INTRODUZIONE.
Nei testi di economia il tema della diversificazione viene trattato solitamente a
proposito delle strategie e dei processi di crescita delle impresa.
Igor Ansoff, al riguardo, afferma che:
«Le decisioni strategiche sono innanzitutto connesse ai problemi esterni
all'azienda piuttosto che a quelli interni, ed in particolar modo
riguardano la scelta dell'assortimento di prodotti che l’ impresa produrrà
1
e dei mercati dove li porrà in vendita»
In effetti, la diversificazione è una delle opzioni strategiche di crescita che richiede il
simultaneo allontanamento dai mercati e dalle linee di prodotto esistenti.
Per realizzare questo obiettivo le imprese hanno a disposizione numerosi strumenti,
riconducibili alla tradizionale scelta tra crescita per linee interne e crescita per linee
esterne.
Alcuni studiosi si sono, infatti, preoccupati di analizzare se, in termini di
performance, le imprese hanno più convenienza a concentrarsi su percorsi di crescita
esterna o ad investire le loro risorse all‟interno, facendo emergere quasi una
contrapposizione tra i due sentieri di crescita.
In realtà, come testimoniato da alcune realtà aziendali, le imprese possono
contemporaneamente intraprendere percorsi di crescita interna ed esterna per attuare
le loro strategie di diversificazione.
L‟obiettivo dell‟elaborato è quello di mettere in luce il processo di diversificazione,
individuando quali sono i fattori che spingono le imprese a diversificare e le modalità
con cui questo può essere realizzato, evidenziando, appunto, che i sentieri di crescita
(interna ed esterna) non sono tra loro contrapposti, ma l‟uno supporta l‟altro.
In particolare, nel primo capitolo viene approfondito il tema della diversificazione in
generale e, quindi, le prospettive dalle quali il fenomeno può essere interpretato, le
motivazioni che sono alla sua base e l‟individuazione dei principali benefici e rischi.
1
Ansoff H.I. «Strategia aziendale», Milano, Etas Libri, 1974.
1
Nel secondo capitolo, invece, dopo aver presentato le strategie di crescita in generale,
si analizza la diversificazione volta alla crescita e le modalità con cui questa può
essere realizzata (crescita interna e crescita esterna).
Nel terzo ed ultimo capitolo si analizza come la diversificazione delle attività
d‟impresa possa essere realizzata attraverso adeguate strategie di crescita interna ed
esterna, nell‟ambito di un‟importante realtà italiana quale Il Sole 24 ORE.
A tal fine il capitolo è strutturato in due parti. Nella prima, saranno analizzate la
storia del gruppo, la governance e le variabili che il management deve
necessariamente valutare per la definizione di una qualsiasi strategia corporate
(analisi del settore e orientamento strategico di fondo) in modo da comprendere che
tipo di realtà aziendale stiamo osservando e i fattori che hanno influenzato la
diversificazione.
Nella seconda parte, invece, saranno, innanzitutto, presentate le principali tappe dello
sviluppo aziendale che hanno portato l‟impresa alla diversificazione delle proprie
attività e che consentono, inoltre, di capire che tipologia di diversificazione ha
realizzato il Sole 24 ORE, nonché le modalità della sua attuazione.
Successivamente, partendo dalla strategia di crescita sottostante la quotazione in
borsa della società, si dimostrerà come questa sia stata attuata nel concreto ed i
risultati che ha portato.
2
CAP.1. LE STRATEGIE DI DIVERSIFICAZIONE
SOMMARIO: 1.1. Definizione e Cenni storici – 1.2. Le prospettive della diversificazione – 1.2.1. Il
grado di concentrazione del portafoglio – 1.2.2. Il grado di correlazione tra i business – 1.2.2.1.
