1 Introduzione: obiettivi del progetto
Il presente lavoro di tesi è stato sviluppato durante l’esperienza formativa presso
l’azienda Durso s.r.l., con l’obiettivo di analizzare e razionalizzare particolari di un
autocarro a trazione integrale, ai fini di conseguire un abbattimento dei costi di
produzione: tutto ciò si è tradotto con l’individuazione di uno o più componenti adatti
alla riprogettazione, ipotizzando così, un’alternativa all’attuale materiale usato e,
conseguentemente, lo sviluppo dell’opportuno processo di produzione. Il materiale
che si intende usare, è una resina termoplastica, la cui tipologia sarà scelta in funzione
delle condizioni operative a cui il particolare dovrà lavorare. Da un punto di vista
tecnologico, la lavorazione in resina termoplastica è affidata al processo di
termoformatura, infatti, rispetto ai materiali convenzionali, le resine termoplastiche
presentano dei vantaggi sia in termini di costo, che di lavorabilità, anche se non
sempre è possibile utilizzare questi materiali, in quanto possiedono dei limiti che in
determinate applicazioni risultano vincolanti. La termoformatura è una tecnologia
molto semplice ed intuitiva, non si avvale della fusione, ma produce manufatti per
mezzo della deformazione plastica di un semilavorato portato allo stato gommoso. La
termoformatura moderna parte da un semilavorato: una foglia in rotoli oppure una
lastra piana. Ha delle analogie con il soffiaggio dei corpi cavi, dove viene deformato un
semilavorato allo stato gommoso, una preforma iniettata oppure un tubo estruso.
Analogamente all’estrusione-soffiaggio, il manufatto termoformato deve essere
liberato dallo sfrido con una lavorazione meccanica successiva ( cesoiatura,
contornatura con utensile rotante o taglio con laser). Il procedimento riesce a dare il
meglio di sè nel caso di manufatti piuttosto grandi, moderatamente sagomati, a
spessore costante, e con sottosquadro nelle possibilità della tecnologia. Lo stampo è
“uniface”, modella il manufatto con una sola superficie, può essere sia positivo
(stampo “maschio”) sia negativo (stampo “femmina”). La sagomatura della lastra
avviene principalmente per mezzo del vuoto, che agisce in modo da far aderire la lastra
allo stampo freddo (da alcuni viene perciò detta formatura a vuoto ), sino a che il
manufatto non abbia raggiunto la temperatura adatta. A valle di queste considerazioni,
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e stabilite le linee guide di progetto ( materiale e processo produttivo ), l’elaborato di
tesi riguarda lo studio e la progettazione del particolare scelto, analizzandone le
condizioni operative, il processo produttivo e la validazione dei risultati ottenuti.
1.1 Scelta ed individuazione del particolare
A valle di un analisi accurata dell’attuale produzione aziendale, la scelta e
l’individuazione del particolare adatto alla riprogettazione, è stata effettuata in
funzione di parametri ritenuti “critici”:
1. Elevata precisione costruttiva: poiché spesso le lavorazioni con
termoformatura non consentono di avere manufatti con elevata precisione ( ad
esempio si possono avere problemi di disomogeneità dello spessore ), questo
parametro non dovrà essere quindi vincolante per la scelta del componente da
realizzare
2. Costo termoformatura: mediamente, a parità dell’attrezzatura disponibile, il
costo delle lavorazioni per termoformatura dipende dal volume di lavoro
necessario. Quindi per avere una certa economicità nella produzione, bisognerà
individuare i componenti che non hanno un eccessivo volume, altrimenti il
costo lieviterà in maniera esponenziale.
3. Resistenza meccanica e strutturale: questo rappresenta uno dei principali limiti
delle resine termoplastiche. Rispetto all’uso dei materiali convenzionali ( ad
esempio leghe metalliche ), esse hanno un campo d’esercizio abbastanza
limitato sia per quanto la loro resistenza meccanica che termica. Quindi non è
pensabile sostituire con una termoplastica un componente che lavora in
condizioni abbastanza gravose ( come ad esempio l’albero di trasmissione o un
telaio ).
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4. Volume produttivo: è uno dei parametri che bisogna considerare per avere un
abbattimento dei costi e quindi giustificare una produzione per
termoformatura esterna all’azienda.
