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1. INTRODUZIONE ALL’HERPES VIRUS
Gli Herpes virus costituiscono un vasto gruppo di virus ampiamente diffuso in
tutto il regno animale, la caratteristica comune alla maggior parte di questi virus è
la capacità di causare infezioni latenti, che possono manifestarsi anche dopo mesi
o anni. Essi appartengono alla famiglia Herpetoviridae [1] che comprende un
gruppo di agenti patogeni responsabili di una grande varietà di malattie a danno
dell‟uomo e degli animali; le patologie generate da questi virus sono diversificate
per gravità e localizzazione, si passa dalle più comuni infezioni dei tessuti
epiteliali a quelle più gravi a carico degli organi e delle cellule del sangue.
Gli herpes virus vengono suddivisi in tre sottofamiglie:
α-herpes virus;
β-herpes virus;
γ-herpes virus.
Il virus preso in esame nel presente lavoro di tesi è l‟Herpes Simplex Virus,
appartenente alla sottofamiglia degli α-herpes virus; in natura ne esistono due
diversi sierotipi: HSV-1 e HSV-2 che si distinguono per le lesioni a cui sono
associati, rispettivamente facciali e genitali; entrambi i sierotipi sono stati
completamente sequenziati.
Al fine di identificare molecole di natura peptidica da impiegare in una eventuale
terapia anti-HSV, è stato studiato il complesso meccanismo attraverso cui il virus
penetra nella cellula bersaglio.
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1.1 – Caratteristiche strutturali e molecolari
L‟Herpes Simplex Virus del tipo I è costituito internamente da un nucleo
contenente l‟acido nucleico (DNA lineare a doppio filamento), racchiuso da un
rivestimento proteico detto capside (l‟insieme costituisce il nucleocapside); il
capside è circondato da un materiale amorfo e asimmentrico, chiamato tegumento
e protetto esternamente da un doppio strato fosfolipidico, caratterizzato dalla
presenza di glicoproteine (spike) che ricoprono la superficie (Fig.1.1).
Il capside proteico è un solido regolare a 20 facce triangolari (con 30 spigoli e 12
vertici), denominato icosaedro, del diametro di 100 nm.
Figura 1.1
Illustrazione della struttura dell‟Herpes Simplex Virus I (a destra); a sinistra il virus analizzato
tramite il microscopio elettronico.
Tale capside è costituito da 162 unità cave dette capsomeri, che possono essere di
due tipi: capsomeri a sezione pentagonale (penton) che occupano i 12 vertici
dell‟icosaedro; capsomeri a sezione esagonale (exon) che costituiscono facce e
spigoli e sono in numero molto vario, in relazione alle loro dimensioni e a quelle
del virione.
I capsomeri sono formati da monomeri proteici uguali o diversi (5 per i penton e 6
per gli exon), i quali a loro volta formano una o più catene polipeptidiche uguali o
diverse [2] (Fig.1.2).
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Oltre ad avere una struttura icosaedrica, gli herpes virus possono avere anche una
struttura elicoidale: in questo caso i capsomeri sono disposti uno dopo l‟altro, in
modo da formare un cilindro cavo che contiene, per ciascuna spirale, un numero
costante di subunità.
Figura 1.2
Schema di un capside icosaedrico a 252 capsomeri. I 12 capsomeri ai vertici hanno numero di
coordinazione pari a 5 (sono cioè in contatto con altri 5 capsomeri) e sono detti penton; gli altri
240 capsomeri, detto exon, hanno invece numero di coordinazione di 6.
L‟herpes virus è un virus con envelope, il capside proteico è rivestito
esternamente da una membrana lipidica che deriva dalla membrana citoplasmatica
o nucleare della cellula ospite. Tale involucro viene acquisito durante il processo
di gemmazione, meccanismo durante il quale i virioni vengono liberati dalla
cellula ospite portandosi dietro tutta la porzione membranosa [3].
I lipidi e i carboidrati del tegumento sono costituenti della membrana della cellula
ospite, ma le proteine presenti sono codificate da geni virali; infatti quando il virus
si riproduce all‟interno della cellula, sintetizza alcune proteine collocate in
particolari zone della membrana che costituiranno poi l‟involucro virale (Fig.1.3).
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Figura 1.3
Virioni di herpes virus che acquisiscono l‟involucro membranoso mentre fuoriescono dal nucleo
della cellula infettata. A sinistra (frecce verdi), all‟interno del nucleo, si vedono i capsidi
icosaedrici contenenti DNA; a destra (frecce rosse), nel citoplasma, si notano i virus dotati di
involucro dopo la fuoriuscita dal nucleo. In questa fotografia al microscopio elettronico, è anche
visibile un virione gemmante non ancora staccato dalla membrana cellulare (freccia blu).
