Premessa
Il lavoro che si vuole presentare è un progetto di ricerca per la determinazione dell‟età ossea
mediante la risonanza magnetica del polso e della mano. La valutazione dell‟ età ossea è una
procedura frequentemente eseguita in radiologia pediatrica. Sulla base di un esame radiologico dell‟
accrescimento scheletrico del polso e mano sinistra, viene valutata l‟età ossea e poi confrontata con
l'età cronologica. Una discrepanza tra questi due valori indica anomalie dello sviluppo. La
procedura è spesso utilizzata nella gestione e diagnosi di anomalie dell‟accrescimento ed è utilizzata
anche come indicatore sugli effetti terapeutici del trattamento. Nella pratica clinica gli standard
attualmente in uso per la valutazione dell‟età ossea sono quelli di Greulich e Pyle e di Tanner e
Whitehouse. Entrambi i metodi si basano sulla radiografia del polso e della mano valutando
l‟aumento dell‟ampiezza dei nuclei di ossificazione delle ossa carpali fino alla loro completa
maturazione e la progressiva ossificazione delle cartilagini di accrescimento. L‟obiettivo finale della
ricerca è quello di introdurre la RM del polso e della mano che offre una alternativa all‟RX come
metodica non invasiva d‟esame, superando il problema delle radiazioni ionizzanti e aggiornando gli
atlanti radiologici attualmente in uso. Questi sono ritenuti da tutti obsoleti ed inoltre non tengono
conto delle differenze etniche, del cambiamento dei fattori socioeconomici, ambientali e delle
abitudini alimentari che hanno influenzato il confronto con gli attuali standard radiografici. Per
ottenere tale risultato questa metodologia deve esprimere caratteri di necessità, riproducibilità e
fattibilità che permettano di superare l‟uso della Radiologia classica fondata sugli atlanti di Greulich
e Pyle e sul metodo di Whithouse e Tanner.
Lo scopo di questo studio è duplice; valutare l‟età ossea senza l‟uso delle radiazioni ionizzanti e
produrre uno standard aggiornato dell‟età ossea stessa.
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1. ETA’ OSSEA
La determinazione dell‟età ossea basata sui cambiamenti maturativi dell‟apparato scheletrico si
fonda principalmente, nella prima decade di vita, sull‟epoca di comparsa dei nuclei di ossificazione
(altrimenti detti di accrescimento), mentre nella seconda decade sulla fusione dei suddetti nuclei
(saldatura dei nuclei alle corrispondenti parti dello scheletro), e sulla ossificazione delle cartilagini
epifisarie o di coniugazione delle ossa lunghe (fusione delle epifisi ai rispettivi segmenti diafisari) e
di quelle costali. L‟apparato scheletrico umano è dotato di multipli nuclei di accrescimento la cui
comparsa ed il cui processo di fusione si verifica in epoche diverse, secondo un prestabilito ordine
cronologico, in ragione delle condizioni individuali di ciascuna persona e del segmento scheletrico
sede del nucleo di ossificazione; in genere, comunque, il primo nucleo di ossificazione compare a
livello della clavicola nel feto tra la 4a e la 6a settimana di vita intrauterina, mentre la loro fusione si
completa tra i 15 e i 25-28 anni.
Anche il processo di ossificazione delle cartilagini di coniugazione avviene in tempi diversi,
dipendendo dal segmento osseo e dal sesso del soggetto, completandosi circa 1-2 anni prima nella
femmina rispetto al maschio. In ogni caso, il processo maturativo si può considerare compiuto
intorno ai 25 anni. L‟età ossea in pediatria rappresenta un parametro utile per la valutazione della
crescita . Essa permette di rappresentare, attraverso una radiografia che valuta il grado di maturità
del distretto scheletrico indagato, quella che è la “vera” età biologica dell‟individuo, consentendoci
di attribuire,per esempio, ad un‟età “biologica” diversa, un diverso sviluppo fisico tra due bambini
sani, dello stesso sesso e della stessa età.
Prima dei 2 anni la valutazione viene fatta sulle ginocchia e sulle ossa del tarso; dal secondo anno
d‟età invece la valutazione viene fatta sul polso e sulla mano (per convenzione la sinistra),
valutando la presenza o meno dei nuclei d‟ossificazione delle ossa del carpo e delle falangi.
