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Prefazione
Il presente contributo propone il caso di un’esperienza concreta di collaborazione
all’organizzazione della mostra “Michael Lin: The colour is bright the beauty is generous” al
Centro per l'Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato dal 16 ottobre 2010 al 13 febbraio 2011.
Il caso viene portato come testimonianza diretta di uno stage svolto presso l’ente dal 23
agosto al 30 novembre 2010, all’interno dell’ufficio che si occupa di organizzare, coordinare e
allestire le mostre temporanee che hanno sede nel museo. Dalla fine degli anni ’80 il Centro
Pecci si caratterizza per l’organizzazione di grandi mostre di arte contemporanea dal respiro
internazionale, in uno spazio altamente versatile anche se strutturalmente datato. Il Centro, in
attesa di un importante ampliamento previsto per fine 2012, continua a proporre mostre
temporanee negli spazi esistenti e mostre temporanee itineranti in tutto il mondo per
mostrare la propria collezione che altrimenti non potrebbe essere vista.
La possibilità offerta dall’ente, di seguire l’organizzazione a stretto contatto con la figura del
Registrar del museo, ha reso possibile l’osservazione di tutto il processo gestionale, giorno
dopo giorno, e di prestare aiuto concreto nel supporto delle attività. Questo ha permesso di
raccontare l’esperienza in modo molto specifico, evidenziando le criticità poste al Registrar,
descrivendo la loro risoluzione e portando una riflessione personale sulla soluzione adottata.
Importante è stata la presenza dell’artista durante i giorni più critici dell’allestimento e dei suoi
collaboratori, esecutori di grandi dipinti temporanei nello spazio espositivo, particolarità
distintiva di questa mostra. Dopo una accurata documentazione sull’artista, è apparso
evidente che sarebbe stata un’imperdibile occasione formativa seguire da vicino l’esecuzione –
e non solo l’organizzazione – delle grandi mostre di Michael Lin, già dedicategli dal Palais de
Tokyo di Parigi, dalla Kunsthalle di Vienna, e da tutte le più importanti Biennali del mondo.
L’elaborato, pertanto, cercherà di raccontare, a livello teorico e a livello operativo,
l’organizzazione e la gestione della mostra dell’artista Michael Lin, dal punto di vista – centrale
– del Registrar. L’obiettivo è sia documentare il caso in modo più dettagliato possibile affinché
rimanga come testimonianza, sia riflettere sul ruolo di una figura professionale che fa da
“collante” tra richieste artistiche provenienti dal mondo curatoriale o derivanti dalla poetica
dell’artista e necessità tecniche e operative di realizzazione della mostra. Si potrà comprendere
dalla lettura del caso la criticità nel ricercare la soluzione migliore da adottare di fronte alle
numerose difficoltà incontrate.
La descrizione delle varie fasi di realizzazione della mostra, dalla fase preliminare alla fase
operativa, saranno raccontate avvalendosi di una griglia proposta dal Ministero per i Beni e le
Attività Culturali per l’organizzazione di mostre. Le fasi operative della mostra saranno
supportate da un’ampia documentazione fotografica raccolta in prima persona durante
l’esecuzione delle attività. Tale documentazione sarà spunto di riflessione di numerose
problematiche emerse e delle modalità con le quali sono state risolte, soprattutto in fase
allestitiva e di realizzazione delle opere. Inoltre, per rendere maggiormente veritiero e
realistico l’elaborato si porta come materiale allegato le scansioni di tutti i documenti più
importanti che si sono utilizzati: modelli standard per richiesta di prestiti, lettere di
corrispondenza, ed altro materiale originale, fondamentale perché il caso possa essere
effettivamente raccontato come caso reale.
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Infine, si propone una scheda per l’acquisizione di un’opera – Untitled (Room 9) – realizzata
per la mostra temporanea che sarà donata al museo. Oltre al contratto di donazione,
attualmente unico documento prodotto dal museo per documentare il lascito, è fondamentale
che il registrar si occupi anche della fase finale dell’opera, raccogliendo più testimonianze
possibili al fine di costituire una carta d’identità dell’opera che entrerà a far parte della
collezione del museo. La scheda da me proposta è un modello ispirato a quello ideato dai
musei Tate e S.M.A.C.K. all’interno del progetto europeo “Inside Installation” (2004-2007).
