C A P I TO L O 1
Le cause di giustificazione
Prima di inoltrarsi nell’analisi specifica dell’istituto della legittima difesa e
ancor più della riforma di cui è stata recentemente oggetto, ad opera del-
la L.13 febbraio 2006 n.59, pare opportuno affrontare - sinteticamente - la
questione relativa al più generale inquadramento delle cause di giustifi-
cazione. Ovvero di quella categoria concettuale di cui la legittima difesa
è istituto paradigmatico. Questo non solo al fine di trattare il difficile ar-
gomento, per quanto possibile, in modo esauriente, ma anche per fornire
al lettore quel bagaglio concettuale che sarà poi necessario per cercare di
mettere in rilievo l’impatto che la recente riforma dell’art.52 c.p. potrebbe
provocare - prima ancora che sul singolo istituto - sui delicati equilibri
dell’ordinamento in questo intero ambito.
1.1 Inquadramento sistematico
Le cause di giustificazione consistono in quelle cause di non punibilità
che escludono l’antigiuridicità del fatto. Nonostante l’effetto di esclusione
della pena sia il medesimo di altre cause di non punibilità, vanno sistema-
2Capitolo 1. Le di
ticamente distinte dalle scusanti che, invece, escludono la colpevolezza,
senza incidere sull’elemento dell’antigiuridicità.
La categoria è stata elaborata dalla dottrina in tempi non molto remoti
e, ancor oggi, in molti ordinamenti positivi stenta a trovare una rigoro-
sa identificazione rispetto alla più generica famiglia delle cause di esclu-
sione della punibilità. Ma per cogliere appieno il significato della categoria
giuridica in esame occorre preliminarmente rivolgere l’attenzione al con-
1
cetto di antigiuridicità, ovvero a quell’elemento del reato che viene ad
essere escluso dalla presenza di una causa di giustificazione.
Secondo l’impostazione più diffusamente accetta, l’antigiuridicità es-
prime l’antinomia di una condotta rispetto all’intero ordinamento. Si trat-
2
ta di una categoria formalizzata per la prima volta da Beling, nell’am-
bito della sua ‘’teoria analitica del reato’’, al fine di dare una rigorosa
collocazione sistematica alle cause di giustificazione, fino a quell’epoca
prevalentemente relegate nella parte speciale del diritto penale. Secon-
do la sistematica di Beling, la struttura del reato sarebbe articolata in tre
3
elementi costitutivi: un fatto tipico, antigiuridico e colpevole. Laddove
l’antigiuridicità rappresenta un connotato del fatto che, pur indiziato dal-
la conformità al modello della norma incriminatrice, non va necessaria-
mente ad integrare un reato, nei limiti in cui, nel caso concreto, sussista
una causa di giustificazione. I due concetti mostrano così di essere in rap-
porto di reciproca esclusione: o un fatto è scriminato e pertanto lecito, o è
1
v. Marinucci, Antigiuridicità, in Digesto. Disc.pen., vol.1, Torino 1987, UTET, pg.172.
2
La concezione analitica del reato teorizzata da Beling è stata successivamente recepi-
ta e perfezionata in Italia da alcuni giuristi, tra cui Delitala ed il suo allievo Marinucci.
Sul tema v. Delitala, Il fatto nella teoria generale del reato, CEDAM, Padova 1930; Marin-
ucci, Fatto e scriminanti, in Riv.it.dir.proc.pen. 1983, n.2, pg.1190. In giurisprudenza, v.
Cass.(sez.un.) 30.6.1984, in Riv.pen., 1986, pg.744.
3
In questo senso v. Miele, Cause di giustificazione, in Enc.dir., vol.6, pg.590; Marinucci,
Cause di giustificazione, in Digesto. Disc.pen., vol.II, Torino 1987, UTET, pg.139.
giustificazionecause
1.1. Inquadramento 3
antigiuridico e quindi non potrà essere allo stesso tempo scriminato.
