Prima di intraprendere il viaggio linguistico- letterario attraverso la storiografia
latina, che ci siamo prefissati, si rivela imprescindibile premettere che, come è ben noto,
l’intera storiografia classica presenta una netta diversità di impostazione e di intenti rispetto
a quella moderna: la prima è eminentemente etica e artistica, mentre la seconda ha carattere
del tutto critico e scientifico.
La caratteristica fondamentale che distingue la storiografia antica da quella
moderna, pertanto, è che lo storico antico scrive, innanzitutto, un’opera d’arte, con una
lingua letteraria, cioè che si differenzia dai discorsi in funzione della mera comunicazione,
in cui il significante corrisponde al significato: infatti, nelle opere letterarie, anche storiche,
le parole si caricano di ulteriori significati, attraverso le figure retoriche, l’intertestualità e le
allusioni all’interno di un certo genere letterario in senso diacronico. Inoltre, è
imprescindibile tener conto del fatto che molte figure retoriche sono ambigue, polisemiche,
perciò spesso è difficile scovare il parere dello storico e si deve ricorrere, quindi,
necessariamente al confronto con fonti documentarie, se possibile, verificando
eventualmente il livello di selezione, di organizzazione e deformazione dei fatti storici, alla
luce del quale bisogna decodificare il testo in questione.
Bisogna, quindi, analizzare i tre storici antichi prescelti, alla luce della constatazione,
che essi, pur sovrastando i contemporanei, non possano oltrepassare i limiti pragmatici,
psicologici, moralistici e didascalici della storiografia tradizionale o di tendenza. Questi
storiografi, difatti, mostrano lacune o deficienze generali di metodo, non imputabili a loro,
in quanto singoli autori di scritti storici, dunque, il problema del valore storico si risolve nel
riscontrare in quale misura e con qual risultato siano assolti i compiti del sistema
storiografico obbligato, a cui devono di necessità attenersi.
Superfluo e ozioso, di conseguenza, appare il considerare la questione sulla
veridicità storica di tali scrittori, sebbene qualcuno potrebbe obiettare che possa trattarsi di
artisti, i quali abbiano preso a pretesto la materia storica per romanzarla in modo più o meno
rilevante.
Negli storiografi antichi, infatti, è molto ricorrente l’istanza di oggettività, ma una
storiografia pragmatica e oggettiva è possibile solo per i fatti contemporanei all’autore,
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Premessa
senza contare che, comunque, dato il notevole peso del concetto di , cioè del
principio di selettività dei fatti degni di memoria, si impone prepotentemente il punto di
vista discriminante e soggettivo dello storico, che del resto, si fonda inevitabilmente
sull’ideologia; d’altro canto, bisogna sottolineare che i fatti memorabili esistono, soltanto se
qualcuno li narra.
Si rende doveroso, comunque, ammettere e puntualizzare come, fermo restando il
proposito generoso dell’imparzialità, l’obiettività di giudizio riesca sovente infirmata,
inoltre, dall’eccesso di pessimismo, o dal risentimento moralistico, o dall’accentuazione
dello scavo psicologico, oppure dagli effetti drammatici.
Ciononostante, la concezione storiografica antica, benché lontana da quella
moderna, conserva un valore storico sempre vivo ed attuale, in quanto espressione di un
particolare aspetto dello spirito umano, appartenente alla sua perennità universale.
Dopo una rapidissima digressione introduttiva sulle origini e sugli sviluppi della
storiografia latina, in primo luogo, si prenderanno in esame singolarmente i tre autori, dei
quali nei capitoli loro dedicati saranno tracciati brevi profili biografici, verranno esposti in
maniera più approfondita i contenuti degli scritti, i temi e gli orientamenti predominanti, e
saranno esaminati lingua e stile. Nelle conclusioni, poi, saranno confrontati sommariamente
gli oggetti trattati, l’uso delle fonti, i metodi storiografici, i destinatari, i fini, gli
atteggiamenti socio- politici, e in ultimo, si accennerà all’influenza sulla cultura storico-
letteraria delle epoche successive.
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dignitas
1
La storiografia, in virtù della sua natura strettamente legata alla vita politica, è un
campo d’interesse privilegiato della classe dirigente. La storiografia latina ha le proprie
radici nelle registrazioni ufficiali dei pontefici. I pontefici, tutti di origine patrizia, sono gli
unici incaricati di gestire l’archivio dello stato: essi si tramandano oralmente i segreti
relativi al funzionamento degli apparati statali. Come un privilegio di casta, il potere
politico assume una parvenza di sacralità, che impedisce di divulgarne il contenuto al di
fuori della ristretta cerchia nobiliare.
Ogni anno il maximus espone al pubblico la tabula dealbata, cioè una
tavola imbiancata, dove vengono registrati i nomi dei consoli e degli altri magistrati, e poi, i
fatti più significativi con le relative date. Queste cronache ufficiali, archiviate alla fine
dell’anno e custodite dai pontefici, prendono il nome di annales.
