SOMMARIO
Il lavoro svolto in questa tesi si concentra sulla presentazione, l’analisi e la discussione
delle nuove tecniche di deposizione fisica di vapore. L’obiettivo della trattazione risulta
quindi essere quello di dimostrare come queste tecniche di sintesi di nuovi materiali,
possano sostituire, in molte applicazioni, tecniche come la cromatura galvanica o la
zincatura, utilizzate per aumentare le caratteristiche proprie del materiale sintetizzato.
Nel capitolo 1, sono presentate le possibili applicazioni pratiche di queste nuove tecnologie
e le industrie che potrebbero essere interessate ad esse.
Nel capitolo 2 vengono poi descritte le differenti tecniche di deposizione PVD ( PVD
evaporation, PVD sputtering, PVD ion beam e PVD ion plating) e sono analizzate le
caratteristiche che le contraddistinguono e le differenze di processo. Il capitolo si conclude
con un’analisi sulla preparazione e sulla pulizia dei pezzi prima del processo di
rivestimento vero e proprio e con la presentazione di un esempio pratico di tecnica di
deposizione PVD, il PVD Platit.
Il capitolo 3 verte sulle caratteristiche fisiche, chimiche e tecnologiche dei vari tipi di
rivestimenti PVD, mettendo in rilievo l’ applicazione di questa tecnica anche nel
rivestimento di utensili, grazie alla possibilità di rivestire più volte il solito utensile.
Il capitolo 4 si concentra sulla capacità di questa tecnica di adattarsi bene al rivestimento
termico (TBC) di palette di turbine, in applicazioni aeronautiche.
Il capitolo 5, infine, tratta l’invenzione, il progetto e la modellazione di una nuova tecnica,
la quale rappresenta un possibile sviluppo futuro della deposizione fisica di vapore: la
deposizione diretta di vapore. Vengono dunque esaminati i vari passaggi di questo
processo, dalla creazione del vapore, al trasporto dello stesso, al suo assorbimento sulla
superficie desiderata; segue la descrizione del progetto nelle sue singole parti: la pistola a
fascio di elettroni, la camera di processo, il crogiolo, il gas di sistema e le pompe atte a
creare il vuoto parziale. Infine si conclude con i sistemi di controllo computerizzati, per
verificare che le diverse variabili fisiche, come pressioni e temperature all’interno del
sistema, siano compatibili con il corretto funzionamento del processo.
III
Capitolo 1
1.Introduzione storica
Il termine deposizione fisica di vapore, PVD (Physical Vapour Deposition), sembra essere
stato originariamente inventato dagli autori CF Powell, JH Oxley e JM Blocher Jr. nel loro
libro del 1966 "deposizione di vapore". Tuttavia i processi PVD sono stati inventati molto
prima.
La storia del PVD è strettamente associata allo sviluppo della tecnologia del vuoto, la
scoperta dell'elettricità, del magnetismo e la comprensione della chimica dei gas. Il primo
tipo di pompa a pistoni a vuoto è stato inventato da Otto van Guericke per pompare l'acqua
fuori da una miniera nel lontano 1640. Tuttavia la prima persona a utilizzare una pompa a
vuoto in grado di formare una scarica luminescente (plasma) in un "tubo vuoto" è stato M.
Faraday nel 1838, che ha usato elettrodi di ottone e un vuoto di circa 2 Torr. Nel 1852 WR
Grove è stato il primo a studiare quello che divenne noto come "sputtering", anche se altri
avevano osservato questo effetto. Grove usò una punta di un filo come fonte di
rivestimento e polverizzava un deposito su una superficie d'argento lucidata a specchio
tenuta vicino al filo ad una pressione di circa 0,5 Torr. Egli notò che si creava un
rivestimento sulla superficie d'argento, quando si collegava l'anodo e il catodo al circuito
elettrico. Nel 1858 il prof A.W. Wright della Yale University ha pubblicato un articolo nel
giornale americano della Scienza e delle Arti sull'uso di un "apparato di deposizione
elettrica" usato per creare specchi. Nello stesso periodo anche T. Edison progettò un
metodo per rivestire sottovuoto i suoi fonografi a cilindro; questo metodo prevedeva una
polverizzazione ad arco continuo, rispetto a quello di Wright che invece era ad arco
pulsante. Quindi si può considerare Edison come la prima persona ad aver fatto un uso
commerciale dello sputtering.