Le radici storiche del concetto di antigiuridicità affondano negli aspri
contrasti ideali che videro protagonista il pensiero illuminista, quando in
epoca moderna, fu promotore della secolarizzazione dello Stato e del suo
ordinamento. Una tale rivoluzione, rispetto ad un’impostazione che non
distingueva nitidamente concetti come reato e peccato, necessariamente
doveva passare per un ripensamento del concetto stesso di reato.
Uno Stato secolarizzato non avrebbe infatti più dovuto preoccuparsi delle
anime dei suoi ‘sudditi’ bensì avrebbe dovuto limitarsi a presidiarne la
pace esteriore.
4
Tra i protagonisti di questa nuova corrente, fu Feuerbacha proporre
una prima sistemazione dei diversi concetti. Il reato andava anzitutto in-
cardinato sul concetto oggettivo di un’azione esteriormente riconoscibile,
dato che solo un comportamento esteriorizzato poteva avere un qualche
effetto sulle situazioni giuridiche altrui. In quest’ottica, la colpevolez-
za dell’autore perdeva il primato e veniva a costituire un connotato so-
lo derivato rispetto al fatto tipico, che integrava invece il vero baricentro
del reato. La grande innovazione introdotta dal giurista tedesco fu però
quella di riconoscere, tra il fatto tipico e la colpevolezza, un ulteriore ed
autonomo elemento costitutivo del reato, la sua antigiuridicità. Antigiu-
ridicità da intendersi come contrarietà del fatto rispetto a tutte le norme
dell’ordinamento. Il reato veniva così ad essere escluso tutte le volte in
cui, nonostante l’integrazione di un fatto penalmente incriminato, lo stes-
so fosse valutabile come ‘’conforme al diritto”, ovvero non fosse conte-
stualmente previsto da un’altra norma dell’ordinamento quale oggetto di
una facoltà o, addirittura, di un dovere. Si trattava quindi di una nozione
4
v. Feuerbach Anselm, Lehrbuch des gemeinen in Deutschland gultigen peinlichen Rechts,
Giessen, 1847.
radicale
sistematico
4Capitolo 1. Le di
giuridica oggettiva di reato, ponendo al centro l’azione esteriore anziché
il suo autore, ed autonoma rispetto all’accertamento sia della tipicità del
fatto, che a quello successivo dell’elemento soggettivo. Il retroterra di un
tale assetto consisteva in una concezione unitaria dell’ordinamento, in-
teso come sistema giuridico coerente, in cui non potevano trovare spazio
ipotesi di conflitto tra regole, le quali contemporaneamente incriminassero
ed autorizzassero, o addirittura imponessero, un medesimo fatto. Qualo-
ra anche una sola norma dell’ordinamento, a dalla sua col-
locazione, avesse autorizzato o imposto un certo comportamento, questo
avrebbe dovuto essere considerato come non antigiuridico e perciò anche
come inidoneo a costituire reato.
L’antigiuridicità, secondo questa prospettiva, esprime un rapporto di
contraddizione tra l’azione lesiva e l’intero ordinamento, che non è pro-
prio solo del reato, ma di ogni specie di torto giuridico. La causa di giu-
stificazione esclude tale antinomia, rendendo lecito il fatto, sempre in ri-
ferimento all’intero ordinamento. Non sarà dunque data la possibilità di
conflitti reali tra regole all’interno dello stesso sistema giuridico, mentre
saranno ipotizzabili ipotesi di conflitto apparente, laddove lo stesso fatto
venga ad essere allo stesso tempo incriminato da una norma penale ed
autorizzato od imposto da un’altra norma. Apparente, in quanto l’ordi-
namento risolve questi conflitti in termini generali, dando prevalenza alla
norma che facoltizza o impone la realizzazione del fatto, anche a discapito
del divieto penale insistente sul medesimo contegno. In questa situazione,
dunque, il fatto dovrà dirsi scriminato e quindi lecito.
