INTRODUZIONE
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Il 26 ottobre 2007 l'allora Relatore Speciale dell'ONU, Jean Ziegler, in una dichiarazione ormai
nota, definì un crimine contro l'umanità la sottrazione di terra arabile alla produzione alimentare per
la produzione di combustibili:
"So it's a crime against humanity (...) to convert agricultural productive soil into soil ... which will be
burned into biofuel," (…) "What has to be stopped is ... the growing catastrophe of the massacre
2
(by) hunger in the world."
Al di là dell'intento provocatorio del responsabile dell'ONU, il suo messaggio non poteva essere
maggiormente chiaro: la produzione di sarebbe tra le cause scatenanti l'impennata dei
prezzi agricoli del 2007 e dunque aggraverebbe il già angustiante problema della fame nel mondo.
In realtà, un'attenta analisi delle complesse relazioni tra la crescita della produzione di
biocarburanti e l'aumento vertiginoso dei prezzi agricoli, dimostra come le conclusioni dell'esperto
elvetico non siano affatto pacifiche.
Scopo di questo lavoro è pertanto indagare se, e soprattutto fino a che punto, i due fenomeni
sopra sintetizzati attraverso le parole del Prof. Ziegler siano da considerarsi secondo una relazione
di causa-effetto e, cioè, se l'aumento della produzione di biocombustibili sia o meno un fattore
determinante nella concomitante crescita dei prezzi dei prodotti agricoli su scala globale.
Dato il tema dell'analisi, appare evidente come alcuni aspetti, seppure fondamentali nell'ottica dello
sviluppo del comparto dei biocarburanti, non verranno trattati se non in via superficiale perchè,
sostanzialmente, non di particolare rilevanza ai fini di questo studio. Si tratta, come anticipato, di
tematiche di grande interesse e attualità: la questione energetica e gli aspetti connessi relativi
all'intero settore delle rinnovabili, l'emergenza global warming e i problemi ambientali ivi annessi, le
difficoltà tecniche e tecnologiche di sviluppo e consolidamento dei biofuel. D'altro canto, uno studio
esaustivo sul tema esulerebbe dal contesto in cui si colloca il presente lavoro e rischierebbe
comunque di essere tacciato di incompletezza laddove, non solo la letteratura sul tema è
estremamente vasta ma, soprattutto, è in continua evoluzione.
Premesso l'approccio sopra descritto, risulta necessaria un'altra precisazione: fino alle perplessità
sorte circa gli effetti della produzione di biocarburanti sui mercati agricoli, il dibattito sul tema è
1Jean Ziegler è stato “UN Special Rapporteur on the Right to Food” dal 2000 all'Aprile 2008
2Ziegler J., relazione presentata alla Commissione dei Diritti Umani dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, 25/10/2007. Per
maggiori indicazioni, consultare l'articolo di E.M. Lederer, UN expert seeks to halt biofuel output, in “The Independent”, 27/10/2007.
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biofuel
stato incentrato proprio su quelle questioni ambientali ed energetiche prima menzionate.
D'altronde, questo non deve sorprendere: i biofuel in quanto tali non sono, infatti, un prodotto
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agricolo, anche se la loro produzione ha luogo, prevalentemente, a partire da materia prima di
tipo agricolo.
I BIOCARBURANTI: DALLA NASCITA ALLA RINASCITA
Tra i molteplici che vanno considerati nell'analisi dello sviluppo del comparto dei
biocarburanti, un posto va riservato alle opportunità di guadagno intraviste in questo business da
alcuni comparti specifici e, specificamente, dai settori industriali a valle della produzione agricola di
feedstock per biocarburanti. Il comparto agricolo, dal canto suo, non ha fatto altro che rispondere a
una domanda che stava aumentando. Per comprendere perchè i settori industriali a monte del
processo produttivo agricolo abbiano intravisto solo recentemente le suddette possibilità di
guadagno, occorre analizzare il contesto in cui esse sono maturate. In effetti, l'impiego di
combustibili ottenuti da prodotti agricoli non è una novità affermatasi negli ultimi anni, nonostante
sia balzata agli occhi dell'opinione pubblica solo recentemente. In un certo senso, infatti, le
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automobili nascono con i biocarburanti: era solo il 1853 quando gli scienziati E. Duffy e J. Patrick
misero a punto il processo trans-esterificazione dell'olio vegetale da cui ha origine il biodiesel.
