Effetti della precompressione esterna su impalcati da ponte misti acciaio-
calcestruzzo
Squizzato Dino
1. STRUTTURE MISTE ACCIAIO
CALCESTRUZZO
1.1 SEZIONE TRASVERSALE
Gli impalcati a sezione composta acciaio-calcestruzzo stanno vivendo un
momento di rapida evoluzione. La motivazione è da ricercare nella disponibilità di
nuovi materiali e prodotti come, per esempio, acciai saldabili ad alta resistenza
oppure piatti di notevole spessore a resistenza garantita e con lo stesso spessore
variabile lungo lo sviluppo longitudinale, e ancora calcestruzzi ad alta resistenza.
La grande diffusione di questa metodologia di costruzione è aiutata dai progressi
raggiunti nelle tecnologie di costruzione e montaggio. La saldatura in opera ha
raggiunto livelli di notevole precisione, nuove tecniche di realizzazione della
soletta hanno permesso di coprire facilmente le luci delle sezioni trasversali e,
infine, l’utilizzo di precompressione esterna. Sarà, appunto, la precompressione
esterna oggetto di studio del presente lavoro.
Altrettanto rilevanti sono gli affinamenti raggiunti nelle analisi strutturali con lo
sviluppo di specifici programmi di calcolo numerico e nella valutazione della
misura della sicurezza strutturale, soprattutto grazie alle conoscenze acquisite
sul comportamento post-critico delle anime che consentono una verifica più
accurata allo stato limite ultimo delle travi metalliche.
Questa evoluzione ha avuto un’accelerazione tale da conferire competitività alla
soluzione composta, riportandola all’attenzione dei committenti e dei progettisti di
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ponti e viadotti. Tra i principali vantaggi offerti da questa tipologia strutturale si
possono annoverare:
la leggerezza (elevato rapporto resistenza/peso), la snellezza (elevato
rapporto L/h), la scarsa sensibilità ai cedimenti differenziali delle
fondazioni
la facilità di realizzazione di impalcati continui con campate di differenti
lunghezze e con curvature imposte dal tracciato stradale
la durabilità conseguente alla possibilità di rinnovare lo strato protettivo
contro la corrosione e di sostituire elementi strutturali anche per
aumentarne la capacità portante
la qualità architettonica conferita dalla semplicità dei particolari costruttivi
e dalla chiarezza dell’impianto strutturale che lascia comprendere la
funzione dei vari elementi.
Le principali tipologie utilizzate per gli impalcati continui sulle luci medie sono
riconducibili a due schemi:
schema bitrave
schema a cassone.
1.1.1 Schema bitrave
Figura 1 – Sezione bitrave.
La soluzione con schema bitrave è quella maggiormente impiegata data la
semplicità di posizionamento e l’economicità dell’esecuzione.
Essa è costituita da due travi a I ed è dotata di un numero ridotto di traversi,
sempre di forma a I, normalmente non solidali alla soletta e saldati agli
irrigidimenti verticali delle due travi principali.
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I traversi hanno un interasse di 6-8 m e nei ponti di piccola luce (< 30 m) possono
essere addirittura eliminati, lasciando la funzione di irrigidimento alla soletta e ai
traversi di testata. La posizione dei traversi a metà altezza delle travi è quella più
conveniente (Figura 1), in quanto consente sia il passaggio delle casseforme
mobili per il getto della soletta, sia la manutenzione delle piattabande superiori.
Anche il numero degli irrigidimenti è ridotto rispetto al passato, soprattutto per
quanto riguarda gli irrigidimenti longitudinali delle anime che, in alcuni casi,
possono esser eliminati completamente facendo ricorso ai più avanzati criteri di
verifica basati sul comportamento post-critico dei pannelli d’anima.
Lo schema trasversale e la posizione dei traversi cambia a seconda che la
larghezza dell’impalcato divenga più grande. Con larghezze della soletta molto
grandi (15-25 m), la tipologia bitrave risulta ancora vincente se i traversi
diventano solidali alla soletta (i traversi sono definiti traversi portanti).
Figura 2 – Sezione bitrave con traversi interni e solidali alla soletta.