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1.2 Metodiche di studio per la determinazione dell’età ossea
La determinazione dell‟età ossea può avvenire con due tipi di indagine:
ξ SCHELETRICA
La maturazione scheletrica si concentra sulle caratteristiche degli elementi ossei quali dimensione,
la forma ed il grado di ossificazione. L‟età scheletrica viene valutata prevalentemente mediante
l‟indagine radiologica dei nuclei di ossificazione epifisari fino agli 11-12 anni e, dopo tale età, in
base alla presenza o assenza delle saldature diafiso-epifisarie. Secondo il numero dei distretti
esaminati per mezzo della radiografia i metodi di valutazione del processo di ossificazione si
distinguono in unisegmentari (radiografia del polso e della mano), plurisegmentari( radiografia di
più articolazioni o di tutto un emischeletro)e ancora in metodi trasversali(basati sullo studio di
differenti gruppi di individui di una o più età) e longitudinali (basati sullo studio di singoli individui
per tutta l‟età evolutiva,con valutazioni periodiche ad intervalli regolari di tempo). La maturazione
ossea può essere stimata mediante il metodo del singolo elemento osseo(falange,clavicola,polso)
oppure utilizzando un atlante di riferimento che consenta il confronto di un RX del soggetto con
casi di controllo standard abbinati per età e per sesso. Il rappresentante primo di questa categoria è
appunto l‟atlante di Greulich e Pyle. Occorre ricordare che, oltre a questo atlante, esistono altre
tecniche di indagine, che seppur utilizzate di meno nella clinica, rivestono comunque una certa
importanza.
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ξ ODONTOLOGICA
La valutazione dell‟età ossea può essere ottenuta analizzando il grado di mineralizzazione dentaria e
l‟eruzione dentaria di specifici elementi desunta dalla lettura di indagini radiografiche dentarie in
particolare l‟ortopantomografia. Le metodologie di riferimento sono:
Ortopantomografia secondo Demirjian
Le suddetta metodica prende in considerazione uno o più elementi dentari permanenti, con
l‟esclusione del solo terzo molare in quanto elemento ritenuto poco affidabile perché spesso assente,
malformato e con epoca di formazione ed eruzione variabile. Con il metodo di Demirjian et al.
(1973) si assumono esami radiografici, preferenzialmente OPT, di sette elementi dentari
dell‟emiarcata mandibolare sinistra (incisivi, canino, premolari, primo e secondo molare). Per ogni
dente esaminato si individua la fase evolutiva raggiunta in riferimento comparativo ad una delle otto
previste a partire dalla comparsa dei punti di calcificazione (stadio A) fino alla chiusura degli apici
radicolari (stadio H).
A ciascuna fase maturativa di ogni singolo elemento dentario è attribuito un punteggio,
differenziato per sesso, desunto da uno studio di correlazione con il grado di maturità scheletrica
secondo Tanner (1962).
La somma dei punteggi relativi ad ogni dente realizza uno score espressivo della maturità dentale
globale, che riportato su apposite tabelle di conversione, indica l‟età dentale ricercata.
L‟applicazione del metodo può essere difficoltosa in assenza di uno o più elementi dentari su cui
esso è strutturato; in questo caso è possibile far ricorso, se presente, al dente omologo
dell‟emiarcata controlaterale, per il fenomeno della simmetria maturativa esistente tra gli elementi
dentari in posizioni
corrispondenti nelle emiarcate contigue. Nell‟ipotesi di assenza anche del dente omologo, unico
rimedio ipotizzabile di una relativa validità operativa potrebbe essere quello di attribuire un valore
corrispondente al grado di maturazione prevista.
Due sono gli studi che presentano casistiche significative in merito alla valutazione dell‟età dentaria
misurata secondo gli 8 stadi previsti dal metodo Demirijan sull‟intera dentatura. Il primo su 900
soggetti di origine turca di età compresa tra i 4 ed i 12 anni, i cui risultati portano a considerare che i
bambini originari del nord della Turchia raggiungano la maturità dentaria precedentemente rispetto
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a quelli del gruppo utilizzato da Demerijan. La differenza media tra età dentaria e cronologica dei
maschi e delle femmine varia di 0,36-1,43 e 0,50-1,44 anni, rispettivamente. Gli standard comunque
di età dentaria descritti da Demerijan et al. nel 1973 e 1976 possono non essere adatti per i bambini
del nord della Turchia. Ciascuna popolazione di bambini abbisogna di propri specifici standard per
una stima accurata dell‟età cronologica. Il secondo lavoro presenta i risultati di uno studio condotto
su 2076 soggetti coreani di età compresa tra il 1° e il 20° anni di età. L‟età valutata secondo l‟analisi
di regressione risulta essere +/- 1,0 anno, rispetto all‟età anagrafica nel 92% dei maschi e nel 92,5%
di soggetti femmina. Vi è inoltre uno studio che effettua la comparazione dei principali metodi di
determinazione dell‟età da analisi dentaria, effettuato su 75 minori di età compresa tra i 5 e i 14
anni. I risultati dello studio mostrano l‟accuratezza dei metodi in modo decrescente partendo da
Williams, poi Haavikko, Cameriere, Nolla ed ultimo Demerijan, anche se non considerano la fascia
di età certamente più problematica, almeno da un punto di vista legale, ovvero quella attorno ai 18
anni. Con il metodo Williams si ha una sovrastima dell‟età con una accuratezza media di 0,25 anni
per i maschi e 0,24 per le femmine.