Quaranta anni dopo, l'utilizzo del biodiesel divenne noto a un pubblico più vasto: nel 1898, in
occasione dell'Esposizione Mondiale di Parigi, Rudolf Diesel presentò il propulsore omonimo di
sua invenzione, il quale era alimentato, se non ancora da biodiesel trans-esterificato, da olio di
arachidi. Fu lo stesso Diesel a rilasciare, qualche anno dopo, una dichiarazione se non illuminante,
di estrema attualità, argomentando pubblicamente che con il tempo i biocarburanti derivati da
biomasse e gli oli vegetali sarebbero forse diventati una risorsa importante almeno quanto il
6
petrolio ed il carbone dell'epoca .
Successivamente, come ci è noto, l'impiego di biocarburanti venne accantonato e ciò avvenne per
una ben precisa questione di economicità legata all'abbondanza di riserve di combustibile fossile.
Tale convenienza economica si tradusse nella costruzione di un intero mondo industriale
supportato da energia di origine fossile: le automobili non potevano essere un'eccezione e, infatti,
nonostante fossero nate assieme al biodiesel, vennero da questo momento assemblate intorno ad
7
un tipo di motore adatto alla viscosità del petrolio. La produzione di massa consentì all'industria
3In merito alle difficoltà circa la definizione della categoria merceologica cui appartengono i biocarburanti si veda il cap. 2.
4Si fa riferimento ai biocarburanti di prima generazione (per maggiori dettagli: capitolo 2).
5La storia dell'automobile come mezzo di trasporto affermato e funzionante inizia nel XIX secolo. Essa tuttavia si basa su modelli
concepiti in precedenza; per questo la data dell'invenzione dell'auto non può essere stabilita con assoluta ed obiettiva esattezza.
Durante il 1800 vennero costruite principalmente automobili con trazione a vapore. La concorrenza di sistemi progrediti non si fece
però attendere: nel 1802, lo svizzero Isaac de Rivaz metteva a punto la prima vettura con motore a combustione interna.
Successivamente, nel 1839, Robert Anderson ad Aberdeen introdusse la prima automobile elettrica. Nel 1860 il belga Étienne
Lenoir fu poi in grado di mettere a punto un modello alimentato a gas che venne applicato ad alcuni tricicli denominati Hippomobile.
6“The use of vegetable oils for engine fuels may seem insignificant today, but such oils may become, in the course of time, as
important as petroleum and the coal tar products of the present time.” Rudolf Diesel, 1912 ( discorso riportato sul sito
www.biodiesel.org )
7Tra le poche eccezioni va però menzionato il modello T progettato da Henry Ford per funzionare grazie a etanolo di derivazione
2
driver
petrolifera di raggiungere elevate economie di scala e bassi costi medi, viceversa la scarsa
produzione di biocarburanti li rese ancora più costosi e poco utilizzati, facendoli entrare in una
sorta di oblio.
