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Introduzione
La presente tesi si pone l‟obiettivo di affrontare un continuo parallelismo
che interessa da un lato la comunicazione in ambito pubblico e dall‟altro
la comunicazione prettamente commerciale. Fatte le dovute
considerazioni a riguardo l‟attenzione si direziona sugli strumenti
analizzati dagli ambiti comunicativi menzionati, affrontando uno studio
sulle tipologie di pubblicità annesse ovvero di carattere pubblico e
d‟impresa. L‟ analisi che si è voluta considerare si riferisce agli effetti
che ogni tipo di pubblicità produce nelle sfere di riferimento, ponendo
l‟accento sul forte potere che la pubblicità di carattere pubblico detiene
nella costruzione del concetto di cittadinanza e nel potere che la
pubblicità di carattere commerciale ha di indirizzare atteggiamenti di
scelta e consumo. La scelta dell‟argomento si rifà a problematiche attuali
che vedono l‟estrema condizione individualistica dei soggetti che
convivono con paure e precarietà e con il timore di non riuscire a far
valere se stessi e i propri diritti nella multiculturalità che invade il tessuto
sociale. Il processo in questione è contestualizzato in un ambiente saturo
d‟informazioni e comunicazioni non sempre veritiere, nel quale la
pubblicità con la sua forza detiene un grande potere. Questo studio ha
una base imprescindibile che sottolinea l‟estrema importanza della
comunicazione come elemento utile a creare un collante che tenga
insieme gli individui. Il proposito è proprio quello di dimostrare che
l‟elemento pubblicitario può essere visto sotto un aspetto diverso da
quello che spesso gli si attribuisce, liberandolo da quell‟alone costruito
dal senso comune che lo vede come mero strumento di persuasione
finalizzato al mostrare realtà distorte. La pubblicità pubblica si mostra
come un elemento che non fa capo solo ed esclusivamente agli obiettivi
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informativi delle amministrazioni dello Stato, bensì come uno strumento
utilizzato per creare una finestra sullo scenario collettivo attraverso la
ricerca di un feedback con i destinatari, mirando al progredire di una
società nella quale ognuno s‟identifica come cittadino a pieno titolo e
riconosce gli altri nella stessa maniera. Si vuol sostenere che la
pubblicità pubblica sia volta a creare un‟immagine attraverso la quale
tutti i cittadini possano identificarsi e identificare gli altri e, allo stesso
tempo, creare una collaborazione tra di loro e con gli organi
amministrativi non basata solo sullo scontro o sullo scetticismo.
L‟obiettivo primo è volto a poter permettere l‟apporto di migliorie nella
vita comune attraverso un continuo scambio collaborativo, di ascolto e di
fiducia. Il concetto di cittadinanza è affrontato identificandolo come
quell‟insieme di diritti e doveri personali nonché la reale partecipazione
e il sentimento che converge in un insieme di valori condivisi. Emerge
che la stessa ha possibilità di restare vitale tramite un continuo scambio
comunicativo tra le persone e tra le persone e lo Stato, attraverso il quale
il cittadino può riprendere la sua centralità smarrita nel caos della
contemporaneità, può acquisire potere reale rispetto l‟andamento della
società contribuendo con decisioni e consigli. Questo percorso evolutivo
della società viene incentivato dall‟importante contributo della
cittadinanza attiva, mossa dall‟obiettivo di informare e rendere partecipi
indistintamente i cittadini, per tutelarli nei loro diritti inalienabili e per
sviluppare un sentimento nazionale. Per quanto concerne il settore
privato, sono state analizzate tutte le varie fasi del percorso effettuato per
l‟elaborazione e l‟apprendimento della messaggio pubblicitario
commerciale. Gli elementi analizzati fanno riferimento a diversi modelli
che si sono susseguiti nel tempo tra i quali il modello AIDA e DAGMAR
per quanto riguarda i classici lineari, il modello di Rossiter&Percy, il
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modello di Vaught e il modello ELM per quanto riguarda in non lineari.
