 1998 (Rapporto Rur, 1999) osservava: “la prospettiva della
telematica civica non è pertanto legata ad un all’allargamento progressivo
dell’utenza internet ma, piuttosto ad una sua espansione in senso orizzontale. Nel
senso che cresceranno – come è già avvenuto quest’anno- i soggetti che a livello
locale fanno rete
7
con le nuove tecnologie: realizzando progetti comuni,
condividendo risorse, scambiando informazioni, facendo alleanze.”.
Allo stesso modo il tema dei servizi integrati (frutto della cooperazione e del
collegamento telematico fra enti diversi) secondo la metafora della “carta che
viaggia al posto del cittadino” diventa centrale, facendo così cadere l’importanza
dello “stare su Internet” come fine a se stesso e, dunque, dei siti Web con valenza
essenzialmente promozionale (i siti vetrina) che nella loro stessa impostazione non
sono in grado di offrire servizi pubblici.
“La concreta realizzazione di tali servizi [integrati].......può essere
considerata una possibile risposta alla questione dell’utilizzo della telematica al
servizio del dialogo e della polifunzionalità.” (Bonora, Berti, Quarenghi, 1998).
Utilizzare pertanto la rete Internet o addirittura reti telematiche dedicate tra
6
Metropolitan Area Network for Antwerp
7
in corsivo nel documento originale, p.58
V
amministrazioni diverse (Intranet o LAN
8
) per garantire valore aggiunto alle prassi
amministrative delle città, diventa un tema “caldo” verso il quale si orienta
l’attenzione di molte Pubbliche Amministrazioni.
Date queste premesse, si è pensato di concentrare l’attenzione sullo studio
delle “reti di città” attraverso l’esame di alcuni progetti che si presentavano come
capaci di concretizzare questi obiettivi. Si è trattato, tuttavia, di scendere su un
terreno assolutamente nuovo, dove anche il vocabolario ha dovuto essere
costantemente valutato e ridefinito, a causa da un lato della obsolescenza e
controversia di alcuni termini (“rete” prima di tutto) e dall’altro del repentino
cambiamento di significato che altri termini hanno subito nell’arco di pochi mesi (si
pensi all’espressione “portale” relativa ai siti Web).
L’onestà concettuale impone, pertanto, di considerare questo lavoro “in
progress”, poiché “in progress” è la realtà che si è cercato di esaminare. Una realtà
in rapida evoluzione, malleabile e dunque, nonostante gli sforzi, impossibile da
fotografare senza sbavature.
* * *
La definizione di “rete di città” qui usata non deriva da altre pubblicazioni
ma è stata elaborata da chi scrive sulla base degli elementi che nei diversi documenti
esaminati stavano emergendo, e quindi:
ξ una collaborazione tra città;
ξ il collegamento telematico (dedicato o meno);
8
Local Area Network
VI
ξ una iniziativa che normalmente coinvolge l’Ufficio Relazioni con il
Pubblico;
ξ l’obiettivo di realizzare servizi integrati.
Si è giunti, pertanto, a proporre la seguente definizione di rete di città: un
collegamento informativo stabile e continuato tra amministrazioni diverse (città)
attraverso i propri Uffici Relazioni con il Pubblico, finalizzato allo scambio
pluridirezionale di comunicazione e quindi di servizi integrati, indipendentemente
dalla distanza fisica e dalla tecnologia usata. Sulla base degli studi bibliografici sul
concetto di rete si considerano condizione propria di una rete di città l’adozione di
un modello di comunicazione e di organizzazione a rete.
Pur consapevoli dell’esistenza di diversi tipi di reti
9
tra le Pubbliche
Amministrazioni si è deciso di mirare l’attenzione sulle reti e la cooperazione tra
amministrazioni comunali per i seguenti motivi:
ξ perché si tratta di progetti che coinvolgono in rete gli stessi Uffici Relazioni
con il Pubblico (Urp);
ξ sono progetti che si esauriscono ad un livello locale, indipendentemente da
direttive, regolazioni e autorizzazioni delle Pubbliche Amministrazioni
centrali.
Le tre esperienze considerate a questo proposito sono:
9
La Regione Emilia-Romagna in un suo studio del 1998 distingue tra: reti tra amministrazioni
comunali e altri enti pubblici locali ( usl, prefettura, sedi locali dell’Inps, ecc.); reti tra settori, uffici
della pubblica amministrazione relativi allo stesso settore socio-economico e distribuiti in un’area
vasta (reti di usl, reti di Informagiovani, reti di organizzazioni come le Camere di Commercio, ecc.);
reti di Comuni gestite normalmente dai i propri Urp.