Dai brevi cenni storici qui delineati, appare fin da subito evidente come le fortune, e insieme le
sfortune, dei biocombustibili siano strettamente ed inevitabilmente legate a quelle dei combustibili
fossili ed, in particolare, del petrolio. Non è un caso, infatti, che proprio a partire dalla crisi
petrolifera degli anni '70, i siano tornati in auge e si sia riacceso un intenso dibattito circa il
loro utilizzo ed il loro potenziale di sostituibilità nei confronti del petrolio. Infine, anche l'emergere
8
della questione ambientale ha funzionato da stimolo alla riscoperta dei biocombustibili. Infatti, se i
combustibili fossili hanno a lungo rappresentato una fonte energetica disponibile in grande
quantità, con costi di estrazione relativamente bassi, di facile impiego dal punto di vista
tecnologico, con un'industria e una rete infrastrutturale ben organizzata; l'acuirsi degli svantaggi
legati all'inquinamento generato dalle emissioni e alle questioni geopolitiche connesse con la
sicurezza degli approvvigionamenti, hanno fatto sì che recentemente siano stati attivati strumenti
di politica energetica e ambientale volti ad incentivare l'utilizzo di fonti energetiche alternative e, tra
esse, di carburanti di origine non fossile. In particolare, i biocarburanti rappresentano un'alternativa
tecnicamente valida grazie al fatto di poter essere miscelati assieme ai combustibili tradizionali e
quindi di non necessitare, se non in piccola parte, di avanzamenti tecnologici particolari per la loro
distribuzione e consumo.
E' pertanto con queste premesse che i biocarburanti, inizialmente abbandonati come un figlio nato
prematuro di cui non ci si può far carico, sono ritornati al centro del dibattito mondiale, caricati di un
peso non indifferente. Se tra gli obiettivi della loro diffusione, infatti, appaiono primari la riduzione
della dipendenza energetica e dell'inquinamento atmosferico, una particolare attenzione è stata
giocata anche dal potenziale ruolo che essi potrebbero avere nel sostenere l'attività produttiva (e
9
dunque l'occupazione) nelle aree rurali.
Appare quindi evidente come l'interesse sviluppatosi recentemente attorno a questi prodotti di
derivazione principalmente agricola non sia immotivato. In effetti, i biocarburanti possiedono
caratteristiche merceologiche e ambientali estremamente valide e, inoltre, il loro potenziale di
sviluppo non è trascurabile. Riprendendo la schematizzazione proposta da Rajagopal e
10
Zilberman, i biocarburanti:
graminacea. Henry Ford fu uno dei principali promotori dell'uso di biocarburante per autotrazione nei primi anni del '900. All'epoca
gli USA era infatti i principali sviluppatori di questo , tanto che nel 1938 gli impianti del Kansas producevano già circa
54.000 t/anno di etanolo. Anche l'interesse americano, però, svanì dopo la Seconda Guerra Mondiale ed anche in questo caso era
stata la maggiore convenienza economica dei combustibili fossili a pesare sulla scelta. ( http://www.assodistil.it )
8In questo senso il rinnovato interesse nei confronti dei biocarburanti si inserisce in un contesto più ampio di diversificazione delle
fonti energetiche e di studio di fonti energetiche alternative che hanno spinto molti Paesi a guardare alle rinnovabili con interesse.
9D'altro canto, lo stesso Rudolf Diesel, nel 1911, aveva intravisto questa possibilità: "The diesel engine can be fed with vegetable oils
and would help considerably in the development of agriculture of the countries which use it" (discorso riportato sul sito
www.biodiesel.org ).
10Rajagopal D., Zilberman D., Review of Environmental, Economic and Policy Aspects of Biofuels, The World Bank Policy Research
Working Paper n°4341, settembre 2007.
3
business
biofuel
1.Sono una risorsa energetica rinnovabile e biodegradabile.
2.Possono ridurre le emissioni di carbonio. Infatti contengono una quantità minima di
zolfo che consente una riduzione delle emissioni di anidride solforosa e, se prodotti a
determinate condizioni, hanno un bilancio energetico decisamente favorevole e un
contenuto energetico elevato.
3.Possono essere un mezzo per sostenere il reddito agricolo.
4.L'incremento della loro produzione può creare nuovi posti di lavoro.
5.Possono incrementare la sicurezza degli approvvigionamenti energetici dei Paesi
poveri di fonti fossili tradizionali.
6.Hanno proprietà fisiche e chimiche analoghe a quelle del petrolio. Ci si riferisce in tal
senso non solo al fatto che vengono utilizzati allo stato liquido, ma anche alla loro densità
energetica, viscosità e alle modalità di combustione. Pertanto la riconversione dei veicoli
(perlomeno in percentuali di miscelazione basse e cioè intorno al 10% - 20%) non presenta
problemi particolari.