L’autonomia delle diverse branche in cui si articola l’ordinamento è,
infatti, un’autonomia di strutture e di funzioni all’interno di un quadro
unitario, al cui vertice si pone la Costituzione, legge fondamentale dal-
prescindere
giustificazionecause
1.1. Inquadramento 5
la quale tutte le altre ripetono la legittimità. L’unità dell’ordinamento si
esprime allora nella coerenza delle sue norme, aspetto questo che costi-
tuisce un corollario fondamentale dello stato di diritto. Le norme scrimi-
nanti garantiscono così l’integrazione del diritto penale nell’ordinamento,
escludendo eventuali contrasti con le altre norme. Del resto, il fatto che
le cause di giustificazione possano trovare sede in ogni dove dell’ordina-
5
mento è reso palese dall’art.51 c.p., ‘’norma in bianco” a sancire
l’efficacia scriminate in sede penale di qualsiasi norma giuridica dell’or-
dinamento, a prescindere della sede in cui è collocata, per il solo fatto di
prevedere come un diritto o come un dovere il medesimo fatto sussunto
6
da una norma penale quale oggetto di un divieto..
Le cause di giustificazione sono dunque norme autonome dislocate
nelle diverse parti dell’ordinamento che, per scopi propri non necessaria-
mente di natura penale, autorizzano o impongono la realizzazione di un
certo fatto. Tutte le volte in cui lo stesso viene a sovrapporsi con il fat-
to tipico descritto da una norma sanzionatoria - penale o no che sia - si
realizza un conflitto apparente tra norme. Lo stesso dovrà essere risolto
dando prevalenza alla disciplina scriminante, rendendo il fatto lecito e
non sanzionabile in relazione all’intero ordinamento. Si determina così
il sacrificio del bene giuridico tutelato dal divieto penale in favore delle
finalità proprie di una norma diversa ed autonoma che l’ordinamento -
7
nel suo complesso - giudica prevalenti. Proprio perché le cause di giusti-
ficazione non sono norme penali, perseguendo finalità diverse rispetto a
quelle politico-criminali con le quali vengono in conflitto, rispondono alle
norme sulla produzione giuridica proprie della branca del diritto in cui si
5
v. Romano, art.51 c.p. , in Comm.sist.cod.pen., vol.I, III°ed., Milano 2004, pg.506.
6
cfr. Marinucci, Fatto e scriminanti, in Riv.It.dir.proc.pen., II, 1983, pg.1232.
7
v. Marinucci, Fatto e scriminanti, in Riv.It.dir.proc.pen., II, 1983, pg.1235.
diretta
sistematico
6Capitolo 1. Le di
trovano, non aderendo necessariamente agli stretti limiti imposti alla pro-
duzione giuridica penale. Considerazione questa che porta alla rilevante
conseguenza per cui, verso queste norme, non sarebbe operativo il gene-
rale divieto di analogia posto dall’art.14 disp.prel. per le norme penali o
quelle a carattere eccezionale. Va però detto che la concreta possibilità di
ampliare per analogia le singole previsioni scriminati è fortemente limitata
dalla dupplice condizione, sempre richiesta per l’ammissibilità dell’analo-
gia, dell’effettiva lacunosità della norma e dall’esigenza che tale lacunosità
non sia voluta dal legislatore. Limiti questi che, in relazione alla cause di
giustificazione, fungono da stretti limiti alla possibilità di estenderne la
8
disciplina per analogia legis.
Aderendo invece ad una ricostruzione alternativa, il rapporto tra fatto
tipico e causa di giustificazione potrebbe essere concepito come un rap-
porto regola-eccezione. Una tale impostazione, teorizzata in seno alla
9
dottrina delle norme di Binding, ritiene che le cause di giusitifcazione
deroghino alla regola incriminatoria, con l’effetto di trasformare la nor-
ma penale da regola incondizionata a regola condizionata. L’assenza del-
l’eccezione diviene infatti una condizione della norma incriminatrice e
l’antigiuridicità viene così a costituire la stessa ratio essendi della norma in-
criminante. In sostanza, tale ricostruzione finisce per concepire le cause di
giustificazione come elementi negativi della condotta tipica, ‘’declassan-
do” l’antigiuridicità da elemento costitutivo autonomo del reato a mero
requisito negativo della condotta incriminata. Da un tale assetto ne deriva
8
cfr. Marinucci, Cause di giustificazione, in Digesto. Disc.pen., vol.II, Torino 1987, UTET,
pg.139.
