VI
pubblicità” ha allargato il suo spazio al mix promozionale, inaugurando così
il processo di arricchimento degli strumenti utilizzati per finalità
commerciali. Ad esso si sono aggiunte via via le attività di comunicazione
istituzionale, economica ed interna, consentendo di abbracciare, all’interno
della comunicazione aziendale, il complesso delle manifestazioni con cui,
volontariamente o involontariamente, l’azienda propone uno o più aspetti
della propria identità.
La numerosità degli strumenti prima, e la pluralità dei pubblici e degli
obiettivi poi, hanno stimolato l’assegnazione dei compiti di comunicazione
ad unità organizzative perlopiù preesistenti e per essi specializzate, la cui
collocazione gerarchica riflette l’importanza, oltre che la casualità e la
sporadicità, con cui storicamente si sono manifestate le prime attività di
comunicazione.
A fronte di questa evoluzione, la letteratura sviluppa inizialmente un
modello di analisi della comunicazione d’impresa fondato sulla
contrapposizione tra comunicazione interna ed esterna, definita in base al
collocamento dei pubblici interlocutori rispetto all’azienda. La difficoltà nel
posizionamento di alcuni target in relazione alle due macroaree individuate,
sollecita una maggiore precisazione nell’approccio all’analisi del fenomeno.
In questo senso la specializzazione funzionale, che accompagna la
diffusione della comunicazione in azienda, suggerisce un modello più
analitico: la comunicazione di marketing, la comunicazione economico-
societaria, la comunicazione interna e la comunicazione istituzionale sono
le quattro aree gestionali distinte, oltre che per funzione a ciascuna dedicata,
per contenuti e categorie di pubblici destinatari.
Il “fabbisogno di comunicazione integrata”, finalizzato a conferire ai
vari messaggi coerenza e quindi credibilità, sorge a seguito di questa
specializzazione contenutistica ed organizzativa. L’esigenza di
coordinamento, in particolare, si origina in seguito alla eterogeneità e
trasversalità dei pubblici destinatari, alla pluralità dei soggetti che in
VII
azienda e per l’azienda comunicano e alla sovrapposizione nel tempo degli
effetti che iniziative di comunicazione, anche indipendenti, sviluppano.
Se è vero che il coordinamento dei messaggi comunicati è essenziale
per una comunicazione più efficiente ed efficace, è anche vero che ad esso
si contrappone l’esigenza di una comunicazione mirata e specializzata per
ogni target ed obiettivo a cui è rivolta: il problema è trovare il giusto
equilibrio.
Il presente lavoro si pone come obiettivo quello di indagare le
problematiche relative alla comunicazione integrata e le peculiarità che
questo problema manifesta all’interno di un settore estremamente
particolare, importante ed in costante evoluzione come quello bancario.
Il primo capitolo è interamente dedicato alla comunicazione
aziendale: partendo da una breve analisi di quelli che sono i caratteri
fondamentali della politica di comunicazione, come i concetti di identità e
immagine e il fondamentale presupposto rappresentato dal soul-searching,
si è messa in evidenza la stretta correlazione che deve esistere tra strategia
di comunicazione e strategia aziendale. Nell’ultima parte ci si è infine
concentrati sulla comunicazione integrata, analizzandone il “fabbisogno”, le
diverse aree che la compongono e le strategie adottabili.
L’analisi si è quindi spostata all’interno del settore bancario (nel
secondo capitolo) e, dal settore, al caso specifico della Cassa di Risparmio
di Parma e Piacenza – Gruppo Intesa (nel terzo capitolo).
Le banche sono ancora oggi protagoniste di un processo di
cambiamento che ha trasformato il loro agire sul mercato da istituzione ad
impresa. Non più protetta dall’assenza di concorrenza che per decenni ha
salvaguardato la sua presenza e, insieme, il suo profitto, l’impresa-banca è
costretta a misurarsi con competitors appartenenti anche ad altri settori,
nazionali ed esteri, e a soddisfare le esigenze di una clientela sempre più
accorta ed esigente. Se a questo si aggiunge la congiuntura economica
sfavorevole e l’incertezza dello scenario futuro, si possono facilmente
VIII
comprendere le difficoltà che essa ha attraversato e attraversa tuttora per
l’affermazione di un approccio market-oriented.
