Cinetica di riduzione del Cr(VI) con il Fe(II) in matrici naturali
Laureando: Luca D’Ottone
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netto di elettroni avviene tra il solfuro ed il cromato. Nonostante che queste
esperienze indirette stiano ad indicare l’importanza del Fe(II) nell’influenzare la
speciazione del cromo nei sistemi acquatici e che la reazione Cr(VI)-Fe(II), sia
stata in molti casi sfruttata per la rimozione del Cr(VI) dalle acque di scarico, le
informazioni sulla cinetica della reazione sono tutt’altro che esaustive. Esistono
studi molto vecchi sulla cinetica di questa reazione, limitati ad un campo di pH
molto acido (pH<2), e uno studio recente condotto da Fendorf e Li (1996)
limitato ad un campo di pH molto ristretto (6-8). Quest’ultimo studio, tar l’altro,
presenta incertezze che sono state discusse nel seguito. Non sono quindi
disponibili esoressioni attendibili che consentono di ricavare informazioni
cinetiche sulla velocità della reazione in un’ampia varietà di condizioni
ambientali.
Nel presente studio si è quindi investigata l’influenza di variabili quali
pH(2-9), T(5°-40°), I(0,05-2M), concentrazione di Fe(II) e composizione ionica
delle soluzioni (Cl
-
, ClO
4
-
, SO
4
2−
, HCO
3
-
, HPO ,
4
2-
Ni
+2
e Pb
+2
) sulla cinetica
delle reazioni, con lo scopo di fornire espressioni che consentono il calcolo
della velocità di reazione in sistemi naturali, sicuramente in assenza di
ossigeno e con qualche limitazione anche in presenza di ossigeno.
L’approfondimento delle conoscenze in merito alla cinetica delle reazioni
redox che controllano la distribuzione del cromo tra forma ossidata e forma
ridotta potrà, insieme alle informazioni relative ad altri processi che possono
interessarlo, aiutare a capire come circola questo elemento negli ambienti
acquatici (a definire il cosidetto ciclo biogeochimico), consentendo di costruire
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un modello di comportamento in cui i processi fondamentali (trasformazioni
redox, equilibri di precipitazione, adsorbimento e desorbimento, interazioni
biologiche) siano descrivibili non solo in modo qualitativo ma anche
quantitativo.
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CAPITOLO 1
PRESENZA DEL CROMO IN NATURA: UTILIZZAZIONI, EFFETTI
E METODOLOGIE DI TRATTAMENTO DELLE ACQUE REFLUE.
1.1 UTILIZZAZIONE DEL CROMO
Il cromo è un metallo che trova un impiego diffusissimo nell’industria e, nel
contesto particolare dell’industria italiana, prodotti a base di cromo sono
utilizzati in larghissime quantità. Il cromo è impiegato principalmente
nell’industria degli inchiostri, dei pigmenti e delle vernici, nella concia e
nell’industria galvanica.
Numerosi composti del cromo sono usati come pigmenti e tra questi si
possono ricordare il “giallo cromo” (cromato di piombo), il “rosso cromo”
(cromato basico di piombo), il “giallo zinco” (sale doppio del cromato di zinco e
del bicromato potassico), il “verde di zinco” ( miscela di giallo di zinco e blu di
prussia).
L’industria della concia è peraltro particolarmente sviluppata per ragioni
storiche e culturali in Italia. In questo settore è largamente impiegato il solfato
basico di cromo utilizzato nel processo della concia delle pelli: è questo un
processo di stabilizzazione della pelle che, a seguito del trattamento, viene
trasformata in cuoio insolubile e imputrescibile. Il trattamento di concia si basa
su una reazione di complessazione di Cr(III) con gruppi -NH
2
e -COOH delle
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molecole proteiche della pelle ed è un esempio di complessazione del cromo
con molecole organiche.
L’industria galvanica utilizza ampiamente il cromo per rivestimenti
protettivi di oggetti metallici (cromatura); la cromatura è preferita alla
nichelatura sia per l’aspetto sia per la maggiore resistenza degli oggetti alla
corrosione. L’industria galvanica è quella che fornisce il maggior contributo di
Cr(VI) con le acque di scarico a seguito delle operazioni di lavaggio dei bagni
galvanici. Un contributo importante di Cr(VI) deriva anche dagli impieghi di
composti a base di cromato o bicromato come inibitori di corrosione in circuiti di
raffreddamento industriali. Composti a base di cromati sono anche utilizzati in
operazioni di tintoria come mordenti.