9
L’impostazione delle scriminati quali ‘’elementi negativi del fatto’’ ha trovato seguito
anche da parte della dottrina italiana. v. Gallo, Appunti di diritto penale, Giappichelli ed.,
Torino 1999, vol.II, pg.38; Mantovani, Diritto penale, PtG, V° ed., Padova 2007, pg.249;
Pagliaro, Principi di diritto penale, PtG, Milano 1998, pg.425. In giurisprudenza v. Cass.,
sez.I, 17.10.1986, in Riv.pen., 1987, pg.794.
giustificazionecause
1.1. Inquadramento 7
la rilevante conseguenza per cui la causa di giustificazione non si limita
più ad elidere l’antigiuridicità del reato, ma viene ad escludere radical-
mente la stessa tipicità del fatto. Il reato, in questa prospettiva, viene - più
sinteticamente - a strutturarsi quale fatto tipico colpevole, disconoscendo
in tal modo l’importante che Beling aveva assegnato al fatto tipi-
co, quello di costituire la base oggettiva sul quale fondare l’accertamento
dell’antigiuridicità.
Ad una riflessione più attenta, tuttavia, una tale impostazione mostra
tutta la sua debolezza in termini ricostruttivi del rapporto tra cause di giu-
10
stificazione e reato. La c.d. ‘’dottrina degli elementi negativi del fatto”,
infatti, mostra di determinare un vero e proprio circolo vizioso. La tipicità
del fatto dovrebbe infatti essere affermata solo una volta che ne sia stata ac-
certata l’antigiuridicità e, viceversa, la stessa antigiuridicità non potrebbe
essere riconosciuta se non successivamente alla verificazione della tipicità
11
del fatto. Non è infatti possibile verificare se vi siano nell’ordinamen-
to norme che impongono certe condizioni di illiceità rispetto ad un cer-
to fatto se questo non è prima stato individiato in tutti i suoi elementi.
Salvo che per la sua individuazione sarebbe necessario verificare l’inte-
grazione di tutti i suoi elementi costitutivi, tra cui anche quelli negativi di
cui le cause di giustificazione sarebbero parte. Il risultato è evidentemente
paradossale, ma è lo stesso tentativo di negare l’autonomia della catego-
ria delle cause di giustificazione rispetto agli elementi costitutivi del fatto
a non poter essere accolta. Infatti, così come la mancanza di un solo ele-
mento positivo da solo fa venir meno l’intero fatto, se le scriminanti non
fossero altro che elementi negativi dello stesso, ne seguirebbe che anche la
presenza di un solo elemento negativo dovrebbe escludere l’integrazione
10
v. Gallo, Appunti di diritto penale, Giappichelli ed., Torino 1999, vol.II, pg.144.
11
cfr. Miele, Cause di giustificazione, in Enc.dir., vol.6, pg.594.
compito
sistematico
8Capitolo 1. Le di
dell’intero fatto. Asserzione, questa, evidentemente non veritiera, dato
che solo la presenza contestuale di tutti gli elementi negativi definiti da
12
una norma scriminante fa venir meno il reato. Riportando come esem-
pio pratico quello dell’omicidio commesso in stato di legittima difesa, sarà
sufficiente l’assenza di un solo elemento positivo del fatto per escludere il
reato, ma non sarà certo sufficiente la presenza di un solo elemento ne-
gativo della legittima difesa, come l’offesa o la sua attualità, per scongiu-
rare l’integrazione dell’omicidio. A tal fine, dovranno invece verificarsi
tutte le condizioni stabilite dall’art.52 c.p.. Questa considerazione mette
quindi in chiaro come le scriminati non si prestino in alcun modo ad in-
tegrare elementi costitutivi del fatto bensì configurino strutture chiuse ed
autonome, che solo nella loro interezza possono giustificare il fatto, in sé
già autonomamente in tutti i suoi elementi costitutivi dalla
norma incriminante.