In questo contesto, anche per le banche, è diventato fondamentale
presidiare i processi di comunicazione, applicando ad aziende di servizi le
logiche che da decenni governano il settore dei beni di consumo. La
necessità di comunicare è inoltre indotta dal bisogno di differenziazione
che, data l’immaterialità tipica dei prodotti bancari, esige il supporto di
elementi accessori quali la notorietà e l’immagine dell’istituto, i servizi di
sostegno del prodotto durante la fase di erogazione e l’accessibilità del
prodotto stesso.
Il secondo capitolo è stato suddiviso in quattro paragrafi: nel primo si
sono analizzati i processi di cambiamento in atto nel settore, relativi sia
all’offerta che alla domanda di servizi finanziari; nel secondo si sono messe
in evidenza le peculiarità della banca come soggetto comunicatore e degli
approcci che hanno guidato la comunicazione in questo settore; nel terzo ci
si è soffermati sulle specificità delle diverse aree della comunicazione nelle
banche; ed infine, nel quarto paragrafo, si è focalizzata l’attenzione sulle
problematiche relative alla comunicazione integrata all’interno del settore
del credito.
Con il caso di studio, presentato nel terzo capitolo, avente come
protagonista la Cassa di Risparmio di Parma e Piacenza – Gruppo Intesa,
analogamente a quanto fatto per il settore di appartenenza, l’intento è stato
quello di analizzare le modalità di presidio dei flussi comunicazionali e di
verificare quali fossero i “fabbisogni di comunicazione integrata” e,
conseguentemente, “di integrazione”; nonché di cogliere come il processo
comunicazionale si inserisca nella strategia di marketing relazionale e di
orientamento al cliente adottata dalla Banca.
Possiamo fin da ora anticipare che la Cassa di Risparmio presenta un
modello organizzativo di comunicazione sostanzialmente decentrato e,
pertanto, l’analisi è cominciata attraverso l’individuazione delle unità
IX
organizzative dedite alle diverse aree della comunicazione, ed è poi
proseguita con la raccolta di interviste ai loro Responsabili. L’integrazione
con il materiale illustrativo relativo alla Banca e alle sue esperienze in tema
di comunicazione, ha permesso di giungere ad una visione precisa della
situazione attuale della Cassa in materia di comunicazione e ha permesso di
trarre conclusioni precise e, tutto sommato, ottimistiche.
Capitolo 1 La comunicazione in azienda
1
Capitolo 1
LA COMUNICAZIONE IN AZIENDA
Lo studio della comunicazione umana si può dividere in tre settori: la
sintassi, la semantica e la pragmatica.
1
La sintassi si occupa dei problemi
relativi alla trasmissione dell’informazione (il problema della codificazione,
dei canali, del rumore e di altre proprietà statistiche del linguaggio). La
semantica ha invece come interesse primario il significato, ossia la
relazione tra il segno linguistico e ciò che esso designa. Quindi l’utilizzo dei
simboli consente comunicazione se trasmettitore e ricevitore si sono
accordati in precedenza sul loro significato. La comunicazione, infine,
influenza il comportamento ed è questo l’aspetto pragmatico.
La “rivoluzione copernicana” negli studi sulla comunicazione
2
avviene nel 1967, anno in cui Watzlawick e i suoi colleghi della “Scuola di
Palo Alto” esprimono, nel volume “Pragmatica della comunicazione
umana”, il pensiero destinato più di altri a mutare gli atteggiamenti del
management aziendale nei confronti del problema comunicazione, pensiero
che può essere sintetizzato nell’enunciazione dell’assioma della pragmatica
della comunicazione: non si può non comunicare
3
(one cannot not
communicate).
1
WATZLAWICK P., BEAVIN J.H., JACKSON D.D. (1971).
2
DAMASCELLI N. (1993).
3
WATZLAWICK P., BEAVIN J.H., JACKSON D.D. (1971).