7.Sono un prodotto “ordinario” (“simple and familiar”) e in qualche modo conosciuto tanto
dai consumatori, quanto dai produttori e dai policy maker. Infatti soprattutto l'etanolo è una
realtà commerciale affermatasi in alcuni Paesi (si pensi, principalmente, al Brasile) sin dagli
anni '70.
PERCHE' I BIOCARBURANTI
Riassumendo, possiamo individuare tre ordini di motivi, o , che hanno stimolato la rapida
diffusione dei biocombustibili:
1.La riduzione della dipendenza energetica e le tematiche relative alla sicurezza degli
approvvigionamenti.
2.La riduzione delle emissioni e, quindi, dell'inquinamento atmosferico.
3.Il sostegno ai redditi agricoli e la creazione di nuovi posti di lavoro nel settore primario.
Soprattutto in riferimento ai primi due punti appaiono necessarie alcuni precisazioni. Se è vero,
infatti, che i biocarburanti potrebbero non solo contribuire a risolvere il problema di
approvvigionamento energetico di alcuni Paesi, ma anche fornire il loro apporto alla riduzione delle
emissioni di gas serra; bisogna anche sottolineare che l'uso del condizionale è, in questo caso,
d'obbligo. Infatti va evidenziato come il “ reale contributo energetico e ambientale (come riduzione
delle emissioni) che i biocarburanti sono in grado di fornire non è affatto univoco, dipendendo da
11
che materia prima e attraverso quale processo vengono ottenuti e utilizzati”.
11Esposti R., Food, Feed & Fuel: Biocarburanti, Mercati Agricole e Politiche, Working Paper n°10/2008 del Gruppo 2013, novembre
2008, pag. 5.
4
driver
In merito al contributo energetico associato alla produzione di biocarburanti, il principale
indicatore usato è il tasso di sostituibilità con il petrolio: con esso si intende misurare la
riduzione nel consumo del petrolio ottenibile tramite la produzione di biofuel. Evidentemente si
tratta di un indicatore estremamente interessante in quanto collegato tanto agli aspetti energetici
connessi con la diffusione dei biocarburanti quanto a quelli ambientali. A tal proposito va anzitutto
considerato che il settore dei trasporti consuma circa il 30% dell'energia globale, di questa
porzione, il 99% è fornito dal petrolio. Inoltre, secondo le proiezioni dell'Energy Information
12
Administration, circa la metà dell'incremento globale nell'uso del petrolio (osservato e previsto)
tra il 2003 e il 2030 sarà imputabile al settore dei trasporti, appunto. A questo va aggiunto che i
13
trasporti sono responsabili di circa il 21% delle emissioni globali di gas serra. Inoltre, mentre sono
disponibili una serie di alternative interessanti per contrastare la dipendenza dalle fonti fossili
tradizionali in settori come, ad esempio, quello dell'elettricità, nel settore dei trasporti i
biocarburanti rappresentano l'unica fonte energetica alternativa al petrolio.
Premesso che i legami tra biocarburanti e petrolio verranno analizzati in seguito, ciò che va
evidenziato, in questa fase, è come in effetti i biocarburanti non possano, allo stato attuale di
sviluppo della tecnologia, sostituire le fonti fossili: Rajagopal et al. (2007) hanno stimato che solo il
14% del consumo del petrolio potrà essere rimpiazzato dall'utilizzo dei biocarburanti.
1415
In effetti, varie analisi, tra cui quella della Fao e della IEA, concordano nell'affermare che i
biofuel rappresenteranno al massimo solo una piccola porzione dell'offerta totale di energia e non
potranno, comunque, eliminare la dipendenza energetica dalle fonti fossili. Pertanto nel futuro
prossimo, a meno di progressi tecnologici non prevedibili allo stato attuale, i biocarburanti liquidi
saranno in grado di contribuire solo per una minima porzione all'offerta di energia per il settore dei
16
trasporti e in una percentuale ancora minore all'offerta energetica globale.