Un altro vasto impiego del cromo, come elemento metallico, è
nell’industria metallurgica per la preparazione di acciai inossidabili, acciai
speciali molto resistenti e resistenze elettriche. Il cromo in lega col nichel in
quantità variabili forma i cosiddetti acciai inossidabili resistenti alla corrosione e
al calore. La composizione di queste leghe è normalmente 15-18 % di Cr e 5-8
% di Ni. Si possono aggiungere altri metalli alle leghe a base di nichel-cromo
quali il ferro, il titanio, il niobio, il cobalto, il rame, il molibdeno, il tungsteno, per
ottenere leghe per usi speciali. Il nichel-cromo è anche la lega comunemente
impiegata per la preparazione di resistenze elettriche.
Secondo Taylor et al. (1979), su scala mondiale le immissioni di cromo a
seguito dei processi naturali di erosione nell’ambiente ammontano a circa
200.000 ton/anno; a queste debbono essere aggiunte circa 80.000 ton/anno di
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cromo mobilizzato da fonti antropogeniche e tra queste le industrie prima
citate, metallurgica, galvanica, e conciaria sono quelle che danno i maggiori
contributi.
1.2 EFFETTI DEL CROMO
Il cromo è un elemento metallico riconosciuto come necessario per l’uomo
per alcune funzioni biologiche, legate per lo più alla regolazione del
metabolismo dell’insulina, che dipendono dalla sua concentrazione
nell’organismo, mentre è ancora in dubbio un suo ruolo per funzioni vitali in altri
organismi viventi animali o vegetali. L’assunzione giornaliera media di cromo
che si ingerisce con gli alimenti è di circa 0,03-0,01 mg. In soggetti sani, cioè
non esposti professionalmente, i livelli medi di concentrazione di cromo
nell’organismo sono di 2-3 µg/mL a livello ematico e possono raggiungere i 10
µg/24 h nelle urine; molto elevata è la concentrazione del cromo nei capelli
dove si possono riscontrare valori di concentrazione tra i 200 ed i 2000 µg/Kg.
Al di sopra di certi livelli, il cromo esercita un’azione tossica che si manifesta
attraverso la ipersensibilizzazione dei tessuti contaminati per lo più sotto forma
di manifestazioni allergiche come ulcere o dermatiti di varia natura .
La pericolosità del cromo è legata al suo stato di ossidazione. E’ infatti
provato che, mentre la forma trivalente interferisce poco con i sistemi biologici,
quella esavalente essendo molto più mobile, interagisce in modo molto più
efficace con gli organismi viventi nelle cui cellule penetra, sfruttando lo stesso
meccanismo di trasporto intracellulare dello ione solfato (Riedel, 1984 e 1985).
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L’assunzione di Cr(VI) da parte dell’uomo provoca il notissimo eczema da
cromo esavalente che può degenerare, per intossicazioni più gravi, nel tumore
dell’apparato digerente o respiratorio a seconda delle modalità di assunzione
del metallo.
Le considerazioni sulla pericolosità del Cr(VI) trovano espressione in
un’amplissima legislazione che regola l’impiego di questo metallo di transizione
per scopi industriali e ne limita la concentrazione nelle acque reflue. Una serie
di leggi, tra le quali il D.P.R. n° 482 del 9/6/1963 e sue successive
modificazioni, le tabelle del Comitato Tecnico del Lavoro del 1968, la legge n°
245 del 1963, trattano le misure cautelative e previdenziali nell’impiego di
sostanze tossiche incluso il Cr(VI) negli ambienti di lavoro.
I Tolerance Limit Weight (indici di tolleranza limite di una sostanza negli
ambienti di lavoro) fissati in Italia per gli ambienti di lavoro sono 0,5 mg/m
3
per il
Cr(III) e 0,05 mg/m
3
per il Cr(VI).
Questi valori tengono conto delle esperienze fatte negli U.S.A. e dei valori
simili fissati dall’American Conference of Governamental and Industrial
Hygienists nel 1981 per l’aria. Il limite massimo di concentrazione del cromo
generalmente riconosciuto nelle acque potabili è di 50 µg/L sia per
l’organizzazione mondiale della sanità (O.M.S.) che per il nostro paese (D.P.R.