A questi si aggiungono valutazioni volte a conoscere la percezione del
consumatore sulla forza di marca attraverso indicatori come la brand
identity, la brand image o la brand equity. Tutto il percorso è stato
effettuato grazie l‟analisi di illustri studiosi dai quali sono state tratte le
considerazioni per creare la suddetta argomentazione che vede un
connubio tra società e pubblicità, tra identità comune e comunicazione.
Per concludere, il lavoro si è avvalso del contributo di J.Habermas per
quanto riguarda l‟evoluzione del concetto di pubblico e dell‟opinione
pubblica formata. Lo studioso infatti è importante per definire
l‟excursus storico di un percorso che ha condotto a un senso di
cittadinanza consapevole, a uomini che si appropriano di una precisa
opinione e la difendono, quindi di un pubblico che discute con pari
interagenti.
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1. LA COMUNICAZIONE
1.1 La comunicazione pubblica
La comunicazione prevede una relazione in ambito sociale nel corso
della quale i soggetti interessati condividono tra loro particolari
significati. Fatta questa premessa, è opportuno rendere evidente quanto
sia importante per lo Stato attuare un flusso comunicativo con i suoi
cittadini con lo scopo primo di mantenere e salvaguardare una forma di
democrazia indispensabile. Una democrazia possibile solo grazie a
condizioni di trasparenza nei riguardi dell‟azione statale nei suoi ambiti
amministrativi e istituzionali, e nella capacità reale di informare. Lo
stesso Norberto Bobbio definisce a tal riguardo “il governo della
democrazia come il governo del potere pubblico in pubblico” (Bobbio
1984, 76). Bobbio affronta la tematica della democrazia con fervida
dedizione ponendo l‟accento sul fatto che questa non sia, come la
presenta di principio solo ed esclusivamente “un insieme di regole
primarie, che stabiliscono chi può prendere decisioni collettive e
attraverso quali procedure” (Bobbio 1984, 4) bensì un elemento che
concorda con il concetto di pubblico; e che esclude contemporaneamente
il segreto e il privato. Il filosofo afferma che, quando si è costretti a
tenere segreta un‟azione, vuol dire che quell‟azione non sarebbe
possibile da compiere se fosse resa pubblica e, per lo stesso autore,
nessuno Stato che sia definibile democratico (che quindi vuol dare ai
cittadini la possibilità di partecipare alle decisioni) può agire in tale
modo. Deriva da qui l‟obbligo della visibilità degli atti di Governo. Lo
stesso sostiene che “per rendere l‟organizzazione tale da poter essere
definita democratica, devono sussistere requisiti minimi legati quindi al
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principio di libertà di associazione e di libertà di opinione” (Bobbio
1984, 63). In questa maniera si rende unico e insostituibile l‟apporto di
una costante comunicazione che permetta di non cadere in quella che lui
definisce “apatia politica”, derivante dal discostarsi dei cittadini dallo
Stato. Specificato questo, è possibile ora definire la materia in questione
sostenendo che la comunicazione pubblica è una disciplina nuova, “in
progress”. Questa nasce recentemente e si sviluppa con lo scopo di
riflettere sulle attività di comunicazione, sul come comunicare, sul
quando e con quali canali. Nasce inoltre per identificare gli strumenti più
idonei e per stabilire la maniera migliore per creare una relazione
comunicativa tra le istituzioni pubbliche e la cittadinanza. È anche una
“disciplina di confine” poiché entra in stretta correlazione con saperi
diversi tra loro: la sociologia, l‟economia aziendale o il diritto pubblico,
il marketing o la scienza dell‟amministrazione. Soffermando il discorso
sulla sua nascita, è possibile riprendere la tripartizione effettuata da
Rolando (Faccioli 2006, 162) per descrivere la sua evoluzione in Italia.
L‟autore identifica una prima fase definita propagandistica che si
riferisce al periodo che va dal dopoguerra ai primi anni ‟70; la seconda
che va dagli anni ‟70 a oggi che descrive una modalità monodirezionale
e infine la modernità, nella quale cerca sempre più di tendere alla vera
bidirezionalità (pur non avendo ancora raggiunto risultati completi).