Per quanto concerne l'impatto ambientale netto dei biocarburanti, esso non è facilmente
desumibile a priori poiché dipende da una molteplicità di fattori, primi fra tutti il tipo di materia prima
utilizzato ed il processo di conversione della stessa. In effetti, i biocombustibili consumano in realtà
una significativa quantità di energia di derivazione fossile in quanto tanto gli input utilizzati per la
loro produzione (fertilizzanti, pesticidi, etc.) quanto le attività ad essi connesse (aratura, irrigazione,
trasporto, etc.) incorporano energia da fonti fossili. Inoltre, va anche considerato che la produzione
di biocarburanti ha altri effetti non direttamente connessi con i cambiamenti climatici, ma
12EIA, US Energy Information Administration World Outlook, Report n°0484/2007, 2007.
13Rajagopal D. et al., 2007.
14OECD-FAO, Agricultural Outlook 2008-2017, 2008.
15IEA (International Energy Agency), World Energy Outlook 2007, (WEO 2007).
16Le proiezioni della IEA per il 2030 relative al “Reference Scenario” indicano che l'energia da biomassa e rifiuti rappresenterà solo il
9% della domanda globale di energia (contro il 10% attuale) mentre i biofuel conteranno per circa il 3,0-3,5 % del consumo di
energia per il trasporto (rispetto allo 0,9% registrato nel 2005). Per far fronte a questo aumento (seppur modesto) dell'incidenza dei
nei consumi del settore dei trasporti, sempre la IEA ha calcolato che la porzione di colture dedicate alla coltivazione di
per biocarburanti dovranno aumentare dal 1% del 2004 al 2,5% nei 25 anni successivi. WEO (2007).
5
feedstock
biofuel
comunque rilevanti dal punto di vista ambientale: erosione dei suoli, impatto sulla biodiversità e
sugli habitat naturali, effetti dovuti all'esposizione a pesticidi, etc.
In questo senso, per valutare in maniera esaustiva il contributo ambientale di tali prodotti, occorre
analizzarne l'intero ciclo di vita. A questo scopo, la letteratura dominante in materia si avvale
principalmente della tecnica della LCA (Life Cycle Analysis): in base alla norma ISO 14040:2006 la
LCA è una tecnica di gestione ambientale che permette di identificare e valutare, con riferimento
ad un sistema di prodotto (servizio, processo o attività), considerato in tutte le fasi del suo ciclo di
vita, tanto gli aspetti ambientali associati a quel sistema (tramite un inventario che identifichi e
quantifichi i flussi in ingresso e in uscita) quanto i potenziali impatti relativi all'utilizzo di materiali e
17
di energia e all'immissione di rifiuti nei diversi comparti ambientali. Il ciclo di vita consiste nelle
fasi consecutive e interconnesse del prodotto, processo, o attività a partire dall’acquisizione delle
18
materie prime o dalla generazione delle risorse naturali, fino allo smaltimento finale. In pratica,
dunque, si tratta di un'analisi svolta “dalla culla alla tomba” e che include: l'estrazione e la
lavorazione delle materie prime; la produzione, il trasporto e la distribuzione; l'uso, il riuso e la
manutenzione; il riciclaggio e lo smaltimento finale.
Figura 1 : Analisi LCA per biocombustibili liquidi
Produzione
di feedstock:
Terra,
TrasportoTrattamento
Fertilizzanti,
Biofuel e
Uso nel
LANDper ildei
Pesticidi,
sottoprodotti
trasporto
trattamento
USE
Sementi,
CHANGE
Macchinari,
Carburante
EMISSIONI di GAS SERRA
Fonte: OECD-Fao, 2008
17Nonché le opportunità relative ai miglioramenti ambientali in diverse fasi del ciclo di vita.