13
La teoria ‘’sintetica” del reato, del resto, oltre a mostrarsi inadeguata
sotto il profilo descrittivo del fenomeno della giustificazione, rischia al-
tresì di portare a risultati funesti sul piano pratico. Confondere i diversi
elementi costitutivi del reato in un tuttuno, mettendo in discussione la cen-
tralità del fatto come base di valutazione sia dell’antigiuridicità che della
colpevolezza, potrebbe spianare la strada ad una pericolosa involuzione
dell’ordinamento: da un ‘’diritto penale del fatto” ad un ‘’diritto penale
dell’autore”. Dato che in un reato considerato come un tuttuno viene
sostanzialamente messo in discussione il primato del fatto, a favore di una
possibile valorizzazione dell’aspetto relativo all’autore.
Pare dunque potersi dire che la teoria ‘’analitica del reato’’ risponde
meglio alle esigenze ‘liberali” di un diritto penale finalizzato alla pro-
12
v. Marinucci, Fatto e scriminanti, in Riv. It. dir. proc. pen., II, 1983, pg.1197.
13
v. Gallo, Appunti di diritto penale, Giappichelli ed., Torino 1999, vol.II, pg.144.
individuato
giustificazionecause
1.1. Inquadramento 9
tezione dei beni giuridici, qual’è il nostro, dove il reato deve anzitutto
assumere la forma di una condotta offensiva esteriorizzata, la sola ad es-
sere idonea a pregiudicare beni giuridici. Mentre la personalità dell’au-
tore potrà avere un qualche rilievo esclusivamente relativamente al diver-
so problema della rimproverabilità della condotta ed alla determinazione
della pena. La base di partenza non potrà allora che coincidere con quella
obiettiva del fatto. L’unica a poter porre un serio limite a pericolose derive
autoritarie dell’ordinamento.
A ben vedere, inoltre, la ricostruzione del rapporto tra fatto tipico e
cause di giustificazione come relazione regola-eccezione muove dal fallace
giudizio di esperienza per il quale, le ipotesi criminose giustificate sareb-
bero statisticamente inferiori a quelle illecite. Ma è proprio l’esperienza a
dimostrare come una siffatta ricostruzione non corrisponda al vero, a par-
tire dalle numerosissime limitazioni della libertà personale che la vita di
relazione impone quotidianamente ad ogni consociato. Tali ipotesi, scrimi-
14
nate dal consenso dell’avente diritto, mostrano di essere di gran lunga
più numerose delle ipotesi di limitazione illecita della libertà personale.
Nell’ordinamento italiano il catalogo delle cause di giustificazione non è
infatti né ristretto né chiuso, essendo continua la generazione di nuove
norme che, attribuendo facoltà o imponendo doveri, sono potenzialmente
in grado di entrare in conflitto con divieti penali e di fungere quindi da
norme scriminanti.
Rimane perciò preferibile l’impostazione secondo la quale la posizione
sistematica delle cause di giustificazione va individuata in un momento
diverso e successivo rispetto all’integrazione del fatto tipico. Fatto che
costituisce l’imprescindibile piattaforma sulla quale operare l’accertamen-
14
v. Romano, art.50 c.p. , in Comm.sist.cod.pen., vol.I, III° ed., Milano 2004, pg.493.
sistematico
10Capitolo 1. Le di
to di antigiuridicità, ovvero di obiettiva contrarietà del fatto rispetto a tutte
le norme dell’ordinamento. Confermando la ricostruzione della struttura
del reato quale fatto tipico, antigiuridico e colpevole.