Capitolo 1 La comunicazione in azienda
2
Gli autori, infatti, partendo dall’osservazione che l’elemento
fondamentale del comportamento è proprio il comportamento medesimo, e
assimilando poi lo stesso comportamento a una sorta di messaggio o mezzo
attraverso cui l’essere comunica, osservano che è impossibile per un
qualsiasi essere vivente non avere comportamento e pertanto concludono
che è impossibile non comunicare.
4
Ciò significa che l’attività o l’inattività, le parole o il silenzio, hanno
tutti valore di messaggio e per questo si approda alla concezione di
comunicazione intesa come qualsiasi evento, oggetto o comportamento che
modifica il valore di probabilità del comportamento futuro di un
organismo.
1.1. La comunicazione aziendale: caratteri
fondamentali
1.1.1. Anche l’azienda comunica
L’azienda è, al pari della persona, un soggetto che comunica e
quando accade, l’aggettivo che completa il sostantivo comunicazione è
“aziendale”.
Essendo stata dimostrata l’impossibilità di non comunicare e divenuto
inaccettabile l’atteggiamento di coloro che hanno escluso l’interesse della
propria organizzazione agli aspetti della comunicazione negando l’esistenza
del problema, le aziende hanno assunto poco a poco un modello di gestione
attiva del processo di comunicazione, impegnandosi a finalizzare tutti i
propri comportamenti alla trasmissione di messaggi desiderati.
5
Comunicazione e processo di comunicazione sono diventate
problematiche rilevanti e oggetto di studio anche per le discipline
aziendalistiche.
4
CORVI E., FIOCCA R. (1996).
5
MUSILE TANZI P. (1996).
Capitolo 1 La comunicazione in azienda
3
Dapprima la comunicazione aziendale è stata assimilata, in modo assai
riduttivo, agli strumenti e alle tecniche utilizzate per la sua attivazione; in
altri casi è stata impropriamente identificata con il termine informazione.
6
Ma mentre in un’ottica prettamente informativa l’intervento del soggetto
emittente (l’azienda) si limita all’elaborazione e alla trasmissione di un
insieme di dati, in una visione comunicativa, lo scopo è quello di
modificare gli atteggiamenti (e quindi i comportamenti) di insiemi di
persone nei confronti dell’azienda
7
; per questo, quando si tratta di
comunicazione, l’invio di informazioni è sempre corredato da una serie di
attività complementari, che vanno dall’analisi dei bisogni informativi a una
considerazione ex-post degli effetti che la trasmissione di tali messaggi ha
prodotto nei destinatari.
8
In realtà, con l’espressione comunicazione aziendale si intende
designare “qualsiasi manifestazione attraverso la quale l’azienda attivi un
processo di comunicazione con uno o più pubblici (persone, aziende, enti)
cui in tal modo propone uno o più aspetti della propria identità”.
9
In realtà tali manifestazioni possono essere esplicitamente sviluppate
dall’azienda o recare in sé potenzialità e valenze comunicazionali non
intenzionalmente guidate dalla stessa e quindi pericolose perché non
direttamente controllabili.
Quindi, il complesso dei contenuti comunicazionali posti in essere
dall’azienda comprende tanto i contenuti volontari, perché progettati e
desiderati, quanto quelli involontari, perché mancanti di consapevolezza.
10
6
Quaglino specifica la differenza tra informazione e comunicazione, definendo la prima come
“attività operativa, orientata ai contenuti, finalizzata allo scambio di dati, direttamente riferita alla
dimensione politica della gestione organizzativa, deprivata di ogni contesto emotivo, estranea ad
ogni logica di feed-back” e la seconda come “attività gestionale, orientata al processo, finalizzata
al dialogo e alla relazione, direttamente coinvolta nella dimensione politica, permeabile ai contesti
emotivi, centrata sulla logica del feed-back (…). L’informazione diviene comunicazione là dove si
intuisce una rete di relazioni che a sua volta individua uno spazio comune di confronto possibile,
dove si instaurano processi di feed-back che garantiscono la verifica costante dei risultati di tale
confronto, dove i contenuti non sono mai se non efficacemente personalizzati.”