Diversificazione correlata vs. diversificazione non correlata - 1.2.3. Il grado di strutturazione
organizzativa tra i business – 1.3. I motivi alla base della diversificazione – 1.3.1. La diversificazione
volta allo sviluppo – 1.3.2. La diversificazione volta alla riduzione del rischio – 1.3.2.1.
Diversificazione del rischio ed interessi degli azionisti esterni – 1.3.3. La diversificazione volta ad
aumentare la redditività – 1.4. Le strategie orizzontali – 1.4.1. i fondamenti della strategia orizzontale
– 1.4.2. Formulazione e realizzazione della strategia orizzontale – 1.5. Benefici e costi della
diversificazione – 1.6. I motivi alla base del fallimento delle strategie di diversificazione – 1.7. Il
valore economico della diversificazione – 1.7.1. Economie di scopo di valore – 1.7.2. Governo
gerarchico ed economie di scopo – 1.8. Prevedere il successo di una strategia di diversificazione.
1.1. DEFINIZIONE E CENNI STORICI
«Per strategia di diversificazione s‟intende la crescita dell‟impresa mediante
l‟inserimento di linee produttive addizionali e il conseguente avvio di nuovi
2
business».
L‟evoluzione dell‟impresa attraverso l‟ampliamento della gamma con l‟avvio di
nuove linee produttive è un fenomeno che si riscontra nella storia evolutiva di ogni
impresa. In effetti, come nota Sicca «L‟impresa che produce un solo prodotto o
svolge una sola attività è ormai più una astrazione della teoria economica che una
3
realtà».
La storia della diversificazione sembra presentare un andamento a pendolo, con
l‟alternarsi di periodi caratterizzati da un atteggiamento favorevole con altri segnati
da processi di focalizzazione e riduzione del grado di articolazione ed estensione del
2
Fonte: «Enciclopedia dell‟impresa», volume 7, a cura di Coda V., Invernizzi G., Rispoli M.,
1998,UTET.
3
«Spesse volte si cade nell‟errore di credere che soltanto le grandi imprese svolgono più attività; la
ragione di questo errore sta nel fatto che il riferimento più di frequente usato è ai processi produttivi.
Ma, in realtà, a parità di prodotti è sufficiente cambiare le tecnologie adottate o i mercati serviti per
trovarsi inseriti in nuove e diverse attività».
Fonte: Sicca L. «La Gestione Strategica dell‟Impresa», Cedam 2003, pag. 139.
3
4
portafoglio di attività. L‟andamento storico dell‟atteggiamento delle imprese verso
la diversificazione può essere schematizzato così come nella Tabella 1.1.
Tabella 1.1. L‟atteggiamento delle imprese verso la diversificazione
ANNI ATTEGGIAMENTO DELLE IMPRESE
‟50-„60 Grado di diversificazione molto contenuto
‟60-„70 Forte spinta verso la diversificazione
„80 Rifocalizzazione
‟90-2000 Forte spinta verso la diversificazione
Fonte: Ns. elaborazione su dati tratti da Donna G. «L‟impresa multibusiness: La
diversificazione crea o distrugge valore?» EGEA, 2003.
La tabella mostra come fino agli anni Sessanta prevaleva, anche tra le imprese di
maggiori dimensioni, un grado di diversificazione molto contenuto, se non del tutto
inesistente. Sono, infatti, questi gli anni dello sviluppo dell‟impresa fordista
caratterizzata da investimenti in grandi impianti che consentivano alle imprese di
ottenere costi unitari decrescenti all‟aumentare dell‟impiego degli impianti stessi. Ai
costi unitari decrescenti corrispondevano prezzi unitari decrescenti compatibili con
buoni margini di profitto per gli imprenditori in quanto i salari aumentavano meno
5
della produttività del lavoro. Le imprese che impiegavano il suddetto metodo di
produzione furono definite anche “di massa”, proprio perché i prodotti erano
accessibili per la gran massa della popolazione che, avendo redditi modesti, non
richiedeva un‟elevata qualità dei prodotti.