Alla fine del 1930 Penning sviluppò una "trappola di elettroni" per confinare gli elettroni in
prossimità di una superficie utilizzando una combinazione di campi elettrici e magnetici.
Questa aumentò la ionizzazione del plasma in prossimità della superficie e fu nominata
"Magnetron di Penning" da colui che la inventò.
Una combinazione di campi elettrici e magnetici permise di eseguire lo sputtering a
pressioni più basse, a minori tensioni e a tassi di deposizioni superiori rispetto alla corrente
continua senza l’uso di magneti. Successivamente sono state sviluppate variazioni al
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Magnetron di Penning, da notare successivi catodi magnetron inventati da Pnfold and
Thornton nel 1970, e Mattox Cuthrell, Peeples e Dreike negli anni Ottanta.
L’uso di frequenze radio per polverizzare il materiale è stato studiato negli anni Sessanta.
Nel 1966 Davidse e Maissel usarono le frequenze radio per produrre una pellicola
dielettrica da un obiettivo dielettrico. Nel 1968 Hohestein polverizzò del vetro usando sia
le frequenze radio che dei metalli (alluminio, rame e nichel) con corrente continua, per
formare dei film resistenti. Questo tipo di deposizione non è molto utilizza per diversi
motivi: le ragioni principali sono che non è economico utilizzare frequenze radio di grande
potenza a causa del loro alto costo e dell’aumento della temperatura.
Nel 1962 Wehner brevettò il processo di bombardamento simultaneo “prima e durante” la
deposizione per sputtering usando una “deposizione inclinata per vaporizzazione catodica”
combinata e ioni di mercurio per migliorare la crescita di un film di silicio su un substrato
di germanio.
In seguito questo processo divenne noto con il nome di “bias sputtering”. La
configurazione a triodo utilizza un plasma ausiliario generato presso il catodo vaporizzante
da un elettrodo che emette termoelettroni e un plasma confinato magneticamente. Questa
configurazione è stata usata per aumentare il livello di ionizzazione al plasma, ma è
diventato obsoleto con lo sviluppo del “magnetron sputtering”.
Gli effetti dei campi magnetici sulle traiettorie degli elettroni erano stati verificati ancora
prima che il lavoro di Penning e gli studi fatti dopo la pubblicazione del suo lavoro. Per le
prime scariche Penning usò dei campi magnetici paralleli alla superficie dell’oggetto.
Nel 1968, Clarke ha sviluppato una sorgente di sputtering utilizzando un tunnel magnetico
all'interno di una superficie cilindrica. Questa fonte divenne nota come la “S-gun”.
Magnetron a configurazioni diverse, tra cui i magnetron planari, sono stati brevettati da
Corbani.
Il numero delle applicazioni è aumentato vertiginosamente dalla metà degli anni Settanta.
Nonostante i moderni processi di fase vapore appaiano già molto sofisticati, vi sono ancora
numerose inesplorate variazioni sulle tecniche in uso per la sintesi di materiale in fase
vapore, le quali potrebbero aiutare nella creazione di nuovi prodotti.
1.2 Applicazioni che motivano lo sviluppo di processi in fase vapore
Le due industrie che mostrano un interesse sempre crescente nei confronti dei processi di
deposizione fisica di vapore PVD sono le industrie aerospaziale e di dispositivi a
semiconduttore.
