Introduzione – l’affermarsi di un nuovo approccio all o studio
d ell’arte
Il fenomeno artistico è da sempre stato oggetto di interesse per i filosofi, e molte sono stati i
pensatori che hanno cercato di spiegarne il funzionamento e il senso che esso assume all‟interno
della vita personale e della società umane.
Nel XX secolo, esso è divenuto oggetto studio anche per la psicologia. Sono state molte e tutte
affascinanti le teorie che sono state proposte intorno all‟arte, tuttavia, una sostanziale differenza di
prospettiva, di metodi e strumenti tra le principali discipline che indagano la mente umana,
(psicologia cognitiva, scienze sociali e neuroscienze), ha portato alla produzione di approcci al
fenomeno molto diversi, i quali potevano difficilmente dialogare tra loro, o essere messi a
confronto.
Infatti, mentre le scienze cognitive hanno indagato l‟arte concentrandosi in primo luogo sui
meccanismi cognitivi in essa implicati, le neuroscienze si sono occupate soprattutto di ricercare le
aree cerebrali attive durante il fenomeno estetico e le scienze sociali hanno trattato il fenomeno
primariamente nella sua dimensione intersoggettiva.
Questa diversità di punti di vista sullo stesso oggetto d‟indagine era dovuta ad una separazione di
livello d‟indagine proprio di ognuna di queste discipline, separazione che per molto tempo ha
impedito una vera forma di comunicazione e integrazione tra le loro conoscenze.
Era necessario che si creasse un dialogo tra questi diversi approcci allo studio della mente perché si
potesse giungere anche ad una trattazione del fenomeno estetico da un punto di vista nuovo, in
grado di integrare le conoscenze riguardanti i diversi aspetti che lo compongono.
Negli ultimi anni, si sta assistendo finalmente ad una convergenza tra queste discipline,
convergenza che ha dato vita ad un nuovo approccio allo studio del‟uomo.
Questo processo è dovuto a vari fattori. Innanzitutto c‟è stato un cambio di paradigma nelle scienze
cognitive per quanto riguarda il modo di intendere la studio della mente, che ha portato ad un
superamento del paradigma della mente disincarnata, per rivalutare il ruolo del corpo nei fenomeni
mentali.
Infatti, dalla predominanza del pensiero cognitivista, che si è imposto a partire dagli anni ‟50, esse
sono passate ad una fase detta dell‟emergentismo, per approdare poi allo stadio corrente, in cui è
centrale il concetto di enazione.
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Secondo la prospettiva enattiva la mente umana non può essere localizzata in specifiche strutture
cerebrali, perché è tutt‟uno con il corpo, il quale, quindi, non funge semplicemente da mediatore
della conoscenza , attraverso le vie sensoriali.
L‟uomo, al contrario, si relaziona agli oggetti del mondo attraverso una modalità corporea e adatta
all‟azione, e non semplicemente sensoriale e cognitiva. La conoscenza, secondo questa prospettiva,
è costruita a partire dai comportamenti motori: essa viene immagazzinata sotto forma di risposta
motoria e acquisita attraverso l‟azione (Thompson, Varela, 2001).
Si è dunque passati da un paradigma che considerava la cognizione come una manipolazione
astratta di simboli compiuta da una mente indipendente dal corpo all‟idea che l‟esperienza sia
corporea e radicata nell‟ambiente.
Non si pensa più, come sosteneva la visione cognitivista classica, che tutte le menti utilizzino gli
stessi sistemi di ragionamento, ma si crede che essi dipendano dall‟esperienza collettiva della specie
e da quella dei nostri organismi individuali.
Non più mente come un homunculus che, nel cervello, analizza il mondo attraverso i nostri occhi,
paradigma che tende a considerare il corpo niente più che un interfaccia tra le nostre menti, un po‟
come può essere lo schermo di un computer. Noi siamo i nostri corpi, e interagiamo direttamente
attraverso di essi.
Il termine che esprime questa concezione è quello di embodiment, o mente incarnata.
Un altro motivo che ha contribuito alla formazione di un nuovo approccio allo studio dell‟uomo
riguarda invece il campo dello studio dell‟intersoggettività ed è dovuto ad un‟importante scoperta
neuro scientifica, quella dell‟esistenza di un meccanismo di simulazione incarnata grazie al quale il
nostro sistema motorio riproduce internamente, simulandole, le azioni, le sensazioni e le emozioni
altrui.
Questo meccanismo ha come base neurale un sistema di neuroni, detto appunto sistema Specchio,
che si attivano sia quando si compie un‟azione, sia quando si osserva qualcun altro compierla.
Questa scoperta ha messo in crisi l‟ipotesi cognitivista classica secondo cui la comprensione dello
stato interiore altrui avvenisse attraverso un meccanismo inferenziale, ed ha creato il terreno per un
inedito incontro tra scienze biologiche e quelle della relazione, rendendo possibile un indagine dei
fenomeni relazionali con i metodi propri delle neuroscienze.