Negli stessi Stati Uniti, culla della corporation diversificata, negli anni Cinquanta
ancora più del 60% delle maggiori 500 imprese industriali realizzava il proprio
fatturato per oltre il 75% da un solo settore di attività, e situazioni simili si potevano
riscontrare anche in altri paesi come il Regno Unito e il Giappone. In sostanza,
6
quindi, la diversificazione contava più del 25% per meno di 40 imprese su 100.
4
Fonte: Donna G. «L‟impresa multibusiness: La diversificazione crea o distrugge valore?» EGEA,
2003.
5
Fonte: D‟Antonio M. «Economia e Politica dello Sviluppo», Giappichelli, 2006.
6
Le informazioni su citate e quelle successive sono tratte da Donna G. «L‟impresa multibusiness: La
diversificazione crea o distrugge valore?» EGEA, 2003.
4
A cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta si ebbe, invece, una fortissima spinta verso
la diversificazione, che portò gran parte delle maggiori imprese a entrare in settori di
attività diversi ed anche molto lontani dai propri territori competitivi di origine.
Questo fenomeno può essere letto nella forte corsa agli investimenti diretti esteri
realizzati dalle grandi multinazionali che decentrano parte delle loro attività in quei
7
territori in cui il costo del lavoro e delle materie prime è basso.
Negli Stati Uniti nel 1974, soltanto il 37% delle maggiori imprese era poco
diversificato. Ma il fenomeno aveva contagiato tutte le principali economie mondiali:
lo stesso percorso fu, ad esempio, seguito anche in Giappone, dove si diffuse il
modello dell‟impresa conglomerata, cioè di un‟impresa presente in settori di attività
assolutamente disparati.
Anche in Italia, gruppi come Fiat, Pirelli, Eni spaziavano sui più diversi campi di
attività.
A partire dagli anni Ottanta si avviò un movimento di segno opposto, com‟è
dimostrato dal fatto che negli Stati Uniti circa la metà della maggiori imprese puntò a
rifocalizzarsi sul proprio core business, al punto che nel 1988 tra le 500 imprese su
citate quelle concentrate su un solo settore di attività erano tornate ad essere il 53%.
Verso la fine degli anni Novanta la tendenza si è nuovamente invertita, quando
numerose imprese hanno realizzato colossali operazioni di acquisizione e fusione che
hanno avuto come conseguenza la nascita di grandi gruppi operanti in ambiti di
8
attività numerosi e diversi.
7
È importante ricordare che durante il periodo in esame si sono manifestati una serie di avvenimenti
che hanno favorito o comunque “costretto” il decentramento e la diversificazione delle attività:
- i lavoratori impiegati nelle fabbriche erano fortemente sindacalizzati e davano spesso vita a proteste
e scioperi che interrompevano la catena di produzione rendendo di fatto impossibile completare il
ciclo di lavorazione dei prodotti;
- le crisi petrolifere del ‟73 e del ‟79 che, facendo notevolmente aumentare i costi di produzione per
gli imprenditori, hanno di fatto messo in ginocchio l‟economie dei paesi basate sulle esportazione e la
competitività delle loro merci;
- i cambiamenti nei gusti dei consumatori i quali non si accontentano più di prodotti di qualità
standard ma richiedono beni e servizi diversificati e qualitativamente migliori.
Fonte: Ns. elaborazione su dati tratti da D‟Antonio M. «Economia e Politica dello Sviluppo»,
Giappichelli, 2006. e Bàculo L., Gaudino S.«Globalizzazione e Distretti Industriali», Edizioni
Scientifiche Italiane, 2010.