Il genoma dell‟herpes virus è lungo 152 Kb con un contenuto in GC del 68% e
presenta delle caratteristiche particolari non riscontrate in altri virus: la
denaturazione tramite riscaldamento e la successiva rinaturazione del DNA virale,
porta alla formazione di strutture molecolari costituite da due anse a singolo
filamento unite da corte sequenze a doppio filamento. Tali strutture sono dovute al
fatto che il DNA dell‟herpes simplex è costituito da due regioni (la più lunga
indicata con L, comprendente l‟82% del genoma, e la più corta con S), ciascuna
contenente sequenze terminali ripetute ed invertite, separate da sequenze di DNA
non ripetute.
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1.2 – Ciclo di infezione virale
I virus sono in grado di infettare le cellule di tutti e tre i regni della vita: batteri,
archea ed eucarioti; centinaia di virus possono infettare cellule umane causando
malattie, per cui è importante capire come i virus entrano nelle cellule e come
questo processo possa essere inibito.
L‟infezione delle cellule eucariotiche da parte dei virus con envelope richiede la
fusione tra la membrana virale e la membrana cellulare [4]. Tale processo è
mediato dalle glicoproteine dell‟envelope virale (“proteine di fusione”), che
contengono regioni altamente idrofobiche chiamate peptidi di fusione.
Durante il processo di fusione tali glicoproteine subiscono vari cambiamenti
conformazionali che portano:
1) all‟esposizione del peptide di fusione;
2) al successivo inserimento nella membrana della cellula target;
3) all‟avvicinamento e fusione delle membrane cellulare e virale.
L‟infezione delle cellule da parte dell‟HSV può essere schematizzata come segue:
I. Il virus attacca la superficie cellulare e vi penetra attraverso la fusione
diretta con la membrana cellulare , tramite un meccanismo che attualmente
sembra essere indipendente dal pH, previa interazione con specifici
recettori di superficie;
II. Il capside virale, privo dell‟envelope, viene trasportato nel nucleo, ivi
rilasciato e circolarizzato;
Il DNA virale è trascritto e replicato come concatenamero, probabilmente
attraverso un meccanismo di trascrizione. La fase finale del processo di
moltiplicazione degli herpes virus comincia dopo l‟inizio della sintesi di
DNA virale, con la sintesi degli mRNA tardivi, che codificano per le
proteine strutturali del virus;
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La trascrizione iniziale del DNA avviene ad opera della RNA polimerasi
cellulare, questi primi mRNA vengono poi tradotti nel citoplasma, dove
danno luogo alla formazione di polipeptidi precoci immediati, necessari
per attivare una successiva trascrizione che porta alla formazione di
polipeptidi precoci.
III. Il nuovocapside è assemblato nel nucleo come un guscio nel quale il DNA
virale viene impacchettato in seguito al taglio del concatenamero;
IV. Il nucleo capside, è poi ricoperto da una lamella interna della membrana
nucleare, sulla quale sono state già espresse le glicoproteine di superficie e
il tegumento virale;
V. Il capside ricoperto viene trasportato nello spazio extracelulare tramite
gemmazione, Fig.1.4, legandosi agli appropriati recettori localizzati sulla
membrana esterna della cellula adiacente non infetta;
VI. Il virus, così replicato, diffonde tra le cellule adiacenti ampliando
l‟infezione (Fig.1.5).
Figura 1.4
Schema della produzione di un virus per gemmazione. Nel citoplasma cellulare vengono
sintetizzate proteine virali che si integrano nella membrana citoplasmatica in zone dette placche
virali. A livello di tali zone avviene il processo di gemmazione.
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Figura 1.5
Rappresentazione schematica della riproduzione di un virus a DNA con rivestimento membranoso,
in particolare l‟herpesvirus. L‟envelope virale può derivare sia dalla membrana cellulare che da
quella nucleare.
Gli α-herpes virus, dopo un‟iniziale replicazione nelle cellule epiteliali, possono
insinuarsi nel soma delle cellule neuronali determinando una infezione di tipo
produttiva, che porta al rilascio della progenie; oppure una infezione di tipo
latente, durante la quale si ha una limitata espressione del genoma (non
manifestando così l‟infezione virale diagnosticabile nel tessuto).