Ortopantomografia metodo morfometrico
Santoro e collaboratori nel 2008 pubblicano un articolo sullo studio e sullo sviluppo della radice del
III molare secondo una analisi morfometrica, con lo scopo di arrivare al superamento dei limiti
dettati dalla sola analisi morfologica. I risultati ottenuti supportano il vantaggio di uno studio
morfometrico rispetto ad uno squisitamente morfologico, ma tutte le tecniche utilizzate nel
determinare l‟età di un soggetto vivente possono portare solo indicazioni inerenti l‟età biologica ma
nessuna certezza sull‟età cronologica la cui stima risulta più accurata, come riportato in letteratura,
se vengono utilizzati più indicatori. Va comunque sottolineato che la tecnica digitale risulta essere
meno invasiva, le radiazioni infatti sono ridotte di ¾ comparandole con ortopantomografia
tradizionale, assolvendo in modo migliore ai principi di etica medica.
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1.3 Processo di ossificazione
E‟ possibile Distinguere tre tipi di ossa: le ossa tubolari, lunghe o corte, che costituiscono per lo
più lo scheletro degli arti; le ossa cuboidee (quelle del carpo, del tarso e delle vertebre); le ossa
piatte(quelle della scapola, del bacino, dello sterno e della volta cranica).
Ossa tubolari: sono formate da tre differenti porzioni anatomiche denominate diafisi, metafisi ed
epifisi. La diafisi, che rappresenta la porzione centrale delle ossa lunghe, è costituita da un cilindro
di osso compatto nel cui interno si trova una cavità occupata da midollo osseo, detta canale
midollare. La Metafisi è costituita da una trabecolazione ossea, nota come tessuto reticolato o
spongioso. Questo è il principale elemento costitutivo delle estremità meta-epifisarie delle ossa
lunghe, corte e cuboidee. Apparentemente disposte senza un ordine preciso, queste trabecole in
realtà seguono le linee di forza che agiscono sulla statica ossea e sulle quali si modellano. L'epifisi,
costituita anch'essa da tessuto spongioso, presenta la particolarità di essere rivestita da un sottile
strato di cartilagine sul versante articolare. La porzione radiologicamente trasparente, compresa tra
il nucleo epifisario e l'osso metafisario neoformato, corrisponde alla cartilagine di accrescimento o
di coniugazione.
Ossa cuboidee: risultano formate da una massa centrale di tessuto spugnoso circondato in tutta la
sua periferia, ad eccezione della superficie articolare, da un sottile strato di tessuto compatto.
Ossa piatte: sono essenzialmente composte da due lamine di tessuto compatto che occupano le due
facce opposte dell'osso ed imprigionano fra loro uno strato più o meno spesso di tessuto spongioso.
L‟osso nasce sempre da un tessuto preesistente di derivazione mesenchimale.
Tale tessuto può essere:
1) tessuto connettivo primitivo per cui si parla di ossificazione intramembranosa o diretta. In questo
caso l‟osso si forma all‟interno di un tessuto connettivo primitivo per differenziamento delle cellule
mesenchimali in osteoblasti.
2)tessuto cartilagineo per cui si parla di ossificazione intracartilaginea o indiretta. In questo caso
l‟osso sostituisce completamente o in parte un precedente modello cartilagineo.
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Questi due tipi di ossificazione avvengono a livello di segmenti ossei differenti. Il processo di
ossificazione intramembranosa è responsabile dello sviluppo delle ossa del cranio (volta e
splancnocranio)direttamente dal mesenchima. La base del cranio,clavicola,le ossa tubulari e le ossa
cuboidee sviluppano per mezzo di ossificazione endocondrale da modelli cartilaginei.
Nell‟ossificazione MESENCHIMALE il processo di ossificazione prende origine nei centri di
ossificazione nei quali il mesenchima stesso si condensa, si vascolarizza abbondantemente mentre
le sue cellule proliferano attivamente. Alcuni di questi elementi si modificano in modo tale da
trasformarsi in cellule osteoprogenitrici ed in osteoblasti. Gli osteoblasti secernono matrice organica
più densa del mesenchima circostante e si dispongono in file singole o doppie. La sostanza
intercellulare è, all‟inizio, priva di sali minerali per cui viene denominata tessuto osteoide; esso va
incontro ben presto alla mineralizzazione e si forma una prima trabecola circondata da uno o due
strati di osteoblasti allineati con aspetto epitelioide. La prima trabecola, poi, si accresce per
apposizione in quanto gli osteoblasti disposti intorno ad essa producono un nuovo strato di tessuto
osteoide. Alcuni osteoblasti rimangono racchiusi nel tessuto osteoide ed emettono prolungamenti
per cui si trasformano in osteociti; via via che il tessuto osteoide calcifica i corpi ed i prolungamenti
degli osteociti restano imprigionati all‟interno di lacune e canalicoli. Contemporaneamente intorno
alle trabecole in accrescimento si formano sempre nuovi strati di osteoblasti.
L‟ossificazione CONDRALE avviene sempre per sostituzione di un modello cartilagineo ma in
essa si distinguono:
1) un‟ossificazione per sostituzione all‟interno dell‟abbozzo cartilagineo, questa è
detta ossificazione endocondrale
2) un‟ossificazione per sostituzione a spese del pericondrio e successivamente del periostio. Questa
è detta ossificazione pericondrale o, in seguito, periostale.
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