QUAGLINO G.P. (1992).
7
AIROLDI G. (1987).
8
CORVI E., FIOCCA R. (1996).
9
BRIOSCHI E.T. (1990).
10
Le comunicazioni involontarie appartengono perlopiù alla sfera analogica e non verbale
(comportamenti), mentre quelle volontarie rientrano principalmente nella sfera verbale. Le prime,
perché più veritiere, contribuiscono a formare l’immagine reale dell’impresa; le seconde formano
invece l’immagine riflessa, ossia l’immagine che l’impresa desidera avere di sé.
GOLFETTO F. (1993).
Capitolo 1 La comunicazione in azienda
4
Feed-back risposta
rumore
fonte
emittente
decodifica destinatario
ricevente
codifica
CAMPO
D’ESPERIENZA
CAMPO
D’ESPERIENZA
segnale
Le comunicazioni intenzionali (o volontarie) si attivano mediante
il sistema dei flussi informativi, che si distinguono in personali (consistono
nella trasmissione di informazioni tramite specifiche persone, come
intermediari di vendita e opinion leaders), non personali (che prescindono
da una veicolazione orale dei messaggi) e telematici (che presuppongono la
trasmissione a distanza di messaggi mediante il supporto di elaboratori
elettronici).
11
Il percorso dei flussi informativi dell’azienda ai suoi pubblici di
riferimento può essere esplicitato con la descrizione del processo di
comunicazione.
Il processo di comunicazione, che vede l’azienda soggetto emittente di
segnali interpretabili da parte di pubblici differenziati, è stato riformulato da
Kotler sulla base dei progressi già compiuti da Schramm con l’elaborazione
del modello circolare del processo comunicativo (Figura 1.1).
Figura 1.1: Il processo di comunicazione secondo Kotler (1986).
Fonte: Fiocca (1993).
11
BRONDONI S. (1988a). Una classificazione alternativa dei flussi comunicazionali è fornita da
Invernizzi che distingue tra “comunicazioni interpersonali, comunicazioni mediate dirette e/o
personalizzate e comunicazioni mediate indirette (di massa). Le prime sono costituite dalle
comunicazioni faccia a faccia e sono di solito one-to-one, ma anche one-to-many. Le seconde sono
le comunicazioni mediate da uno strumento, di solito a stampa, ma che è diretto proprio perché è
inviato singolarmente a diverse persone. Le ultime sono le comunicazioni mediate da uno
strumento a stampa o televisivo e inviate in modo indistinto a pubblici diversi e numerosi.”
INVERNIZZI E. (1991).
Capitolo 1 La comunicazione in azienda
5
Ai fini della realizzazione di un efficace ed efficiente processo
comunicazionale è necessaria la sovrapposizione dei campi di esperienza di
emittente e ricevente e la condivisione del sistema di codifica. Ciò significa
che ci deve essere la reciproca possibilità di intendersi e di comprendere il
segnale. Quest’ultimo sarà codificato dall’emittente e decodificato dal
ricevente, che genererà una risposta conseguente al messaggio ricevuto e
quindi, sulla base di un anello di retroazione (feed-back), influenzerà
nuovamente l’emittente del messaggio.
1.1.2. L’evoluzione della comunicazione aziendale
Le competenze comunicative dell’azienda nascono principalmente
dalla necessità di rispondere alle problematiche di rapporto con i mercati di
sbocco. In tal senso si spiega la centralità dello strumento pubblicitario e la
tendenza ad identificarlo con l’intera attività di comunicazione.
Nell’ambito dei diversi paesi e col trascorrere del tempo, le
competenze dell’impresa si sono differenziate in ragione del contesto
socioculturale e della preminenza di uno degli obiettivi di comunicazione
sugli altri. Ad esempio, l’azienda statunitense sviluppa in primo luogo le
proprie competenze nell’ambito delle “Pubblic Relations”, mentre in
Giappone il ruolo principale è da sempre interpretato dalla “comunicazione
interna”.