L‟elemento su cui è importante soffermare lo sguardo è la
contestualizzazione di questo fenomeno; dal dopoguerra la cittadinanza
avverte la necessità e si avvicina notevolmente ai temi sociali dell‟epoca.
Purtroppo però ha alle spalle l‟esperienza di una dittatura che utilizza
come propaganda politica tutti i mezzi d‟informazione (forviando così la
stessa informazione dello Stato). E‟ facile perciò immaginare ciò che il
germe dello scetticismo abbia instillato nelle menti di ognuno. In altre
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parole, i cittadini dell‟ultimo cinquantennio hanno subìto e visto mal
volentieri la comunicazione e i suoi mezzi (la pubblicità), in quanto
incapaci di saper distinguere una comunicazione commerciale da una
comunicazione pubblica. Una fase di confusione e smarrimento che si
rispecchia nella professionalità dei comunicatori pubblicitari, che si
ritrovano a dover comunicare importanti argomenti, avendo i mezzi, ma
vivendo nella confusione di ruoli e non sapendo distinguere realmente
comunicazioni profit da quelle no profit. Da parte degli studiosi del
diritto amministrativo invece si evidenzia un iniziale approccio concreto
e ben organico, che ha avvio nel 1999: cominciano a parlare della così
detta “informazione amministrativa”. La suddetta fa riferimento al
dovere che lo Stato ha nei riguardi dei suoi cittadini di informarli sulla
sua attività di gestione e controllo, attraverso fatti, dati e notizie
appellandosi ai diritti d‟informazione, di accesso, di partecipazione, al
diritto di richiesta di trasparenza. E‟ importante sottolineare quanto
l‟utilizzo del termine “informazione” sia di per sé non idoneo in quanto
fa riferimento a un rapporto non bilaterale bensì monodirezionale. Il
concetto di comunicazione sarebbe nel caso specifico più attinente,
perché contrariamente si riferisce a un‟attività bidirezionale (tra Stato e
cittadini) che necessita di feedback per rimanere attiva e funzionale.
Riassumendo, la tipologia di comunicazione presa in considerazione è
definibile pubblica in quanto “è lo strumento che permette ai diversi
attori che intervengono nella sfera pubblica di entrare in relazione tra di
loro, di confrontare punti di vista e valori per concorrere al comune
obiettivo di realizzare l‟interesse della collettività” (Faccioli 2006, 43).
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1.2 Le categorie della comunicazione pubblica: comunicazione
istituzionale, comunicazione politica, comunicazione di solidarietà
sociale.
Per fare una distinzione tra gli ambiti d‟azione della comunicazione
pubblica è importante tener presente il ruolo dei soggetti, degli oggetti e
delle finalità che entrano in gioco. Detto questo appare doveroso
rimarcare che, qualunque siano le categorie nelle quali la stessa
comunicazione pubblica si va a inquadrare, la finalità resta la stessa
ovvero non utilizzare il messaggio per orientare i comportamenti dei
destinatari a obiettivi particolari e non adattarsi semplicemente alle
“attese” del destinatario. Esclude, quindi, il voler orientare il cittadino
portandolo ad acquistare beni e servizi specifici per raggiungere obiettivi
economici (finalità primaria della comunicazione aziendale). La
comunicazione istituzionale è una parte della comunicazione pubblica, a
questa si affianca la comunicazione di solidarietà sociale e in parte
anche la comunicazione politica. È vista come un elemento informativo
nei riguardi dei cittadini, garantendo e salvaguardando il tanto caro
diritto d‟informazione, adeguandosi non alla globalità, “ai cittadini”, ma
a ognuno di loro visto nella diversità e quindi rivolgendosi “al cittadino
unico” inoltrando messaggi mirati ai casi. Alessandro Rovinetti, oltre che
a sottolinearne la finalità informativa, ne illustra le tante funzioni che
individua in “diritto, servizio, immagine, dialogo, conoscenza,
organizzazione” (Rovinetti 1992, 42). Importante inoltre il creare
un‟immagine completa, una via d‟ accesso, uno specchio dell‟intera
amministrazione promuovendo la responsabilità di tutti verso tutti, la
consapevolezza tra interno ed esterno. Questa prospettiva evidenzia
quanto sia centrale il suo ruolo e quanto vada a inglobarsi, divenendo
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elemento nevralgico di una buona comunicazione pubblica, essendo la
base che va a condizionare successo ed efficacia. È possibile distinguere
ulteriormente questa grande area, in base agli oggetti specifici e alle
funzioni che ne conseguono, in almeno altre cinque dimensioni:
la comunicazione normativa,
la comunicazione delle attività istituzionali,
la comunicazione di pubblica utilità,
la comunicazione di promozione d‟ immagine,
la comunicazione sociale.