Nel caso di Figura 2, i traversi sono presenti nella sola parte interna
dell’impalcato: il loro interasse e la lunghezza degli sbalzi condizionano lo
spessore della soletta. L’interasse delle travi può essere tale da richiedere una
coppia di pile.
Per contenere l’interasse delle travi longitudinali e, quindi, l’ingombro delle pile si
può ricorrere alla soluzione con traversi aggettanti e sbalzi laterali molto
pronunciati (Figura 3).
Figura 3 – Sezione bitrave con traversi a sbalzo.
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Nel caso si scelga questa soluzione, le opere realizzate appaiono molto leggere
con interasse dei traversi di circa 4 m e spessore della soletta di 22-25 cm. Per
larghezze più contenute la soletta può essere ordita trasversalmente con uno o
più appoggi intermedi realizzati con travi secondarie ad I appoggiate sui traversi.
Viadotto Crescenza
Un esempio della metodologia appena presentata è il viadotto Crescenza,
ultimato nel novembre 2005.
Figura 4 – Viadotto Crescenza, 2005.
La progettazione è stata sviluppata dallo studio di ingegneria civile Matildi. Lo
sviluppo longitudinale è composto da luci da 65 m + 110 m + 75 m con sezione
variabile. L’altezza delle travi in acciaio non è costante, ma presenta una altezza
massima agli appoggi e una altezza minima in campata.
Viadotto Reghena
Anche il viadotto Reghena, sempre studiato dalla società di ingegneria civile
Matildi, è stato realizzato con la stessa metodologia.
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Figura 5 – Viadotto Reghena, assemblaggio travi, 2008.
La massima luce raggiunta è di 88 m. La Figura 5 manifesta la semplicità con la
quale queste travi in acciaio possono essere sollevate e messe in opera. In
Figura 6 è mostrata una vista frontale delle travi.
Figura 6 - Viadotto Reghena, assemblaggio travi, 2008.
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1.1.2 Schema a cassone a sezione in acciaio
La sezione a cassone, ottenuta con una trave metallica aperta superiormente e
pareti piane, è generalmente più costosa, in quanto più pesante e di più
complessa realizzazione. Può diventare competitiva qualora sia interamente
realizzata in officina e quindi solo se ha una larghezza contenuta (< 5 m).
Tuttavia, essa costituisce un’ottima soluzione strutturale sia quando è richiesta
un’elevata rigidezza torsionale, sia quando si vuole ridurre l’altezza dell’impalcato
ed ottenere un risultato estetico più gradevole. Solitamente, le pareti inferiori e
laterali sono realizzate in acciaio, mentre la chiusura superiore è garantita dalla
soletta in calcestruzzo, la quale svolge anche il compito di piattaforma stradale.
Il cassone trapezio, rispetto a quello rettangolare, ha il vantaggio di contenere la
larghezza del fondo (Figura 7) e ridurne la parte non efficace per effetto shear
lag.
Figura 7 – Sezione a cassone a trapezio.
Nel caso in cui la sezione trasversale richieda un impalcato molto largo, la
soluzione a cassone monocellulare può essere ancora utilizzata ricorrendo ai
traversi aggettanti solidali alla soletta (Figura 8), oppure sostenendo gli sbalzi
laterali con travi reticolari inclinate o con semplici puntoni collegati al fondo del
cassone (Figura 9).
Figura 8 – Sezione a cassone monocellulare.
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Figura 9 – Sezione a cassone con travi reticolari.
Negli impalcati curvi o di grande luce, per aumentare la rigidezza torsionale
durante il varo, la parte metallica può essere chiusa superiormente (Figura 9). Si
hanno diversi vantaggi:
effetto estetico gradevole
possibilità di sfruttare l’interno del cassone per il passaggio degli impianti
e per la manutenzione da parte degli addetti
utilizzo di pile più snelle rispetto agli impalcati a graticcio.
1.1.3 Schema a cassone a sezione mista
Tuttavia, il cassone può essere realizzato anche con sezione mista acciaio-
calcestruzzo. L’uso dell’acciaio è limitato alle sole anime dell’impalcato, mentre il
calcestruzzo è utilizzato per la realizzazione di una soletta superiore e una
inferiore.