18ISO 14040:2006 , 3.1
6
biofuel
Ovviamente, un'analisi di questo tipo va condotta caso per caso (secondo la materia prima
utilizzata ed il prodotto finale ottenuto) e può essere utile a vari scopi, il più interessante ai fini del
nostro studio, tuttavia, risulta essere quello di fornirci degli indicatori di convenienza ambientale dei
biocarburanti. A tal proposito gli indicatori più comunemente utilizzati in letteratura risultano essere
i seguenti:
a)Net energy value (NEV) : che può essere definita come l'energia contenuta in 1 litro di
19
biocarburante meno l'energia fossile utilizzata per produrre quel litro di biocombustibile. In
molti casi, la NEV viene calcolata in termini di Net Energy Ratio (NER) e cioè in termini di
rapporto tra il contenuto energetico del biocarburante e l'energia fossile usata per produrlo:
NER = e / e
Quando l'equazione produce un risultato minore dell'unità, significa che il biocarburante
produce meno energia di quanta ne viene impiegata per produrlo. Se l'equazione dà come
risultato, ad esempio, 2, significa che un litro di biocarburante produce il doppio dell'energia
impiegata per produrlo.
La stima di questa equazione non si presenta tuttavia agevole e i risultati ottenuti differiscono
notevolmente a seconda delle tecniche utilizzate per il calcolo e dell'anno in cui questo è stato
attuato (come sintetizzato nella tabella 1):
Tabella 1: NER per autore, data, materia prima e Paese
Autore e dataMateria primaPaeseNER
Ho (1988)MaisUSA0,95
Marland, Turhollow (1990)MaisUSA1,28
Pimentel (1991)MaisUSA0,69
Comm. Europea (1994)Grano/BarbabietolaUE0,96 – 1,04
Keeney, De Luca (1992)MaisUSA0,9
Levy (1994)Grano/BarbabietolaFrancia1,91 – 1,31
Shapouri et al. (1995)MaisUSA1,24
Gover (1996)GranoUK0,93
Agri-Agri Food, Canada (1999)MaisUSA1,55
Wang (1999)MaisUSA1,42
Richards (2000)GranoUK1,1
Pimentel (2001)MaisUSA0,69
Shapouri et al. (2003)MaisUSA1,34
Ademe (2002)Grano/BarbabietolaFrancia2,05
19Parliamo di “energia fossile” in quanto viene sovente considerata solo l'energia prodotta da fonti fossili trascurando, ad esempio,
l'energia solare utilizzata durante il processo di fotosintesi.
7
bf
Macedo et al. (2003)Canna da zuccheroBrasile8,3 – 10,2
Kim, Dale (2005)MaisUSA1,62
Hill et al. (2006)MaisUSA1,25
Fonte: INEA 2008
Inoltre l'inclusione (o meno) dei sottoprodotti generati dal processo nel computo del bilancio
energetico dei biocarburanti, determina differenze significative come dimostra l'analisi di AREA
20
Science Park del 2007 di cui di seguito (tabella 2) forniamo una rappresentazione schematica:
Tabella 2: Confronto tra Bilancio Energetico di diversi biocarburanti
Bilancio energetico
Biocarburante
Senza sottoprodottiCon sottoprodotti
Biodiesel da girasole2,03,1
Biodiesel da colza1,73,0
Oli vegetali puri da girasole2,84,3
Oli vegetali puri da colza1,83,4
Bioetanolo da barbabietola1,12,2
Bioetanolo da canna da zucchero1,2 – 1,42,4
Bioetanolo da mais1,0 – 1,12,2 – 2,5
Fonte: AREA Science Park, 2007
A completamento di quanto detto sopra, va sottolineato che il petrolio ed il diesel convenzionali
hanno NER pari a 0,8-0,9 ca. Pertanto considerando validi i valori sopra-riportati, tutti i
biocarburanti hanno bilancio energetico migliore rispetto ai loro corrispettivi fossili, anche se le
stime di tale valore appaiono estremamente variabili.