5. Modifiche frequenti: chiaramente passando ad una produzione diversa da
quella esistente ( ad esempio da una formatura libera di un manufatto in vetro-
resina a quella di stampaggio per termoformatura ), il componente non dovrà
essere soggette ad eventuali modifiche di progetto.
6. Funzione estetica: è una diretta conseguenza delle limitate proprietà
meccaniche delle termoplastiche. Spesso questo tipo di manufatti hanno una
funzione non strutturale e tanto meno non sono soggetti a condizione
operative “gravose”.
Sulla base di quanto detto, si riportano i modelli analizzati di autocarro e macchine
operatrici realizzati dalla Durso s.r.l. e i relativi componenti che possono essere
riprogettati comparandoli sulla base dei precedenti parametri definiti critici. Essi sono:
Futura 4WD:
Figura 1.1 Macchina agricola Futura 4WD della Durso s.r.l.
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Parametri critici Carter Cruscotto Pannelli Parafanghi
Precisione costruttiva cambioNO SI NO NO
Area termoformatura SI NO NO SI
Resistenza meccanica NO NO NO NO
Volume produttivo SI SI SI SI
Modifiche frequenti NO NO NO NO
Estetica SI SI SI NO
Tabella 1.1 Comparazione rispetto ai vari parametri critici di alcuni particolari del modello Futura 4WD
Country 330 WD:
Figura 1.2 Macchina operatrice Country 330 WD
Parametri critici Rivestimento Cruscotto Pannelli Carte Cornice
batteria dx e sx sottosterzo fari
Precisione costruttiva NO SI NO NO NO
Area termoformatura SI NO NO SI SI
Resistenza meccanica NO NO NO NO SI
Volume produttivo SI SI SI SI Si
Modifiche frequenti NO NO NO NO SI
Estetica NO SI SI NO SI
Tabella 1.2 Comparazione dei vari parametri critici di alcuni particolari del modello Country 330 WD
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Farmer SV:
Figura 1.3 Autocarro Farmer SV della Durso s.r.l.
Parametri critici Consolle Parafanghi Cruscotto Convogliatore Collettore
comandi cabina del radiatore
Precisione costruttiva SI NO SI NO SI
Area termoformatura SI SI NO SI SI
Resistenza meccanica NO NO NO NO SI
Volume produttivo SI SI SI SI Si
Modifiche frequenti SI NO NO NO NO
Estetica SI SI SI NO NO
Tabella 1.3 Comparazione rispetto ai vari parametri critici di alcuni particolari del modello Farmer SV
Da come si evince dalle Tabella 1.1, 1.2 e 1.3, non tutti i particolari, comparati rispetto ai
parametri critici elencati, si prestano al tipo di riprogettazione voluta. Infatti alcuni di
essi, presentano delle incongruenze e per tanto sono evidenziate in rosso. Da quanto
emerge da quest’analisi preliminare, il convogliatore del flusso d’aria del radiatore
dell’autocarro Farmer SV, risulta essere il principale componente che si presta in
maniera ottimale alla produzione mediante termoformatura per stampaggio.
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Attualmente, nella Durso s.r.l., ne esistono in produzione due configurazioni differenti
relative rispettivamente ai motori VM D 754 EU4 TURBO e VM 754 TE3 TURBO. L’attenzione
sarà pertanto rivolta alla riprogettazione del convogliatore del sistema di
raffreddamento relativo alla motorizzazione VM D 754 EU4 TURBO.
1.2 Convogliatore
Lo scopo principale dell’utilizzo di un convogliatore consiste nel cercare di
massimizzare quanto più possibile le prestazioni del radiatore, quindi del sistema di
raffreddamento del motore. Infatti basta considerare che l’aumento dello scambio
termico tra radiatore e l’ambiente esterno attraverso un circolazione forzata di aria per
mezzo di opportune ventole (quindi si parla di convezione forzata) risulta inefficace se
non si utilizza un opportuno sistema in grado di contenere il flusso d’aria generatosi.
Tutto questo ne deriva da una semplice costatazione: se le ventole sono disposte in
maniera molto ravvicinata al radiatore, si formeranno delle zone in cui l’aria non fluirà,
precisamente sotto il centro di esse, dove è disposto il motore. Anche i bordi e le zone
direttamente sottostanti le pale della ventola non saranno interessate dalla
circolazione forzata d’aria e quindi sicuramente scambieranno calore con l’ambiente in
modo ridotto. Si palesa quindi la necessità di realizzare il convogliatore, ovvero un
opportuna struttura che distanzi le ventole dal radiatore e che convogli il flusso d’aria
attraverso esso. In grosso modo le prestazioni possono variare a seconda della portata
d’aria aspirata (o soffiata) da parte delle ventole utilizzate. A titolo di esempio si
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riporta in Figura 1.4un comune sistema di raffreddamento di un motore endotermico.