12
Ricordando brevemente le fasi del processo evolutivo intervenuto
nella politica di comunicazione dell’impresa, vediamo come il caso italiano
si distingue per la rilevanza che ha inizialmente occupato la comunicazione
commerciale (comunicazione esterna di marketing), incentrata fino alla
metà degli anni ’60 sul personal selling, cioè l’attività di presentazione
posta in essere dalla forza vendita.
Dalla metà degli anni ’60 fino a circa la metà degli anni ’70, si
susseguono importanti fenomeni evolutivi che modificano sostanzialmente
il ruolo della comunicazione nelle imprese italiane. I mercati di massa
costituiscono una realtà che rapidamente si consolida e la pubblicità sottrae
il primato al personal selling nella trasmissione delle informazioni a
contenuto persuasivo, che comunque mantengono finalità commerciali di
massificazione dei consumi e dei comportamenti d’acquisto.
Nonostante la centralità ricoperta dallo strumento pubblicitario
durante il periodo storico in esame, sarebbe sbagliato identificare con esso
l’intera comunicazione commerciale. Accanto alla pubblicità è possibile
ritrovare la promozione delle vendite e ancora, con l’adozione del modello
di sviluppo e di cultura aziendale americano durante gli anni ’50 e ’60, le
pubbliche relazioni. La gestione coordinata di pubblicità, personal selling,
12
RAMPINI F. (1990).
Capitolo 1 La comunicazione in azienda
6
promozione e pubbliche relazioni consente di coniare il concetto di
“promotional mix” e di “marketing communications”, che trova adeguata
trattazione nella letteratura americana solo tra gli anni ’60 e ’70. Si
escludono ancora però dall’iniziativa di coordinamento degli strumenti di
comunicazione le attività di proposta dell’immagine aziendale
(comunicazione istituzionale) e quelle dirette ad ottimizzare le relazioni tra
le varie risorse all’interno dell’impresa (comunicazione interna), queste
ultime diffusesi con il successo delle imprese giapponesi.
La separazione tra comunicazione a fini commerciali e informazione a
fini istituzionali cade tra la metà degli anni ’70 e i primi anni ’80, periodo in
cui gradualmente si affermano le linee di condotta aziendale incentrate sul
concetto di “global communication” o comunicazione integrata, per la
gestione coordinata dei rapporti con differenti tipologie di “pubblici”,
interni ed esterni alle imprese, in relazione agli obiettivi specifici che le
diverse aree della comunicazione integrata (comunicazione istituzionale,
comunicazione commerciale, comunicazione interna e comunicazione
economico-finanziaria) si propongono.
13
Con la comunicazione integrata si riconosce che le aziende operano
congiuntamente e simultaneamente sul versante interno ed esterno, e che
perseguendo gli obiettivi che le diverse aree in cui è costituita si prefiggono,
si contribuisce alla specificazione dei diversi elementi che costituiscono
l’immagine dell’impresa.
13
BRONDONI S.M. (1988).
Capitolo 1 La comunicazione in azienda
7
1.1.3. Identità e immagine
L’immagine aziendale
14
non è esclusivamente e nemmeno
prevalentemente il frutto di una esplicita attività di comunicazione da parte
dell’azienda, ma il risultato della sua presenza, della comunicazione attivata
da tale presenza e, infine, della comunicazione in vario modo promossa
dalla stessa. L’affermazione non risulta tuttavia precisa e corretta e può
indurre alla convinzione che sempre e comunque immagine e identità
15
dell’azienda coincidano, se si dimentica di precisare che l’immagine è una
percezione della realtà. Questo significa che se mancasse una corretta
gestione dell’immagine, cioè se la sua gestione fosse lasciata al libero gioco
delle forze aziendali e dell’ambiente, solo il caso consentirebbe lo sviluppo
di un’identità percepita in sintonia con l’identità effettiva.