La figura 1.1 mostra alcuni prodotti tipici di queste industrie che gli ingegneri vorrebbero
produrre usando tecniche di sintesi di fase vapore:
rivestimenti superficiali resistenti all’ossidazione e strati isolanti in ceramica su
palette di turbine;
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materiali con strati di adesione e riempimento per interconnessioni tra
semiconduttori;
ossidi, leghe e materiali puri che includano laminati multistrati
leghe metalliche e intermetalliche che contengano fibre usate in compositi
rinforzati con fibra continua.
Figura 1.1 Applicazioni del PVD
Mentre nuove e innovative tecniche PVD potrebbero contribuire alla sintesi di ancora
maggiori prodotti rispetto a quelli mostrati, questa breve lista da un’idea della ampiezza e
dell’utilità di una nuova tecnologia di sintesi per la deposizione di un film protettivo in fase
vapore in queste industrie.
L’industria aerospaziale, per esempio, sfrutta compositi a matrice metallica in sistemi di
propulsione ad alta temperatura per aumentare velocità e potenza dei motori [1,2]. Per
quanto riguarda la competitività economica dei compositi a matrice metallica, gli esperti di
questa industria stimano che nei prossimi anni saranno prodotte decine di migliaia di
chilogrammi di rinforzi in fibre ceramiche continue all’anno, ad un costo per chilogrammo
comparabile con quello attuale di un singolo cristallo, di superleghe per palette di turbina
[3].
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Non solo l’industria aerospaziale ha bisogno di un metodo di sintesi economico per
produrre componenti per motori come palette per compressori, ma necessita anche di un
sistema di applicazione di una barriera protettiva per palette di turbina ( TBC thermal
barrier coatings) in sezioni del motore ad elevate temperature. Questi sistemi di protezione
delle palette delle turbine alle alte temperature di funzionamento riscontrate permettono di
prevenire l’ossidazione isolando termicamente le palette stesse dai gas caldi provenienti
dalla camera di combustione. Per realizzare sistemi TBC sempre più efficienti, gli
ingegneri vorrebbero produrre microstrutture porose di metalli e compositi refrattari, cioè
con alto punto di fusione [4,5]. Se si disponesse di un nuovo processo PVD in grado di
depositare efficientemente il materiale a differenti energie di adatomi, (atomi che giacciono
sulla superficie di un cristallo e che possono essere pensati come gli opposti di una lacuna
superficiale [33]) angoli e velocità di deposizione, esso potrebbe dar vita ad un processo di
grande flessibilità per la creazione di barriere porose e ben aderenti senza precedenti.
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Capitolo 2
I rivestimenti “innovativi” di componenti soggetti a forti sollecitazioni hanno esteso
sempre più negli ultimi vent’anni i propri campi di applicazione. Infatti a livello di
progettazione di componenti si è incrementata l’esigenza di utilizzo di un materiale di
substrato, con caratteristiche ottimali di resistenza meccanica e tenacità, abbinato a un
rivestimento che assicuri una resa ottimale in termini di protezione a corrosione,
ossidazione, usura. Inoltre il rivestimento può conferire al componente particolari proprietà
ottiche, decorative e di biocompatibilità. Attualmente i settori industriali che utilizzano
maggiormente i processi di rivestimento innovativi sono soprattutto i seguenti:
industria ottica;
industria del trasporto (auto, treno, nave);
industria aerospaziale;
componentistica meccanica;
componenti di precisione (utensili, attrezzature, sensori, attuatori);
produzione di energia,
industria chimica;
industria delle comunicazioni,
industria elettrica e elettronica;
industria medica;
componenti decorativi (orologi, bigiotteria ecc.).
