PREMESSA
L'argomento principale di questo lavoro è rappresentato dalla riabilitazione in un
contesto residenziale per persone con disagio psichico.
La motivazione principale che mi ha condotto alla scelta di questo argomento, è stata
l'esperienza di tirocinio che ho effettuato in ambito psichiatrico. Ho svolto il tirocinio
presso la residenza psichiatrica del Centro di Salute Mentale di Tarcento. Questa
esperienza mi ha permesso di capire concretamente come si potrebbe inserire il ruolo
dell'Educatore Professionale all'interno di una residenza psichiatrica, grazie al fatto che
ho potuto attuare un progetto in tale ambito. Inoltre mi ha permesso di conoscere una
parte dell'organizzazione del servizio psichiatrico nel Dipartimento di Salute Mentale di
Udine (DSM 4). Durante tale esperienza ho potuto applicare concretamente alcuni dei
principi e gli strumenti applicabili dall'Educatore Professionale nel contesto
riabilitativo. Il caso studio che presenterò vedrà l'applicazione, in tutte le sue fasi, della
progettazione educativa di cui la professione è competente con l'ausilio di uno
strumento per la valutazione e definizione degli obiettivi.
Ho cercato di applicare una parte dello strumento di valutazione di abilità e definizione
di obiettivi (V.A.D.O.) e attuare un progetto con un‟ospite della comunità, che chiamerò
con lo pseudonimo Sara. L'applicazione di tali strumenti non è stata facile e durante il
periodo trascorso nella struttura ho cercato di mettere in atto le varie fasi della
progettazione educativa, tra cui l'accoglienza, la valutazione, la presa in carico,
l'intervento e le dimissioni. Scopo del lavoro è quello di poter evidenziare quanto la
presenza dell'Educatore Professionale, con le conoscenze e gli strumenti adeguati, sia
fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi che la riabilitazione si pone.
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INTRODUZIONE
La riforma psichiatrica, avvenuta negli anni settanta a seguito dell'approvazione della
Legge 180, ha portato alla chiusura degli ospedali psichiatrici. Ciò ha comportato lo
sviluppo di diverse strutture alternative, tra cui le residenze psichiatriche. La
dimensione della residenzialità ha assunto così un ruolo fondamentale nel percorso
riabilitativo.
L'utente inserito in residenza viene accompagnato alla graduale riconquista
dell‟autonomia attraverso la predisposizione di un progetto riabilitativo. L'obiettivo
principale della maggior parte di questi programmi riabilitativi è il reinserimento della
persona nella comunità.
La residenza psichiatrica nasce proprio per garantire al malato psichiatrico, che non può
contare sulla sua famiglia, un luogo in cui essere accolto e in cui poter instaurare
relazioni positive. Inoltre la persona viene aiutata, attraverso specifici programmi, ad
acquisire le abilità utili per reintegrarsi nella società. Abilità di tipo interpersonale, che
permettono all'utente di relazionarsi nel modo più corretto, abilità di coping, utili a
fronteggiare le difficoltà della vita quotidiana, e quelle strumentali, che permettono
all'utente di svolgere i compiti nel modo corretto. Il campo d'azione dell'Educatore
Professionale è la quotidianità, il fare con la persona per aiutarla nel migliorare le
proprie capacità. La riabilitazione fornisce gli strumenti per vivere realmente e in modo
indipendente, anche al di fuori del contesto residenziale. La guarigione non è lo scopo
prioritario, ma lo è l'acquisizione di abilità, che servono al soggetto per convivere nel
modo adeguato con gli altri nonostante la sua patologia. L'educatore non lavora da solo,
ma in integrazione con altri professionisti, in équipe multidisciplinare, con cui
condivide gli obiettivi e gli interventi.
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La letteratura sull'argomento trattato è notevolmente ampia. Ci sono diversi autori
importanti che hanno fatto ricerche sull'argomento. Molti autori hanno scritto libri per
guidare gli operatori del settore nella conduzione dell'intervento riabilitativo. Tra gli
autori, fondamentale il contributo di Liberman a cui faccio riferimento per buona parte
del secondo capitolo. Le metodologie di Liberman sono diventate dei capisaldi nel
sistema di assistenza dei malati psichiatrici. Tali metodologie verranno descritte
brevemente nel secondo capitolo di questo lavoro. Dai suoi lavori si evidenzia quanto
l'intervento riabilitativo sia una logica conseguenza dei cambiamenti nell'ambito
psichiatrico avvenuti negli ultimi decenni. Attraverso la riabilitazione è possibile fornire
ai pazienti i mezzi necessari per vivere in modo adeguato. Il lavoro di Liberman
dimostra come i malati psichiatrici possono essere aiutati, fornendo loro l'intervento
adeguato per acquisizione delle abilità.