Prima di partire con il caso vero e proprio, credo sia opportuno specificare ulteriormente il
metodo di acquisizione delle informazioni, dando possibilità al lettore di capire quali sono stati
i punti che hanno fatto nascere e crescere il lavoro così come lo si è presentato.
Gli obiettivi posti come guida nella raccolta delle informazioni sono quelli di:
1. Presentare la documentazione necessaria per la temporanea importazione di opere
europee ed extraeuropee e per l’organizzazione di un evento temporaneo (opere con
meno di 50 anni e di artista vivente);
2. Documentare le modalità di arrivo delle opere e l’attività di stesura dei condition reports;
3. Documentare la fase di allestimento, in particolare la realizzazione di wall painting, floor
painting e una tela;
4. Documentare e riflettere su eventuali problematiche legate al microclima delle sale
espositive;
5. Ideare un modello di struttura per la catalogazione di un’installazione acquisita dal
museo.
Le azioni e gli strumenti con i quali si cercherà di arrivare agli obiettivi preposti sono:
1. Collaborazione con il team organizzativo della mostra (Registrar, Assistente del direttore,
collaboratrice al progetto mostra, restauratrice, conservatore, tecnici, assistenti
dell’artista);
2. Stesura di condition reports con la restauratrice;
3. Scansione dei principali documenti e materiali, in originale, oscurando i dati sensibili;
4. Interviste;
5. Macchina fotografica;
6. Letteratura di settore.
Al fine di contestualizzare l’argomento trattato, si rende necessario esplicitare una narrazione
seppur breve del contesto presso cui il lavoro è stato realizzato, il Centro Pecci per l’arte
contemporanea, l’autore Michael Lin, la mostra The colour is bright, the beauty is generous.
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Il Centro Pecci
Costruito su progetto dell'architetto
razionalista fiorentino Italo Gamberini, il
Centro per l'arte contemporanea Luigi
Pecci è stato fondato nel 1988, in
memoria del figlio dell'industriale Enrico
Pecci, con il contributo
dell'amministrazione comunale, di varie
aziende, imprenditori e privati cittadini.
E' attivo a livello internazionale con
un'ampia programmazione di mostre
temporanee, attività didattiche, di
documentazione e informazione,
spettacoli ed eventi multimediali. Presenta un'importante Collezione permanente, composta
da opere dei maggiori artisti degli ultimi 30 anni, acquisite a testimonianza della propria
attività espositiva e di ricerca. Il ricco patrimonio di opere raccolte e in costante espansione ha
stimolato negli ultimi anni un'attenta riflessione sulla centralità della collezione e su attività
fondamentali come la catalogazione e la conservazione, da affiancare stabilmente
all'organizzazione e presentazione di mostre temporanee. L'adeguamento definitivo degli spazi
tecnici al piano interrato e il potenziamento dello spazio espositivo dedicato alla collezione,
considerati quali sviluppi necessari del processo di funzionalizzazione avviato negli anni scorsi,
ha indotto la direzione del Centro a prevedere la possibilità di un ampliamento dell'edificio
esistente e la famiglia Pecci a proporne concretamente la realizzazione commissionando il
progetto a Maurice Nio, figura tra le più interessanti dell'innovativa scena architettonica
olandese. Il museo potrà finalmente mostrare la propria collezione in modo ampio e
continuativo, presentandosi come sede prestigiosa ben identificabile, aprendo all'esterno i
propri servizi e proposte culturali per contribuire alla crescita intellettuale oltreché economica
dell'area in cui opera. Il progetto di ampliamento è già in fase di realizzazione e si prevede che
sia ultimato entro il 2012. Attualmente, il museo visto dai visitatori e dai cittadini di Prato,
appare come un grande cantiere a cielo aperto ma, al suo interno, nello spazio espositivo
“storico” che si snoda in dieci grandi sale, continua la programmazione di grandi mostre, in
attesa del completamento dei lavori. La nuova grande ala del museo sarà in grado di offrire
degli spazi molto più idonei, a livello microclimatico e illuminotecnico, per l’esposizione delle
opere.