1 Romano Biolchini, Manuale del meccanico collaudatore, HOEPLI.
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Figura 1.4 Schema complessivo del sistema di raffreddamento di un motore FIAT: 1) Radiatore- 2)
Dado e rosetta elastica per fissaggio ventilatore al motorino- 3) Ventola -4) Teleruttore con vite e
tassello per il fissaggio alla scocca -5) Distanziale e tassello elastico -6) Convogliatore -7) Dadi, rosette
elastiche e rosette piane per fissaggio convogliatore al radiatore -8) Motorino -9) Interruttore
termometrico con rosetta di tenuta per teleruttore comando motorino.
Nel caso aziendale il sistema di raffreddamento prevede delle ventole aspiranti
Tecnovent Multiwing 435-8-40 1hl per motorizzazione VM D 754 EU4 TURBO. Quest’ultime
assicurano elevate portate a basse pressioni. Infatti nelle condizioni di progetto si
hanno portate dell’ordine dei 4 con una pressione statica di circa 160 Pa. Questi
valori dipendono dalla caduta di pressione e dalla caratteristica della girante per il
regime di rotazione richiesto. Diagrammando queste due curve, il punto di
intersezione sarà il valore della portata richiesta al regime di rotazione richiesto In
ultima analisi si deve tener conto delle temperature di esercizio dell’aria all’uscita del
radiatore, tenendo presente che in genere non devono superare un certo valore limite
prestabilito dalle proprietà chimico fisiche della termoplastica in uso. Scelta la
termoplastica adeguata, si dovrà poi effettuare un analisi termica sia per calcolare il
coefficiente di scambio termico convettivo e un analisi agli elementi finiti ( FEM ) per
verificarne lo stress termico del componente.
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2 Resine polimeriche
Lo sviluppo dei materiali polimerici ha avuto larga diffusione a partire dalla seconda
metà del secolo scorso. D’altro canto rappresentano un passo fondamentale nella
ricerca e l’utilizzo di materiali innovativi in grado di sostituire le classiche leghe
metalliche in moltissime applicazioni. Infatti si possono individuare due fattori
principali che hanno contribuito alla loro rapida diffusione:
L’estrema facilità nelle lavorazioni,quindi di formatura mediante temperature
di esercizio molto più basse rispetto ai materiali metallici
L’elevata resistenza agli attacchi chimici,nonché la loro leggerezza, che hanno
reso possibili l’utilizzo dei polimerici in svariate applicazioni industriali.
Tra le varie tipologie di polimeri che si hanno a disposizione, si ha comunque una
restrizione significativa di quelli effettivamente disponibili per un uso industriale.
Infatti non tutti hanno le adeguate proprietà fisico-chimiche richieste e soprattutto la
diversificazione avviene anche su basi economiche relative al costo di lavorazione di
quest’ultimi. Tutto questo porta ad un effettivo utilizzo di poche decine,anche se ne
esistono comunque diverse varianti per ciascun tipo di polimero.