L‟affermarsi della prospettiva enattiva, la scoperta della simulazione incarnata e le conseguenze che
essa ha prodotto sul modo di guardare alle relazioni interpersonali hanno permesso la creazione di
dialogo tra discipline un tempo molto distanti tra loro: psicologia cognitiva, scienze sociali e
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neuroscienze, dando vita ad un campo di ricerca multilivello, detto appunto delle Neuroscienze
Cognitive Sociali.
Uno dei fenomeni che è stato affrontato da quest‟approccio è, appunto, quello artistico, che è stato
indagato attraverso una prospettiva in grado di integrare le conoscenze riguardo alle basi neurali,
cognitive e interpersonali.
Ne sono emerse interessanti riflessioni: alcuni studiosi hanno ipotizzato che in questi processi
entrino in gioco fenomeni di simulazione interna grazie ai quali si sviluppa un potente sentimento di
empatia con l‟oggetto osservato. Queste teorie riprendono il concetto di empatia estetica sostenuto
da alcuni filosofi della prima metà del „900, come Theodore Lipps e Maurice Mereleu-Ponty.
Inoltre, altri hanno proposto che arte, linguaggio e azione condividano la stessa struttura di tipo
gerarchico e che questi processi siano sostenuti dal sistema Specchio.
In questa tesi voglio descrivere una breve storia del concetto di embodiment, il quale, seppure
entrato alla ribalta nelle scienze cognitive era già stato trattato filosoficamente dalla scuola
fenomenologica, inaugurata da Husserl agli inizi del „900.
Successivamente, voglio parlare di come il pensiero di questa scuola è stato utilizzato da vari
studiosi per attaccare il paradigma funzionalista, e come le scoperte neuroscientifiche recenti, e la
nascita delle Neuroscienze Cognitive sociali abbiano rivoluzionato il modo di guardare ai fenomeni
cognitivi.
Infine voglio riportare le riflessioni che sono emerse negli ultimi anni, riguardo allo studio dell‟arte
e di come le recenti scoperte, infatti, sembrino collocare le dimensioni intersoggettive ed incarnate
al centro di questo fenomeno.
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Le radici fil osofiche – La fenomenol ogia
Nell‟era moderna, l‟embodiment è stato al centro del pensiero della scuola fenomenologica.
Originatesi nell‟ultima parte del XIX secolo, la fenomenologia ha attraversato varie fasi negli ultimi
cento anni, e si è separata in una serie di differenti posizioni intellettuali.
Il filo conduttore tra i pensieri dei suoi maggiori esponenti – Edmund Husserl, Martin Heidegger,
Alfred Shutz e Maurice Merleau-Ponty - è una certa opposizione ad occuparsi dei fenomeni
metafisici che affollavano i dibattiti filosofici di allora (dualismo, materialismo, teoria dell‟identità,
funzionalismo…), per prestare invece attenzione al fenomeno che è oggetto di indagine, cioè
l‟esperienza. Il nostro modo di agire nel mondo, secondo questi filosofi, è caratterizzato prima di
tutto da azioni pratiche, e questa concezione è una costante per tutti loro.
Tuttavia, per alcuni aspetti essi hanno sviluppato questo concetto in modo differente:
Il fondatore di questa corrente, Husserl, si è concentrato sul come la vita delle persone sia basata
sull‟esperienza incarnata (embodied) di tutti i giorni piuttosto che sul ragionamento astratto, Shutz
ha esteso questa concezione ai problemi dell‟interazione sociale. Per Heidegger, l‟azione embodied
è essenziale per il nostro modo di essere e per capire il modo con cui entriamo in contatto con il
mondo ed infine Merleau Ponty ha posto il focus sul ruolo del corpo nel mediare l‟esperienza
percettiva interna ed esterna (Gallagher, Zahavi, 2009).
Husserl e la fenomenologia trascendentale
Husserl (1859- 1938), è stato un filosofo e matematico austriaco ed è il fondatore della tradizione
fenomenologica.
Il suo pensiero fu un importante punto di partenza per un gran numero di filosofi successivi, in
particolare a causa della sua posizione rispetto ai metodi d‟indagine, molto innovativa.
Infatti, in un epoca nella quale l‟astrazione stava prendendo sempre più importanza all‟interno delle
discipline scientifiche, egli decise di rifiutare i metodi eccessivamente slegati dai fenomeni fisici e
dall‟esperienza quotidiana delle persone. Il suo motto era, infatti “tornare alle cose stesse!”,
intendendo con ciò che la fenomenologia avrebbe dovuto basare le sue considerazioni sul modo in
cui le cose sono esperite, invece di filtrarle attraverso preoccupazioni metafisiche , le quali
avrebbero potuto potrebbero distorcere quello si cercava di comprendere.
Inizialmente questo suo rifiuto per l‟astrazione riguardò la matematica. Egli iniziò infatti la sua
carriera dedicandosi a questa disciplina, criticando la direzione sempre più lontana dal senso
comune che essa stava prendendo, in particolare a causa delle scoperte che avevano scosso i suoi
fondamenti come quella dell‟esistenza di geometrie non euclidee, e dei paradossi logici.
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