Con la presente tesi intendo dimostrare l‟importanza che la riabilitazione in residenza
psichiatrica riveste per il malato psichiatrico al fine di migliorarne la qualità della vita.
Riabilitazione che viene attuata dall'Educatore Professionale assieme alle altre figure
professionali coinvolte nel percorso di cura. In particolare il mio obiettivo è quello di
mettere in luce il ruolo che riveste l'Educatore nella progettazione dell'intervento in
residenza.
Nel primo capitolo della tesi citerò brevemente la Legge 180 e descriverò le risposte
concrete, in termine di strutture, che sono seguite a questa riforma a livello nazionale.
Inoltre descriverò gli aspetti più importanti della residenza psichiatrica, tra cui gli
obiettivi che essa si pone e le sue funzioni. Parlerò anche dell'intervento territoriale,
necessario per il superamento del pregiudizio, da unire all'intervento riabilitativo per
garantire il reale inserimento del soggetto nell'ambiente di vita.
Nel secondo capitolo, dopo una breve introduzione sullo sviluppo storico, mi
soffermerò sul significato che vari autori hanno dato alla riabilitazione psichiatrica.
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Successivamente elencherò gli obiettivi ed i problemi della riabilitazione e concluderò il
capitolo con la descrizione delle fasi principali di questa tipologia d'intervento.
Nel terzo capitolo illustrerò il ruolo dell'Educatore Professionale nell'ambito della
riabilitazione in residenza psichiatrica, specificando il ruolo che riveste nelle varie fasi
della progettazione e l'importanza della relazione educativa. Descriverò gli strumenti
più comunemente utilizzati, in particolare l'osservazione, il colloquio, lo strumento
V.A.D.O., che ho applicato durante il tirocinio, e il lavoro di équipe.
Infine, nell'ultimo capitolo, riporterò l'esperienza in residenza psichiatrica che ho avuto
durante il tirocinio. Innanzitutto descrivendo brevemente le caratteristiche della
residenza, in seguito illustrando le azioni che ho svolto nelle varie fasi della
progettazione educativa. Infine riporterò i risultati raggiunti rispetto agli obiettivi
iniziali e le problematiche che sono emerse a livello organizzativo e relazionale. I
risultati ottenuti, seppur minimi, evidenziano come, con un intervento ben impostato in
questo senso, si possano realmente raggiungere gli obiettivi che la riabilitazione in
residenza psichiatrica si pone.
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CAPITOLO 1
Quadro normativo e servizi per la salute mentale
1.1 I cambiamenti culturali e la riforma psichiatrica
La chiusura dei manicomi ha condotto allo sviluppo della psichiatria territoriale, in
quanto è cambiato il modo di concepire l'assistenza psichiatrica. Questo cambiamento
ha portato a gestire in modo diverso i problemi e a delineare interventi più allargati,
definiti come interventi di rete. L'istituzione manicomiale, più che prendersi cura della
sofferenza del malato, tendeva a trattarne i sintomi e a controllarne i comportamenti.
Questo tipo di intervento, attuato in manicomio, causava lo sradicamento del paziente
dalla propria famiglia e dal proprio ambiente, provocava perdita di valori, isolamento,
alienazione, dipendenza dall'istituzione, passività e perdita d'interessi. Tutto ciò portava
alla cronicizzazione della malattia e alla sindrome da istituzionalizzazione, teorizzata
nel 1959 da Barton.
Secondo tale teoria, i ricoveri a lungo termine, rendono il paziente meno adeguato alla
vita al di fuori della struttura ospedaliera, in quanto ne determinano:
apatia, in quanto viene privato di ogni responsabilità all'interno dell'ospedale
mancanza di iniziativa
perdita d'interesse
sottomissione
mancata espressione di reazioni emotive
perdita dell'individualità
deterioramento delle abitudini, delle norme igieniche e degli standard generali di
comportamento.
Tale sindrome era dovuta, secondo Barton, ad otto fattori eziologici:
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1. perdita di contatti con il mondo esterno
2. forzata inattività
3. brutalità e umiliazioni
4. prepotenza da parte del personale ospedaliero
5. perdita di amicizie, proprietà
6. farmaci
7. atmosfera del reparto
8. perdita di prospettiva al di fuori dell'ospedale.
Il sistema psichiatrico era un'istituzione totale e corrispondeva alla chiusura definitiva
dell'esistenza sociale dell'individuo. Era necessario apportare nel sistema psichiatrico
dei cambiamenti, che portassero al superamento di questi fattori deleteri alla vita del
paziente. Il movimento di Basaglia si proponeva proprio questo obiettivo.