La comunicazione normativa è basilare in quanto prevede la tutela e la
conoscenza delle disposizioni normative da parte di tutti i cittadini; è
impensabile che in uno Stato non si garantisca che tutti i cittadini
vengano messi di fronte alle leggi che essi stessi devono rispettare. Le
conseguenze di una sbagliata assimilazione delle norme, o addirittura di
una non conoscenza, porterebbero indubbiamente alla loro violazione. È
indispensabile facilitare la comprensione di quello che spesso è un
linguaggio ambiguo, specifico e sconosciuto alla gran parte delle persone
non professioniste dei vari settori; per questa ragione la comunicazione
normativa deve garantire che il testo sia redatto in modo comprensibile e
che sia recepito attraverso mezzi idonei per la diffusione. Per quanto
riguarda la comunicazione delle attività istituzionali è quella
comunicazione volta a informare sulle attività e sulle politiche delle
istituzioni dello Stato, in particolare dell‟azione di Governo. È cosa
diversa dalla comunicazione politica, infatti, ha come scopo quello di
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mettere i cittadini di fronte l‟ operato dello Stato, rendendoli partecipi
delle decisioni e al perché di queste. C‟è da sottolineare quanto questo
ambito non sia perennemente curato, non ponendogli l‟importanza che
merita. La spiegazione potrebbe essere in parte attribuibile alla paura del
Governo di mettersi sotto una luce propagandistica derivante
dall‟esposizione volta per volta dei progressi fatti. Problema risolvibile
chiaramente eliminando lo stile propagandistico, non distorcendo le
informazioni, creando così un servizio d‟informazioni efficace e
veritiero. Passando alla comunicazione di pubblica utilità, questa svolge
un servizio relativo a facilitare la conoscenza del cittadino per dargli la
possibilità di districarsi tra tutti quei servizi messi a disposizione dallo
Stato. Ciascuna amministrazione può scegliere quali strumenti usare,
come depliant, numeri verdi, siti internet o quant‟ altro di attinente con lo
scopo di creare un servizio utile a un servizio. È parte integrante e
necessaria per evitare disservizi dovuti a carenza di adeguate
informazioni, che si affianchi a un adeguato ruolo svolto dagli operatori
del campo, che in questo settore rivestono un ruolo indispensabile. La
comunicazione per la promozione d‟immagine è utilizzata in campo
pubblico da quelle imprese orientate più che a promuovere un marchio, a
promuovere la sua immagine. È quindi utilizzabile per favorire
quest‟obiettivo anche dalle amministrazioni pubbliche in quanto è volta a
ricercare consenso. Molti sono gli esempi di campagne di comunicazione
realizzate per pubblicizzare i “marchi” statali: l‟Esercito, la Guardia di
Finanza o le aziende municipalizzate. I rischi che si corrono in
quest‟ambito possono essere relativi a un eventuale sfocio in propaganda
o nella non veridicità dell‟immagine mostrata; tutto ciò perché
chiaramente si è di fronte ad una vera autopromozione delle istituzioni (e
non sempre la dimensione informativa prevale). Inoltre si evidenzia la