1.2 Fondamenti
Definito l’inquadramento sistematico delle cause di giustificazione, non
resta che indagare i principi che ne giustificano l’esistenza. La ricerca di
un valido fondamento teorico al fenomeno delle cause di giustificazione è,
infatti, una delle tematiche che continuamente impegna la dottrina.
Secondo una delle molteplici soluzioni proposte, muovendo da un ana-
lisi del diritto come regola sociale, un fatto dovrebbe dirsi giustificato tutte
15
le volte in cui costituisce un ‘’giusto mezzo per un giusto scopo’’. Tale
impostazione parte dal presupposto per cui la norma giuridica è strumen-
to di ordine e giustizia: il diritto è rivolto a regolare la vita dei membri di
una comunità e la norma costituisce il giusto mezzo per il perseguimento
di questo giusto fine. In questo orizzonte, un comportamento che risulti
essere giusto mezzo per un giusto fine non può contrastare con una nor-
ma giuridica, altrimenti l’ordinamento giuridico verrebbe a contraddire la
sua stessa essenza. Nell’esame delle cause di giustificazione controverse,
come lo ius corrigendi o l’intervento medico chirurgico, si può infatti con-
statare il significato strumentale del fatto rispetto al valore socialmente
apprezzabile del fine.
Tale criterio, tuttavia, non può essere valorizzato fino a farlo prevalere
sulla legge positiva, giungendo a giustificare dei fatti non previsti in norme
autorizzative o impositive per il solo fatto di risultare strumentali al per-
15
v. Miele, Cause di giustificazione, in Enc.dir., vol.6, pg.594.
giustificazionecause
1.2. Fondamenti11
seguimento di fini socialmente apprezzabili, ma dovrà invece essere con-
tenuto nei rigorosi limiti legislativamente definiti. Il criterio del ‘’giusto
mezzo per il giusto fine’’ dovrà perciò limitarsi ad offrire all’interprete un
possibile fondamento, una giustificazione razionale alla scelta compiuta
dall’ordinamento di sacrificare un bene giuridico penalmente protetto in
favore delle finalità proprie di una norma scriminante. Il rischio sarebbe
altrimenti quello di travalicare quel baluardo di garanzia che informa il
nostro ordinamento, costituito dal principio di legalità formale, a favore
di un sistema di legalità sostanziale.
Un fondamento alternativo delle cause di giustificazione è stato invece
16
riconosciuto nel c.d. ‘’principio di bilanciamento dei beni’’. La base di
partenza è data dal fatto che ogni ordinamento stabilisce al suo interno una
gerarchia di beni giuridicamente meritevoli di tutela, che le sue norme de-
vono necessariamente garantire. In questo orizzonte, quando si profilano
ipotesi di conflitti tra beni tutelati, qualora l’ordinamento consentisse o ad-
dirittura imponesse il sacrificio di un bene superiore per salvaguardarne
uno minore, finirebbe inesorabilmente per contraddire le priorità dallo
stesso imposte. L’ordinamento dovrà pertanto dare sempre prevalenza
ai beni che ha stabilito di tutelare in via prioritaria, anche qualora questo
determini il sacrificio di beni minori, escludendo l’illiceità dell’azione tipi-
ca tutte le volte in cui l’effetto determinato sia quello di dare prevalenza
al bene tutelato prioritariamente. Impostazione questa che concorre altre-
si a garantire la coerenza complessiva del sistema giuridico, evitando di
dare prevalenza talvolta ad alcuni beni e talvolta ad altri in modo del tutto
arbitrario.
Una tale ricostruzione del fondamento delle scriminanti mostra la sua
16
v. Miele, Cause di giustificazione, in Enc.dir., vol.6, pg.595.
12Capitolo 1. Le di
utilità con particolare riferimento alla definizione delle esimenti non legi-
slativamente espresse, come il trattamento medico-chirurgico e lo ius cor-
rigendi. Più in generale il ‘’principio di bilanciamento dei beni’’ mostra di
costituire un fondamento obiettivo della giustificazione in tutte le ipote-
si in cui sia in questione la lesione di beni giuridici della comunità, per i
quali l’ordinamento non potrà esimersi dal definire delle priorità.