Figura 10 – Schema a cassone a sezione mista.
La funzionalità di tale sistema risiede nel fatto che le tensioni di compressione
sono assorbite dal calcestruzzo, mentre le tensioni di trazione sono ridotte, se
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non persino annullate, dall’uso della precompressione. Inoltre, alle anime delle
travi in acciaio è affidato il compito di assorbire le tensioni di taglio. L’utilizzo della
precompressione esterna contribuisce a migliorare la durabilità dell’opera nel
corso degli anni. Il cassone, essendo ispezionabile dall’interno, non ha problemi
di manutenzione, quali sostituzione di cavi o parti danneggiate.
La prima applicazione di questa sezione in Italia è stata compiuta sul viadotto di
Roccaprebalza, lungo l’autostrada Parma – La Spezia, che stabilì il record
mondiale per la lunghezza della campata (120 m) nella categoria dei ponti a
sezione mista con anime irrigidite su schemi statici continui.
Figura 11 – Viadotto di Roccaprebalza.
Per la realizzazione del viadotto furono vagliate diverse tipologie costruttive:
costruzione per conci: conci prefabbricati in sito o in stabilimento sono
accoppiati tramite sistema launching girder. La limitatezza risiede nel
peso dei singoli elementi che se superano le 100 t devono essere
sollevati da fondo valle
stampelle a sbalzo con conci gettati in sito e precompressione mista: la
precompressione interna utile per le fasi costruttive ed esterna per il
comportamento in esercizio
stampelle a sbalzo con conci a sezione composta e precompressione
mista (interna ed esterna).
La prima soluzione citata presenta problemi di costo troppo elevati. Il noleggio
delle macchine per il launching girder sono insostenibili come anche l’affitto di
una possibile gru per il sollevamento dei conci da fondo valle. La seconda
soluzione proposta vede l’impiego di una struttura di supporto, impalcatura, di
dimensioni paragonabili all’altezza delle pile e un tempo di esecuzione troppo
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lungo, dovuto alla compatibilità di una sola coppia di impalcatura per non
eccedere nei costi finali. La terza soluzione richiede l’utilizzo di una gru a torre
che riduce notevolmente i tempi di realizzazione, eliminando l’impiego di
launching girder.
Per il viadotto di Roccaprebalza fu scelta la terza tipologia con un impiego di:
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0,85 m/m di calcestruzzo
2
220 kg/m di acciaio per le travi
2
60 kg/m di acciaio da precompressione (interna ed esterna)
2
170 kg/m di acciaio per armatura ordinaria.
Confrontando questi dati con quelli di altri viadotti si intuisce come questa
soluzione sia notevolmente più economica.
1.2 IMPALCATO
Per quanto riguarda la scelta delle luci di un viadotto a sezione composta, in
assenza di vincoli sulla disposizione degli appoggi, ci si può orientare sulle luci
comprese tra 50 e 80 m, con campate laterali pari al 65-70% delle campate
intermedie. Gli impalcati a sezione composta sono tuttavia utilizzati anche per
luci di 120-150 m.
Per il rapporto h/L della sola parte metallica si può far riferimento ad un rapporto
di 1/25 per gli impalcati continui bitrave ed 1/30 per quelli a cassone.
Le principali innovazioni introdotte nella concezione e costruzione dei ponti a
sezione composta riguardano:
nuovi tipi di acciai e di prodotti
tecniche costruttive della soletta.
1.1.1.1 Nuovi tipi di acciai e di prodotti
L’impiego di nuove e più sofisticate attrezzature per la lavorazione dell’acciaio ha
permesso di mettere a punto processi di laminazione in grado di ottenere
direttamente le proprietà meccaniche delle lamiere di forte spessore, senza dover
ricorrere a ulteriori trattamenti termici. Gli acciai prodotti con questo metodo di
lavorazione sono detti "acciai termomeccanici". In pratica l’utilizzo di acciai
termomeccanici (TM), rispetto a quelli normalizzati (N), presenta il duplice
vantaggio di avere maggiori resistenze meccaniche abbinate a migliori
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