L’artista
Michael Lin, nato nel 1964 a Tokio, in Giappone, si è trasferito negli Stati Uniti per completare
la propria formazione artistica (BFA, Parsons School of Design, Los Angeles, USA e MFA, College
of Design, Pasadena, USA). Nel 1993 Lin è rientrato a Taiwan e questo ritorno ha influenzato la
sua sensibilità estetica portandolo a fare propri i motivi decorativi, spesso floreali, tipici dei
tessuti tradizionali taiwanesi degli anni Cinquanta, che diventano la cifra stilistica della sua
produzione artistica. Michael Lin si è affermato a livello internazionale con i suoi monumentali
dipinti a muro e su pavimento che, in suggestive installazioni ambientali, ridisegnano e
ripensano lo spazio mettendo in discussione i confini tradizionali tra pittura, architettura e
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design. Egli non inventa alcun pattern ma trae ispirazione da tessuti, ceramiche, vestiti. Attinge
da tutto ciò che è decorazione nella vita taiwanese ed espande i piccoli segni (floreali o
geometrici) dei quali a volte siamo assuefatti, espandendoli su enormi pareti, su tele, su
pavimenti. In questo modo riesce a portare a livello pubblico dei dettagli che sono prettamente
privati. Attualmente vive e lavora a Shanghai e Parigi. Fra le sue mostre più importanti si
ricordano:
2009: I Am the Sun, Eslite Gallery, Taipei, Taiwan; The Spectacle of the Everyday, Biennale de
Lyon, France;
2008: Super fengshui, Ullens Center for Contemporary Art, Beijing, China;
2007: Moscow Biennial of Contemporary Art, Moscow, Russia;
2006: Notre Histoire, Palais de Tokyo, Paris, France;
2005: Kunsthalle Wien, Vienna, Austria (solo);
2004: Asian Art Museum of San Francisco, CA, USA (solo);
2003: SPRING 2003, Palais de Tokyo, Site de Creation Contemporaine; BIBLIOTHERAPY (con
Remy Markowitsch), Kuntsmuseum, Lucerne, Switzerland;
2002: INTERNATIONAL, Liverpool Biennial, Liverpool, UK; THE GRAVITY OF THE IMMATERIAL,
Total Museum, Seoul, Korea; 7TH ISTANBUL BIENNIAL, Istanbul, Turkey;
2001: THE GRAVITY OF THE IMMATERIAL, Institute of Contemporary Art, Taipei, Taiwan; 49TH
BIENNIAL OF VENICE, Taiwan Pavilion, Venice, Italy;
2000: THE SKY IS THE LIMIT, TAIPEI BIENNIAL, Taipei Fine Arts Museum, Taiwan.
Dedicare una mostra temporanea ad un artista con una simile poetica si traduce in uno sforzo
organizzativo assai maggiore perché implica la realizzazione di opere in situ e non il semplice
allestimento di opere bidimensionali. Infatti, la mostra è stata classificata dal museo come
mostra ad “alta complessità”.
La mostra
La mostra intotolata The colour is bright the beauty is
generous è la prima grande retrospettiva dell’artista
taiwanese Michael Lin, oltre che la prima mostra italiana a
lui dedicata. Il progetto mostra è curata da Marco Bazzini,
direttore artistico del Centro Pecci, e dal curatore esterno
Felix Schöber, in collaborazione con gli architetti
giapponesi Atelier Bow-Wow per quanto riguarda la
proposta di allestimento delle sale.
