Giovanni Paolo II: “mito” che ha acceso gli ideali dei giovani
ei duemila anni di vita della Chiesa Cattolica ci sono stati Pontefici protagonisti della
N
storia: non soltanto di quella spirituale e religiosa, ma anche di quella laica, la storia dei
popoli e delle nazioni, specialmente la nazione italiana. Ci sono altri Pontefici dei quali il
correre dei secoli ha sbiadito la memoria: il loro nome e la loro azione rimangono solo nel
bagaglio culturale degli studiosi e il loro volto, per chi vuole conoscerlo, è effigiato in quella
sorta di galleria dei Papi che corre lungo le pareti della Basilica di San Paolo a Roma.
Giovanni Paolo II, al secolo Karol Wojtyla, è già di diritto nella prima schiera, quella dei
protagonisti, quella dei Pontefici che non si dimenticheranno neppure quando sarà tramontato il
Terzo Millennio. Questo Papa che venne dall‟Est, questo pastore polacco ha già il suo trono
nella storia. Un trono gigantesco, per una figura da gigante.
Un recente sondaggio dell‟Eurispes, istituto di studi politici, economici e sociali, ha intervistato
mille giovani italiani dai 12 ai 24 anni, ripartiti uniformemente per provenienza geografica e per
sesso, chiedendo di indicare il personaggio considerato come icona esemplare. A sorpresa il
25% degli intervistati ha scelto come personaggio “mito” madre Teresa di Calcutta, il 24%
Giovanni Paolo II. Al terzo posto, all‟8%, e quindi ben staccato, compare Che Guevara.
In definitiva, pressoché la metà degli adolescenti e dei giovani coinvolti nell‟indagine riconosce
come figure simbolo due grandi testimoni della fede cattolica.
Alla richiesta di individuare i valori incarnati dai personaggi prescelti, sono stati indicati il
coraggio, l‟altruismo, l‟onestà e la coerenza.
La mia attenzione vuole ora focalizzarsi proprio su uno di questi due “campioni” e “capisaldi”
della storia del cristianesimo contemporaneo, sulla straordinaria figura, cioè, di
quell‟impareggiabile “atleta di Dio” che è stato Wojtyla, il Papa che in questi ultimi anni del
suo pontificato ha servito la Chiesa con la sua sofferenza. “Il soffrire è un ingrediente
necessario della santità. Come lo è l’amore”.
La sera del 2 aprile scorso, ad un‟ora dalla morte del Santo Padre, il presidente della Repubblica
Ciampi, a reti unificate, così ha ricordato Giovanni Paolo II: “Nonostante fossimo coetanei, nati
nello stesso anno, lo sentivo come un fratello maggiore. Anzi, come un padre”.
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Le pagine che seguono si articolano in due capitoli maggiori: il primo è dedicato ad una breve
biografia di Papa Wojtyla, mentre il secondo espone alcune interpretazioni relative al suo
pontificato, cercando di focalizzarne luci e ombre.
1.1. ATTORE E OPERAIO, DA CRACOVIA A SAN PIETRO
1.1.1“Habemus papam!”
E‟ il 16 ottobre 1978, un lunedì sera di quasi 27 anni fa. Dopo due giorni di Conclave e otto scrutini, alle
18.18 la folla ammassata in Piazza San Pietro scorge finalmente una voluta di fumo che esce dal
comignolo della Sistina. “Bianca! Bianca!”. Sì, questa volta la fumata è bianca - la sera in cui era stato
eletto Giovanni Paolo I per un inspiegabile motivo tecnico, si era riusciti a fare solo una fumata grigia -.
Un frastuono invade la piazza. La folla è in fermento. Si ride, si fa baccano, si scommette, addirittura si
punta. Trascorrono lunghi minuti. Su San Pietro cala la notte. Una luna arancione sovrasta via della
Conciliazione. Le luci della sala dei Benedettini si accendono.
Alle 18.40, Pericle Felici, cardinale diacono della Chiesa Romana, latinista e docente di diritto
canonico, esita un attimo, dall‟alto balcone di San Pietro, prima di annunciare il nome del nuovo Papa
alle centomila persone raccolte nell‟immensa piazza rinascimentale sottostante. Non è la prima volta che
lo pronunzia, ma fino a quel momento ognuno ha pronunziato quel nome a modo suo, magari con
l‟accento sulla prima sillaba. Questa volta bisogna pronunziarlo bene. È così che il romano frena il
flusso sonoro della formula latina dell‟annuncio (“Annuntio vobis … habemus Papam … Carolum …
cardinalem”) e facendo sdrucciolare l‟accento fino alla Y e arricciando le labbra, tenta di emettere il
suono delle lingue slave (simile al nostro U, o anche al W inglese). Giù, nella piazza, la gente capta un
nome esotico (Un asiatico? Un africano?), un qualcosa che suona come Voi-Tiua. E chi è? Passano
alcuni secondi prima che, dai microfoni della Radio Vaticana, l‟annuncio sia formulato in modo chiaro
per tutti. E solo allora si fa strada la certezza che il nuovo Papa è un polacco.
Le sorprese, quella sera d‟autunno, sono tre. La prima è che il 263° successore di Pietro non è italiano. È
dal 31 agosto 1522, da ben 456 anni, che i cardinali non scelgono un‟alternativa simile; allora era stato
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eletto al soglio pontificio l‟olandese Adriano VI. Il segreto del conclave non è stato sciolto, ma fonti
autorevoli inducono a concludere che fu l‟insanabile contrasto tra due cardinali italiani, l‟arcivescovo di
Genova Giuseppe Siri e quello di Firenze Giovanni Benelli, che indusse i 111 cardinali a rivolgersi ad
un “non italiano”. L‟arcivescovo di Cracovia raggiunse addirittura 99 voti secondo la lettera di un
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cardinale riportata da Giulio Andreotti.