236 del 1976).
Per ciò che riguarda gli scarichi industriali la normativa italiana tuttora
vigente è la legge Merli del 1976, ma una panoramica più ampia delle
normative e dei regolamenti in materia è illustrata nelle Tab. 1.1 e 1.2.
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Tab 1.1: Normative e criteri di qualità proposti per la regolamentazione delle
concentrazioni di cromo nelle acque potabili e nelle acque di scarico.
Acque potabili (1) O.M.S. Limiti agli scarichi
(2)
Cr(tot)
50 µg/L 50 µg/L
Cr(III) 2 mg/L
Cr(VI) 0,2 mg/L*
(1) Decreto Presidente Repubblica n° 236, 1988
(2) Legge n° 319 del 1976.
* dopo sedimentazione per 120 minuti primi e successiva decantazione
Tab. 1.2: Valori massimi di concentrazione del cromo nei suoi due diversi stati
d’ossidazione fissati dall’U.S.E.P.A. e dal governo italiano per la protezione
della vita acquatica
PROTEZIONE VITA ACQUATICA
ACQUE DOLCI ACQUE MARINE
salmonidi
(2)
ciprinidi
(2)
U.S.E.P.A. molluschicoltura
(1)
U.S.E.P.A
Cr(T)
20 µg/L 100 µg/L
0,7 µg/L
Cr(III)
210 µg/L **
n.d.
Cr(VI)
11 µg/L
50 µg/L
(1) Decreto Legislativo n° 131 del 1992
(2) limiti imperativi fissati dal Decreto Legislativo n° 130 del 1992
** il limite di concentrazione varia con la durezza dell’acqua
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In queste tabelle sono riportate le normative ed i criteri di qualità che
regolamentano le concentrazioni del cromo nelle acque destinate a diversi usi.
Le incertezze sulla speciazione del cromo nelle acque e sui processi
principali che ne controllano la distribuzione tra forma ossidata e forma ridotta
si ripercuotono in differenze di approccio sul piano normativo. Mentre in alcuni
casi, come nella normativa italiana (D.L. 130 e 131 del 1992) che recepisce
quella comunitaria, si preferisce fissare un valore per il cromo totale (che risulta
ovviamente fortemente condizionato dai valori di concentrazione di Cr(VI)), in
considerazione del fatto che nei sistemi acquatici sono possibili processi di
interconversione tra i due livelli redox del cromo, in altre normative si continua a
indicare valori differenziati per le due forme redox.
Esistono anche normative nel nostro Paese che regolamentano il
contenuto di cromo nei rifiuti solidi (Del. C.I. 27 luglio 1984). Secondo questa
delibera rifiuti solidi che hanno concentrazioni di Cr(VI)>100 µg/g sono da
considerarsi tossici e nocivi e vanno smaltiti in discariche apposite costruite
secondo criteri che assicurano la non diffusione dei contaminanti e la raccolta
dei percolati per il loro successivo trattamento.
Esistono nella stessa delibera citata anche limiti di concentrazione per
l’impiego in agricoltura dei compost, definiti come prodotti ottenuti mediante un
processo biologico aerobico dalla componente organica dei rifiuti solidi urbani,
da materiali organici naturali fermentescibili e da loro miscele con fanghi
derivanti da processi di depurazione delle acque di scarico di insediamenti
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civile. Il limite è di 500 mg/kg di sostanza secca per Cr(III) e 10 µg/kg di
sostanza secca per Cr(VI).
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1.3 ESPERIENZE PER LA RIMOZIONE DEL CROMO NELLE ACQUE
REFLUE
La rimozione del Cr(III), data la bassa solubilità dei suoi idrossidi, è in
genere semplice, mentre più complessa appare la rimozione del Cr(VI). Data la
pericolosità dello ione cromato ed esistendo, di conseguenza, normative che
regolamentano le concentrazioni di questo ione nelle acque reflue e nei fanghi
a livelli molto bassi (0,2 µg/L e 100 µg/g rispettivamente) un grosso sforzo di
ricerca ha riguardato la definizione di metodologie efficaci per la rimozione dei
cromati dalle acque reflue. Il principio generale su cui si basano i metodi di
trattamento delle acque reflue è quello di ridurre il Cr(VI) a Cr(III) con svariati
riducenti e di precipitarlo, quindi, a pH moderatamente alcalini come idrossido
di Cr(III). La specie Cr(OH)
3
infatti precipita quantitativamente già a pH 6,5. Per
il processo di riduzione sono stati utilizzati riducenti di varia natura (Eary and
Rai, 1988) e si è fatto ricorso a condizioni sperimentali differenti per migliorare
la resa del trattamento. Molte delle condizioni sperimentali utilizzate sono state
sintetizzate da Eary e Rai (1988) e sono riassunte in Tab. 1.3.