L’artista è noto nel mondo dell’arte contemporanea per
saper abilmente progettare maestosi murales all’interno o
all’esterno degli spazi museali. Per quest’esposizione sono
stati realizzati tre grandi lavori in situ: un murale, un
pavimento e una tela. Meticolosamente realizzati a mano
dai suoi collaboratori, i lavori di Michael Lin si confrontano
con la poetica del minimalismo e mirano a mettere in discussione concetti quali modernità,
tradizione e identità culturale, dando vita a situazioni e spazi di interazione umana che offrono
allo spettatore una ricca esperienza visiva. Lo spettatore è immerso in questi grandi lavori
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ambientali che lo circondano a partire dall’alto fino al pavimento. Per l’artista sono importanti
due nozioni fondamentali dell’estetica del sublime: le emozioni umane e la bellezza. La
mostra, infatti, è stata ideata in modo da imitare in qualche modo l’abitazione dell’artista, che
accoglie i visitatori meravigliandoli con la “bellezza” delle opere che egli “generosamente”
dona. Il percorso della mostra, articolato in dieci grandi sale espositive alterna lavori creati da
Lin a partire dal 1996 a installazioni ambientali realizzate in situ. Fra queste spicca il grande
dipinto murale che corre lungo tre sale del museo e il pavimento di un'intera sala ricoperto da
motivi floreali dipinti. L’altra grande opera realizzata in situ è la tela, posta all’inizio della
mostra, ad imitare i paravento delle case orientali come una colorata parete di benvenuto.
La mostra, strutturata come un passaggio graduale da uno spazio pubblico in una casa privata,
prevede una reception, un bar, un salotto, una sala giochi, un salone, una biblioteca, una sala
video, un salone dipinto, e anche un giardino e sale da tè. Vengono riproposte alcune tra le
opere più importanti opere che hanno segnato la ricerca di Lin. La prima è “Please remove your
shoes before stepping on the carpet and feel free to choose from the selection of music” che
rappresenta lo spazio di ingresso nella casa immaginaria di Michael Lin. Lì il visitatore è invitato
ad accomodarsi sui tappeti e ad ascoltare della musica scegliendo tra i cd dell’artista. La
seconda è l’installazione “Imported” dove l’artista offre birra e sigarette ai suoi ospiti.
Entrambe le installazioni sono però ripensate appositamente per gli spazi del museo pratese.
All’inaugurazione, Michael Lin offrirà Taiwan Beer, prodotta per l'occasione a Prato, e Long Life
sigarette gratis.
Proseguendo nel percorso, spicca la sala cinque dove, con uno sguardo ironico sulla modernità,
l’artista si è ispirato per la collaborazione con la ditta di design Moroso che ha portato alla
creazione dell’installazione site specific “Spring 2003” (il salotto). Nella serie di dipinti “Island
life” (2006) Lin ripropone alcuni modelli di tappeti provenienti dall’Afghanistan e dallo Xinjiang
e una carta d’identità rilasciata dalla Repubblica Popolare Cinese a un cittadino di Taiwan:
come spesso avviene, anche in questo caso l’attenzione di Lin non si sofferma sulla grande
politica, ma si concentra piuttosto sulla molteplicità fluida degli elementi che caratterizzano la
quotidianità. Nella sala a fianco Lin trasferisce la libreria “Bookmetropolis” di casa sua con i
tutti i suoi libri. L’indagine che Lin effettua sullo spazio, non si limita all’utilizzo della pittura e
dell’architettura, ma include anche il video come in “What a difference a day made” nella sala
sette, che coinvolge musica, video e performance e ricostruisce un interno pieno di
chincaglierie, in cui le centinaia di oggetti – realmente acquistati dall’artista in una vecchia
ferramenta di Shanghai – sono stati scrupolosamente catalogati e archiviati per colore, forma e
utilizzo, quasi fossero reperti all’interno di un museo di storia naturale; completano
l’installazione alcuni video che ritraggono l’acrobata cinese invitato da Lin per la prima
presentazione dell’opera nel 2008 alla Shanghai Gallery of Art. Attraversando la scena,
caratterizzata da una connotazione culturale molto forte, lo spettatore è spinto a interrogarsi
sul concetto di memoria, nostalgia, smarrimento.
Continuando il percorso si giunge nella sala otto, la camera da letto come suggeriscono i poster
che ricoprono interamente le tre pareti come una calda e accogliente carta da parati. La sala
nove è dedicata al grande pavimento floreale che abbraccia il visitatore in una natura culturale
prima di salutarlo con il gioco di porte dipinte nella sala dieci.