La seconda e di gran lunga più stupefacente sorpresa è che alla fine la scelta sia caduta su un polacco.
Mai è accaduto una cosa simile, a memoria della lunga storia dei papi, ed è a stento credibile che il
senato della Chiesa romana si sia assunto il rischio “geopolitico” di andare a prendere il nuovo pontefice
in uno stato ancora soggetto alla dittatura comunista. Circondata dalla Turchia islamica, dalla Prussia e
dalla Svezia luterana e dalla Russia ortodossa, la Polonia deteneva forse una speciale predestinazione
divina per la cristianizzazione di tutti i popoli al di là dei suoi confini orientali.
La terza sorpresa è l‟età relativamente giovane di Wojtyla: 58 anni. Appena due mesi prima, dopo la
morte di Paolo VI (1963-1978), 65 anni sono apparsi l‟età minima per un candidato al trono papale. Si
erano espressi dubbi di fronte alla prospettiva di un lungo pontificato. Ora, sotto l‟impressione della
morte prematura di Giovanni Paolo I - che, a 66 anni, è morto dopo soli 33 giorni di pontificato ( mai un
pontificato è durato così poco, se si esclude quello di Pio III, morto nel 1503, 26 giorni dopo essere
salito al trono di Pietro) - sembra che i cardinali abbiano inclinato piuttosto verso una persona di un
comparativamente più giovanile vigore e di fisico robusto.
1.1.2 La giovinezza a Wadowice
Giovanni Paolo II, al secolo Karol Josef Wojtyla, nasce martedì 18 maggio 1920 a Wadowice, 50 Km
da Cracovia, in Galizia, la regione meridionale della Polonia. Sua madre partorisce in un umile
appartamento in affitto, nei pressi della chiesa di Nostra Signora. Al di là di un cortile tetro, “varcata la
soglia di un portone tarlato”, dopo aver salito “una scala di pietra”, si accede ad “un ballatoio con la
ringhiera in ferro”. Prima la cucina, poi la sala da pranzo ed infine la camera. La madre ha 36 anni, a
quell‟epoca un‟età piuttosto rischiosa per partorire. Infatti, soffre, sembra allo stremo delle forze. Infine
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Cfr. G. Andreotti, Ad ogni morte di Papa, cit., pag. 176
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sopraggiunge Karol, un bel neonato lungo e pesante, caratteristiche che lasciano presagire un‟infanzia
robusta. Il bambino viene alla luce alle 17.00, “praticamente alla stessa ora” dell‟elezione di Giovanni
Paolo II, come il papa rivelerà al pubblico romano il giorno del suo settantesimo compleanno. Un mese
dopo, ossia il 20 giugno dello stesso anno, il piccolo Karol Wojtyla riceve il battesimo dall‟abate
Franciszek Zak, un cappellano militare amico del padre. Nel liber natorum (registro di stato civile) a
pagina 549 del IV volume del 1920, il prete scrive i dati obbligatori: “Religio romcath. Sexus
mascolini…”. I nomi del bambino, scritti in latino, sono Carolus Josephus. Karol (Carolus), in onore di
San Carlo Borromeo, è anche il nome del padre. Josef, che si riferisce evidentemente allo sposo della
Vergine Maria, è lo stesso del padrino presente nel battistero, ma è soprattutto quello del maresciallo
Pilsudski, l‟eroe dell‟indipendenza polacca tanto ammirato dal padre del futuro papa.
L‟indipendenza polacca è stata proclamata soltanto un anno e mezzo prima, l‟11 novembre 1918; per
più di un secolo il Paese è stato diviso tra i suoi tre potenti vicini: Russia, Prussia e Austria, ma ora,
finalmente, i polacchi sono liberi di ricostruire la loro patria distrutta dalla guerra. L‟indipendenza,
purtroppo, porta con sé molti problemi. La Polonia appena risorta entra subito in guerra con l‟Unione
Sovietica e, tre mesi dopo la nascita di Wojtyla, l‟Armata Rossa è alle porte di Varsavia, da dove è
respinta all‟ultimo momento in una storica battaglia detta “il miracolo della Vistola”che si conclude con
la vittoria il giorno della festa dell‟Assunzione di Maria.
Gravi difficoltà economiche ostacolano, poi, lo sviluppo del paese, prevalentemente agricolo; un altro
fattore complica ulteriormente la situazione: il cattolicesimo, sebbene abbia plasmato la nazione, non è
l‟unica religione post-1920, ad Est ci sono molti cristiani ortodossi, ad Ovest alcune comunità luterane,
mentre il dieci per cento della popolazione è di religione ebraica.
Il padre Karol ha prestato servizio nell‟esercito imperiale austro-ungarico e al tempo della nascita del
futuro papa è ufficiale amministrativo dell‟esercito polacco; la madre Emilia, d‟origine lituana, è di
modestissime origini – la sua famiglia è composta da artigiani: la madre era figlia di un sellaio, il padre
figlio di un calzolaio – e di salute cagionevole. La coppia, unita dal vincolo del matrimonio nel 1904, ha
già un figlio, Edmund, che nel 1920 ha 15 anni.
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