È ovvio che la scelta del tipo di riducente per un processo industriale
dipende non solo dalla sua efficacia dal punto di vista più propriamente
chimico, ma anche da altri parametri connessi con la realizzazione del
processo quali l’abbattimento dei costi di produzione, la disponibilità sul
Cinetica di riduzione del Cr(VI) con il Fe(II) in matrici naturali 35
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Tab 1.3 : Riassunto delle condizioni sperimentali di rimozione dei cromati dalle acque
di scarico industriali (Eary and Rai, 1988)
RIDUCENTE
pH dello step
di riduzione
pH dello step
di prcipitazione
prodotto di
Cr(III)
T°C commenti
FeSO
4
·7H
2
O
+ magnetite
6.0-8.0 6.0-8.0 Cr(OH)
3
n.r. la magnetite prende
parte al solo step di
precipitazione
FeS 4.5-7 >5.5 Cr(OH)
3
n.r. come riducente si usa
direttamente polvere di
pirite
particelle di
Ferro ma-
gnetizzate
2.7-3.5 >6.3 Cr(OH)
3
n.r.
H
2
O
2
<1.5 8-9 Cr(OH)
3
25 H
2
O
2
va aggiunto in
quantità stechiometri-
che: un suo eccesso in
presenza di O
2
atmo-
sferico provocherebbe
la riossidazione di
Cr(III)
S
2-
+ vari sali di
Fe(II)
7-8.0 1.8-3.0 Cr(OH)
3
40-60 molto importante il
riscaldamento della so-
luzione
miscela di 1
mole di FeSO
4
+7 moli di
NaOH
10-12 10-12 Cr(OH)
3
40-60 l’ossigenazione fa dimi-
nuire l’efficienza del
trattamento
sali ferrosi di
varia natura
6-10 7-13 ferrite
cromosa
40-95 sono richiesti riscalda-
mento, agitazione, e
condizioni anaerobiche
FeSO
4
7.5 7.5 Cr(OH)
3
n.r. per favorire la precipi-
tazione sono utilizzati
coagulanti organici ad
alto peso molecolare
elettrodo di Fer-
ro
4.5-5.8 4.5-8.5 Cr(OH)
3
n.r. molto importante è il
controllo del pH
FeSO
4
+
ridu-
zione elettroliti-
ca
<3.0 n.r. n.r. n.r. n.r.
Cinetica di riduzione del Cr(VI) con il Fe(II) in matrici naturali 36
Laureando: Luca D’Ottone
36
mercato dei composti, il costo di realizzazione e di esercizio degli impianti
richiesti e le difficoltà operative associate alle varie scelte.
Come si può vedere dalla Tab. 1.3, il ferro (II) è un riducente
largamentoimpiegato in questo tipo di processi anche se le condizioni
sperimentali spesso variano da caso a caso. Altri riducenti impiegati sono stati,
in combinazione con il ferro (II) o da soli, anche solfuri e il perossido di
idrogeno. Quest’ultimo in particolare è un energico riducente del Cr(VI) solo in
ambiente molto acido, mentre al contrario a pH maggiore di 7 si comporta da
ossidante del Cr(III) (Pettine et al., 1990).
1.4 CONOSCENZE DISPONIBILI SUL SISTEMA Cr(VI) - Fe(II)
Nonostante l’uso diffuso che si è fatto del ferro bivalente per ridurre il
cromo esavalente, le caratteristiche cinetiche del processo di riduzione così
come l’effetto di variabili chimico-fisiche o di altri costituenti chimici presenti in
soluzione non sono state adeguatamente approfondite.
La reazione tra Fe(II) e Cr(VI) può schematizzarsi in accordo con Eary e
Ray (1989) con l’espressione:
3 Fe + HCrO = 3 Fe(OH) + Cr(OH) n H O + qH
2+
4
j-2
k
3-k
m
3-m+
2
+
+ (1)
dove le possibili specie idrolizzate sono definite da j=0-2; k=0-4; m=0-4,
n=4(3k+m) e q=j-(3k+m+2n).