In altre ipotesi, invece, dovrà necessariamente aversi riguardo alla sub-
17
ordinazione dei beni all’autonomia del singolo. Proprio il rispetto - entro
certi limiti - dell’autonomia del singolo costituisce il fondamento di scri-
minanti come quella del consenso dell’avente diritto. Del resto la stessa le-
gittima difesa, generalmente ricondotta quanto a fondamento al principio
di bilanciamento dei beni, mostra di essere altresì uno strumento mediante
il quale l’ordinamento riafferma il principio dell’autodeterminazione del
soggetto, nell’ambito dei valori dell’ordinamento giuridico.
Dobbiamo dunque convenire sulla difficoltà di dare un fondamento
coerente ed unitario al variegato fenomeno delle cause di giustificazione,
intese nel loro complesso, avendo invece cura di ricostruire tali principi
dall’analisi di ciascuna singola scriminante, senza disconoscerne i carat-
teri comuni che nel complesso danno ad esso dignità di categoria giuridica
autonoma. E’, d’altra parte, proprio questa difficoltà di ricondurle ad un
fondamento unitario, congiuntamente alle stringenti esigenze di certezza
che accompagnano il diritto penale, a costituire uno dei principali impedi-
menti alla possibilità di superare eventuali lacune nel catalogo delle scri-
minanti tramite lo strumento dell’analogia legis. Risulta invece controversa
la possibilità di operare un’interpretazione estensiva sulle cause di giusti-
ficazione. In riferimento a tale problematica è da ritenersi che un inter-
17
v. Miele, Cause di giustificazione, in Enc.dir., vol.6, pg.596.
giustificazionecause
1.3. Rilevanza ed 13
pretazione estensiva, ma comunque rigorosa, sia non solo possibile, ma in
alcuni casi addirittura costituzionalmente imposta, in ossequio al princi-
pio di eguaglianza formale che vieta di trattare in modo diverso situazioni
18
sostanzialmente assimilabili.
1.3 Rilevanza ed efficacia
Dalle premesse fin qui poste, è ora possibile definire più chiaramente in
che modo le cause di giustificazione rendano lecito il fatto di reato.
Un particolare elemento soggettivo non è richiesto dal nostro ordina-
mento per integrare una causa di giustificazione. Le scriminanti mostrano
infatti di operare in modo obiettivo, senza che valutazioni inerenti all’in-
tento soggettivo dell’autore possano assumere un qualche rilievo. L’art.59
c.p. stabilisce, infatti, l’operatività delle scriminanti a prescindere dal fatto
che risultino o meno conosciute dall’agente. La colpevolezza dell’agente
rimane un problema successivo ed a sé stante. Ciò non esclude che il le-
gislatore non possa dare puntualmente rilevanza anche ad aspetti sogget-
tivi, ma tali rimangono eccezioni confinate alle norme che le prevedono,
non intaccando la regola generale di mera rilevanza obiettiva delle scri-
19
minanti. Del resto, questa impostazione mostra di essere perfettamente
coerente con l’inqudramento sistematico già definito in precedenza. Le
scriminanti hanno, infatti, l’effetto di escludere l’antigiuridicità del fatto,
cioé di renderlo conforme all’ordinamento globalmente inteso. Pare quin-
di coerente risolvere tale valutazione su di un piano meramente oggettivo
18
v. Miele, Cause di giustificazione, in Enc.dir., vol.6, pg.596.
19
v. Marinucci, Cause di giustificazione, in Digesto, Disc.pen., vol II, Torino 1987, UTET,
pg.132. Contro questa impostazione v. Spagnolo, Gli elementi soggettivi nella struttura della
scriminante, Padova 1980, pg.59.
ef
ficacia
14Capitolo 1. Le di
di compatibilità rispetto alle altre norme, senza che alcuna considerazione
relativa all’aspetto soggettivo della vicenda possa influenzarlo.