Generalmente per avere delle performance ottimali, non si utilizzano quasi mai dei
polimeri “puri”, ma è necessario l’utilizzo di particolari additivi sviluppati
appositamente per adeguarne le proprietà alle specifiche applicazioni richieste. Le
principali proprietà dei materiali polimerici dipendono dal processo di
polimerizzazione, attraverso il quale si hanno delle reazioni chimiche tra vari gruppi
fondamentali di molecole a basso peso molecolare dette monomeri. Quest’ultimi
legando tra loro attraverso dei legami covalenti,danno vita alle molecole
polimeriche,dette anche catene polimeriche. Esse saranno appunto costituite elevate
ripetizioni di unità che influiranno su diversi aspetti come:
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a. Densità
b. Indice di rifrazione
c. Entalpia, conducibilità e diffusività termica
d. Espansione termica
e. Ossidazione
f. Temperature di fusione e di rammollimento
Mentre per quanto riguarda le proprietà influenzate dalla lunghezza della catena
polimerica,quindi dalla molecola del polimero stesso sono:
g. Viscosità
h. Elasticità
i. Deformazione
2.1 Polimerizzazione
La polimerizzazione è in effetti la reazione chimica che consiste nell’unione di piccole
molecole ( monomeri ) per formare le macromolecole, mediante le quali si ottengono
le catene dette appunto polimeriche. Tra le varie strutture possibili la più semplice è la
catena polimerica bidimensionale costituita da una ripetizione monotona di unità
molecolari in cui si ha una differenza soltanto all’inizio e alla fine della catena stessa. Si
parla pertanto si “omopolimeri” schematizzati quanto segue:
In effetti è proprio la funzionalità dei monomeri, ossia la loro capacità di legarsi tra
loro, che discrimina la possibilità o meno che una determinata catena polimerica sia
bidimensionale o meno. Quindi se i monomeri hanno la funzionalità due allora
possiamo formare solo catene bidimensionali poiché ognuno di loro sarà in grado di
legarsi soltanto con altri due monomeri. Se invece i monomeri hanno funzionalità
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2
maggiore di due allora si parla di catene polimeriche tridimensionali. Appare dunque
evidente che il fatto stesso di avere catene polimeriche bidimensionali o
tridimensionali comporta avere dei polimeri totalmente diversi tra loro. Generalmente
nel caso di polimeri che presentano catene polimeriche bidimensionali si classificano
come “termoplastici” ,mentre per le strutture tridimensionali si parlerà di
“termoindurenti” . In definitiva, i polimeri vengono sempre suddivisi in due grandi
famiglie,classificati a seconda del loro comportamento rispetto a determinati fattori.
Quindi se li classifichiamo in funzione delle loro caratteristiche termiche, parleremo di
termoplastici quando è possibile ottenere delle infinite modellazioni successive alla
polimerizzazione, una volta raggiunta la cosiddetta temperatura di rammollimento. Si
parla invece di termoindurenti quando a polimerizzazione avvenuta non è più possibile
rimodellare il polimero, poiché l’unico effetto indesiderato che si avrebbe
all’aumentare della temperatura è la carbonizzazione. Ovviamente a causa della
diversa struttura molecolare che hanno le termoplastiche e le termoindurenti;
presenteranno anche delle notevoli differenze non solo dal punto di vista delle
proprietà termiche ma anche per quanto riguarda le proprietà meccaniche, ottiche,
elettriche e soprattutto per le tipologie di lavorazione. Si posso distinguere due diversi
meccanismi per la reazione di polimerizzazione: “poliaddizione” e “policondesazione”.
Il meccanismo di poliaddizione, consiste in una reazione a catena molto rapida che
avviene senza la formazione di sottoprodotti, il che rende la conduzione della reazione
di sintesi relativamente semplice ed economica. La catena polimerica cresce attraverso
successive addizioni di monomeri con funzionalità due, ad esempio, una reazione di
polimerizzazione per addizione è la reazione del vinilclorulo
Monomero
Catena
2
Flory P.J.,” Principles of polymer chemistry” Ithaca-London, Cornell University Press ,1953
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Nel meccanismo di policondensazione si ha la formazione di sottoprodotti che di solito
avviene mediante espulsione di piccole molecole di acqua. In questo caso la
conduzione del processo può richiedere tempi e costi molto più elevati rispetto al
primo. La reazione tra i monomeri produce binomeri e trinomeri, i quali a loro volta si
combinano per produrre progressivamente catene maggiori. Questo processo continua
fino a che non si è raggiunti un grado di polimerizzazione (n) accettabile.
Figura 2.1
In Figura 2.1 vi è riportato lo schema dei due diversi meccanismi di polimerizzazione.
Infine si riportano nella Figura 2.2 e Figura 2.3, si riportano alcune esempi sulle diverse
termoplastiche ottenute sia per il meccanismo di poliaddizione che per
3
policondensazione.
3 Alessandra Passaro, “Materiali Polimerici Termoplastici”,CETMA
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Figura 5.2 Struttura chimica di alcuni polimeri detti “vinilici” ottenuti per poliaddizione
Figura 2.6 Struttura chimica di alcuni polimeri ottenuti per policondensazione
Si parla invece di “copolimerizzazione” ,quando due o più differenti monomeri sono
polimerizzati insieme. Il prodotto ottenuto (copolimero ) avrà quindi le unità di
ripetizione formate da entrambi i monomeri presenti nella reazione di
polimerizzazione. Le distribuzioni delle unità di ripetizione del copolimero possono
essere:
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