Espenson (1946 e 1969) ha studiato la potenzialità della reazione tra
Cinetica di riduzione del Cr(VI) con il Fe(II) in matrici naturali 37
Laureando: Luca D’Ottone
37
Fe(II) e Cr(VI) limitandosi a considerare campi di pH estremamente acidi (pH
<2).
In condizioni sperimentali non di pseudo primo ordine, con concentrazioni
dei reagenti presenti in rapporti tra loro comparabili, cioè [Cr(VI)] considerato
come monomero variabile tra 6·10
-5
e 4·10
-4
M e [Fe(II)] compreso tra i 3·10
-5
e
6·10
-3
, è risultato che la costante cinetica di reazione k
1
ha una dipendenza
dalla concentrazione di Fe(II) del primo ordine. Si sono tuttavia incontrate non
poche difficoltà nel desumere questo risultato dalle osservazioni sperimentali
tanto è vero che in precedenti studi Benson(1903) era indicato per questa
reazione una dipendenza del secondo ordine dal Fe(II). La cinetica della
reazione è complicata dalla presenza di Fe(III) che ne rallenta la velocità
secondo la relazione:
v = -d[HCrO ] / dt = k [Fe ][HCrO ][H ] / 1+ (k [Fe ] / k [Fe ][H ])
4
-*2+
4
-+2
2
3+
3
2+ +
(2)
dove k
1
,k
2
e k
3
sono le costanti cinetiche relative ai singoli steps attraverso i
quali si sviluppa la reazione, sotto riportati
Fe
2+
+HCrO
-
4
⇔ Fe
3+
+ Cr(V) (k
1
,k
2
) (3)
Fe
+2
+Cr(V) Fe
3+
+Cr(IV) (k
3
) (4)
Fe
+2
+Cr(IV) Fe
3+
+Cr
+3
(veloce) (5)
Il meccanismo di reazione, in questo caso, è reso complesso dalla
chimica delle forme dimere che si formano in soluzioni in cui sono presenti sia il
ferro che il cromo a livelli di concentrazione di decine-centinaia di µmoli/L. Le
difficoltà interpretative risiedono di fatto proprio nelle complessa dipendenza
matematica della velocità di reazione dalla concentrazione del ferro nel suo più
Cinetica di riduzione del Cr(VI) con il Fe(II) in matrici naturali 38
Laureando: Luca D’Ottone
38
alto stato d’ossidazione. Si è supposto che le forme del cromo presenti in stati
d’ossidazione V e VI possano complessare il Fe(III) più tenacemente rispetto al
Fe(II), in analogia con quanto avviene per il fosfato. Questo meccanismo
comporta la formazione di coppie ioniche cariche positivamente in cui sono
presenti Cr(V)/Fe(III) o Cr(VI)/Fe(III) che riducono la cinetica di reazione
sottraendo all’equilibrio moli di Cr(VI) ora impegnate nel legame con il Fe(III).
L’interpretazione data da Espenson presuppone una reazione multistadio
in cui lo stadio lento, altresì detto “rate limiting step”, è proprio causato dalla
sottrazione all’equilibrio di un certo numero di moli di cromato impegnate in
forme dimere del tipo Fe(III)-O-Cr(VI). Prove dell’esistenza di questo tipo di
dimero presente in soluzione sono state ottenute in esperimenti realizzati in
maniera analoga a quelli con cui si è determinata l’esistenza delle coppie
Cr(III)-O-Cr(VI) (Carlyle, 1967).
Espenson e King (1963) hanno anche verificato la sostanziale
indipendenza della reazione di riduzione dalla presenza di alcuni leganti
organici come la fenantrolina a pH estremamente acidi. Sono stati condotti
alcuni esperimenti a valori di pH compresi tra 0,1 e 0,7 in matrici di forza ionica
aggiustata con perclorato di litio a 1,5 M e temperatura di 0°C in presenza di
fenantrolina, che hanno mostrato una velocità di reazione comparabile con
quella osservata in assenza di legante. Questo effetto è dovuto alla
protonazione dei “lone pair” degli atomi d’azoto presenti nella molecola di
fenantrolina e può essere generalizzato a gran parte dei complessanti in campi
di pH molto acidi.