VII
ξ la rete del Sistema Informativo Provinciale (S.in.P) della Provincia di Ascoli
Piceno;
ξ la rete Trasparenza Amministrativa Telematica (Tamtel) della Provincia di
Bologna;
ξ la Rete degli Urp di 10 Comuni della Provincia di Firenze;
esse sono state individuate grazie alla loro presenza costante, negli ultimi tre anni, al
Forum della Pubblica Amministrazione a Roma. Queste tre esperienze non
esauriscono la casistica delle possibili reti create negli ultimi anni dalle Pubbliche
Amministrazioni in Italia. Si ritiene, tuttavia, che esse possano essere considerate
caratteristiche di un percorso evolutivo che le città stanno compiendo .
A tal proposito si è voluto verificare se le reti di città definite come modello
organizzativo e comunicativo coincidessero con gli eventuali collegamenti
telematici fra città diverse (che qui vengono chiamati reti telematiche fra città),
anziché considerare questo, come un assunto di partenza.
L’altra ipotesi riguarda il sito Web delle reti stesse: ciascuna di esse
possiede, infatti, un proprio sito che qui si è definito “complesso” perché non fa
riferimento ad un’unica amministrazione o ente pubblico ma “ospita” più
organizzazioni e soggetti. L’ipotesi qui formulata è che il sito possa comunicare la
complessità della rete: tanto più aperte e fluide saranno le comunicazioni nella rete,
tanto più ricco e variegato dovrebbe essere il sito stesso.
Gli obiettivi alla base di questo studio vanno pertanto, dall’individuazione di
vere e proprie reti di città così come precedentemente definite, con l’esame delle
loro caratteristiche, all’osservazione di quali servizi all’interno di esse, siano stati
integrati, in che modo, con quali vantaggi per l’amministrazione e il cittadino.
VIII
In particolare si è voluto esaminare il contesto entro il quale sono nate e le
modalità di gestione del sito Web, se con soluzioni più aperte e partecipative o più
chiuse e centrate sul promotore. Nel primo caso, si parlerà di tendenza
all’interoperabilità tra enti, nel secondo caso di autoreferenzialità.
Allo scopo di approfondire lo studio e di vedere più da vicino la realtà
individuata sono stati utilizzati diversi strumenti di analisi:
ξ una scheda d’analisi collocata su Internet e somministrata online rivolta a
tutte le amministrazioni promotrici di siti “complessi”, avente
essenzialmente l’obiettivo di conoscere la realtà di sfondo entro la quale
contestualizzare i tre casi esaminati;
ξ una ricerca approfondita attraverso interviste guidate per i tre casi
individuati.
Relativamente al progetto Tamtel, si è deciso di servirsi anche di:
ξ una scheda di analisi del sito web;
ξ una serie di colloqui telefonici informali rivolti ai Comuni che compongono
la Rete degli Sportelli Tamtel della Provincia di Bologna.
La scelta di approfondire il caso Tamtel è legata alla complessità di questo progetto,
alla sua importante idea di realizzare una rete di Urp tra tutti i Comuni della
Provincia con la costruzione di database integrati e autogestiti dai vari Urp allo
scopo di permettere un aggiornamento autonomo delle proprie pagine sul sito Web.
Per il numero di Comuni che coinvolge, per il particolare “stile” con cui il
progetto è stato gestito, per la complessità degli obiettivi che si poneva è sembrato
IX
essere il progetto che più degli altri prometteva la realizzazione di una ampia e
complessa rete di città. L’attenzione particolare che gli è stata dedicata si spiega
dunque in questi termini, nonostante esso abbia presentato alcuni limiti che proprio
le ricerche più approfondite hanno fatto emergere.
Come si articola il presente lavoro
La prima grande difficoltà incontrata è stata trovare una definizione
concettuale univoca, chiara ed empiricamente fondata del termine “rete”, a causa
della disinvoltura con cui lo si utilizza con significati molto diversi nei vari contesti
e studi accademici.
Il primo capitolo è pertanto una ricostruzione, necessaria, della mappa
semantica e scientifica del concetto di rete, per identificare chiaramente in che
termini lo si vuole qui utilizzare. Segue poi, nel secondo capitolo, un’analisi del
contesto europeo e italiano nel quale sono nate e cresciute le reti civiche, con
riferimento alle politiche europee e italiane per lo sviluppo della società
dell’informazione e del mercato delle Information and Communication Technologies
(ICT). Il terzo capitolo presenta un approfondimento il più possibile aggiornato
sullo stato e sulla dinamica delle reti civiche, con particolare riferimento alla
situazione italiana. Si ritiene che il quadro entro il quale si sviluppano le reti di città
sia lo stesso delle città digitali. Nel quarto capitolo vengono presentati i risultati di
una ricerca di sfondo realizzata online , pensata essenzialmente per contestualizzare
meglio le tre esperienze e individuare i diversi stadi evolutivi che possono
differenziare l’implementazione delle reti, da semplici reti telematiche fra città a reti
di città. Sono stati così individuati i caratteri della tendenza all’interoperabilità
X
(gestione più aperta e partecipativa) o all’autoreferenzialità (gestione più chiusa e
centrata) delle reti telematiche fra città. Il quinto capitolo delinea i presupposti e le
caratteristiche comuni allo sviluppo delle tre esperienze considerate, si ritiene che
tali aspetti possano essere estesi ad ogni altro caso di rete di città. A partire dal sesto
capitolo si approfondiscono le tre esperienze esaminate: in esso viene preso in
considerazione il S.in.P della provincia di Ascoli Piceno. Nel settimo capitolo viene
illustrata l’esperienza della rete Tamtel di Bologna che è stata analizzata più
approfonditamente per verificare la corrispondenza tra obiettivi originari e realtà.