b)Riduzione netta di Co2: con il quale si fa riferimento alla riduzione netta delle emissioni di
gas GHG risultanti dall'utilizzo di 1 unità di biofuel. Infatti, anche se i biocarburanti vengono
spesso considerati “carbon neutral” (in quanto l'anidride carbonica rilasciata durante la
combustione sarebbe equivalente a quella assorbita dalla biomassa), va rilevato come,
nella pratica, tanto la quantità quanto il tipo di energia primaria necessaria alla loro
produzione sia estremamente variabile e si rifletta sull'entità delle emissioni di gas serra
rilasciate. Per questo, un'analisi LCA non può prescindere dal considerare che l'impatto dei
biocombustibili, in termini di riduzione delle emissioni di gas serra, varia a seconda della
materia prima impiegata, della zona di coltivazione, delle pratiche agricole e del processo di
20AREA Science Park, Autori Vari, I Biocarburanti. Le filiere produttive, le tecnologie, i vantaggi ambientali e le prospettive di
diffusione, 2007.
8
trasformazione utilizzato. Se consideriamo, inoltre, nel bilancio delle emissioni anche i
fenomeni della deforestazione, dell'espansione delle terre coltivate e tutto l'insieme degli
21
impatti ambientali generati dalla produzione di , non sempre i biocarburanti liquidi di
prima generazione raggiungono risultati positivi. D'altro canto, anche in questo caso,
andrebbero parimenti considerati i sottoprodotti risultanti dalla produzione di biocarburante
ed il loro eventuale apporto alla riduzione delle emissioni.
Utilizzando l'approccio della LCA, La IEA ha analizzato il ciclo di vita di circa sessanta
22
diverse produzioni di biocarburanti: di queste solo diciotto hanno riportato una buona
valutazione in termini di riduzione delle emissioni (tra le quali anche quelle di origine
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cellulosica), nonostante tutte diano un contributo migliore rispetto all'uso del carburante
fossile.
Tabella 3: Confronto tra biocarburanti di diversa origine
in termini di rendimento ambientale
BiocarburanteRiduzione netta CO
2
(GHG saving)
Bioetanolo da canna da zucchero65%
Bioetanolo da mais15-20%
Bioetanolo da frumento15-20%
Biodiesel da soia95%
Biodiesel da mais40%
Bioetanolo da materiale ligno-cellulosico55-95%
Fonte: AREA Science Park, 2007
Appare dunque evidente come non sia possibile estrapolare dati univoci in merito all'impatto
ambientale dei biocarburanti e, dunque, sia necessaria una valutazione caso per caso.
Ciononostante, un'analisi dei principali studi condotti tramite l'approccio della LCA ci offre alcuni
interessanti spunti di riflessione:
L'etanolo ottenuto dalla canna da zucchero ha i risultati migliori in termini di bilancio
energetico e riduzione delle emissioni di Co. In una classifica ideale, la cassava si
2
piazzerebbe al secondo posto, mentre l'etanolo di derivazione graminacea ha una
non esaltante (sia in termini energetici che ambientali). In ogni caso l'etanolo
di derivazione cellulosica dovrebbe permettere risultati migliori di entrambi i corrispettivi di
prima generazione.
21Nella produzione di biocarburanti, l'effetto più diretto sull'ambiente è quello generato dalla deforestazione. Infatti la domanda di
biocarburanti viene solo in minima parte soddisfatta attraverso il cambiamento di destinazione della produzione agricola: quello che
avviene principalmente è il cambiamento nell'uso dei terreni. Quando un ecosistema naturale viene convertito, indipendentemente
dallo scopo di tale attività, si genera debito di carbonio la cui entità dipende dal tipo di terra convertita. Altrettanto preoccupanti sono
la perdita di biodiversità (legata comunque al cambiamento d'uso dei terreni e all'eventuale deforestazione) e la competizione con
l'acqua, dato che la produzione di biofuel su larga scala richiede una ingente quantità di input, tra cui, ovviamente, l'acqua.
22AREA Science Park, Autori Vari, I Biocarburanti. Le filiere produttive, le tecnologie, i vantaggi ambientali e le prospettive di
diffusione, 2007.
23I cd. biocarburanti di seconda generazione (per maggiori dettagli, fare riferimento al cap. 2)
9
➢
performance
biofuel