16
La capacità di controllare l’immagine e di influirvi è dunque
fondamentale ai fini del mantenimento dell’equivalenza identità-immagine,
un equilibrio necessario affinché si eviti, nell’ambito di un’analisi statica, la
sfera patologica della ipovalutazione (immagine meno positiva di quanto
l’identità non giustifichi) e della ipervalutazione (immagine più favorevole
rispetto a quanto espresso con l’identità). I rapporti identità-immagine
possono essere considerati, oltre che sotto il profilo statico, anche sotto il
profilo dinamico. In tal caso è necessario chiedersi fino a che punto
un’immagine ipervalutativa o ipovalutativa possa costituire grave pericolo.
14
L’immagine è definibile come “il giudizio che della stessa azienda danno i diversi pubblici con
cui questa entra in contatto. (…) Tale giudizio appare caratterizzato in ogni caso da due elementi
fondamentali: 1) l’essere fondato su elementi cognitivi come dati, fatti o esperienze oltre che su
elementi affettivi di carattere soggettivo ed emozionale; 2) l’essere durevole nel tempo e, pertanto
arduo da costituire e ancora di più da modificare.” BRIOSCHI E.T. (1990).
“L’immagine riflessa è una coscienza di sé, è il frutto di ciò che il management vuole e crede che
l’impresa sia. (…) L’immagine reale è quella che ha il pubblico. (…) La comunicazione ha il
compito di rendere l’immagine riflessa coerente con l’identità e di avvicinare l’immagine reale a
quella riflessa.” RAMPINI F. (1990).
“L’immagine è una tipica variabile-livello che si alimenta di certi flussi informativi e di certi
vissuti personali ad essi associati ed influisce su atteggiamenti e comportamenti dei pubblici
presso cui si forma.” CODA V. (1990).
15
Identità è “ciò che l’azienda è” e si esprime mediante: il nome dell’azienda, la sua forma
giuridica, le sue strutture fisiche, il personale, il complesso delle attività di gestione, la scelta dei
mercati e la posizione in essi raggiunta.
16
CORVI E., FIOCCA R. (1996).
Capitolo 1 La comunicazione in azienda
8
Nel primo caso, la situazione creata dall’azienda attraverso una
esplicita attività di comunicazione è sostenibile solo se si provveda, entro
un ragionevole tempo, a colmare le distanze tra identità e immagine, dove
l’immagine costituisce l’obiettivo che si intende perseguire attraverso una
ben congegnata strategia generale. Nel secondo caso, l’immagine può
risultare arretrata rispetto alla realtà delle cose quando l’azienda applica la
strategia “oltremisura” (overextension), tende cioè a superare il livello delle
proprie risorse, visibili e invisibili, per assicurarsi possibilità future di
affermazione e sviluppo.
I due concetti di identità e di immagine, distinti sebbene oggetto di
interrelazione, sono proposti a più riprese nell’ambito degli assiomi della
cultura della comunicazione
17
:
1) L’azienda, per il solo fatto di esistere, propone di sé una determinata
identità e, pertanto, immagine
18
(divenendo così oggetto di
valutazione da parte dei pubblici con cui entra in contatto);
2) Qualsiasi elemento, aspetto o attività dell’azienda contribuisce alla
creazione, al consolidamento, alla modifica o allo sviluppo
dell’identità e, di conseguenza, dell’immagine;
3) Per quanti sforzi l’azienda compia, essa non riuscirà ad influenzare
l’immagine nella sua globalità. L’azienda potrà effettuare solo una
“proposta di immagine”: l’immagine effettiva dipenderà in ogni caso
dalla valutazione che il pubblico concretamente ne darà;
4) Solo la proposta di una identità veritiera potrà efficacemente ed
efficientemente contribuire alla creazione e al consolidamento di
un’immagine in sintonia con il perseguimento degli obiettivi generali
dell’azienda.
17
BRIOSCHI E.T. (1990).
18
L’immagine dell’azienda, o immagine globale (corporate image), può a sua volta essere
scomposta in quattro elementi tra loro interagenti: l’immagine oggettiva (l’insieme degli elementi
che costituiscono l’identità aziendale), l’immagine prospettica (l’identità futura), l’immagine
soggettiva (come le persone che operano nell’impresa percepiscono l’identità della stessa) e
l’immagine pubblica (ciò che l’opinione pubblica pensa che l’impresa sia). CORVI E., FIOCCA. R.