Questi primi due esempi di rete telematica fra città si configurano come stadi
evolutivi delle reti di città, anche se non rientrano compiutamente nella definizione
qui proposta di rete di città. L’ottavo capitolo, infine, è dedicato alla Rete degli Urp
di 10 Comuni fiorentini, che a giudizio di chi scrive, si configura come un esempio
realizzato di rete di città. Seguono le conclusioni dalle quali si evince che non tutte
le ipotesi prefigurate hanno trovato riscontro.
1
1
La rete:
ricomposizione di un
puzzle.
Nel capitolo:
I. Una nuova sfida per la comunicazione pubblica del 2000.
II. La comunicazione pubblica è caduta nella rete.
III. Cos’è una rete? Ricostruire la tela per una introduzione teorica al
concetto di rete.
IV. La rete e l’impresa: dal concetto d’interdipendenza alle
architetture reticolari.
V. La rete e la pubblica amministrazione.
VI. Conclusioni.
2
Il tema della comunicazione pubblica intesa come comunicazione di
interesse generale (Arena, 1995) si afferma in Italia solo dai primi anni ’90
(Rolando, 1998), quando diventa attuale la questione della trasparenza e del
cambiamento amministrativo. Questo rende straordinariamente attuale la questione
del rapporto tra cittadino e Pubblica Amministrazione e conferisce al tema della
comunicazione pubblica un’accelerazione senza precedenti: nel 1989 i primi Forum,
nel 1992 la nascita dell’associazione omonima e relativa rivista e dal 1996 i primi
manuali. Tutti segnali della progressiva istituzionalizzazione della disciplina, mentre
s’accende il dibattito per far “assorbire” all’interno delle istituzioni i nuovi principi e
valori del cambiamento. I temi oggetto d’indagine sono continuamente aggiornati in
relazione alle rapide trasformazioni della società. Uno dei più recenti interrogativi
che gli studiosi più accorti si stanno ponendo è come (ri)definire e riconsiderare la
comunicazione pubblica del 2000 entro uno scenario che è sempre più dominato
dalle reti, dal network come modello organizzativo dominante sul piano economico,
sociale e ora istituzionale. (Catanzaro, Ceri, 1995 – Rolando, 1998).
Nell’arco degli ultimi 20 anni la rete è stata considerata ed empiricamente
sperimentata come “la forma più efficiente di gestione e di esercizio del potere”.
(Castell, 1995). Come si lega concettualmente tutto questo al tema della
comunicazione pubblica?
Si lega considerando quattro fattori:
1. UNA NUOVA SFIDA PER LA COMUNICAZIONE PUBBLICA
DEL 2000
3
ξ in un momento di grandi riforme amministrative, la comunicazione viene oggi
considerata come uno degli indicatori del processo di modernizzazione della
Pubblica Amministrazione;
ξ le migliori esperienze di comunicazione sembra abbiano trovato un terreno
fertile in quei sistemi urbani dove è vivo il dibattito sui nuovi modelli di
governance e in particolare sul governo metropolitano basato sul network;
ξ lo sviluppo esponenziale delle reti civiche in Italia fa da presupposto tecnologico
e soprattutto culturale alla comunicazione interistituzionale;
ξ il tema della R.U.P.A. (Rete Unitaria della Pubblica Amministrazione) rende
attualissimo questo concetto di rete come nuovo modello di comunicazione.
Si comincerà con l’esaminare proprio le basi che si stanno delineando del
nuovo modello di comunicazione e gli altri presupposti teorici che inducono ad
approfondire proprio quest’argomento. Seguirà una “passeggiata” nella letteratura
sul network, difficile da articolare data la multidisciplinarietà del concetto, che
investirà due settori principali: l’impresa e la Pubblica Amministrazione. Si arriverà,
così, a delineare il quadro teorico di riferimento entro il quale s’inserisce questo
studio sulle reti di città.