Le cause di giustificazione, escludendone l’antigiuridicità, rendono il
fatto incriminato lecito sia sotto il profilo penale che sotto quello civile,
amministrativo e disciplinare. Con il risultato di impedire l’applicazione
di una qualsiasi sanzione, sia essa di natura criminale, civile o amminis-
trativa.
Fatta questa premessa, è ora più facile distinguere in modo chiaro in
che termini la categoria delle cause di giustificazione si distingua dalle
scusanti e, più generalmente, dalla comune famiglia delle cause di esclu-
sione della punibilità. Se infatti l’effetto pratico è simile, escludendo in
tutti i casi la punibilità sotto il profilo penale di un fatto tipico, le modalità
di raggiungimento di questo effetto sono radicalmente differenti. Le scu-
santi, infatti, escludono la punibilità di un fatto illecito in quanto, in con-
siderazione alle circostanze pratiche nelle quali si è realizzato, questo non
pare rimproverabile all’autore. Le scusanti escludono dunque l’elemen-
to della colpevolezza rispetto ad un fatto che già è stato giudicato come
tipico ed antigiuridico. Le conseguenze pratiche di un tale meccanismo
sono quelle per cui il fatto, pur se non penalmente sanzionabile, rimarrà
illecito per il resto dell’ordinamento, potendo residuare responsabilità a
carico dell’autore sotto il profilo delle altre branche dell’ordinamneto.
Radicalmente diverso è, invece, il ruolo delle cause di giustificazione,
le quali intervengono in un momento anteriore rispetto all’accertamento
della colpevolezza, escludendo alle fondamenta la stessa illiceità del fat-
to. Di conseguenza, un fatto giustificato è perfettamente lecito per ogni
branca del diritto, non potrà essere legittimamente impedito ed il dan-
no da esso prodotto sarà giuridicamente irrilevante anche sotto il profilo
giustificazionecause
1.4. P ocessuali obatori15
civilistico.
Distinto dal problema delle valenza obiettiva delle cause di giustifi-
cazione, è invece l’esclusione della punibilità a titolo di dolo rispetto ai
quei fatti commessi nell’erronea convinzione di trovarsi in una situazione
scriminata. Quando l’agente realizza un fatto tipico obiettivamente non
scriminato, ma nell’erronea convinzione che lo fosse, il fatto rimane cer-
tamente antigiuridico, ma l’assenza di colpevolezza, cioè della volontà di
commettere un fatto obiettivamente antigiuridico, determinerà la punibi-
lità dell’agente unicamente per l’eventuale e residuo profilo di colpa che
questi avesse manifestato, nei limiti in cui la stessa condotta fosse punibile
20
a tale titolo.
1.4 Profili processuali e probatori
Pur senza alcuna velleità di completezza si ritiene qui opportuno dare un
breve sguardo alle norme processuali che fanno diretto riferimento alle
cause di giustificazione.
21
Anzitutto, l’art.530 comma 3 c.p.p.impone l’assoluzione nelle ipote-
si di dubbio circa l’esistenza della scriminante. Tale esito dovrà dirsi im-
posto in quelle ipotesi in cui il quadro probatorio risulti contraddittorio,
in cui attendibili elementi di prova a supporto dell’esistenza della scri-
minante si contrappongono ad altri elementi di prova in senso contrario,
senza che possa giudicarsi una prevalenza degli uni o degli altri. Non
esiste a carico dell’imputato un onere di allegazione dei fatti costituenti la
causa di giustificazione. Il giudice sarà, infatti, tenuto a rilevare ex officio
20
v. Dolcini e Marinucci, art.59 c.p. , in Cod.pen.comm., IPSOA, II° ed., pg.747
21
cfr. Giarda-Spangher, art.652 c.p.p., in Cod.proc.pen.comm., IPSOA, III° ed., vol.2,
pg.4947.
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