Gli esempi di nuove applicazioni sono in continuo aumento e riguardano settori
completamente differenti quali l’industria alimentare, l’industria dell’imballaggio,
l’industria degli occhiali ecc. Inoltre le tecnologie di rivestimento innovative permettono di
ridurre o eliminare alcuni problemi legati alla produzione o all’utilizzo di tecnologie
tradizionali di rivestimento (per esempio rivestimenti galvanici), come quelli ecologici e di
smaltimento dei liquidi esausti, i problemi allergici (per esempio da nichel) ecc. Per tutte
queste ragioni le tecnologie di rivestimento innovative sono considerate attualmente come
tecnologie chiave e strategiche in tutti i paesi europei. Nell’anno 2005 il valore aggiunto
dovuto alle tecnologie di trattamento superficiale e rivestimento ha raggiunto in Europa la
cifra di svariati miliardi di euro[6]. La ragione di questo incremento di domanda è dovuto
all’aumento di richieste, sempre più elevato, di prodotti tecnici altamente specializzati, con
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caratteristiche ottimali in termini di durata, efficienza, garanzie di zero-difetti, bassi costi
di manutenzione, uso razionale dei materiali, accettabilità ambientale, possibilità di
riciclaggio.
Negli ultimi anni le tecniche di deposizione di film sottili in fase vapore, che avevano fatto
la loro comparsa nei primi anni Settanta, si sono ulteriormente perfezionate e sofisticate sia
per quanto riguarda le tecnologie di processo, sia per il numero e i tipi di applicazioni
industriali. In particolare si è passati da un primo periodo in cui vi era un limitato numero
di applicazioni e di tipi di rivestimenti standard utilizzati in differenti settori industriali, a
un periodo di evoluzione e diversificazione dei tipi di rivestimento in funzione della
specifica applicazione e del tipo di substrato da ricoprire. Per esempio nel settore degli
utensili, degli stampi e delle attrezzature meccaniche, a conferma delle tendenze degli
ultimi anni, si sta assistendo sempre più a un utilizzo massiccio dei rivestimenti sottili
antiusura PVD e CVD su tutte le tipologie di utensili da taglio e a una diversificazione e
specializzazione dei rivestimenti in funzione della specifica applicazione (in termini di
tipologia di componente da rivestire, di materiale dell’utensile e di materiale lavorato). Ciò
è confermato, nel settore dei processi PVD, dalle sempre maggiori applicazioni a fianco
del tradizionale TiN, di rivestimenti a base di materiali differenti quali il PiCN, TiAlN,
TiN, ZrN, CrN, MoS, dall’ottimizzazione di tecnologie PVD innovative che permettono
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di ottenere rivestimenti multistrato e di aumentare notevolmente gli spessori dei depositi
PVD (fino a 30-35 µm) e, infine, dalla comparsa di trattamenti ibridi fra processi di
deposizione differenti (per esempio PVD + nitrurazione ionica). Nel settore dei
rivestimenti CVD vi è invece attualmente la tendenza a utilizzare sempre più processi a
bassa temperatura (PADVC o MOCVD), per non alterare la struttura dei materiali base
degli utensili e migliorare la qualità dei depositi, e parallelamente si sta assistendo a
molteplici studi e progetti di ricerca per l’ottimizzazione e l’industrializzazione di
rivestimenti CVD ”superduri” a base di diamante e CBN (nitruro cubico di boro).
I processi di deposizione in fase vapore di film sottili si dividono principalmente nelle
seguenti due grandi categorie:
1. processi PVD (Physical Vapor Deposition), nelle sue diverse varianti per la
produzione di rivestimenti sottili (1 – 100 µm) di elevatissime caratteristiche
fisiche e meccaniche e applicazioni antiusura, anticorrosione, biocompatibili e
decorative in vari settori industriali.
Il processo PVD consiste nella deposizione di un film su una superficie mediante
evaporazione e successiva condensazione su di essa del materiale impiegato per
realizzare lo strato (in atmosfera reattiva o no). La tecnologia PVD può essere
suddivisa in tre classi principali, che differiscono l’una dall’altra nel metodo
utilizzato per vaporizzare il materiale con cui si vuol rivestire il substrato (cioè il
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pezzo da ricoprire): PVD evaporation, PVD sputtering e PDV ion beam, PVD ion
plating.