1.1 La rete come nuovo modello di comunicazione
Relativamente al processo di comunicazione sono stati elaborati numerosi
modelli. Quello che ha dominato nella communication research fino agli anni ’70 è
stato il modello informazionale di Shannon e Weaver (1949), caratterizzato da uno
sviluppo lineare e sequenziale del sistema di comunicazione da fonte a ricevente.
4
L’evoluzione del modello tradizionale in ciò che Eco e Fabbri (1978) chiamano il
modello semiotico-testuale è stata lenta e in ogni caso legata alle valenze
psicologiche e semiotiche del processo di elaborazione ed interpretazione del
messaggio.
Qui tuttavia si vuole focalizzare l’attenzione non tanto sul processo di
comunicazione, quanto sulla organizzazione (Volli, 1994).
A tal proposito i modelli individuati sono tre:
Il modello uno-a-uno è tipico degli studi sulla comunicazione che esulano
dai mass-media. Lo si ritrova nelle ricerche in cui viene analizzata la comunicazione
interpersonale, faccia a faccia, con tutte le sue valenze psicologiche ed emotive,
nonché nell’ambito degli studi sulla storia della comunicazione nel passaggio da
oralità a scrittura (Ong, 1982) e nella pragmatica della comunicazione ( Watzlawick,
Beavin, Jackson, 1967). E’ tale modello che ha rappresentato il parametro di
riferimento per confrontare comunicazione di massa e comunicazione interpersonale
esaltandone caratteristiche quali la spontaneità, l’attenzione, il coinvolgimento
emotivo, ecc.
Il modello uno-a-molti o broadcasting è invece il tipico modello assunto
nella teoria delle comunicazioni di massa ( Mcquail, 1987) per spiegare il rapporto
uno-a-uno
uno-a-molti
molti-a-molti
5
tra mass media e audience. Il modello ha attraversato tutte le teorie sui mezzi di
comunicazione di massa. Nella sua più tradizionale definizione sviluppata entro
l’ambito della cosiddetta “Bullett theory”, o teoria degli effetti forti (Wolf, 1985) il
modello prefigura una comunicazione lineare e unidirezionale, verso audience
passive e facilmente influenzabili, in cui il messaggio (testo come dirà poi l’analisi
del discorso) è standardizzato, identico per tutti. La relazione che si pone tra
emittente e ricevente è asimmetrica, l’audience può solo scegliere tra l’accettare i
contenuti che gli vengono proposti o rifiutare l’intera relazione.
Parallelamente all’evoluzione della teoria sulle comunicazioni di massa
anche il modello broadcasting è rimasto influenzato dalle nuove concezioni
dell’audience come soggetto attivo e partecipativo nel processo di comunicazione, e
quindi si è cercato, anche forzando i limiti imposti dalle tecnologie di rincorrere quel
feedback che garantisce bidirezionalità alla comunicazione. Ma nel modello uno-a-
molti la bidirezionalità può essere solo simulata perché il feed-back non incide in
tempo reale sui contenuti e sulle scelte dell’emittente. Nel modello uno-a-molti
manca dunque quell’interazione che è tipica della comunicazione uno-a-uno e che
sembra ritrovata nel modello molti-a-molti.
1.2. Il modello molti-a-molti
E’ necessario chiarire a questo punto i concetti d’interazione e interattività
che spesso vengono usati indistintamente: il concetto di interazione venne costruito
entro il campo degli studi sul processo di apprendimento (si veda a tal proposito
tutta l’opera di J. Piaget) quale processo di costruzione continua di conoscenza. Esso
6
prefigura un’attività (mentale) correlata all’attività dell’altro e dell’ambiente con la
possibilità per tutti gli interlocutori di intervenire nella produzione di senso.
L’interattività si riferisce più propriamente alla situazione di dialogo
(simulato) tra l’uomo e la macchina (Bettetini, 1991).
Nella comunicazione uno-a-uno è più corretto parlare di interazione, nella
comunicazione molti-a-molti che presuppone la mediazione di un computer è più
corretto parlare di interattività.
Il modello molti-a-molti rappresenta il nuovo tipo di comunicazione
consentito dalle nuove tecnologie, esso implica necessariamente una rete fisica che
colleghi tanti nodi. In questo modello sembrano dunque combinarsi molte delle
tipiche caratteristiche della conversazione interpersonale, amplificate dalle
potenzialità dei new media (Walther, 1996).
Come dice l’espressione stessa il modello molti-a-molti indica la
contemporanea possibilità di collegamento di più soggetti con più soggetti. Una
situazione che supera anche l’idea di circolarità dell’informazione e porta ad una
immagine multidimensionale del processo di comunicazione.
Analizzando la variegata letteratura sul tema, si possono individuare i
seguenti aspetti caratterizzanti un modello a rete:
ξ l’ubiquità dell’informazione;
ξ la reversibilità dell’informazione;
ξ la non spontaneità del sistema;
ξ l’immediatezza dell’informazione.