8
«Per citare qualche recente caso intervenuto nel nostro paese, basti pensare all‟ingresso della Fiat nel
campo dell‟energia con l‟acquisizione di una partecipazione di controllo di Edison, a quello di Enel
nelle telecomunicazioni (Wind), a quello di Pirelli nella telefonia (Telecom e Tim)[…]. Ma anche
queste evoluzioni appaiono tutt‟altro che definitive, e anzi si avvertono forti segnali di una inversione
di tendenza: Fiat, anche per rispondere alla crisi che ha colpito il suo settore dell‟auto, sta uscendo dai
settori non veicolistici, ed Enel pensa a rifocalizzarsi nuovamente […]».
Fonte: Donna G. «L‟impresa multibusiness: La diversificazione crea o distrugge valore?» EGEA,
2003, pag 6.
5
Dalla storia della diversificazione, dunque, non traspare un messaggio univoco e
preciso. Tuttavia, la tesi sulla quale tutti gli esperti sembrano convergere è
rappresentabile secondo la curva della Figura 1.1, che segnala una relazione
tendenzialmente parabolica tra la performance dell‟impresa e il grado di
diversificazione.
Dalla figura traspare come entro certi limiti la diversificazione può contribuire a
migliorare la performance dell‟impresa, ma superato quel limite essa si trasforma in
9
un elemento penalizzante.
Figura 1.1. «Relazione fra diversificazione e profittabilità in 304 imprese
manifatturiere britanniche, 1972-1984».
Fonte: Grant R.M., Jammine A.P., Thomas H., «Diversity, Diversifacation and
Profitability Among British Manufactoring Companies», Academy of Management
Journal, n.31, dicembre 1988.
10
Anche Montgomery, nell‟esaminare le relazioni tra la diversificazione, la struttura
del mercato e la performance aziendale, arriva alle stesse conclusioni.
9
Donna G. fa notare che si tratta in realtà di un messaggio molto povero, in quanto si limita ad
affermare che la diversificazione può essere un‟opportunità ed una minaccia al tempo stesso. Secondo
l‟autore, invece, il vero problema sta nel cercare di precisare e qualificare quando la diversificazione
paga e quando va evitata. Ma al riguardo, teoria, storia e riscontri statistici lasciano il problema aperto.
10
Montgomery C.A. «Product-market diversification and market performance», Academy of
management journal, Vol.28, n.4, 1985, pp. 789-798.
6
In particolare, la teoria e i dati empirici offerti sostengono che le aziende molto
diversificate hanno, nei rispettivi mercati, un potere di mercato più basso rispetto alle
imprese meno diversificate.
1.2. LE PROSPETTIVE DELLA DIVERSIFICAZIONE
Il fenomeno della diversificazione d‟impresa è leggibile e interpretabile sotto tre
prospettive:
1. il grado di concentrazione del portafoglio strategico;
2. il grado di correlazione tra i business;
3. il grado di strutturazione organizzativa dei business.
Ognuna di queste prospettiva va analizzata distintamente, in quanto permette di
comprendere quali sono i punti di riferimento utili a gestire le scelte di
diversificazione.
1.2.1. IL GRADO DI CONCENTRAZIONE DEL PORTAFOGLIO
Il grado di concentrazione del portafoglio strategico fa riferimento al numero di
business in cui l‟impresa opera e al peso relativo di ciascuno di questi sul complesso
delle attività d‟impresa. Sotto questo profilo, un‟impresa risulta tanto meno
diversificata quanto:
minore è il numero dei business in cui compete;
maggiore è il peso che uno di questi pochi business ha nel portafoglio
complessivo in termini di risorse impiegate, volumi di attività e così via.
In modo del tutto speculare, quindi, un‟impresa è tanto più diversificata quanto più il
suo portafoglio si distribuisce su un elevato numero di business, nessuno dei quali
assorbe una quota dominate delle risorse aziendali.
Al di la queste distensioni, è importante notare come in realtà alcune imprese, pur
operando in pochissimi business, riescono ad ottenere da questi risultati bilanciati o,
viceversa, anche se operano in molteplici business ve ne sono alcuni dominanti. Un
esempio del primo caso ci è fornito da Honeywell, impresa relativamente poco
7