Dalla formulazione della Legge 180 è stato costante il tentativo di legare l'intervento
con il singolo ad una rete sociale, ambientale e culturale, che permettesse al paziente di
non essere allontanato dalla comunità nel percorso di guarigione. Si è verificato un
importante cambio di rotta, dalla funzione custodialistica, contenitiva e di controllo del
malato mentale in manicomio, si passa ad una funzione preventiva, terapeutica e
riabilitativa da attuare nell'ambiente di vita della persona. Questa legge rappresenta un
punto di rottura con le norme legislative precedenti, che esprimevano una visione della
malattia mentale come incurabile, pericolosa e di pubblico scandalo e che si
preoccupavano esclusivamente della custodia e del controllo sociale del malato. La
legge 180 nasce da istanze culturali di rinnovamento che mettono in primo piano
l'individualità del paziente, il suo diritto di essere tutelato e curato, di essere assistito per
i suoi bisogni intrapsichici-relazionali e ambientali e il diritto di essere aiutato ad
affrontare le disabilità secondarie alla malattia.
La legge 180/1978, legge Basaglia, prevedeva al suo interno i seguenti punti
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fondamentali:
la graduale chiusura degli ospedali psichiatrici, all'interno dei quali non potevano più
essere accolti nuovi pazienti, e la dimissione dei pazienti ricoverati;
la graduale eliminazione del concetto di pericolosità del malato psichiatrico, per sé e
per gli altri;
la valorizzazione della volontà del paziente nel percorso di cura e il dare priorità alla
prevenzione, alla terapia e alla riabilitazione, non più alla custodia del paziente;
l'istituzione di servizi psichiatrici territoriali (Centri di Salute Mentale), in cui
collocare il centro dell'assistenza psichiatrica;
l'istituzione di piccoli reparti psichiatrici (SPDC), all'interno degli ospedali generali,
finalizzati al trattamento di pazienti in fase acuta;
la modifica delle norme sul ricovero coatto, sostituito dal Trattamento Sanitario
Obbligatorio (TSO).
La legge quindi indica il territorio come luogo deputato al trattamento della persona con
disturbo mentale. Lo spostamento dall‟asse manicomiale a quello territoriale accoglie la
dimensione riabilitativa come fenomeno fondante l‟agire psichiatrico.
La legge 833/1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, ribadisce che lo Stato si
impegna nella tutela della salute mentale privilegiando il momento preventivo e
inserendo i servizi psichiatrici all‟interno dei servizi sanitari generali. Questo al fine di
eliminare ogni forma di discriminazione pur nella specificità delle misure terapeutiche,
e di favorire il recupero ed il reinserimento sociale dei pazienti con disagio psichico. Gli
interventi di prevenzione, cura e riabilitazione relativi alle patologie mentali vengono
attuati dai presidi e servizi territoriali che prenderanno il nome in seguito di
Dipartimenti per la Salute Mentale.
Con il passare degli anni si è compreso che la sindrome da istituzionalizzazione non era
esclusivamente dovuta all'ambiente repressivo e privo di stimoli dell'ospedale
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psichiatrico. Infatti si erano sviluppate una serie di strutture, che cercano di rispondere
alle richieste del singolo utente nelle diverse situazioni. Ciò però non impediva la
cronicizzazione della malattia, per questo motivo si è capito che non sono le strutture
che la evitano, ma l'uso che di queste se ne si fa. La cronicizzazione, infatti, si può
verificare in tutte quelle situazioni che causano il progressivo ritiro dai contatti sociali,
l'aumento dei conflitti intrafamiliari e sociali e che portano il paziente a privarsi della
sua nicchia relazionale e ad accrescere il suo isolamento fino a giungere a condizioni di
totali abbandono.
Basaglia non ha distrutto l'istituzione, ma ha cercato di trasformarla in modo che
potesse fornire possibilità realmente terapeutiche ed emancipative al soggetto.
Riporto di seguito una frase, tratta da “La prima curva dopo il Paradiso” di F. Stoppa:
“Un'istituzione che non sappia adattarsi alle esigenza del singolo, che non sappia offrire
un'ampia gamma di risposte, tenderà ad adattare cronicamente ad essa il paziente,
bloccandone la crescita. La scarsa stimolazione, la scarsa tensione alla riabilitazione e
alla reintegrazione sociale, la rassegnazione e la routine sono le peggiori spinte verso la
cronicizzazione”.
1.2 Le strutture e i servizi per la salute mentale
Il Dipartimento di Salute Mentale
Il Dipartimento di Salute Mentale (DSM) è la struttura operativa dell‟Azienda Sanitaria
che si occupa della prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione nell‟area dei disturbi
mentali e provvede all‟organizzazione e alla promozione degli interventi rivolti alla
salute mentale della popolazione del territorio su cui opera.
Le strutture costitutive del DSM sono:
1. il centro di salute mentale
2. il servizio psichiatrico di diagnosi e cura
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