Le tendenze e gli studi degli ultimi anni nel settore dei processi PVD riguardano
soprattutto:
la messa a punto di nuove composizioni di rivestimenti monostrato e multistrato
anche di spessore elevato per applicazioni specifiche;
la messa a punto e l’ottimizzazione di rivestimenti graded-layer e multifase-
layer con caratteristiche differenti dalla superficie all’interfaccia con il
substrato;
la messa a punto di nuove applicazioni quali i rivestimenti antiusura e
anticorrosione per componenti meccanici di grande serie per l’industria del
traffico;
rivestimenti anticorrosione e decorativi per il trattamento continuo di lamiere di
auto;
rivestimenti decorativi ad ampio spettro di colori per componenti di grande
serie (occhiali, orologi ecc.);
rivestimenti biocompatibili per applicazioni odontoiatriche (per esempio a base
di Ti, Nb, O, N) e ortopediche;
rivestimenti a base di CBN, DLC e diamante depositati a bassa temperatura per
applicazioni ottiche e meccaniche;
rivestimenti per funzionalizzare e modificare le proprietà di materiali ottici;
rivestimenti a memoria di forma (per esempio a base di Ni-Ti);
rivestimenti nanocompositi con caratteristiche elevatissime in termini di
durezza e tenacità;
2. Processi CVD (Chemical Vapor Deposition), che comprendono vari tipi di tecniche
per la produzione di rivestimenti sottili e spessi, mono e multistrato con differenti
tipi di materiali (carburi, nitruri, ossidi, carbonitruri ecc. ) e per differenti campi di
applicazione.
Il processo CVD consiste nella deposizione di un film sottile, su una superficie,
tramite la decomposizione di reagenti gassosi nelle vicinanze o sulla superficie
stessa del materiale da rivestire, che catalizza la reazione. La tecnica CVD può
essere suddivisa in quattro grandi classi, che differiscono tra loro per il modo in cui
viene fornita l’energia sufficiente ad attivare la trasformazione chimica: thermal
CVD, plasma enhanced o assisted PVD (PECVD o PACVD rispettivamente), laser
CVD e photo CVD. Vi sono inoltre la metallo-organic CVD (MOCVD) e CVI
(Chemical Vapor Infiltration). L’apparato strumentale di base è costituito da un
sistema di erogazione dei gas, da una camera di deposizione e da un sistema di
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scarico. Tramite la tecnica CVD è possibile rivestire pezzi di geometria complessa,
ottenendo depositi di composizione varia, bassa densità e ottima aderenza.
Le tendenze e gli studi degli ultimi anni nel settore dei processi CVD riguardano
soprattutto:
la messa a punto di tecniche modificate per l’abbassamento delle temperature di
deposizione (MOCVD, PECVD);
la produzione di fibre composite C-C per dischi freno e SiC-C-C per
guarnizioni rotanti;
la messa a punto di rivestimenti Al e Al/Cr per applicazioni a elevata
temperatura (rivestimenti anticorrosione per palette turbina);
la produzione di leghe meta stabili;
la deposizione di rivestimenti FGM (Functionally Graded Materials);
il rivestimento di componenti in grafite con depositi protettivi di SiC;
la messa a punto di rivestimenti a base di C-BN con tecniche PECVD per
applicazioni ottiche e meccaniche;
la messa a punto di rivestimenti a base di DLC e diamante (policristallino e
monocristallo) con tecniche PECVD per applicazioni ottiche, elettroniche,
meccaniche e biocompatibili;
lo sviluppo di rivestimenti di diamante PECVD a forte spessore (200-500µm)
per applicazioni estreme, quali la sostituzione degli utensili in diamante PCD
massivo utilizzati attualmente nella lavorazione di materiali di difficile
lavorabilità (per esempio i MMC, compostiti a matrice metallica);
la realizzazione di rivestimenti ottici su film polimerici trasparenti, e di
rivestimenti polimerici su superfici preattivate.
Le problematiche ancora aperte nei settori di deposizione da fase vapore
Figura 2.1 L'aumento del turnover dal 1984 al 1998
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