In seguito ad appropriate stimolazioni dei neuroni coinvolti in infezioni latenti, il
virus può riattivarsi, determinando, come effetto finale, lesioni ricorrenti nei siti
dove è avvenuta l‟infezione primaria in seguito al rilascio massivo delle progenie
virale durante il nuovo ciclo produttivo nei tessuti epiteliali .
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1.3 – Classi di Glicoproteine
Le principali glicoproteine di membrana [5] condividono alcune caratteristiche
comuni:
Esse protrudono per circa 100-150 Ǻ dalla membrana virale per cui hanno
la maggior parte della loro massa esterna alla membrana virale;
Tendono a formare oligomeri, la cui formazione è essenziale per il
trasporto intravescicolare alla membrana di superficie dopo la biosintesi;
Sono presenti sulle membrana virale ad elevata densità superficiale;
Contengono peptidi di fusione in subunità ancorate alla membrana;
Sono proteine integrali di membrana, espresse sottoforma di precursori
inattivi ed attivate in seguito ad un taglio proteolitico e/o a modificazioni
strutturali per potenziare la loro attività fusogenica;
Sono costituite da un grande dominio extracellulare a spiccato carattere
idrofilico, contenente diversi siti di N- ed O-glicosilazione.
Le glicoproteine di fusione possono essere suddivise in 3 classi: le proteine di
classe I e di classe II sono le più note, recentemente sono state identificate le
proteine di classe III. Per molti virus, l‟identità e/o le strutture delle proteine di
fusione non sono ancora state determinate; questi virus risultano quindi difficili
da classificare come appartenenti alla classe I, alla classe II [6a] (Fig.1.6), o alla
classe III [6b] (Fig.1.7).
Le proteine di fusione di classe I sono presenti in molte famiglie di virus non
correlate, quali paramyxovirus, orthomyxovirus, retrovirus e flavivirus.
Le proteine di fusione di classe I sono composte da tre subunità identiche, la cui
forma funzionale è generata da un precursore che è tagliato in due frammenti; il
frammento ancorato alla membrana contiene il peptide di fusione all‟N-terminale
o in prossimità dell‟N-terminale, ed inoltre contengono regioni HR e domini
transmembrana (TM).
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Il peptide di fusione è un‟α-elica idrofobica in grado di penetrare la membrana
della cellula bersaglio allo scopo di destabilizzare l‟organizzazione della
membrana lipidica. Il peptide di fusione, inserendosi nella membrana della
cellula ospite insieme al dominio TM, che ancora le proteine all‟involucro virale,
crea un ponte fra le due membrane. Successivi riarrangiamenti conformazionali
di queste proteine portano alla giustapposizione delle membrane virali e cellulari,
che culmina nella fusione dei due bilayers. In aggiunta al peptide di fusione,
molte proteine di fusione contengono una o più regioni heptad- repeat (HR),
spesso adiacenti alla sequenza del peptide di fusione ed al dominio TM di
ancoraggio. Generalmente si trovano due di queste regioni: una regione HR all‟
N-terminale (HR1) adiacente al peptide fusione, ed una regione HR al C-
terminale (HR2) accanto al dominio TM di ancoraggio. Studi strutturali su
diverse proteine virali di fusione rivelano che le regioni HR formano un fascio di
sei eliche e questa struttura sembra implicata nel meccanismo di penetrazione del
virus. L‟associazione dei domini HR1 ed HR2 dà luogo alla formazione del
fascio di sei eliche con un dominio trimerico centrale, formato da eliche HR1; le
tre eliche HR2 sono leggermente piegate e disposte antiparallelamente nel core
idrofobico situato sulla superficie delle eliche HR1 a formare un coiled-coil.
Durante la fusione, si forma un intermedio che è ancorato sia alla membrana
cellulare che a quella virale; in tal modo, il refolding della proteina in un
trimerico coiled-coil, ricolloca il peptide di fusione e il dominio transmembrana
all‟estremità del coiled-coil, mettendo a contatto le due membrane.
Il prototipo della proteina di fusione di questa classe è l‟HA dell‟influenza virus.
L‟HA è una proteina trimerica che contiene sia il sito di legame con il recettore
che l‟attività fusogena dell’Influenza Virus. Essa è sintetizzata come precursore
inattivo, HA0, che è processato da proteasi della cellula ospite per produrre due
subunità legate da ponti disolfuro, HA1 (328 aa), contenente il sito di legame con
il recettore, e HA2 (221 aa), la subunità legata alla membrana è responsabile
della fusione.