Il pontefice tiene anche un diario, più ampio e particolareggiato, il , un
abbozzo di narrazione storica, semplice e disadorna; anche i magistrati, inoltre, possono
tenere altri appunti e memorie sulla propria attività.
Solo verso la fine del II a. C., il pontefice Mucio Scevola decide di far pubblicare in
ottanta libri il materiale archivistico, con il nome di Annales maximi. Tale opera rimane a
lungo una fonte primaria per la ricostruzione della storia repubblicana, e costituisce anche
un modello letterario. Dal punto di vista stilistico, invece, gli sono caratterizzati da
una grande aridità.
Nella Roma di età arcaica il prestigio del greco, quale lingua letteraria ed erudita, è
tale che le prime opere storiche romane vengono redatte in greco, in mancanza di una
tradizione, a cui rifarsi come modello.
Catone è il primo a scrivere la storia romana in latino: seguono le sue orme Celio
Antipatro, storico dallo stile arcaizzante, aspro e concentrato in virtù della sua , e
Sisenna, modello di storiografia tragica.
In età tardo- repubblicana Sallustio, influenzato dall'opera di Tucidide, sviluppa uno
stile brillante, in cui alle riflessioni di carattere etico si accompagna un'acuta penetrazione
psicologica, tanto che la sua analisi politica esercita per lungo tempo un grande influsso
1
BETTINI, Origini, pp. 34- 35.
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commentarius
brevitas
annales
pontifex
Introduzione
sulla storiografia. Nella stessa epoca Cicerone, pur non essendo uno storico, definisce gli
ideali predominanti della storiografia, in termini di eleganza stilistica e di modelli morali
tradizionali, applicati agli eventi della vita pubblica.
Anche Giulio Cesare, grande politico e generale, si dedica alla storiografia,
fondando il genere dei commentarii, cioè della storia narrata in base alla testimonianza
diretta, attraverso appunti personali, con una prosa limpidissima, e mediante l’analisi delle
cause delle proprie azioni con una logica ferrea.
Tra i principali esponenti della storiografia secondaria, annoveriamo Cornelio
Nepote, che sviluppa il genere biografico- memorialistico di stampo senofonteo.
La scrittura della storia latina prosegue in questo solco, anche in età augustea con
Livio, massimo esempio romano di “storico letterato”, in contrapposizione alla tendenza
prevalente degli “storici senatori”, come Catone, Cesare, e Sallustio.
Lo stesso Augusto scrive un’opera di propaganda storiografica; Asinio Pollione si
prefigge di continuare la narrazione sallustiana, e Pompeo Trogo può dirsi uno storico filo-
macedone.
Tra l’età Giulio- Claudia e quella Flavia troviamo Tacito, che di sicuro è tra gli
storici più penetranti e gli stilisti più originali di tutti i tempi, Valerio Massimo e Svetonio,
miniera inesauribile di informazioni su personaggi di spicco e imperatori romani.
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Sallustio
Cenni biografici
Caio Sallustio Crispo, nato ad Amiterno nell’86 a.C., da una famiglia plebea
dell'Aquila, diviene uno strenuo oppositore dell'aristocrazia romana e del suo capo, Pompeo
Magno, e sostenitore di Giulio Cesare durante la guerra civile.
Al termine della campagna africana è nominato governatore della Numidia; quando
torna a Roma, è tanto ricco da potersi permettere di acquistare una proprietà principesca, tra
il Pincio e il Quirinale, nota per secoli con il nome di Horti Sallustiani. Accusato di
malversazione, si ritira a vita privata, dedicandosi alla scrittura di opere storiche, e muore
probabilmente nel 35 a.C.
La sua prima monografia, il De coniuratione Catilinae, narra della congiura ordita
nel 63- 62 a.C. da Catilina, che agli occhi di Sallustio, esemplifica il declino politico e
morale di Roma, iniziato dopo la vittoria su Cartagine, e acceleratosi in seguito alla dittatura
di Silla, soprattutto a causa della corruzione e della mancanza di ideali dell'oligarchia.
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Il De coniuratione Catilinae può essere letto come la storia di un personaggio
genere natus, magna vi et animi et corporis, sed ingenio malo pravoque (nato da una nobile
stirpe, dotato di grande forza fisica e morale, ma di animo malvagio e perverso): l’uso
perverso dell’ impedisce a Catilina di realizzare la sua potenziale virtus. Catilina,
quindi, è un esponente della , moralmente corrotto ed economicamente rovinato,
disposto a fare di tutto per impadronirsi del potere, sull’esempio di Silla. L’autore stesso
spiega i motivi della scelta di tale materia: la congiura di Catilina è un episodio di non
grandissima rilevanza, risalente alla giovinezza dello storico, che ne è stato spettatore. La
congiura è stata trattata anche da Cicerone, implicato direttamente nella vicenda, e quindi
per fini auto- propagandistici.
2
BETTINI, p. 179 .
10
1.1.1.1.2.
nobilitas
ingenium
nobili
Opere