(1996).
Capitolo 1 La comunicazione in azienda
9
La cultura della comunicazione è un aspetto della cultura aziendale e
consiste nel considerare la comunicazione come fattore permanente e
strategico delle combinazione produttive dell’impresa. La comunicazione,
in questo caso, diventa valore, o meglio, crea valore, aumentando le risorse
immateriali dell’impresa, il cui peso in alcuni campi d’attività (nei servizi
soprattutto), fra i fattori produttivi strategici, è di gran lunga superiore a
quello degli elementi materiali.
Quindi, a conclusione, si può affermare che: se un’immagine
favorevole costituisce una componente economica di particolare rilievo nel
patrimonio dell’azienda; se la sua presenza consente di trasferire a livello di
capitale economico la potenzialità competitiva dell’azienda stessa; allora
l’attività di comunicazione specificatamente promossa dall’azienda allo
scopo di diffondere la propria identità e di contribuire tramite questa al
consolidamento e allo sviluppo di un’immagine favorevole, non può che
rappresentare un fattore strategico.
19
1.1.4. Il soul searching: presupposto per una corretta
politica di comunicazione
Il concetto di comunicazione totale (o globale o integrata) e, di
conseguenza, la sua applicazione, cioè la politica di comunicazione totale,
implicano che si segua un processo razionale che trae le sue origini dagli
assiomi della comunicazione. Se la cultura d’azienda recepisce i quattro
assiomi, allora emerge anche la cultura della comunicazione, attraverso cui
è possibile concretizzare l’ottica di comunicazione.
L’ottica di comunicazione è “l’ottica secondo la quale l’azienda nel
suo insieme viene a essere gestita in funzione della proposta di una
particolare identità; si affianca alle diverse altre ottiche, sempre allo scopo
di promuovere la realizzazione degli obiettivi finali dell’azienda attraverso
l’ottimizzazione delle risorse e delle relative modalità di impiego.”
20
Per gestire l’ottica di comunicazione, l’azienda deve adottare una
corretta politica di comunicazione totale, la quale ha come presupposto
un’attività definita soul-searching (Figura 1.2).
19
La comunicazione assume valenza strategica in quanto ad essa “viene demandato il compito di
creare un’immagine forte e attrattiva che permetta all’impresa di ottenere il consenso necessario
per attrarre le risorse esterne di cui abbisogna per lo svolgimento della propria attività. Il consenso
non è quindi fine a se stesso, ma è indispensabile per l’ottenimento del vantaggio competitivo.”
CORVI E., FIOCCA R. (1996).
20
BRIOSCHI E.T. (1990).
Capitolo 1 La comunicazione in azienda
10
Figura 1.2 : Dalla cultura d’azienda alla politica di comunicazione totale.
Fonte: Brioschi (1995).
Il soul searching costituisce, quindi, il punto di partenza per arrivare
alla politica di comunicazione totale.
Possiamo definirlo come “un’attività di autoanalisi effettuata dal top
management, che consiste nella ricerca dell’identità, “dell’anima”
dell’azienda”.
Quest’analisi si realizza dando risposta a tre quesiti principali:
1) Chi sono io, azienda? (settore, raggio d’azione, strategie, natura,
obiettivi, organizzazione,…);
2) Che ruolo svolgo io, azienda? (azienda leader, dinamica,
tecnologicamente all’avanguardia,…);
3) Quali sono le finalità che, come azienda, mi propongo nel medio/lungo
periodo e quali sono le risorse di cui debbo disporre per perseguire
queste finalità?
Dalle risposte a queste domande, deriva la premessa ideologica,
ovvero i valori in cui l’azienda crede e la missione che intende prefiggersi.
Dalla premessa ideologica discendono gli obiettivi di medio/lungo
periodo: per perseguire questi fini l’azienda utilizza le funzioni e mette in
tensione l’organizzazione.
Cultura d’azienda
Cultura di
comunicazione
Ottica di
comunicazione
Politica di
comunicazione
totale